Giustizia sportiva e giurisdizione statale nell’ambito dei rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento statale

Di Antonio Maria Marzocco -

Sommario: 1. La giustizia sportiva come giustizia associativa – 2. Il fondamento oggettivo e soggettivo della giustizia sportiva – 2.1. (Segue) Il vincolo di giustizia sportiva – 3. Struttura della giustizia sportiva, principi e tipologie di controversie – 4. I rapporti tra giustizia sportiva e giurisdizione statale: a) un preliminare chiarimento terminologico – 4.1. b) l’affermazione dei principi di autonomia e di rilevanza – 4.2. c) l’individuazione delle controversie rilevanti per l’ordinamento statale – 4.3. d) le controversie irrilevanti e l’elaborazione del criterio della rilevanza indiretta – 4.4. e) il suggello della Corte costituzionale – 5. Sintesi sul rapporto tra giustizia sportiva e giurisdizione statale e il superamento del concetto unitario di vincolo di giustizia sportiva – 6. Ulteriori accezioni dei principi di autonomia e di rilevanza nei rapporti tra giustizia sportiva e giurisdizione statale – 6.1. a) Autonomia nell’individuazione delle fattispecie disciplinari – 6.2. b) Autonomia nello stabilire il grado della prova sufficiente – 6.3. c) Autonomia e rilevanza nell’individuare l’efficacia probatoria di alcuni mezzi di prova – 6.4. d) Autonomia e rilevanza dei procedimenti – 7. Riflessioni conclusive

 

1.La giustizia sportiva come giustizia associativa

Il primo interrogativo che il tema solleva attiene al concetto stesso di giustizia sportiva. Cosa si intende per giustizia sportiva? La risposta è semplice: essa è un esempio di giustizia associativa. Una giustizia, dunque, che nasce ed opera all’interno di associazioni o federazioni ed è volta a risolvere le controversie tra gli associati o i federati oppure tra questi ultimi e, rispettivamente, l’associazione o la federazione di appartenenza. È un fenomeno ben noto anche in altri ordinamenti, dove talvolta esiste persino uno specifico termine per individuare i giudici delle associazioni o delle federazioni[1].

Dal momento che in questa sede si tratta delle Federazioni sportive, la giustizia sportiva, quale espressione di giustizia associativa, può essere definita come la forma di giustizia che si occupa della risoluzione delle controversie tra i soggetti dell’ordinamento sportivo[2].

È un sistema di giustizia necessario sia per garantire l’osservanza dei principi propri dell’ordinamento sportivo e della legalità nell’ordinamento sportivo; sia per garantire il funzionamento delle competizioni sportive, che hanno tempi incompatibili con la durata dei processi statali.

2.Il fondamento oggettivo e soggettivo della giustizia sportiva

Il fondamento della giustizia sportiva è in realtà duplice. Bisogna distinguere, infatti, tra il fondamento oggettivo di un sistema di giustizia sportiva, cioè la ragione che ne consente la creazione; e il fondamento soggettivo, cioè la ragione che determina la sottoposizione del singolo alla giustizia sportiva e alle sue decisioni.

Il fondamento oggettivo è rappresentato dalla teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici di Santi Romano[3], poi dettagliata da altri autorevoli Studiosi con specifico riferimento all’ordinamento sportivo[4].

L’esistenza di un sistema di risoluzione delle controversie, cioè di giustizia sportiva, è un corollario necessario dell’esistenza di una pluralità di ordinamenti e del riconoscimento dell’ordinamento sportivo quale ordinamento autonomo.

Tale autonomia comporta anche la capacità dell’ordinamento sportivo di munirsi di un sistema di giustizia interno, per garantire l’osservanza da parte dei soggetti dell’ordinamento sportivo delle regole che quest’ultimo pone.

È una ricostruzione accolta anche dalla nostra Corte costituzionale nella sentenza n. 49 del 2011[5] (poi confermata dalla sentenza n. 160/2019[6]), quando ha affrontato il tema dei rapporti tra giustizia sportiva e giurisdizione statale nell’ambito, più ampio, dei rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento statale.

2.1. (Segue) Il vincolo di giustizia sportiva

La teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici non basta a spiegare la sottoposizione dei singoli atleti, degli affiliati, degli associati al giudizio degli organi di giustizia sportiva e l’obbligo di rivolgersi ad essi (a volte in via esclusiva) e la sottoposizione alle relative decisioni. A tal fine bisogna individuare il fondamento soggettivo della giustizia sportiva.

La fonte del vincolo delle parti alla giustizia sportiva è di carattere soggettivo e volontaristico, perché consiste nell’adesione ad una federazione[7].

I soggetti dell’ordinamento sportivo sono sottoposti alla giustizia sportiva perché aderendo ad una federazione ne accettano le norme, le regole e la complessiva organizzazione, compreso il sistema interno di giustizia. La sottoposizione alla giustizia sportiva non richiede, tuttavia, la pattuizione di una specifica clausola, ma è un effetto automatico dell’appartenenza del soggetto all’ordinamento sportivo[8]. Questa sottoposizione comporta la nascita automatica del vincolo di giustizia sportiva.

Di conseguenza, si può affermare che il vincolo di giustizia sportiva esprime l’obbligo per i tesserati, gli affiliati e più in generale per i soggetti dell’ordinamento sportivo, di adire gli organi di giustizia sportiva. Se inteso in senso proprio e forte (amplius infra § 5), il vincolo di giustizia esprime l’obbligo di adire, per le controversie lato sensu sportive, gli organi di giustizia interni, riconoscendo «piena e definitiva efficacia» alle loro decisioni[9], pena la comminazione di sanzioni disciplinari.

Una puntuale descrizione del contenuto vincolo di giustizia è rinvenibile, ad esempio, nell’art. 30, 2° co., dello Statuto della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC)[10]. In esso si legge che i tesserati, le società affiliate e tutti i soggetti, organismi e loro componenti, che svolgono attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevanti per l’ordinamento federale, accettano, «in ragione della loro appartenenza all’ordinamento settoriale sportivo o dei vincoli assunti con la costituzione del rapporto associativo», la «piena e definitiva efficacia di qualsiasi provvedimento adottato dalla FIGC, dalla FIFA, dalla UEFA, dai suoi organi o soggetti delegati, nelle materie comunque riconducibili allo svolgimento dell’attività federale nonché nelle relative vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico».

3.Struttura della giustizia sportiva, principi e tipologie di controversie

La giustizia sportiva è ormai famosa in Italia, ma lo è molto meno la sua struttura. Essa è articolata in un sistema endofederale di giustizia, quindi con organi di giustizia che si sviluppano nell’ambito delle singole Federazioni sportive nazionali (d’ora in poi: FSN) o Discipline sportive associate (d’ora in poi: DSA)[11]; e in un sistema esofederale, che ormai consta soltanto del Collegio di garanzia dello sport del CONI con funzioni di controllo di legittimità. L’impugnazione è infatti consentita soltanto per violazione di legge o per omessa insufficiente o contraddittoria motivazione, riprendendo alcuni motivi del ricorso per Cassazione dinanzi al giudice statale (oggi in realtà ampiamente ristretti per quanto attiene al vizio motivazionale, cfr. art. 360 n. 5 c.p.c.)[12].

Nell’ambito della giustizia endofederale si suole distinguere tra organi di giustizia sportiva in senso stretto, quali il Giudice sportivo nazionale o territoriale e la Corte sportiva di appello a livello nazionale o territoriale; e giudici federali, quali il Tribunale federale territoriale o nazionale e la Corte federale di appello. Pertanto, il sistema di risoluzione delle controversie è, di regola, articolato in più gradi di giudizio endofederale e in un successivo grado di giudizio esofederale.

Il processo sportivo osserva i principi del giusto processo, come è espressamente affermato sia dall’art. 2, 2° co., dei Principi di giustizia sportiva del CONI[13], sia dall’art. 2, 2° co., Codice della giustizia sportiva CONI[14], sia dai regolamenti di giustizia delle singole FSN e DSA[15]. Terzietà e imparzialità dell’organo giudicante, garanzia del diritto di azione, principio del contraddittorio, principio della parità delle armi, principio della ragionevole durata del processo, sono tutti principi e garanzie che informano il processo sportivo[16].

Nell’ambito di essi trova dettagliata disciplina la garanzia del diritto di azione dinanzi agli organi di giustizia. È una garanzia affermata, innanzi tutto, dai Principi di giustizia sportiva CONI[17] e dal Codice della giustizia sportiva CONI[18]; ed è poi riflessa nei regolamenti di giustizia sportiva delle FSN e DSA, che garantiscono a tutti i soggetti dell’ordinamento sportivo il diritto di agire dinanzi agli organi di giustizia e, in modo connesso, la giustiziabilità delle pretese quando si facciano valere diritti, interessi o in generale posizioni soggettive rilevanti per l’ordinamento sportivo[19]. Un diritto di azione ritenuto «atipico» e tendenzialmente assimilabile alla garanzia del diritto di azione giudiziale di cui all’art. 24 Cost.[20].

La legittimazione ad agire è, normalmente, attribuita al «titolare di una posizione soggettiva rilevante per l’ordinamento federale che abbia subito una lesione o un pregiudizio»[21]; ma spetta anche alla Procura federale, che può proporre ricorso o reclamo avverso le decisioni relative ai deferimenti dalla stessa disposti[22]. In materia disciplinare, infatti, l’azione dinanzi agli organi di giustizia sportiva è attribuita in via esclusiva alla Procura federale (ferme le competenze della Procura generale[23]) ed è volta a garantire l’osservanza delle norme dell’ordinamento sportivo[24].

Le possibili tipologie di controversie oggetto del processo sportivo sono individuate secondo una classica quadripartizione: una giustizia di tipo tecnico, una giustizia di tipo disciplinare, una giustizia di tipo economico e una giustizia di tipo amministrativo[25]. Un riflesso almeno parziale di questa ripartizione è rappresentato dall’articolazione in sezioni del Tribunale federale nazionale della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC)[26].

L’esistenza di più tipologie di controversie pone tanto più la necessità di stabilire i confini tra la giustizia sportiva e la giurisdizione statale.

 

4.I rapporti tra giustizia sportiva e giurisdizione statale: a) un preliminare chiarimento terminologico

Dopo aver delineato il concetto di giustizia sportiva, il sistema complessivo, i principi osservati e le tipologie di controversie, bisogna ora affrontare i rapporti tra giustizia sportiva e giurisdizione statale nell’ambito dei rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento statale.

In primo luogo è necessario un chiarimento terminologico. È possibile discorrere, anche rispetto alla giustizia sportiva, di una giurisdizione?

La giustizia sportiva, secondo la ricostruzione che è stata qui accolta sin dall’inizio (supra § 1), è stata definita come una forma di giustizia associativa; dunque essa non è giurisdizione, almeno in senso formale. Del resto, non si esprime in termini di “giurisdizione sportiva” il d.l. 19 agosto 2003, n. 220[27], che nel definire i confini tra le giurisdizioni statali (ordinaria e amministrativa) e la giustizia sportiva[28] discorre soltanto di materie riservate agli organi di giustizia sportiva, così impiegando la stessa terminologia adottata dall’art. 2, 1° co., d.l. 220/2003 per indicare le questioni la cui disciplina è riservata all’ordinamento sportivo; oppure utilizza, ma più raramente, il termine competenza, ma in senso atecnico, intesa quindi come attribuzione (o spettanza) agli organi di giustizia sportiva[29]. Non utilizza il sintagma “giurisdizione sportiva” neppure il Codice del processo amministrativo quando individua l’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di atti del CONI e delle FSN[30].

Nell’esperienza giurisprudenziale il sintagma non è utilizzato dalle decisioni della Corte costituzionale in materia di rapporti tra ordinamento sportivo e giustizia statale[31], fatta salva una occasionale eccezione[32]. Né risulta utilizzato dalle pronunce della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato, che discorrono di giustizia sportiva, di giustizia associativa o di materie riservate agli organi di giustizia sportiva, fatta salva qualche rara eccezione in cui il sintagma appare, per lo più, accanto a quello di “giustizia sportiva”[33]. Sono delle eccezioni, ma nonostante la rarità esse potrebbero denotare, soprattutto quando il sintagma risulti utilizzato in via esclusiva[34] o comunque ripetuto più volte[35], la consapevole o inconscia volontà di equiparare giurisdizione statale e giustizia sportiva in un concetto di giurisdizione unitario dal punto di vista (non certamente formale ma) sostanziale.

Se si sposta lo sguardo verso le decisioni della giustizia sportiva, emerge che con maggiore frequenza si discorre di “giurisdizione sportiva” in ambito esofederale[36] ed endoferale[37]. Un’espressione che ora si affianca al sintagma “giurisdizione degli organi di giustizia sportiva”[38], eventualmente ponendo il termine giurisdizione tra virgolette[39]; ora al sintagma “difetto di giurisdizione” degli organi di giustizia sportiva[40]. Di giurisdizione (sportiva), inoltre, discorrono sporadicamente anche le norme esofederali e federali sulla giustizia sportiva[41].

Seppure raramente, dunque, si riscontrano pronunce che si esprimono in termini di giurisdizione. Ciò non rappresenta affatto un errore. Il concetto di giurisdizione è un concetto relativo[42]. Se la giurisdizione è considerata monopolio dello Stato, allora la giustizia sportiva non può in alcun modo essere giurisdizione[43]. Se invece si accoglie una prospettiva sostanziale del concetto di giurisdizione e si afferma che giurisdizione è quell’attività che si modella secondo i principi del giusto processo, allora in via convenzionale, eventualmente ponendo il termine “giurisdizione” tra virgolette, si può discorrere anche di giurisdizione sportiva, perché la giustizia sportiva osserva anch’essa i principi del giusto processo (supra § 3).

 

4.1. b) l’affermazione dei principi di autonomia e di rilevanza

Dopo la delimitazione terminologica bisogna procedere alla delimitazione pratica dei confini tra la giustizia sportiva e la giurisdizione statale.

L’art. 1 d.l. 19 agosto 2003, n. 220 (Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), convertito con modificazioni dalla l. 17 ottobre 2003, n. 280[44], individua due principi generali: a) «La Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale» (art. 1, 1° co.); b) «I rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo» (art. 1, 2° co.)[45].

I due principi che regolano i rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento statale realizzano una duplice esigenza: a) affermare e garantire l’autonomia dell’ordinamento sportivo, fondata, in un’ottica di diritto interno, sia sull’art. 18 Cost., che tutela la libertà associativa, sia sull’art. 2 Cost., che riconosce e garantisce i diritti inviolabili nelle formazioni sociali ove si svolge la personalità del singolo[46] (mentre l’art. 33, u.c., della Costituzione che ha riconosciuto lo Sport e le sue funzioni non si occupa del principio di autonomia, che del resto non ha affatto bisogno di un ulteriore fondamento costituzionale per poter essere affermato); b) garantire la pienezza della tutela giurisdizionale delle posizioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo ma rilevanti per l’ordinamento statale[47].

Questo secondo profilo è essenziale per collegare i rapporti tra giustizia sportiva e giurisdizione statale ai rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento statale. L’autonomia dell’ordinamento sportivo non è protetta quando la controversia coinvolge posizioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento statale[48]; o si potrebbe affermare che in applicazione dell’art. 1, 2° co., d.l. 220/2003 «l’autonomia dell’ordinamento sportivo recede allorché siano coinvolte situazioni giuridiche soggettive che, sebbene connesse con quello, siano rilevanti per l’ordinamento giuridico della Repubblica»[49]. Da qui il problema di stabilire quando una situazione giuridica connessa con l’ordinamento sportivo sia al contempo rilevante anche per l’ordinamento statale.

4.2. c) l’individuazione delle controversie rilevanti per l’ordinamento statale

Il chiarimento del concetto di rilevanza è il frutto dell’opera del Legislatore ma anche della giurisprudenza.

In primo luogo, i rapporti tra giustizia sportiva e giurisdizione statale sono stati regolati dall’art. 3, 1° co., d.l. 220/2003 in combinato disposto con l’art. 2, 2° co., dello stesso decreto. Essi applicano il principio di rilevanza (art. 1, 2° co., d.l. cit.) e per l’effetto individuano: i) le controversie – o meglio le «questioni» secondo l’art. 2, 1° co., d.l. cit. – che non sono rilevanti per l’ordinamento statale e, pertanto, restano riservate alla giustizia sportiva (art. 2, 2° co., d.l. cit.); ii) le controversie che hanno rilevanza anche per l’ordinamento statale, in quanto coinvolgono una situazione giuridica soggettiva per esso rilevante (art. 3, 1° co., d.l. cit.).

Dalla distinzione appena compiuta discende la ricorrente affermazione giurisprudenziale secondo cui «la giustizia sportiva costituisce lo strumento di tutela per le ipotesi in cui si discute dell’applicazione delle regole sportive, mentre la giustizia statale è chiamata a risolvere le controversie che presentano una rilevanza per l’ordinamento generale, concernendo la violazione di diritti soggettivi o interessi legittimi»[50].

Sulla base delle norme indicate, la Corte di cassazione ha provveduto ben presto[51] ad individuare, in modo analitico, le diverse tipologie di controversie sportive e il giudice statale eventualmente munito di giurisdizione, distinguendo tra:

a) le «questioni» che hanno per oggetto l’osservanza di norme regolamentari, organizzative e statutarie espressione «dell’autonomia normativa interna delle federazioni» e che «non hanno rilevanza nell’ordinamento giuridico generale». Si tratta delle cd. controversie tecniche, che restano riservate alla giustizia sportiva;

b) le «questioni» che nascono da «comportamenti rilevanti sul piano disciplinare, derivanti dalla violazione da parte degli associati di norme anch’esse interne all’ordinamento sportivo». Si tratta delle cd. controversie disciplinari, anch’esse riservate alla giustizia sportiva ed escluse dall’oggetto della giurisdizione statale.

Qualora una controversia tecnica o disciplinare fosse portata dinanzi al giudice statale, quale oggetto del giudizio, il giudice dovrebbe dichiarare il difetto assoluto di giurisdizione o, secondo un’altra ricostruzione preferibile, il difetto di giustiziabilità della pretesa, in quanto la pretesa non è tutelabile dinanzi ai giudici statali[52] (in seguito è stato però affermata, almeno per le controversie disciplinari non tecniche, la loro possibile rilevanza indiretta dinanzi al giudice statale, v. amplius infra §§ 4.3 – 4.4);

c) le controversie connesse all’attività che le FSN devono svolgere in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del CONI e del CIO, tra cui l’ammissione e l’affiliazione alle federazioni di società, di associazioni sportive e di singoli tesserati e l’organizzazione e lo svolgimento delle attività agonistiche non programmate ed a programma limitato e l’ammissione alle stesse delle squadre e degli atleti. Si tratta dell’attività provvedimentale delle federazioni, attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;

d) «le questioni concernenti i rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti», attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario.

È un riparto evidentemente compiuto dalla prospettiva del giudice statale; e del resto non potrebbe essere altrimenti, perché il d.l. n. 220/2003, conv. dalla l. n. 280/2003, è una fonte normativa statale. Dopo aver preso atto del principio di autonomia ed aver affermato il principio di rilevanza non avrebbe potuto disciplinare la giustizia sportiva. Al massimo avrebbe potuto, e in concreto lo ha fatto, individuare un ambito in cui la giurisdizione statale non opera perché le controversie sono riservate esclusivamente alla giustizia sportiva e riconoscere inoltre, così limitando l’esercizio immediato della funzione giurisdizionale al fine di rispettare il principio di autonomia dell’ordinamento sportivo, il vincolo di giustizia sportiva o secondo alcuni, ma con un’espressione ormai impropria, la cosiddetta pregiudiziale sportiva (v. infra § 5).

 

4.3. d) le controversie irrilevanti e l’elaborazione del criterio della rilevanza indiretta

Le distinzioni appena compiute rappresentano una prospettiva per così dire classica in materia, fondata sulla rilevanza o irrilevanza per l’ordinamento statale delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte dalle controversie sportive. In seguito, al di là delle modifiche subite dalle norme (cfr. il vigente art. 3 d.l. 220/2003, conv. dalla l. 280/2003), la classificazione è stata in parte superata dalle elaborazioni della giurisprudenza amministrativa, poi rafforzate dagli interventi della Corte costituzionale (infra § 4.4).

Il riconoscimento, accanto al principio di autonomia, del principio di rilevanza ha condotto la giurisprudenza ad affermare la possibile rilevanza indiretta delle sanzioni disciplinari (non tecniche). Il singolo atleta e tutti gli altri soggetti dell’ordinamento sportivo hanno una duplice veste: da un lato sono soggetti dell’ordinamento sportivo e per questo sottoposti alla giustizia sportiva; dall’altro rientrano tra i soggetti a cui la Costituzione italiana, con l’art. 24, 1° co., che recita “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”, garantisce il diritto di azione dinanzi ai giudici statali. Da qui l’esigenza di bilanciare queste due facce della stessa medaglia: da un lato l’autonomia dell’ordinamento sportivo (e l’esistenza in esso di un sistema interno di giustizia sportiva); dall’altro l’esistenza di posizioni giuridiche soggettive, rilevanti per l’ordinamento statale, che possono essere lese da sanzioni disciplinari adottate nell’ordinamento sportivo (se ritenute illegittime, sia pure a seguito di un accertamento incidenter tantum, dal giudice statale).

Questa esigenza di bilanciamento ha condotto ad elaborate ed acute interpretazioni giurisprudenziali, in particolare grazie alla pioneristica giurisprudenza del Consiglio di Stato sulla rilevanza indiretta delle sanzioni disciplinari sportive dinanzi ai giudici statali[53]. Una giurisprudenza che ha aperto la strada al riconoscimento, dinanzi al giudice amministrativo, della pretesa del ricorrente ad una tutela non già demolitoria ma risarcitoria di fronte a sanzioni disciplinari sportive ritenute illegittime. Una rilevanza indiretta non ancora del tutto chiarita e, almeno per il momento, enucleata soltanto rispetto alle sanzioni disciplinari non derivanti dalla violazione di norme tecniche.

Cosa vuol dire, in pratica, rilevanza indiretta? Vuol dire che se, ad esempio, nell’ambito dell’ordinamento sportivo è stata inflitta una sanzione disciplinare ad un tesserato, la sanzione deve essere impugnata dinanzi agli organi di giustizia sportiva ma, una volta esauriti i gradi della giustizia sportiva endofederale ed esofederale, è possibile agire anche dinanzi al giudice statale per chiedere, sul presupposto dell’illegittimità della sanzione disciplinare, il risarcimento del danno. Nell’esempio appena indicato – inflizione di una sanzione disciplinare (non tecnica) – sussisterebbe, in ordine alla pretesa risarcitoria fondata sul presupposto dell’illegittimità della sanzione, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo[54], in quanto giurisdizione residuale in materia[55], e la competenza funzionale del TAR Lazio (sede di Roma)[56]. Ma cosa potrebbe essere chiesto al giudice amministrativo? L’annullamento della sanzione? Allo stato attuale del dato normativo e dell’elaborazione giurisprudenziale certamente no, perché opera il principio di autonomia dell’ordinamento sportivo. L’ordinamento statale non può intervenire con i propri giudici per annullare la sanzione inflitta dagli organi di giustizia sportiva. Un tema comunque dibattuto, soprattutto alla luce dei principi affermati dalla giurisprudenza sovranazionale (Corte EDU e Corte di Giustizia UE) in tema di accesso al giudice e di effettività della tutela giurisdizionale[57].

Se è vero che, almeno allo stato attuale, opera il principio di autonomia, tuttavia esso deve essere bilanciato, alla luce della giurisprudenza, con il principio di rilevanza. Pertanto, è possibile chiedere dinanzi al giudice amministrativo il risarcimento del danno, quindi tutelare un diritto soggettivo di fronte ad una sanzione disciplinare reputata illegittima, ma a tal fine il giudice amministrativo dovrà conoscere, seppure incidenter tantum (cioè al mero scopo di pronunciare sulla richiesta di risarcimento del danno), della legittimità della sanzione disciplinare sportiva.

L’accertamento incidenter tantum del giudice amministrativo è soltanto funzionale alla pronuncia sulla domanda di risarcimento del danno. In questo equilibrio, qui descritto in estrema sintesi, coesistono oggi giustizia sportiva e giurisdizione statale rispetto alle sanzioni disciplinari diverse da quelle tecniche.

 

4.4. e) il suggello della Corte costituzionale

La soluzione volta a contemperare il principio di autonomia dell’ordinamento sportivo con l’effettività della tutela giurisdizionale, sia pure escludendo una tutela demolitoria della sanzione e riconoscendo soltanto il diritto al risarcimento del danno sulla base dell’accertamento, incidenter tantum da parte del giudice amministrativo, della illegittimità della sanzione disciplinare (non tecnica) ha trovato l’avallo della Corte costituzionale nei suoi due ben noti interventi in materia.

Con un primo intervento la Corte costituzionale[58] ha dichiarato infondata la questione di legittimità, in relazione agli artt. 24, 103 e 113 Cost., dell’art. 2, 1° co., lett. b, e 2° co., d.l. n. 220 del 2003, nella parte in cui riserva alla giustizia sportiva la competenza a decidere in via definitiva le controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, diverse da quelle tecniche, inflitte ad atleti, tesserati, associazioni e società sportive, sottraendole al giudice amministrativo, anche se i loro effetti superano l’ambito dell’ordinamento sportivo, incidendo su diritti soggettivi ed interessi legittimi.

La Corte costituzionale ha in concreto accolto la giurisprudenza del Consiglio di Stato[59] ed ha affermato: a) che al fine di rispettare l’autonomia dell’ordinamento sportivo oggetto del sindacato del g.a. non può essere l’annullamento degli atti attraverso i quali sono state irrogate le sanzioni disciplinari; b) che dinanzi al g.a., in sede di giurisdizione esclusiva (art. 133, 1° co., lett. z, c.p.a.), può essere richiesta la tutela risarcitoria per equivalente, senza che operi alcuna riserva a favore della giustizia sportiva, dinanzi alla quale la pretesa risarcitoria non può neppure essere fatta valere; c) che il g.a., al fine di decidere sulla pretesa risarcitoria avanzata dal destinatario della sanzione, può conoscere, in via incidentale, della legittimità di sanzioni disciplinari inflitte a società, associazioni ed atleti. La Corte ha affermato, inoltre, che l’esclusione della tutela di annullamento non viola l’art. 24 Cost.; e che «il legislatore ha operato un non irragionevole bilanciamento che lo ha indotto, per i motivi già evidenziati, ad escludere la possibilità dell’intervento giurisdizionale maggiormente incidente sull’autonomia dell’ordinamento sportivo».

La decisione è stata in seguito confermata da un nuovo intervento della Corte[60], sia per quanto attiene al rilievo dei valori costituzionali in gioco, sia per quanto attiene alla ragionevolezza del bilanciamento operato dal Legislatore. In particolare, nel nuovo intervento la Corte ha sottolineato che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo, la sentenza n. 49/2011 non aveva affermato la «equipollenza» tra la tutela risarcitoria e la tutela di annullamento, ma si era limitata ad «escludere che la mancanza di un giudizio di annullamento sia di per sé in contrasto con quanto previsto dall’art. 24 Cost., in quanto la disciplina in discussione riconosce all’interessato, secondo il diritto vivente, “una diversificata modalità di tutela giurisdizionale”»; ed inoltre che la precedente decisione aveva preso le mosse «dall’espresso presupposto che la forma di tutela per equivalente sia sicuramente diversa rispetto a quella in via generale attribuita al giudice amministrativo», ma aveva giudicato «il rimedio risarcitorio di regola idoneo a garantire un’attitudine riparatoria adeguata». Pertanto, la Corte non aveva compiuto «una presunta equiparazione dei due rimedi, che all’evidenza non sussiste», ma aveva reputato non irragionevole lo «specifico limite legislativo posto alla tutela delle posizioni soggettive lese, la cui introduzione non deve ritenersi in assoluto preclusa dalle norme costituzionali che garantiscono il diritto di difesa e il principio di effettività della tutela giurisdizionale».

5.Sintesi sul rapporto tra giustizia sportiva e giurisdizione statale e sul superamento del concetto unitario di vincolo di giustizia sportiva

Alla luce della giurisprudenza descritta, oggi il diritto vivente in tema di rapporti tra giustizia sportiva e giurisdizione statale può essere così riassunto:

i) le controversie che hanno ad oggetto le materie di cui all’art. 2, 1° co., d.l. 220/2003 sono riservate alla giustizia sportiva, fatta salva la rilevanza indiretta delle sanzioni disciplinari (non tecniche) ai fini risarcitori dinanzi al giudice amministrativo (la cui competenza residuale comprende anche le pretese risarcitorie nei casi di cd. rilevanza indiretta, ma sempre previo esaurimento dei gradi della giustizia sportiva rispetto alla controversia disciplinare);

ii) le controversie relative ai rapporti di carattere patrimoniale tra le società sportive, le associazioni sportive, gli atleti e i tesserati, sono attribuite alla giurisdizione ordinaria, sempre previo esaurimento dei gradi della giustizia sportiva (art. 3, 1° co. 1° periodo, d.l. 220/2003);

iii) ogni altra controversia avente ad oggetto atti del CONI o delle FSN non riservata agli organi di giustizia sportiva ai sensi dell’art. 2 spetta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (art. 3, 1° co., 1° periodo, d.l. 220/2003), sempre previo esaurimento dei gradi della giustizia sportiva;

iv) infine, le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche, spettano alla giurisdizione esclusiva del g.a., ma questa volta l’obbligo di esaurire i gradi della giustizia sportiva è soltanto eventuale, perché dipende dalla previsione o meno da parte del CONI e delle FSN di organi di giustizia competenti per tali controversie (art. 3, 1° co., 3°-5° periodo, d.l. 220/2003).

L’assetto appena descritto dei rapporti tra giustizia sportiva e giurisdizione statale ha, di riflesso, modificato il concetto di vincolo di giustizia sportiva, che ha ormai assunto più possibili accezioni. Il vincolo di giustizia sportiva non rappresenta più un modello unitario. Il suo significato e la sua intensità variano in ragione della tipologia di controversia lato sensu sportiva di cui si tratta[61]. Bisogna infatti distinguere tra:

a) controversie che devono essere necessariamente portate dinanzi alla giustizia sportiva (c.dd. controversie disciplinari e controversie tecniche, cioè relative alle materie di cui all’art. 2, 1° co., d.l. 220/2003). In questo caso il vincolo di giustizia sportiva opera in senso forte o proprio;

b) controversie patrimoniali e controversie relative ad atti del CONI o delle FSN non riservati alla giustizia sportiva. Queste controversie sono rilevanti in via diretta anche per l’ordinamento statale, perché coinvolgono immediatamente situazioni giuridiche soggettive da esso tutelate (controversie di cui all’art. 3, 1° co., 1° periodo, d.l. 220/2003). Tuttavia, tali controversie possono essere dedotte dinanzi alla giurisdizione statale soltanto dopo aver esaurito i gradi della giustizia sportiva. Pertanto, il vincolo di giustizia sportiva permane ma si contrae e può essere definito come un vincolo di giustizia sportiva debole. Esso, infatti, si riduce all’obbligo di osservare la cd. pregiudiziale sportiva – intensa in senso improprio o atecnico, perché la decisione della giustizia sportiva non manifesta alcuna efficacia pregiudiziale dinanzi ai giudici statali. In concreto il vincolo di giustizia si riduce all’obbligo di esaurire i gradi della giustizia sportiva prima di adire la giustizia statale, fermo che in caso di conflitto tra le decisioni prevarrà la decisione dei giudici statali. Lo si ricava dal citato art. 3 d.l. 220/2003, che nel disciplinare il riparto di giurisdizione tra g.o. e g.a. nelle controversie sportive rilevanti anche per l’ordinamento statale prescrive il previo esaurimento dei gradi della giustizia sportiva; ma rispetto a tali controversie, rilevanti in via diretta per l’ordinamento statale, non opera il vincolo alla decisione assunta dalla giustizia sportiva, perché altrimenti non avrebbe significato il riconoscimento del pieno diritto di azione dinanzi ai giudici statali;

c) la pretesa risarcitoria per i danni arrecati, da illegittime sanzioni disciplinari adottate nell’ordinamento sportivo, a situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento statale (cd. rilevanza indiretta delle sanzioni disciplinari non tecniche). La pretesa risarcitoria spetta alla giurisdizione residuale del g.a. prevista dall’art. 3, 1° co., 1° periodo, d.l. 220/2003, che richiede espressamente l’esaurimento dei gradi della giustizia sportiva (ma rispetto alla controversia disciplinare, non già rispetto alla pretesa risarcitoria). In questo caso il vincolo di giustizia sportiva risulta attenuato, perché da un lato comporta l’obbligo di percorrere i gradi della giustizia sportiva in ordine alla controversia disciplinare; dall’altro l’accertamento lì compiuto, che in generale è vincolante tra le parti, non lo sarà né per il giudice statale, in quanto non esiste una vera pregiudiziale sportiva e il giudice dovrà procedere in via autonoma ad accertare, ma incidenter tantum, se la sanzione sia illegittima; né tra le parti stesse, ora contrapposte dinanzi al giudice statale in ordine alla domanda di risarcimento fondata sulla pretesa illegittimità della sanzione disciplinare rimessa all’accertamento incidenter tantum del giudice amministrativo. In concreto, per le controversie disciplinari la riserva alla giustizia sportiva si manifesta attraverso la posizione al giudice statale di due limiti: i) l’irrilevanza della controversia in via diretta per l’ordinamento statale; ii) la possibilità di una mera cognizione incidenter tantum ai fini del risarcimento del danno, quando la controversia incida, in via riflessa, su posizioni rilevanti in via diretta per l’ordinamento statale, con esclusione della tutela di annullamento;

d) le controversie relative ai provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche (art 3, 1° co., 3°-5° periodo, d.l. 220/2003). In questo caso il vincolo di giustizia sportiva opera nella forma debole poco sopra descritta, ma inoltre è soltanto eventuale, perché l’obbligo di rivolgersi alla giustizia sportiva dipende dall’avvenuta previsione o meno da parte del CONI e delle FSN di organi di giustizia che decidano tali tipologie di controversie.

La pluralità di gradazioni e di significati del vincolo di giustizia, frutto del percorso normativo e giurisprudenziale che ha condotto all’attuale assetto dei rapporti tra giustizia sportiva e giurisdizione statale, non è tuttavia riflessa negli statuti e nei regolamenti del CONI e delle FSN, che accolgono ancora un concetto unitario di vincolo di giustizia sportiva.

Infine, per quanto attiene alle conseguenze, dinanzi al giudice statale, dell’inosservanza del vincolo di giustizia sportiva, si oscilla tra l’improcedibilità e l’improponibilità della domanda giudiziale. Nel primo senso si era quasi costantemente espressa la giurisprudenza amministrativa rispetto alla Camera di conciliazione e di arbitrato per lo sport[62]; mentre soltanto in rari casi si era parlato di una condizione di proponibilità della domanda giudiziale[63]. Quest’ultima tesi, tuttavia, appare oggi la più diffusa[64], anche se le decisioni di solito non si esprimono con chiarezza circa lo schema di rapporto con il processo. È, piuttosto, dalla loro lettura che emerge l’adozione dello schema della condizione di proponibilità (o di ammissibilità)[65]. Si tratta di un tema che attiene al più ampio fenomeno della giurisdizione condizionata. Non sorprende affatto che il Consiglio di Stato si sia espresso proprio in questi termini, affermando che «il rapporto tra giustizia sportiva e giurisdizione amministrativa resta riconducibile a un modello progressivo a giurisdizione condizionata, dove coesistono successivi livelli giustiziali susseguentisi in ragione di oggetto e natura, più o meno specialistica, delle competenze dell’organo giudicante (…)»[66].

 

6.Ulteriori accezioni dei principi di autonomia e di rilevanza nei rapporti tra giustizia sportiva e giurisdizione statale

Di autonomia e di rilevanza si può discorrere anche rispetto alla disciplina di altri profili del rapporto tra la giustizia sportiva e la giurisdizione statale. Sembra persino possibile affermare che i principi di autonomia e di rilevanza, ma accolti in una diversa e più ampia accezione, rappresentino una chiave generale di lettura dei rapporti tra giustizia sportiva e giurisdizione statale. Ora vi sono dei momenti di autonomia, ora momenti di rilevanza delle attività poste in essere nell’uno o nell’altro ordinamento. Per dimostrarlo basta compiere alcuni esempi, relativi ai seguenti temi: a) l’individuazione delle fattispecie disciplinarmente rilevanti; b) il grado della prova richiesta ai fini dell’accertamento della responsabilità disciplinare; c) l’efficacia probatoria di alcuni mezzi di prova; d) lo svolgimento dei procedimenti.

 

6.1. a) Autonomia nell’individuazione delle fattispecie disciplinari

Le FSN e le DSA hanno il compito di determinare, in virtù della competenza ad esse attribuita dall’art. 1, 3° co., Codice della giustizia sportiva CONI[67], le fattispecie dei comportamenti rilevanti sul piano disciplinare[68]. Ciò potrebbe indurre a ritenere che nella materia disciplinare sportiva operino i principi di tipicità, determinatezza e tassatività delle fattispecie di infrazione disciplinare, così come nel diritto penale, nel cui ambito rappresentano dei corollari del più ampio principio di legalità. In realtà non è sempre così.

Tra le violazioni disciplinari è infatti annoverata, in virtù di una norma di chiusura costante nei regolamenti di giustizia federali, la violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza. Da qui la constatazione che in materia disciplinare sportiva mentre sembra operare il principio di tipicità, non sempre invece opera il principio di determinatezza. Più precisamente, quest’ultimo opera in maniera molto attenuata quando si tratta della violazione dei generali doveri di lealtà, probità e correttezza, cristallizzati in una norma di chiusura che individua l’interesse protetto ma non predetermina, proprio in quanto norma di chiusura, la forma della violazione.

Tale grado di autonomia nella determinazione delle fattispecie disciplinari è funzionale alla realizzazione da parte dell’ordinamento sportivo dei propri fini, che possono non coincidere con quelli dell’ordinamento statale, per il quale la condotta potrebbe essere anche irrilevante. Del resto, la violazione dei generali principi di lealtà, probità e correttezza non richiede la sussistenza di una fattispecie penalmente rilevante o la perseguibilità in sede penale[69].

 

6.2. b) Autonomia nello stabilire il grado della prova sufficiente

Un altro profilo di autonomia riguarda la disciplina della prova. È ricorrente nella giustizia sportiva la massima secondo cui per affermare la responsabilità del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è richiesta la certezza assoluta, né l’esclusione di ogni ragionevole dubbio come invece è previsto nel processo penale, ma può ritenersi sufficiente un grado inferiore alla valenza assoluta delle prove, ottenuto sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito,  superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio[70]. Inoltre, si afferma che la prova di un fatto, specialmente in riferimento ad un illecito sportivo, può anche essere e, talvolta, non può che essere, logica piuttosto che fattuale[71].

Sono ammessi, dunque, un grado della prova ed un meccanismo probatorio differenti rispetto a quelli richiesti nel giudizio penale. Ciò può comportare che una condotta tipica e determinata, in astratto rilevante sia in ambito disciplinare sportivo che in ambito penale, in concreto conduca ad esiti differenti dinanzi alla giustizia sportiva e alla giustizia penale.

 

6.3. c) Autonomia e rilevanza nell’individuare l’efficacia probatoria di alcuni mezzi di prova

Un ulteriore profilo di autonomia attiene alla particolare o differente efficacia attribuita ad alcune fonti di prova.

Si pensi, ad esempio, all’efficacia di piena prova riconosciuta dall’art. 61, 1° co., Codice di Giustizia Sportiva FIGC, nei procedimenti relativi alle infrazioni connesse allo svolgimento delle gare, ai rapporti degli ufficiali di gara o del commissario di campo e ai relativi eventuali supplementi. Essi «fanno piena prova circa i fatti accaduti e il comportamento di tesserati in occasione dello svolgimento delle gare» (art. 61, 1° co., cit.). Resta fermo, però, che il referto arbitrale, pur facendo piena prova di quanto attesta essere avvenuto, non può assurgere a prova legale anche del quod non. Pertanto, la circostanza che un evento non sia documentato nella relazione dell’arbitro o negli altri atti provenienti dai suoi collaboratori non implica necessariamente che l’evento non si sia verificato e che la sua prova non possa essere desunta aliunde, in particolare dagli atti di indagine della Procura federale[72]. In ogni caso l’efficacia di piena prova non potrebbe valere dinanzi al giudice statale.

Ancora, al fine di riscontrare una differenza rispetto al processo penale, si segnala, in materia di prova testimoniale e di assunzione della stessa in contraddittorio, l’attenuazione del contraddittorio consentita nell’assunzione della prova nel processo sportivo. Un’attenuazione giustificata dalla natura composita, sia inquisitoria che accusatoria, del processo sportivo, dal suo carattere essenzialmente documentale, dall’informalità dello stesso e dall’esigenza di celerità[73].

Per altri profili, invece, si è attribuita piena rilevanza ai principi affermati per il processo penale. Ciò è avvenuto, ad esempio, rispetto alla valutazione di una pluralità di testimonianze del medesimo fatto, quando alcune circostanze siano riferite da alcuni dei testimoni e non da altri. In questo caso si è affermato che la valenza probatoria delle dichiarazioni non è compromessa, salvo che sia rigorosamente dimostrato che tutti i testimoni fossero presenti nel luogo ed abbiano avuto completa percezione del fatto nella sua interezza[74]. Inoltre è avvenuto in materia di dichiarazioni della parte offesa, affermando, in applicazione di principi propri della giurisprudenza penale, che esse seppur non equiparate alle dichiarazioni di un testimone estraneo possono essere comunque assunte da sole come fonte di prova, ma richiedono un attento controllo della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone[75].

6.4. d) Autonomia e rilevanza dei procedimenti

L’autonomia riguarda non soltanto, per così dire, la fase statica finalizzata a definire in astratto i confini tra la giustizia sportiva e la giurisdizione statale, ma anche la fase dinamica, relativa allo svolgimento concreto dei procedimenti dinanzi agli organi di giustizia sportiva e all’efficacia, in questi ultimi, delle decisioni assunte dalla giustizia statale.

Si può svolgere un procedimento disciplinare dinanzi agli organi di giustizia sportiva e, parallelamente, un procedimento dinanzi agli organi di giustizia statale quando i medesimi fatti siano rilevanti, per esempio, ai fini disciplinari dinanzi alla prima e ai fini penali dinanzi alla seconda. Una situazione presupposta, ad esempio, dall’art. 3, 3° co., Codice di giustizia sportiva della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) quando prevede: «Fermo restando quanto previsto dall’art. 39 del Codice CONI, vi è autonomia dell’ordinamento federale nella qualificazione dei fatti ai fini disciplinari e autonomia degli organi di giustizia sportiva nella definizione dei giudizi, indipendentemente dai procedimenti innanzi alla autorità giudiziaria ordinaria».

La salvezza dell’art. 39 del Codice della giustizia sportiva del CONI intende richiamare i ristretti limiti entro cui i commi 1-5 dell’art. 39 riconoscono l’autorità di una sentenza della giustizia statale nel giudizio disciplinare sportivo[76]. Al di fuori di tali limiti gli organi di giustizia sportiva, come afferma il comma 6 dello stesso art. 39, non sono soggetti all’autorità di altra sentenza che non costituisca cosa giudicata tra le stesse parti e possono anche risolvere in via incidentale le questioni che non siano riservate per legge all’autorità giudiziaria. Inoltre, il comma 7 dello stesso articolo dispone che «In nessun caso è ammessa la sospensione del procedimento salvo che, per legge, debba essere decisa con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale di merito e la relativa causa sia stata già proposta davanti all’Autorità giudiziaria». Si può pertanto parlare di principio di autonomia dei procedimenti, fatte salve le ipotesi espressamente previste di rilevanza delle decisioni dei giudici statali.

7.Riflessioni conclusive

L’indagine ha investito, in primo luogo, il concetto di giustizia sportiva e la qualificabilità o meno di quest’ultima come una giurisdizione; ha poi affrontato i principi di autonomia e di rilevanza che regolano i rapporti tra giurisdizione statale e giustizia sportiva nell’ambito, più ampio, dei rapporti tra l’ordinamento statale e l’ordinamento sportivo; ha poi esaminato il criterio della rilevanza indiretta delle sanzioni disciplinari sportive (non tecniche) ed il concetto, ormai variabile, di vincolo di giustizia sportiva.

Inoltre, i principi di autonomia e di rilevanza sono stati letti anche in un’accezione differente, per farli assurgere a parametri che regolano in generale, seppure con declinazioni mutevoli, i rapporti tra giustizia sportiva e giurisdizione statale. In questo contesto è stata sottolineata la peculiare autonomia delle federazioni nell’individuazione delle fattispecie disciplinarmente rilevanti; l’autonomia nella disciplina del grado della prova e nella disciplina di alcuni tipi di prova, differenze che possono condurre a decisioni difformi nei due ordinamenti; ed ancora è stata sottolineata l’autonomia tra processo sportivo e processo statale, ferme alcune ipotesi di rilevanza delle decisioni dei giudici statali.

In questo complesso e multiforme bilanciamento tra autonomia e rilevanza giocano un ruolo essenziale gli organi di giustizia sportiva, le procure federali e la Procura generale dello sport. Si pensi, ad esempio, al ruolo attribuito ai principi di lealtà, probità e correttezza, quali doveri connaturati al mondo sportivo. La loro attuazione dipende, nella fase patologica, proprio dall’esercizio della funzione requirente delle procure federali e della funzione giudicante degli organi di giustizia sportiva. Attraverso la loro interazione i principi di lealtà e probità acquistano progressiva determinatezza, individuando le specifiche condotte che ne determinano la violazione e, per questo, meritevoli di una sanzione disciplinare. Anche in questo peculiare processo, in cui riveste un ruolo essenziale la funzione nomofilattica del Collegio di garanzia dello sport del CONI, si manifesta l’autonomia dell’ordinamento sportivo.

L’importanza di questa concretizzazione dei principi di lealtà, probità e correttezza ad opera della giustizia sportiva, in modo del tutto autonomo rispetto alla giurisdizione statale ma con indubbia rilevanza anche per i fini generali dell’ordinamento statale, potrebbe oggi trovare un ulteriore fondamento nell’introduzione, nell’art. 33 Cost., di un nuovo ultimo comma che recita: «La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme». La norma è di recente introduzione[77], ma in realtà cristallizza quanto già esisteva, dal momento che l’art. 33, ult. co., Cost. afferma che la Repubblica «riconosce» il valore educativo, sociale (…)», così affermandone la preesistenza rispetta alla disposizione.

L’attuazione del valore educativo e sociale dello sport è compiuta anche attraverso gli interventi in materia disciplinare degli organi di giustizia sportiva, volti a garantire, su iniziativa delle procure federali o della Procura generale dello sport, l’effettiva osservanza dei principi di lealtà, probità e correttezza. Senza il loro rispetto non potrebbe essere realizzato il valore educativo e sociale dello sport riconosciuto dalla Costituzione. Un altro momento, dunque, in cui autonomia e rilevanza regolano i rapporti tra i due ordinamenti, ma ancora una volta secondo una diversa accezione dei concetti di autonomia e di rilevanza: l’autonomia dell’ordinamento sportivo nella qualificazione delle fattispecie disciplinarmente rilevanti e nel loro perseguimento dinanzi agli organi di giustizia sportiva attraverso l’azione disciplinare esercitare dalle procure federali; la rilevanza di tale complessiva attività, in quanto definisce e persegue le condotte contrarie ai principi dello sport, al fine di attuare il valore educativo e sociale dello sport riconosciuto dall’art. 33, ult. co., della Costituzione.

* L’articolo sviluppa, con i necessari riferimenti dottrinali e giurisprudenziali, il testo della relazione tenuta il 12 aprile 2024 presso il Salone d’Onore del CONI nell’ambito dell’evento dal titolo “Sport, tra Economia e Diritto” ed apparirà nei relativi Atti.

[1] È il caso dei Vereinsgerichte e dei Verbandsgerichte nell’ordinamento tedesco. Sul tema v., si vis, A.M. Marzocco, Sulla distinzione tra Schiedsgerichte e Vereinsgerichte nell’ordinamento tedesco e sul suo accertamento giudiziale, in Riv. arb., 2020, p. 129 ss.

[2] Sui soggetti dell’ordinamento sportivo v. M. Sanino, Giustizia Sportiva, 2a ed., Milano, 2022, p. 92 ss.; nonché M. Indraccolo, I soggetti dell’ordinamento sportivo, in P. Del Vecchio, L. Giacomardo, M. Sferrazza, R. Stincardini (a cura di), La giustizia nello sport, Napoli, 2022, vol. I, p. 87 ss.

[3] La qualificazione come ordinamento si fonda sul riscontro delle tre componenti primarie di un ordinamento giuridico (plurisoggettività, normazione ed organizzazione) individuate da S. Romano, L’ordinamento giuridico, Pisa, 1917.

[4] Il riferimento è a W. Cesarini Sforza, La teoria degli ordinamenti giuridici e il diritto sportivo, in Foro it., 1933, I, c. 1381 ss.; e a M.S. Giannini, Prime osservazioni sugli ordinamenti giuridici sportivi, in Riv. dir. sportivo, 1949, p. 10 ss., Id., Ancora sugli ordinamenti giuridici sportivi, in Riv. trim. dir. pubbl., 1996, p. 671 ss. Per un completo esame del tema v. L. Di Nella, Il fenomeno sportivo nell’ordinamento giuridico, Napoli, 1999, p. 61 ss. In senso critico verso la tesi secondo cui le norme emanate dagli organismi sportivi costituiscano un ordinamento separato da quello statale, v. anche G. Manfredi, Pluralità degli ordinamenti e tutela giurisdizionale. I rapporti tra giustizia statale e giustizia sportiva, Torino, 2007, p. 259 ss.; Id., Il sindacato del giudice amministrativo sulle norme emanate dagli organismi sportivi, in Dir. proc. amm., 2008, spec. p. 628. Sulla qualificazione dell’ordinamento sportivo come ordinamento particolare a carattere «settoriale» o «non settoriale» v. G. Clemente di San Luca, Dei limiti all’autonomia dell’ordinamento sportivo. Riflessioni intorno a calcio e diritto, in Dir. pubbl., 2007, p. 58 ss.

[5] Corte cost., 11 febbraio 2011, n. 49, in Foro it., 2011, I, c. 2602 ss., con nota di A. Palmieri, Tutela giurisdizionale dimidiata per le sanzioni disciplinari in ambito sportivo; in Corr. giur., 2011, p. 1543 ss., con nota di F.G. Scoca, I mezzi di tutela giurisdizionale sono soggetti alla discrezionalità del legislatore; in Giur. Cost., 2011, p. 664 ss., con note di G. Manfredi, Gruppi sportivi e tutela endoassociativa, e di A. Di Todaro, La tutela effettiva degli interessi tra giurisdizione sportiva e statale: la strana «fuga» della corte dal piano sostanziale a quello per equivalente.

[6] Corte cost., 17 aprile 2019, n. 160, in Foro it., 2019, I, c. 3843 ss.; in Giur. cost., 2019, 1670, con osservazioni di F.G. Scoca, Autonomia sportiva e pienezza di tutela giurisdizionale; in Giornale dir. amm., 2020, p. 213 ss., con note di A.E. Basilico, L’autonomia dell’ordinamento sportivo e il diritto di agire in giudizio, e di A. Averardi, L’ordinamento sportivo e la tutela giurisdizionale dei singoli; in Rass. dir. econ. sport, 2019, p. 75 ss., con nota di E. Maio, Le sanzioni disciplinari sportive tra neutralità delle forme giuridiche e pluralità degli effetti; in Riv. dir. proc., 2020, 807, con nota di P. Sandulli, Ancora in tema di legittimità costituzionale della giustizia sportiva.

[7] Sull’origine contrattuale e non autoritativa del vincolo di giustizia sportiva cfr. Cass., 28 settembre 2005, n. 18919, in Rep. Foro it., 2005, voce Sport, n. 89.

[8] Nonostante la chiara distinzione dommatica, in qualche regolamento federale è ancora riscontrabile la confusione tra vincolo di giustizia sportiva e clausola compromissoria. Quest’ultima deve essere oggetto di una specifica pattuizione (o approvazione se rappresenta una clausola già predisposta) e serve a fondare l’obbligo di ricorrere all’arbitrato sportivo, non invece l’obbligo di rivolgersi alla giustizia sportiva, che è connaturato all’appartenenza del singolo soggetto all’ordinamento sportivo.

[9] Su questa accezione del vincolo di giustizia v. F.P. Luiso, La giustizia sportiva, Milano, 1975, p. 42 ss.; Id., voce Giustizia sportiva, in Dig. disc. priv., Sez. civ., Torino, 1993, IX, p. 228 s.

[10] Statuto approvato dal CONI in data 2 dicembre 2020, con deliberazione n. 404 della Giunta nazionale.

[11] Secondo l’art. 1, 1° co., Statuto CONI (nel testo approvato con d.P.C.M. del 20 dicembre 2023), Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) è «la Confederazione delle Federazioni sportive nazionali (FSN) e delle Discipline sportive associate (DSA)», oltre ad essere «l’articolazione nazionale del Comitato Olimpico Internazionale “CIO”». Sulla integrale applicazione delle disposizioni degli artt. 12-12 quater Statuto CONI anche alle DSA, v. l’art. 12, 2° co., Statuto CONI. Sui criteri di distinzione tra FSN e DSA alla luce dei requisiti richiesti per il loro riconoscimento, v. gli artt. 21 e 24 Statuto CONI. In dottrina cfr. A. Busacca, I soggetti, in G. Cassano, A. Catricalà (a cura di), Diritto dello Sport, Milano, 2020, pp. 97 ss. e 104 ss.; L. Colantuoni, Diritto sportivo, 2a ed. (a cura di F. Iudica), Torino, 2020, pp. 76 ss. e 85 ss.

[12] Sul Collegio di garanzia dello sport e sulla sua competenza, v. E. Lubrano, Il giusto processo sportivo innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport, in Riv. dir. Sport., 2020, pp. 442 ss., 453 ss.; M. Sanino, Giustizia Sportiva, cit., p. 345 ss.; ed inoltre M. Farina, Il Collegio di garanzia dello sport: competenze e procedimenti. Note a prima lettura, in Riv. dir. Sport., 2015, p. 114 ss.; L. Ferrara, F. Orso, Il Codice di Giustizia del CONI tra omogeneizzazione procedurale e autonomia federale, in Riv. dir. Sport., 2015, p. 8 ss.; E. Jacovitti, Competenze del Collegio di Garanzia dello Sport, della Procura Generale dello Sport e degli altri organi di giustizia sportiva, in A. Piazza, A. Zimatore (a cura di), Repertorio ragionato del Collegio di Garanzia dello Sport, Roma, 2020, p. 97 ss.

[13] Il riferimento è ai Principi di giustizia sportiva nella versione approvata con deliberazione del Consiglio Nazionale CONI n. 1616 del 26 ottobre 2018.

[14] Il riferimento è al Codice della Giustizia Sportiva adottato dal Consiglio Nazionale CONI con deliberazione n. 1538 del 9 novembre 2015 ed approvato con d.P.C.M. del 16 dicembre 2015.

[15] Cfr., in via esemplificativa, l’art. 44, 1° co., Codice di giustizia sportiva della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), approvato con delibera della Giunta nazionale CONI 11 giugno 2019, n. 258; l’art. 2, 2° co., Regolamento di giustizia sportiva della Federazione Italiana Nuoto (FIN), approvato con delibera della Giunta nazionale CONI 20 dicembre 2016, n. 535; l’art. 15, 2° co., Regolamento di giustizia della Federazione Italiana di Atletica Leggera (FIDAL), approvato con delibera della Giunta nazionale CONI 27 aprile 2016 n. 158.

[16] Sul tema v. A. Panzarola, Sui principi del processo sportivo (riflessioni a margine dell’art. 2 del Codice di Giustizia Sportiva), in Riv. dir. sport., 2015, p. 34 ss.; ed inoltre M. Angelone, Il faticoso percorso di allineamento della giustizia disciplinare sportiva all’assiologia costituzionale, in Rass. dir. econ. sport., 2018, spec. p. 31 ss., L. Ferrara, F. Orso, op. cit., p. 19 ss., M. Sferrazza, Il Codice della Giustizia Sportiva del CONI e la riforma del sistema, in P. Sandulli, M. Sferrazza, Il giusto processo sportivo. Il sistema di giustizia sportiva della Federcalcio, Milano, 2015, p. 77 ss.; P. Sandulli, Principi e problematiche di giustizia sportiva, Roma, 2018, p. 51 ss. In particolare, sulla terzietà ed imparzialità degli organi di giustizia sportiva v. A. Merone, Nomina dei giudici sportivi e federali. Terzietà, autonomia ed indipendenza, in Riv. dir. sport., 2015, p. 102 ss., spec. p. 103; M. Proto, Su autonomia e indipendenza dei «nuovi» organi di giustizia, in Riv. dir. sport., 2015, p. 97 ss.

[17] Cfr. art. 5, 1° co., Principi di Giustizia Sportiva CONI: «I tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti legittimati da ciascuna Federazione hanno diritto di agire innanzi agli organi di giustizia per la tutela dei diritti e degli interessi loro riconosciuti dall’ordinamento sportivo».

[18] Cfr. art. 6, 1° co., Codice della Giustizia Sportiva CONI: «Spetta ai tesserati, agli affiliati e agli altri soggetti legittimati da ciascuna Federazione il diritto di agire innanzi agli organi di giustizia per la tutela dei diritti e degli interessi loro riconosciuti dall’ordinamento sportivo».

[19] Cfr., in via esemplificativa, l’art. 47, 1° co., Codice di Giustizia Sportiva della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), cit.; l’art. 10, 1° co., Regolamento di Giustizia della Federazione Ciclistica Italiana (FCI), approvato con delibera della Giunta nazionale CONI 26 marzo 2019, n. 127; l’art. 19, 1° co., Regolamento di Giustizia della Federazione Italiana di Atletica Leggera (FIDAL), cit.; l’art. 7, Regolamento di Giustizia Sportiva della Federazione Italiana Nuoto (FIN), cit.; l’art. 6, Regolamento di Giustizia della Federazione Italiana Sport del Ghiaccio (FISG), approvato con delibera della Giunta nazionale CONI 16 dicembre 2021 n. 420.

[20] In tal senso L. Ferrara, F. Orso, op. cit., p. 24. Sull’atipicità dell’azione nel processo civile v. A. Proto Pisani, Introduzione sulla atipicità dell’azione e la strumentalità del processo, in Foro it., 2012, V, c. 1 ss.

[21] Così, ad esempio, l’art. 47, 2° co., Codice di Giustizia Sportiva della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), cit.; e in modo sostanzialmente simile, riproducendo l’art. 6, 2° co., Codice della Giustizia Sportiva CONI («L’azione è esercitata soltanto dal titolare di una situazione giuridicamente protetta nell’ordinamento federale»), si esprimono ad esempio l’art. 19, 2° co., Regolamento di Giustizia Federale della Federazione Italiana Canottaggio (FIC), approvato con delibera della Giunta nazionale CONI 24 maggio 2016, n. 219; l’art. 10, 2° co., Regolamento di Giustizia della Federazione Ciclistica Italiana (FCI), cit.; l’art. 77, 2° co., Regolamento di Giustizia della Federazione Italiana Pallacanestro (FIP), approvato con delibera della Giunta nazionale 18 gennaio 2022, n. 12; l’art. 62.2, Regolamento di Giustizia della Federazione Motociclistica Italiana (FMI), approvato con delibera della Giunta nazionale 4 maggio 2016, n. 209.

[22] Cfr., ad esempio, l’art. 49, 3° co., lett. b) del Codice di Giustizia Sportiva della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), cit.

[23] Cfr. art. 51, 6° e 7° co., Codice della Giustizia Sportiva CONI.

[24] Cfr. art. 3, 4° co., dei Principi di Giustizia Sportiva CONI: «La Procura federale agisce innanzi agli organi di giustizia per assicurare la piena osservanza delle norme dell’ordinamento sportivo». Un fine ribadito, rispetto alla Procura generale dello sport, dall’art. 3, 6° co., dei Principi: «La Procura generale dello Sport istituita presso il Coni coopera con le Procure federali al raggiungimento della finalità di cui al comma 4».

[25] Cfr. F.P. Luiso, La giustizia sportiva, Milano, 1975, spec. p. 35 ss., che individua quattro «tipi» di giustizia sportiva: «giustizia di tipo tecnico», «giustizia di tipo disciplinare», «giustizia di tipo economico» e «giustizia di tipo amministrativo»; v. inoltre Id., voce Giustizia sportiva, in Dig. disc. priv., Sez. civ., Torino, 1993, IX, 222 ss.

[26] Cfr. gli artt. 83-91 Codice di giustizia sportiva FIGC e, in particolare, l’art. 84 per la Sezione disciplinare del Tribunale

federale a livello nazionale; l’art. 88 per la Sezione tesseramenti del Tribunale federale a livello nazionale; e l’art. 90 per la Sezione vertenze economiche del Tribunale federale a livello nazionale.

[27] Il ben noto decreto, che ha introdotto “Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva”, è stato convertito con modificazioni dalla l. 17 ottobre 2003, n. 280 e ha subito nel tempo soltanto limitate modifiche per quanto attiene ai rapporti tra giustizia sportiva e giurisdizione statale. Per un esame complessivo del suo contenuto v. R. Colagrande, Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, in Nuove leggi civ. comm., 2004, p. 705 ss.; G. De Marzo, Ordinamento statale e ordinamento sportivo tra spinte autonomistiche e valori costituzionali, in Corr. giur., 2003, p. 1265 ss.; G. Vidiri, Organizzazione dell’attività agonistica, autonomia dell’ordinamento sportivo e d.l. n. 220 del 2003, in Giust. civ., 2003, II, p. 509 ss.

[28] Sul tema infra §§ 4.1. – 4.2.

[29] Nonostante che la rubrica dell’art. 3 d.l. n. 220/2003 reciti “Norme sulla giurisdizione e disciplina transitoria”, l’articolo si occupa della giurisdizione soltanto nella parte in cui si riferisce al giudice ordinario e al giudice amministrativo, mentre rispetto alla giustizia sportiva si esprime o in termini di riserva della controversia agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo, quando si tratta di questioni riservate a quest’ultimo dall’art. 2, 1° co., d.l. cit.; oppure discorre, incidentalmente, di «competenza degli organi di giustizia sportiva» quando attribuisce, con le precisazioni indicate dallo stesso art. 3, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e alla competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio (sede di Roma) le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche (v. anche, in modo corrispondente, l’art. 133, 1° co., lett. z-septies per l’affermazione della giurisdizione esclusiva del g.a. e l’ art. 135, 1° co., q-sexies c.p.a. per la competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, sede di Roma). Sui rapporti tra giurisdizione statale e giustizia sportiva v., si vis, anche per riferimenti, A.M. Marzocco, Vincolo di giustizia sportiva e giurisdizione statale, in Judicium, 2021, p. 25 ss.

[30] Cfr. l’art. 133, 1° co., lett. z), c.p.a.: «le controversie aventi ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservate agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ed escluse quelle inerenti i rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti».

[31] Il riferimento è a Corte cost., 11 febbraio 2011, n. 49, cit; ed inoltre a Corte cost., 17 aprile 2019, n. 160, cit. Nella prima pronuncia la Corte costituzionale utilizza, in motivazione, il termine giurisdizione soltanto rispetto ai giudici statali (id est: «giurisdizione statale»); rispetto alla giustizia sportiva discorre soltanto di “organi di giustizia sportiva” o di “riserva a favore della giustizia sportiva” o di “rimedi interni alla giustizia sportiva”. Nella seconda pronuncia si esprime soltanto in termini di decisioni degli «organi della giustizia sportiva» oppure di «riserva a favore della giustizia sportiva».

[32] Soltanto Corte cost., 11 febbraio 2011, n. 49, cit., utilizza una volta, al § 5.2. della decisione nel ricostruire lo svolgimento del processo ma mai nella motivazione, il sintagma «giurisdizione sportiva».

[33] Cfr. Cass., Sez. un., 1° febbraio 2022 n. 3057, in Foro it., 2022, I, c. 1763 ss. (in cui si legge: «l’ambito della c.d. giurisdizione sportiva»); Cass., Sez. un., 28 dicembre 2020 n. 29654, in Foro it., 2021, I, c. 899 ss.; Cass. pen., 27 maggio 2011 n. 21301, in Foroplus; Cons. Stato, 16 marzo 2020 n. 1852, in Foroplus; Cons. Stato, 28 luglio 2014 n. 3983, ibidem; Cons. Stato, 17 aprile 2009, n. 2333 in Foro it., 2009, III, c. 305 ss.

[34] Cfr. Cons. Stato, 28 luglio 2014, n. 3983, cit.

[35] Cfr., in particolare, Cass., Sez. un., 28 dicembre 2020 n. 29654, cit.

[36] Cfr, Collegio di garanzia dello sport CONI, Sez. un., 20 luglio 2018, n. 42, in www.coni.it; Collegio di garanzia dello sport CONI, Sez. un., 11 ottobre 2016, n. 46, ibidem; Collegio di garanzia dello sport CONI, Sez. II, 22 dicembre 2015, n. 68, ibidem; Collegio di garanzia dello sport CONI, Sez. un., 03 settembre 2015, n. 39, ibidem, che richiama Alta corte di giustizia sportiva, 17 dicembre 2012, n. 27, ibidem, pregevole per l’approfondimento in materia di giurisdizione domestica.

[37] Per quanto attiene all’ambito endofederale, si assume come esempio, in ragione del cospicuo numero di decisioni consultabili, la giustizia sportiva disciplinare presso la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC). Cfr., ex multis, Corte Federale d’Appello FIGC, Sez. un., 8 maggio 2023, n. 98 (che però pone il sintagma tra virgolette: “giurisdizione sportiva”); Corte Federale d’Appello FIGC, Sez. I, 23 giugno 2022, n. 97 (che discorre anche di «giurisdizione degli organi di giustizia»); Corte Federale d’Appello FIGC, Sez. un., 04 febbraio 2021, n. 77; Corte Federale d’Appello FIGC, Sez. IV, 5 novembre 2020 n. 42; Corte Federale d’Appello FIGC, Sez. IV, 9 dicembre 2019, n. 29, tutte consultabili in www.figc.it.

[38] Cfr. Collegio di Garanzia dello Sport CONI, Sez. un., 12 settembre 2017, n. 66, in www.coni.it.

[39] Cfr. Collegio di Garanzia dello Sport CONI, Sez. un., 8 marzo 2018, n. 11, in www.coni.it.

[40] Cfr. Collegio di Garanzia dello Sport CONI, Sez. un., 22 marzo 2016, n. 13, in www.coni.it; Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. un., 20 luglio 2018, n. 42, cit.

[41] Si veda l’art. 3bis, 4° co., Principi di giustizia sportiva CONI, che utilizza proprio il sintagma «giurisdizione sportiva»; mentre utilizzano il termine “giurisdizione” l’art. 3, 3° co., Principi di giustizia sportiva CONI, in tema di terzietà e imparzialità dei componenti degli organi di giustizia incidentalmente; e, in modo ad esso conforme, l’art. 3, 3° co., Codice della giustizia sportiva CONI e, di riflesso, anche i regolamenti di giustizia di quasi tutte le FSN: cfr., in via esemplificativa, l’art. 5, 7° co., Codice di Giustizia Federale dell’Aero Club d’Italia (AeCI), approvato con delibera della Giunta nazionale CONI 29 novembre 2012 n. 435; l’art. 15, 6° co., Regolamento di Giustizia della Federazione Italiana di Atletica Leggera (FIDAL), cit.; l’art. 45, 3° co., Codice di Giustizia Sportiva della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), cit.; l’art. 3, 5° co., Regolamento di Giustizia Sportiva della Federazione Italiana Nuoto (FIN), cit.; l’art. 2, 7° co., Regolamento di Giustizia della Federazione Italiana Scherma – FIS (delibera G.N. 18 gennaio 2023 n. 6); l’art. 53, 4° co., Regolamento di Giustizia della Federazione Italiana Tennis e Padel (FITP), nella versione aggiornata alla circolare n. 11 di novembre 2023.

Sempre con riferimento all’ambito endofederale, è raro trovare nei regolamenti di giustizia delle FSN il riferimento alla “giurisdizione sportiva”. Si veda però in tal senso l’art. 87 Regolamento di Giustizia della Federazione Italiana Hockey (FIH), approvato con delibera delal Giunta nazionale CONI 21 dicembre 2023, n. 442, che è rubricato “Giurisdizione sportiva” e recita: «La giurisdizione sportiva è esercitata dagli Organi di Giustizia previsti dallo Statuto e secondo le norme del presente Regolamento». È più facile riscontrare l’impiego del termine giurisdizione, cfr. ad esempio l’art. 5, 1° co., Codice di Giustizia Federale dell’Aero Club d’Italia (AeCI), cit., in cui si legge: «La giurisdizione federale è esercitata dagli Organi di Giustizia Federale secondo le norme del presente codice»; il capo III del Regolamento di Giustizia della Federazione Ciclistica Italiana (FCI), cit., che è proprio rubricato “giurisdizione”; l’art. 3 del Regolamento di Giustizia della Federazione Italiana Pallacanestro (FIP), che utilizza il sintagma «giurisdizione disciplinare».

[42] In generale sul concetto di giurisdizione v. F. Carnelutti, Diritto e processo, Napoli, 1958, p. 17 ss.; G. Chiovenda, Istituzioni di diritto processuale civile, I, Roma, 1935, p. 15 ss.; E. Fazzalari, Processo e giurisdizione, in Riv. dir. proc., 1993, p. 1 ss.; C. Mandrioli, voce Giurisdizione (in generale), in Dig. disc. priv., Sez. civ., IX, Torino, 1993, 127 ss.; L. Montesano, La tutela giurisdizionale dei diritti, Torino, 1985, p. 6 ss.; G. Nicosia, voce Giurisdizione nel diritto romano, in Dig. disc. priv., Sez. civ., IX, Torino, 1993, p. 120 ss.; N. Picardi, La giurisdizione all’alba del terzo millennio, Milano, 2007, p. 1 ss.; E. Redenti, Intorno al concetto di giurisdizione, in Aa.V.v., Studi giuridici in onore di V. Simoncelli nel XXV anno del suo insegnamento, Napoli, 1917, p. 3 ss.; S. Satta, voce Giurisdizione (nozioni generali), in Enc. dir., XIX, Milano, 1970, p. 218 ss.; A. Segni, voce Giurisdizione (in generale), in Noviss. dig. it., VII, Torino, 1961, p. 985 ss.

[43] Sulle origini della tesi del monopolio statuale della giurisdizione v., per tutti, N. Picardi, La giurisdizione all’alba del terzo millennio, cit., p. 81 ss., spec. 105 ss.; Id., Giurisdizione e sovranità. Alle origini storiche della giurisdizione statuale, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2007, p. 685 ss. Sulla crisi del monopolio statuale della giurisdizione v., anche per ulteriori riferimenti, F. CARPI, La metamorfosi del monopolio statale sulla giurisdizione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2016, p. 811 ss.; N. Picardi, La crisi del monopolio statuale della giurisdizione e la proliferazione delle Corti, in Riv. it. sc. giur., 2011, p. 51 ss., spec. p. 55 ss.; G. Verde, Sul monopolio dello Stato in tema di giurisdizione, in Riv. dir. proc., 2003, p. 371 ss., spec. p. 379 ss.

[44] Si rinvia, per riferimenti, agli Autori già indicati supra nota 27.

[45] Per la ricostruzione dei rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento statale prima dell’intervento del d.l. 220/2003, v. G. Manfredi, Pluralità degli ordinamenti e tutela giurisdizionale, cit., p. 165 ss.

[46] Sui fondamenti costituzionali dell’autonomia dell’ordinamento sportivo cfr. Corte cost., 17 aprile 2019, n. 160, cit.; e Corte cost., 11 febbraio 2011, n. 49, cit.

[47] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 luglio 2019, n. 4790, in www.giustizia-amministrativa.it; ma già Cons. Stato, sez. VI, 20 novembre 2013, n. 5514, in Foro amm.-Cons. Stato, 2013, p. 3164, Cons. Stato, sez. VI, 20 giugno 2013, n. 3368, in Foro amm.-Cons. Stato, 2013, p. 1709, Cons. Stato, sez. VI, 24 gennaio 2012, n. 302, in Foro it., 2012, III, c. 213, in Foro amm.-Cons. Stato, 2012, p. 150.

[48] In questa prospettiva v. Cons. Stato, Sez. V, 5 febbraio 2019, n. 880, in www.giustizia-amministrativa.it.; Cons. Stato, sez. V, 22 agosto 2018, n. 5020, ibidem; Cons. Stato, sez. V, 22 agosto 2018, n. 5019, in Rass. dir. economia sport, 2019, p. 339 ss., con nota di V. Pasquino, Riserve a favore della giustizia sportiva: è consentito adire in giudizio in seguito alla lesione di una situazione soggettiva giuridicamente rilevante che comprometta il corretto sviluppo della «attività sportiva»; Cons. Stato, sez. V, 22 giugno 2017, n. 3065, in Corriere giur., 2018, p. 200, con nota di G. Facci, La responsabilità civile delle federazioni sportive e la vexata quaestio dei rapporti tra ordinamento statale ed ordinamento sportivo, in Rass. dir. economia sport, 2018, p. 128, con nota di A. Rapillo, Il danno da perdita di chance: un nuovo banco di prova per l’illecito civile e il diritto sportivo.

[49] Così Corte cost., 11 febbraio 2011, n. 49, cit.

[50] Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 17 aprile 2009, n. 2333, in Foro it., 2009, III, c. 305; Cons. Stato, Sez. VI, 17 aprile 2009, n. 2333, in Foro it., 2009, III, 305; Cons. Stato, Sez. VI, 25 novembre 2008, n. 5782, in Danno e resp., 2009, 608, con nota di L. Cimellaro, Controversie in materia disciplinare tra giustizia sportiva e giurisdizione statale, e in Foro it., 2009, III, 195, con nota di A. Palmieri; e ancora prima Cons. Stato, Sez. VI, 9 luglio 2004, n. 5025, in Dir. proc. amm., 2005, 990 ss, con note di F. Goisis, Le funzioni di giustizia delle federazioni sportive e della Camera arbitrale Coni nelle controversie che la l. 280/2003 affida al giudice amministrativo, e di M. Antonioli, Sul rapporto fra giurisdizione amministrativa e ordinamento sportivo; in Foro amm. C.d.S., 2005, 1218 ss., con nota di L. Ferrara, L’ordinamento sportivo e l’ordinamento statale si imparruccano di fronte alla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport; in Nuova giuri. civ. comm., 2005, 280 ss., con note di M. Basile, La giurisdizione sulle controversie con le federazioni sportive, e di A. Romano Tassone, Tra arbitrato amministrato e amministrazione arbitrale: il caso della «Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport». Nello stesso in seguito Corte cost., 11 febbraio 2011, n. 49, cit., e Corte cost., 17 aprile 2019, n. 160, cit.

[51] Cass., Sez. un., 23 marzo 2004, n. 5775, in Giust. civ., 2005, I, 1625, con nota di G. Vidiri, Le controversie sportive e il riparto della giurisdizione.

[52] Sulla distinzione v., si vis, A.M. Marzocco, Difetto assoluto di “giurisdizione” e difetto di giustiziabilità della pretesa nel giudizio disciplinare sportivo, in Rass. dir. econ. sport, 2023, p. 281 ss.

[53] Cfr. in particolare Cons. Stato, sez. VI, 25 novembre 2008, n. 5782, cit. Sugli effetti di tale decisione v., da ultimo, F.G. Scoca, Autonomia sportiva e pienezza di tutela giurisdizionale, cit., p. 1689.

[54] Cfr. l’art. 3, d.l. n. 220/2003 in combinato disposto con l’art. 133, 1° co., lett. z-septies c.p.a. per l’affermazione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

[55] Sul tema infra § 5.

[56] Cfr. l’art. 135, 1° co., q-sexies c.p.a. per l’attribuzione della competenza funzionale inderogabile al TAR Lazio, sede di Roma.

[57] Cfr. le recentissime Tar Lazio-Roma, Sez. I ter, 6 giugno 2024, nn. 11557 e 11559, consultabili in www.giustizia-amministrativa.it.

[58] Corte cost., 11 febbraio 2011, n. 49, cit.

[59] La Corte costituzionale afferma di conformarsi al diritto vivente in materia delineato da Cons. Stato, sez. VI, 25 novembre 2008, n. 5782, cit. Una scelta criticata da F.G. Scoca, Autonomia sportiva e pienezza di tutela giurisdizionale, cit., 1689 s., perché la decisione del Consiglio di Stato non rappresentava affatto il diritto vivente.

[60] Corte cost., 17 aprile 2019, n. 160, cit.

[61] Sul tema v. amplius, si vis., A.M. Marzocco, Vincolo di giustizia sportiva e giurisdizione statale, cit., p. 26 ss.

[62] Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 19 giugno 2006, n. 3559, in Foro amm. C.d.S., 2006, 1892; TAR Lazio – Roma, Sez. III ter, 5 giugno 2008, n. 5492, in Foro it., 2008, III, c. 598 ss., con note di richiami di A. Palmieri; TAR Lazio – Roma, Sez. III ter, 23 dicembre 2005, n. 14813, in Giur. it., 2006, p. 1756 ss.; TAR Lazio – Roma, Sez. III ter., 7 aprile 2005, n. 2571, in GDA, 2005, p. 958 ss., con nota di F. Goisis, Il lodo arbitrale (irrituale) della camera di conciliazione ed arbitrato Coni e la giurisdizione amministrativa.

[63] Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 25 novembre 2008, n. 5782, cit., dove si legge: «La domanda risarcitoria, tuttavia, come prevede l’art. 3 cit., è proponibile solo dopo l’esaurimento dei gradi della giustizia sportiva». In dottrina v. F. Goisis, Le funzioni di giustizia delle federazioni sportive e della Camera arbitrale C.O.N.I. nelle controversie che la l. 280/2003 affida al giudice amministrativo, in Dir. proc. amm., 2005, p. 999 ss., che parla di condizione di ammissibilità della domanda giudiziale.

[64] Cfr. Cons. Stato 24 agosto 2018, n. 5046, in www.giustizia-amministrativa.it., Cons. Stato, sez. V, 22 agosto 2018, n. 5019, cit., Cons. Stato, sez. V, 22 agosto 2018, n. 5020, cit., Cons. Stato, sez. V, 22 giugno 2017, n. 3065, cit., che sembrano tutte propendere per lo schema della condizione di proponibilità, in quanto affermano che le controversie (nella specie controversie risarcitorie per equivalente) «possono essere avviate solo dopo esauriti i gradi della giustizia sportiva».

[65] Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 5 febbraio 2019, n. 880, cit., Cons. Stato, sez. V, 24 agosto 2018, n. 5046, cit., Cons. Stato, sez. V, 22 agosto 2018, n. 5019, cit., Cons. Stato, sez. V, 22 agosto 2018, n. 5020, cit., tutte conformi a Cons. Stato, sez. V, 22 giugno 2017, n. 3065, cit.

[66] Cfr. ancora Cons. Stato, sez. V, 22 giugno 2017, n. 3065, cit., e in senso conf. Cons. Stato, sez. V,  24 agosto 2018, n. 5046, cit., Cons. Stato, sez. V, 22 agosto 2018, n. 5019, cit., Cons. Stato, sez. V, 22 agosto 2018, n. 5020, cit. Restano però non condivisibili le conseguenze che il Consiglio di Stato ne ha tratto in termini di limiti del diritto al risarcimento in caso di rilevanza indiretta, v. amplius, si vis, A.M. Marzocco, Vincolo di giustizia sportiva e giurisdizione statale, cit., p. 51 s.

[67] Art. 1, 3° co., Codice della Giustizia Sportiva CONI: «Resta ferma la competenza di ogni Federazione a definire le fattispecie dei comportamenti rilevanti sul piano disciplinare, anche in conformità a quanto eventualmente previsto dalle Federazioni internazionali di appartenenza».

[68] Un compito ribadito dai regolamenti di giustizia, cfr., in via esemplificativa, l’art. 1, 1° co., Codice di Giustizia Sportiva della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), cit.: «Il presente Codice di giustizia sportiva, di seguito denominato Codice, disciplina le fattispecie dei comportamenti rilevanti sul piano disciplinare (…)»; e l’art. 5, 1° co., Regolamento di Giustizia della Federazione Italiana Tennis e Padel (FITP), cit.: «L’entità e la specie delle infrazioni disciplinari e delle conseguenti sanzioni sportive da infliggere sono determinate dagli organi giudicanti, nei limiti fissati dal presente Regolamento».

[69] Per un caso interessante v. Corte Federale d’Appello FIGC, Sez. Un., 28 dicembre 2023, n. 72 (consultata in www.

figc.it), che nel caso concreto afferma che l’art. 4, 1° co., Codice di giustizia sportiva della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) punisce comportamenti contrari ai doveri di lealtà, probità e correttezza e anche «se si escludesse la ravvisabilità del reato di violenza privata (tema su cui il giudice penale non si è pronunciato, stante il difetto di querela), non verrebbe meno la rilevanza disciplinare sportiva delle condotte».

[70] Cfr., ex multis, con alcune variazioni terminologiche ma non di significato, Corte Federale d’Appello FIGC, Sez. Un., 21 settembre 2020, n. 19; Corte Federale d’Appello FIGC, Sez. Un., 11 maggio 2021, n. 105; Corte Federale d’Appello FIGC, Sez. I, 19 maggio 2022, n. 87; Corte Federale d’Appello FIGC, Sez. I, 09 settembre 2022 n. 24; Corte Federale d’Appello FIGC, Sez. IV, 19 agosto 2022, n. 18 (consultate in www.figc.it).

[71] Cfr. Corte Federale d’Appello FIGC, Sez. I, 7 dicembre 2023, n. 59 (consultata in www.figc.it).

[72] In questo senso cfr., ex multis, Corte Federale d’Appello FIGC, Sez. I, 7 dicembre 2023, n. 59, cit.; Corte Federale d’Appello FIGC, Sez. I, 23 novembre 2023, n. 58; Corte Federale d’Appello FIGC, Sez. I, 02 dicembre 2022, n. 52 (consultate in www.figc.it).

[73] In questo senso v. Corte Federale d’Appello FIGC, Sez. Un., 26 settembre 2022, n. 28: «Il processo sportivo ha natura composita, inquisitoria e accusatoria, e carattere essenzialmente documentale. In tale contesto, nella fase istruttoria il diritto di difesa è assicurato mediante il diritto di accesso agli atti, orientato evidentemente a consentire agli interessati di svolgere in maniera adeguata le argomentazioni difensive. Il contraddittorio è invece pieno quando la testimonianza è assunta in udienza (art. 60 CGS). Si tratta di un sistema misto, che corrisponde alle esigenze di celerità e informalità del processo sportivo e, nel complesso, tutela adeguatamente i differenti interessi delle parti. In quanto la regola della pienezza del contraddittorio nella formazione della prova è sancita dalla Costituzione solo in relazione al processo penale (art. 111, comma quarto), il contraddittorio stesso si articola differentemente nei diversi sistemi processuali; tanto è vero che, ad esempio, nel procedimento di verificazione svolto nel giudizio amministrativo esso legittimamente si realizza con la possibilità delle parti di prendere posizione sulla relazione di verificazione, mediante il deposito di apposita memoria difensiva nei termini di legge (cfr. Cass. civ., SS. UU., 7 ottobre 2021, n. 27324)».

[74] Cfr. Corte Federale d’Appello FIGC, Sez. I, 7 dicembre 2023, n. 59, cit.

[75] Cfr., Corte Federale d’Appello FIGC, Sez. Un., 18 giugno 2021, n. 114; Corte Federale d’Appello FIGC, Sez. I, 7 dicembre 2023, n. 59, cit.; Corte Federale d’Appello FIGC, Sez. I, 02 dicembre 2022, n. 52 (consultate in www.figc.it).

[76] Art. 39 (Efficacia della sentenza dell’autorità giudiziaria nei giudizi disciplinari)

Davanti agli organi di giustizia la sentenza penale irrevocabile di condanna, anche quando non pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e dell’affermazione che l’imputato lo ha commesso.

La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di applicazione della pena su richiesta delle parti.

La sentenza penale irrevocabile di assoluzione, pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare nei confronti dell’imputato quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso, ferma restando l’autonomia dell’ordinamento sportivo nella definizione della fattispecie e nella qualificazione del fatto.

L’efficacia di cui ai commi 1 e 3 si estende agli altri giudizi in cui si controverte intorno a illeciti il cui accertamento dipende da quello degli stessi fatti materiali che sono stati oggetto del giudizio penale, purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale nei confronti dell’incolpato.

In ogni caso hanno efficacia nei giudizi disciplinari le sentenze non più impugnabili che rigettano la querela di falso o accertano la falsità di un documento ovvero che pronunciano sull’istanza di verificazione

Omissis».

[77] È stata introdotta dall’art. 1, 1° co., della Legge costituzionale 26 settembre 2023, n. 1 (Modifica all’articolo 33 della Costituzione, in materia di attività sportiva).