Brevi note “a caldo” sul litisconsorzio alternativo passivo (Cass. s.u. 4 dicembre 2024, n. 31136).

Di Francesco P. Luiso -

1. La Corte di Cassazione, con la sentenza sopra indicata, ha affrontato e deciso la questione relativa alla disciplina processuale, in sede di impugnazione, del c.d. litisconsorzio alternativo passivo.

La controversia, sottoposta alla decisione della s.u., è da manuale: Tizio, avendo prestato attività lavorativa, a diverso titolo, nei confronti di alcuni soggetti, chiede che quello di essi, che risulterà effettivo debitore, sia condannato a pagargli delle voci retributive. La domanda viene accolta nei confronti di uno dei convenuti, ed ovviamente e necessariamente viene rigettata nei confronti degli altri.

Il convenuto condannato appella, e l’attore non prende alcuna iniziativa nei suoi confronti: né mediante un appello incidentale né mediante una riproposizione. La corte di gravame accoglie l’appello, ma dichiara di non poter pronunciare condanna nei confronti di quello, fra i convenuti, che ritiene essere il vero obbligato.

La questione viene portata alle sezioni unite, le quali affermano due principi: a) l’appello del convenuto soccombente comporta l’applicazione dell’art. 331 c.p.c., e quindi impedisce il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado. Tale appello devolve al giudice dell’impugnazione la cognizione dell’intera controversia, che deve avere una decisione unitaria; ma b) se l’attore non propone appello incidentale, il giudice di appello non può condannare il convenuto che, assolto in primo grado, sia ritenuto essere il vero debitore.

Le due questioni vanno esaminate separatamente, e non vi è dubbio che la più importante sia la prima.

2. La dottrina assolutamente maggioritaria ritiene che la fattispecie sopra indicata rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 332 c.p.c. Il convenuto condannato – si dice – non ha il potere di devolvere in sede di impugnazione la controversia fra l’attore e l’altro convenuto, perché rispetto a tale controversia manca di legittimazione. Di conseguenza, ove l’attore non proponga impugnazione nei confronti del convenuto assolto, passa in giudicato, rispetto a costui, la sentenza di primo grado e, ove la corte di appello accolga l’impugnazione, l’attore avrà due sentenze di rigetto, che gli negheranno definitamente il credito.

Questa opinione, a nostro avviso, contrasta con la lettera e con la ratio dell’art. 331 c.p.c.: in quell’ambito rileva non la dipendenza fra diritti, ma quella fra decisioni. Se ed in quanto la decisione verso uno dei litisconsorti passivi dipende da ciò che è stato detto rispetto all’altro litisconsorte, questi – impugnando – devolve al giudice di appello l’intera controversia poiché, ove fosse riformato il capo impugnato, occorre rivedere la decisione rispetto all’altro capo.

Nel nostro caso: se il giudice di primo grado ha detto che il vero obbligato è X e che conseguentemente non lo è Y, ed X impugna, il giudice di appello deve essere in grado di ricalibrare la pronuncia rispetto ad Y, in quanto il contenuto di questa dipende dal contenuto dell’altra, e se viene accertato che il vero obbligato non è X, è contraddittorio che passi in giudicato la sentenza che ha detto che il vero obbligato non è Y, perché lo è X. La sentenza di impugnazione verso X travolge il presupposto della sentenza di primo grado verso Y.

3. Ed è questa la soluzione della sentenza che si commenta: la quale (§ 10) afferma che <<il nesso di dipendenza implicato dal cumulo alternativo e dal simultaneo processo di accertamento dell’elemento comune tra le due cause comporta in sede di impugnazione l’applicazione dell’art. 331 c.p.c.>>. Pertanto (§ 11) << il capo dipendente … non passa in giudicato, sicché dall’accoglimento dell’appello principale non discende una duplice soccombenza dell’attore stesso.>>.

Questa è l’unica soluzione che conserva quell’aspirazione alla coerenza fra decisioni, che è stata chiaramente esplicitata dall’attore chiamando in causa i più possibili obbligati. Se fosse consentito il passaggio in giudicato di una sentenza che dice che obbligato non è Y perché lo è X, e di un’altra sentenza che dice che obbligato non è X perché lo è Y, a che pro il processo cumulato?

Il diritto processuale ha infatti gli strumenti (il giudicato) per garantire il rispetto del diritto sostanziale quando le più controversie si svolgono fra gli stessi soggetti; ma si deve fermare, a causa del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, quando le più controversie coinvolgono soggetti diversi. E costituisce indubbiamente una alterazione del diritto sostanziale una vicenda, che termina con la contraddizione sopra indicata. L’unico strumento è il simultaneus processus che, una volta realizzatosi, non può venir meno sol perché – come si suol dire – manca la legittimazione ad impugnare.

4. L’altra questione affrontata dalla Cassazione è meno rilevante, perché riguarda solo le condizioni, in presenza delle quali il giudice di appello, accolta l’impugnazione principale ed accertato che il vero obbligato è l’altro convenuto, può condannare quest’ultimo all’adempimento. Secondo la Corte, a tal fine occorre un appello incidentale.

Non è qui il caso di discutere della correttezza della soluzione. A noi interessa verificare cosa accade se l’attore non propone appello verso il convenuto assolto in primo grado e quello che conta è che tale omissione non scioglie l’unitarietà della decisione. Come afferma la sentenza (§ 13.4), la semplice caducazione del capo dipendente assolutorio ne impedisce il passaggio in giudicato e <<la rispettiva pretesa può poi essere devoluta in un nuovo processo>>.

In tale nuovo processo, le difese del convenuto originariamente assolto in primo grado dipendono dal contenuto della sentenza di appello: se questa ha dichiarato semplicemente che il litisconsorte già condannato non è obbligato, il convenuto potrà utilizzare tutte le difese, tranne quella consistente nell’affermare che il vero obbligato  è l’altro; ma se la sentenza di appello ha dichiarato che il litisconsorte già condannato non è obbligato perché obbligato è il litisconsorte già assolto, questi nel successivo processo sarà vincolato a tale statuizione, e potrà utilizzare solo le difese con essa non contrastanti.