Aumentano i dubbi sulla legittimita’ della mediazione imposta a pena di improcedibilita’

Di Girolamo Monteleone -

Sommario: 1) L’ordinanza del Tribunale di Verona del 24-11-2023. 2) Riflessioni suscitate dalla predetta ordinanza. 3) La mediazione è una forma surrettizia ed occulta di giurisdizione, non un sistema di conciliazione delle controversie civili. 4) Incostituzionalità della mediazione imposta a pena di improcedibilità.

 

1) L’ordinanza del Tribunale di Verona del 24-11-2023.

Una recente ordinanza del Tribunale di Verona (emessa dalla I Sez. civile con data del 24-11-2023) affronta il problema della mediazione imposta a pena di improcedibilità in un ampio numero di controversie civili, ulteriormente accresciuto in seguito alle modifiche peggiorative da ultimo apportate all’originario impianto normativo (D. Leg.vo 4-3-2010 n. 20) con la nota legge di riforma 149/2022, e all’emanazione del D.M. (Ministero della giustizia) 24-10-2023 n. 150. Detto Decreto ha accresciuto in modo considerevole i compensi e le propine che le parti devono versare agli Organismi di pseudoconciliazione quando sono costrette dalla legge a rivolgersi ad essi per la mediazione preventiva.

Dopo un ampio esame della legislazione comunitaria e nazionale in materia, il Tribunale ravvisa un contrasto tra la prima e la seconda quanto meno sul punto dell’entità delle spese di mediazione. Esse, infatti, secondo la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea n. 457 del 14-6-2017, che si fonda sugli artt. 6 e 13 della CEDU e sull’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, non devono essere elevate (very low costs, frais peau importants). Secondo il Tribunale, invece, essendo stato introdotto dal nuovo art. 8 della legge (5° comma) l’obbligo dell’assistenza legale ed essendo state accresciute le indennità dovute agli Organismi appositamente istituiti, i costi di mediazione addossati alle parti non sono più poco rilevanti, ma al contrario sono divenuti ragguardevoli.

Da quanto esposto il Tribunale ha tratto una conseguenza di grande importanza, e cioè la possibilità per i nostri giudici di disapplicare le norme nazionali sulla mediazione imposta a pena di improcedibilità senza necessità di sollevare su di esse una questione di legittimità costituzionale, dato che secondo i giudici la legislazione comunitaria prevale comunque ipso jure su quella interna. Conseguentemente, nel particolare caso esaminato (si trattava di una vertenza in materia di prestazione di opera professionale) è entrato nel merito delle domande di parte, ritenendo irrilevante il difetto di mediazione.

2) Riflessioni suscitate dalla predetta ordinanza.

La coraggiosa decisione, sopra in sintesi richiamata, merita attenta considerazione e stimola qualche ulteriore riflessione.

Come ho cercato di dimostrare in un recente scritto[1], tutto l’impianto normativo della mediazione obbligatoria, i cui aspetti negativi sono stati peggiorati dalle recenti innovazioni contenute nella riforma introdotta con il D. Leg.vo 149/2022, si fonda su un sistema coercitivo tendente ad ostacolare il libero diritto di agire in giudizio, quindi l’accesso alla giustizia civile, che in Italia costituisce anche oggetto di specifica garanzia costituzionale (art. 24 Cost.). Non si tratta solo delle spese di mediazione, il cui notevole importo rappresenta una odiosa vessazione a carico di chi voglia tutelare giudizialmente i propri diritti, ma di un istituto ibrido che per la sua connotazione coattiva ha ben poco da spartire con la vera conciliazione su base volontaria e dispositiva di una incipiente controversia. Esso mira invece ad introdurre nel nostro ordinamento una giurisdizione sostitutiva e surrogatoria affidata ad un c.d. “mediatore”, il quale viene descritto dalla legge come un terzo imparziale (art. 1 lett. a) con l’obbligo di sottoscrivere per ogni affare una dichiarazione di indipendenza e di imparzialità (art. 14). Ognuno si accorge che la figura del c.d. mediatore, come tratteggiata dalla legge, è sovrapponibile a quella di un vero e proprio giudice, ma proprio per tal ragione insorge un evidente contrasto con l’art. 102 Cost. secondo cui “la funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario”. Ulteriore elemento sintomatico in tal senso si rinviene proprio nella recente introduzione dell’assistenza legale delle parti, che ben si confà ad una controversia che si agita innanzi ad un giudice ma non ad una vera conciliazione volontaria basata sul loro potere di disporre autonomamente dei propri diritti.

3) La mediazione è una forma surrettizia e occulta di giurisdizione non un sistema di conciliazione delle controversie civili.

Numerosi ed ulteriori indici normativi, che depongono nel senso esposto, si rinvengono nella legge oggi vigente.

Il nuovo art. 5 del D. Leg.vo. 28/2010 ha esteso ulteriormente il già vasto ambito delle controversie, in cui è imposta a pena di improcedibilità la mediazione preventiva. Ormai le azioni civili liberamente esercitabili costituiscono una minoritaria eccezione, per cui anche l’art. 2907 c. c. è stato di fatto svuotato e deve oggi leggersi nel senso che alla tutela giurisdizionale dei diritti non provvede più l’autorità giudiziaria su domanda di parte, ma provvedono in prima battuta gli organismi di mediazione che sono abilitati a formulare proposte di risoluzione delle controversie anche senza richiesta di parte (v. art.1, lett. a e 9 della legge).

Il nuovo art. 5 bis onera il creditore, che abbia chiesto ed ottenuto un decreto ingiuntivo contro il proprio debitore perché munito di prova scritta, di attivare la mediazione preventiva se venga proposta opposizione dalla controparte. Se non adempie all’imposizione, il giudice “dichiara l’improcedibilità della domanda giudiziale proposta con il ricorso per decreto ingiuntivo, revoca il decreto opposto e provvede sulle spese”. In questo caso non si tratta più di un semplice ostacolo che impedisce temporaneamente l’esercizio dell’azione, ma di una condizione che può determinare addirittura la caducazione di un provvedimento giurisdizionale emesso legittimamente su un’azione di condanna già esercitata in forma monitoria.

Il novellato art. 8 impone alle parti, persone fisiche o giuridiche (queste ultime tramite i loro rappresentanti legali), di partecipare di persona al procedimento di mediazione ed introduce, al comma 5, l’assistenza dei rispettivi avvocati, come avviene in giudizio. A tal proposito gli artt. 15 bis e segg. istituiscono anche il patrocinio a spese delle Stato come avviene nei procedimenti giudiziari.

Il mediatore può avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti tecnici di tribunale, cioè disporre una c.t.u e nominare il consulente esattamente come avviene in giudizio.

Se una parte non partecipa senza giustificato motivo al primo incontro di mediazione, il giudice della futura causa può desumerne contro di essa argomenti di prova. Inoltre, quando la mediazione è imposta a pena di improcedibilità, questa stessa parte viene “punita” per avere osato scavalcare la mediazione, dovendo versare al fisco una somma pari al doppio del contributo unificato ordinariamente previsto per la causa.

Nella stessa ipotesi la parte, infine soccombente, potrà essere condannata a titolo “punitivo” al pagamento di una ulteriore somma non superiore al massimo delle spese di giudizio.

Se viene rifiutata una proposta di conciliazione avanzata dal mediatore ed infine la sentenza che definisce il giudizio corrisponde per intero al suo contenuto, la parte vittoriosa perde tutte le spese sostenute successivamente e deve versare un ulteriore contributo unificato. Se non vi è piena corrispondenza tra proposta di conciliazione e successiva sentenza, può essere egualmente esclusa la ripetizione delle spese.

Una recente ordinanza della Corte di cassazione (Sez. II, 21-11-2023 n. 32306) ha affermato che le spese di mediazione sono in tutto assimilabili a quelle di giudizio.

Secondo l’art. 4, la domanda di mediazione deve presentarsi ad “un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia”. Inoltre, “la domanda di mediazione deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa”, esattamente come l’atto introduttivo di un processo civile.

4) Incostituzionalità della mediazione imposta a pena di improcedibilità.

Dal complesso degli indici normativi sommariamente elencati (altri se ne potrebbero aggiungere) si deduce a mio avviso chiaramente che l’attuale sistema di mediazione obbligatoria è in contrasto sotto molteplici profili con gli artt. 24 e 102 della nostra Costituzione e con le corrispondenti norme della Convenzione europea sui diritti dell’uomo e dei trattati comunitari[2]. Non si tratta solo di un problema di costi, ma di aspetti molto più incisivi e preoccupanti che alterano i fondamenti della tutela giurisdizionale dei diritti senza, per altro, apportare benefici di rilievo sul piano complessivo del carico giudiziario.

E’, dunque, auspicabile che tutti gli Organi giurisdizionali dello Stato seguano la strada tracciata dal Tribunale di Verona, mandando in soffitta non la conciliazione giudiziaria, ma l’artificiosa condizione di procedibilità prevista dalle norme sulla mediazione preventiva con tutto il suo corredo sanzionatorio volto ad imporne l’adempimento.

 

 

 

 

 

[1] V. G. MONTELEONE, La mediazione obbligatoria: conciliazione o giurisdizione surrogata? Brevi riflessioni critiche, in www. Judicium.it 10 luglio 2023.

[2] E ciò contrariamente a quanto un’interessata vulgata ha sostenuto, affermando che l’esigenza di introdurre la mediazione preventiva discendeva proprio dai trattati comunitari.