Il contratto di finanziamento di cessione del quinto dello stipendio e della pensione tra categorie civilistiche e prassi di mercato

Di Raffaella Grisafi -

Sommario: 1. La natura del contratto di cessione del quinto tra realità e consensualità. 2. L’impatto della disciplina della trasparenza bancaria sulla cessione del quinto. 3. La conclusione del contratto tra prassi ed anomalie operative. 4. Il perfezionamento del contratto di finanziamento nell’ambito di un’operazione di estinzione anticipata. Il c.d. rinnovo ante termine. 4.1. L’inizio dell’esecuzione ed il momento di perfezionamento del contratto. 4.2. Spunti comparatistici. L’ Employer Salary Advance Schemes inglese. 5. Un’ ipotesi di studio: il c.d. prefinanziamento sul contratto principale.

 

 1.La natura del contratto di cessione del quinto tra realità e consensualità.

Con l’espressione “cessione del quinto” si definisce quell’operazione di finanziamento a disposizione dei dipendenti pubblici e privati con rimborso di pagamento corrispondente a un quinto dell’importo ricevuto come stipendio o trattamento pensionistico[1].

Tale contratto, disciplinato dal Titolo secondo del d.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180[2], è stato ulteriormente dettagliato in occasione dell’introduzione della disciplina sul credito ai consumatori ove, nella definizione di “contratto di credito” di cui all’art. 121 T.U.B. (quale quello con cui “un finanziatore concede o si impegna a concedere ad un consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra facilitazione finanziaria”), viene espressamente ricompresa anche la specifica forma contrattuale in esame. L’estensione della nozione, avviene nel 2012[3] e va ad arricchire il quadro già delineato dalle Disposizioni di trasparenza della Banca d’Italia successive all’entrata in vigore del d.Lgs. n. 141[4] del 2010: in particolare viene inserito l’art. 6 bis nel citato d.P.R. con cui appunto si precisa come all’istituto in commento si applichino le norme in materia di credito ai consumatori di cui al capo II del titolo VI del T.U.B.[5]

Si tratta dunque di una forma di credito riconducibile alla suddetta categoria ed in quanto tale sottoposta al complesso di nome speciali ad essa dedicate.

La sua tipizzazione appare dunque indubbia così come l’applicazione di tutte le regole specifiche sopra richiamate al fine di presidiare la relazione con il cliente.

Analizzando la vasta materia dell’erogazione del credito nonché i profili specifici che in questa sede si avrà modo di esaminare in tema di cessione del quinto, si comprende subito come l’avocazione di questa particolare forma di finanziamento alla categoria generale del credito ai consumatori sia in linea con l’obiettivo del legislatore di ampliare il raggio di azione della tutela del cliente finale nella sua veste più debole, estendendo appunto una particolare protezione[6] a tutta una serie di rapporti contrattuali intercorrenti tra finanziatori e consumatori[7]. L’effetto è l’applicazione della normativa settoriale a plurime ipotesi negoziali (o prassi, tipiche ed atipiche) e sostanzialmente riconducibili, in via di prima approssimazione, a forme di credito finalizzato ed a forme di credito diretto[8], comunque denominate.

In questa seconda categoria rientra appunto il contratto in esame, dalla struttura peculiare[9] rispetto alle altre forme di credito diretto, e ciò anche alla luce della sua dimensione trilaterale: qui infatti non rinveniamo solo le due parti tradizionali del contratto di credito ma interviene un terzo soggetto, il datore di lavoro o ente pensionistico, delegato a trattenere dalla busta paga o dalla pensione la quota finalizzata al rimborso del prestito[10].

La circostanza che si sia in presenza di una molteplicità di azioni contestuali tra di esse collegate caratterizza la struttura dell’intera operazione negoziale soprattutto per quanto attiene il profilo esecutivo ed il momento dell’adempimento.

A fronte dell’erogazione del credito si assiste alla cessione in cui, più precisamente, il lavoratore ovvero il pensionato (cedente) trasferisce il proprio credito alla retribuzione all’intermediario (cessionario) verso il quale il debitore ceduto (ossia il datore di lavoro) è tenuto ad eseguire la prestazione. Su quest’ultima prestazione va poi osservato come oggetto della cessione sia un credito futuro, munito del requisito della “determinazione” ai sensi dell’art. 1348 c.c.: ciò parrebbe valorizzare una natura obbligatoria del contratto che ci si chiede se influenzi anche il contratto di finanziamento “collegato”, interrogativo questo che appare assai rilevante ai fini delle considerazioni che seguono.

Al riguardo c’è chi[11] ha rilevato come, se oggetto della cessione è un credito attualmente inesistente (c.d. “futuro”), la negoziazione non avrebbe immediati effetti traslativi bensì obbligatori, in quanto l’effetto reale si realizzerebbe soltanto con la venuta ad esistenza del credito medesimo. Una tale impostazione è in particolare emersa nell’ambito delle procedure di sovraindebitamento di cui alla Legge n. 3 del 2012[12] ove si è posto il problema se il finanziamento assistito da cessione di quote di stipendio o pensione dovesse essere rimborsato secondo il piano di ammortamento originariamente concordato o potesse essere falcidiato. In tal contesto parte dell’orientamento giurisprudenziale muove dall’assunto che la cessione del quinto debba essere considerata quale contratto avente effetti meramente obbligatori, assimilabile appunto alla vendita di cosa futura[13] (con ciò sostenendo la non opponibilità della cessione alla procedura di sovraindebitamento). Detta impostazione torna utile ai nostri fini poiché rafforza la tesi di una natura consensuale del contratto di cessione del quinto strumentale alla interpretazione che qui verrà fornita sulle vicende che seguono alla conclusione del contratto.

Questo aspetto della cessione del quinto non risolve la questione della (autonoma) natura del contratto di finanziamento tra cedente e cessionario, che richiama l’acceso dibattito circa la valenza o meno di contratto reale del contratto di mutuo[14].

Volendo aderire alla impostazione più tradizionale sulla natura del contratto di mutuo ex art. 1813 c.c., ci troveremmo dinnanzi ad un contratto reale il cui perfezionamento si realizzerebbe con la consegna della cosa (rectius: erogazione della somma finanziata) [15].

Tuttavia la contaminazione normativa del TUB e delle Disposizioni di trasparenza mostrano uno scenario diverso in cui, al contrario, la costituzione del vincolo contrattuale tra le parti prescinde dalla consegna della somma che non sarebbe qui espressione di “volontà impegnativa delle parti“[16] bensì elemento strutturale (ovvero meglio procedurale), sicuramente imprescindibile e ricollegato alla causa,[17] ma non con una forza tale da farlo assurgere ad elemento costitutivo del contratto e, dunque, necessario ai fini del perfezionamento dello stesso. In tal senso gli stessi obblighi informativi pre-contrattuali tipici della c.d. trasparenza bancaria (che si avrà modo di illustrare), nell’individuare la soglia temporale che segna il passaggio alla fase contrattuale, fanno riferimento all’insorgenza del vincolo e mai all’erogazione della somma o all’esecuzione del contratto, così confermando la centralità della “scelta” intesa quale consapevole volontà di vincolarsi, manifestata a prescindere dalla produzione di effetti.

Da tali elementi potrebbe evincersi la natura consensuale del finanziamento[18] che dunque sarebbe valido ed efficace con il mero perfezionamento dell’accordo tra le parti: in tal senso si richiama il complesso di norme ed istituti speciali previsti nel T.U.B. ove viene data massima rilevanza ad esso. Si pensi ad esempio allo jus poenitendi di cui all’art.125 ter del T.U.B. che – a proposito dell’individuazione del momento da cui è possibile esercitare il diritto di recesso – fa riferimento all’esecuzione del contratto di finanziamento e dunque all’erogazione, come momento con cui identificare una delle possibili forme di conclusione del contratto ben ammettendo dunque l’esistenza di altre modalità, ad esempio consensuali, di perfezionamento del medesimo.

Ed infatti l‘art. 125 ter del T.U.B. precisa come il termine per il recesso decorra dalla conclusione del contratto e che il consumatore possa esercitare il recesso dalla conclusione “ovvero dall’inizio dell’esecuzione”: questa doppia possibilità può essere a nostro avviso interpretata nel senso di un perfezionamento alternativo senza erogazione contestuale della somma.  In tal senso si rinvengono usi di mercato che talora subordinano l’erogazione al decorso di detto termine proprio per evitare dinamiche restitutorie successive all’esercizio del recesso da parte del cliente.

Tale ricostruzione non svilisce la natura di finanziamento dell’istituto in commento e posto che, è evidente come a nostro avviso (e come rilevato in dottrina[19]) la “cessione di cui all’art. 1260 c.c. non costituisce un autonomo tipo negoziale”, esso si inserisce nello schema negoziale tipico[20] di cui all’art. 121 e ss. del T.U.B: la qualificazione del tipo negoziale quale mutuo è dunque chiara, seppur con le peculiarità che la disciplina di cessione del quinto reca e che dunque va a caratterizzare il contenuto dell’accordo.

Tenendo dunque conto del fatto che la disciplina bancaria sopra richiamata a titolo esemplificativo mostra come, specialmente nel caso dei finanziamenti offerti al consumatore, la consegna della somma sia solo un elemento eventuale ed una conclusione del contratto sussista a prescindere da essa (poiché il perfezionamento è subordinato al mero consenso delle parti a cui sovente l’impianto delle Disposizioni di trasparenza fa riferimento) occorre valutare dove si collochi, in tale contesto, il contratto di cessione del quinto dello stipendio rispetto alle due diverse soluzioni proposte che qualificano il contratto di finanziamento alternativamente come reale ovvero consensuale.

Come si avrà modo di argomentare riteniamo prevalga quest’ultima natura poiché la struttura della cessione del quinto ben si presta ad una accezione consensualistica che non esclude tuttavia a priori che possano ricorrere ipotesi in cui la natura appaia invece reale posto che come osservato da illustre dottrina, la natura di contratto reale o meno ben può essere appurata di volta in volta in sede di interpretazione[21].

Tale accertamento, come vedremo, risulterà essenziale nell’ambito delle riflessioni sulle ipotesi di rinnovo di cessione.

2. L’impatto della disciplina della trasparenza bancaria sulla cessione del quinto.

In tema di finanziamenti, la fase propedeutica alla delibera di erogazione delle somme, appare come un tratto essenziale dell’intero iter negoziale poiché questioni privatistiche di diligenza del banchiere si affiancano a profili pubblicistici di sana e prudente gestione dell’attività di impresa bancaria e spiegano la ratio del complesso articolato di norme vigenti in questo settore.

La fattispecie in esame appare peculiare sotto molteplici aspetti, poiché con essa si fa eccezione ad un principio generale di incedibilità della retribuzione e si limita l’autonomia privata sotto il profilo soggettivo in quanto, affinchè la cessione sia ammissibile, il cessionario deve possedere determinate caratteristiche e lo stesso cedente deve rientrare nelle categorie previste dalla norma[22].

Orbene giova ricordare come la disciplina specifica dell’istituto trovi origine nel citato d.P.R. 180/1950 ma riceve normazione in merito alla relazione tra finanziatore e finanziato con il T.U.B., così come dettagliato dalle Disposizioni di trasparenza contenute nel Provvedimento Banca d’Italia del 29 luglio 2009[23] che ad esso dedica la Sezione VII bis (ove si prevede l’applicazione del capo II del titolo VI del T.U.B., della sezione VII e della sezione XI).

Nel perimetro normativo del finanziamento devono poi essere ricomprese le comunicazioni nel tempo emanate sul tema da Banca d’Italia che dal 2009 in poi ha ripetutamente richiamato l’attenzione degli operatori sul rispetto delle regole[24] proprio in merito a tale operazione contrattuale.

In estrema sintesi la tecnica normativa è quella ormai consolidatasi nell’ambito dei prodotti e servizi bancari offerti a clientela consumerista: una fase precontrattuale fortemente irrobustita da precisi obblighi di pubblicità ed informativa al consumatore[25] con tutta una serie di regole previste al fine di presidiare il contesto negoziale anche attraverso precisi obblighi di comportamento. Qui, al fianco della funzione di assicurare al cliente la conoscibilità di tutte le caratteristiche e dei costi del servizio[26] di cui intenda usufruire anche attraverso un’operazione di comparazione ed un supporto consulenziale sartoriale[27],  si avverte l’ulteriore intenzione del Regolatore di responsabilizzare il consumatore consentendo allo stesso di comprendere non solo quale tipo di servizio (finanziamento) sia maggiormente confacente alle proprie necessità, ma anche le possibili conseguenze scaturenti dalla mancata restituzione dell’importo concesso dall’intermediario[28].

La fase precontrattuale è arricchita da un ulteriore obbligo a carico del finanziatore e relativo all’attenta valutazione del merito creditizio[29], strategica sia sotto il profilo della verifica di solvibilità del consumatore che garanzia per lo stesso dalla possibilità di un futuro e potenziale sovra indebitamento[30].

Si rinvengono altresì norme dedicate alla forma del contratto e ad una pluralità di strumenti, successivi al perfezionamento del contratto, deputati a fornire al finanziato, rimedi (straordinari) di gestione della relazione (si pensi al recesso o alla risoluzione del contratto per inadempimento del fornitore in caso di collegamento negoziale o ancora alle ipotesi di estinzione anticipata).

Il legislatore provvede dunque ad una accurata regolamentazione del procedimento formativo del contratto, sancendo oneri stringenti per l’intermediario[31] che, unitamente ad ulteriori strumenti (sia legati ai requisiti formali della documentazione contrattuale che legati al diritto di recesso e all’istituto del collegamento negoziale), appaiono come condizioni predeterminate che la norma fissa al fine di ridurre successivamente lo spazio di contestazione.

Ciò svela un ulteriore significato della fase precontrattuale ed in generale del processo di formazione del contratto: per quanto forte sia il tema della “volontà” delle parti, netta è la preoccupazione per quello della “consapevolezza” di una delle due (quella più debole)[32]. In tal senso si guardi al già citato meccanismo dello jus poenitendi[33] che interviene in una fase per così dire di “raffreddamento” rispetto alla conclusione del contratto proprio a voler restituire al consumatore la (ulteriore) possibilità di valutare più consapevolmente l’affare. Ma non solo, anche l’aspetto dei requisiti formali assume rilevanza: partendo dall’art.125-bis T.U.B. la fase di formazione del contratto, analizzata nella sua dimensione dinamica di “procedimento”, assume proprio nella cessione del quinto un ruolo centrale. E’ questo infatti uno di quei casi in cui, come è stato osservato, il legame che intercorre tra fase precontrattuale e contenuto contrattuale, costituisce uno dei più riusciti sistemi di depotenziamento del potere contrattuale dell’intermediario, in quanto impedisce allo stesso di sfruttare a proprio vantaggio tutte quelle zone d’ombra che sono connaturate proprio alla fase della trattativa negoziale[34].

L’art. 125 bis del T.U.B. sancisce inoltre il vincolo della forma scritta[35] e la obbligatoria consegna di copia del contratto: in virtù del rimando che la norma fa all’art. 117, comma 3, l’inosservanza dell’obbligo di forma scritta comporta la nullità del contratto che, come precisato dall’art.127, opera soltanto a vantaggio del cliente e può essere rilevata d’ufficio dal giudice. Da qui il carattere di “protezione” della nullità operante a favore del cliente quale contraente debole nel rapporto con la controparte.

Non è precisato invece l’effetto della mancata consegna al cliente della copia del contratto: come rilevato, l’art. 117 prevede infatti l’obbligo di consegna di copia del contratto al cliente il quale ne darà esplicita attestazione mediante apposita sottoscrizione secondo le prescrizioni della Banca d’Italia[36] ove però non sono espresse le conseguenze previste nell’ipotesi in cui l’intermediario non adempia all’obbligo in questione (non sono previste sanzioni né ipotesi di invalidità e/o annullabilità del contratto posto in essere).

Sul punto si è osservato[37] come, così formulato, l’obbligo di consegna sarebbe parte del percorso formativo del contratto di cui la consegna rappresenterebbe il momento integrativo e conclusivo.

Diversamente sostiene chi riduce tale obbligo ad un mero momento esecutivo di un rapporto già perfezionatosi con la sottoscrizione del contratto per cui l’inadempimento della controparte comporterebbe non già l’invalidità o l’inefficacia del contratto bensì solo l’eventuale risarcimento del danno[38].

A prescindere dall’incidenza di tale “frangente” negoziale sull’intera relazione tra le parti, è opportuno tener conto di questa breve ricostruzione per entrare più consapevolmente nel tema del perfezionamento del contratto di cessione del quinto che, in particolare, segue modelli procedimentali caratteristici dei finanziamenti erogati ai consumatori in cui il momento conclusivo del rapporto contrattuale si perfeziona solitamente all’esito dello scambio non contestuale tra le parti di moduli recanti la proposta ed accettazione.

La conclusione del contratto avviene con tale modalità sia nel caso di contratto concluso all’interno dei locali commerciali sia in ipotesi alternative, tipiche di questa forma contrattuale, sovente affidata – negli attuali scenari commerciali- a reti commerciali esterne dell’intermediario (es. agenti in attività finanziaria) [39].

Da un punto di vista pratico il cliente -dopo aver “attraversato” la fase informativa pre-contrattuale- inoltra all’intermediario una proposta contrattuale sottoscritta, quest’ultimo ritrasmette poi al cliente l’accettazione: il perfezionamento avviene ai sensi dell’art. 1326 c.c. nell’esatto momento in cui il cliente riceve notizia dell’accettazione della proposta contrattuale da parte della controparte.

Così delineato, l’iter procedimentale non sembra far sorgere dubbi di sorta sul momento di perfezionamento del contratto e sulla produzione dei suoi effetti e la dinamica descritta appare pienamente in linea con le normali regole di conclusione del contratto se non fosse che l’osservazione della prassi operativa mostra derive applicative[40], certamente influenzate dalla particolare natura della cessione del quinto ed altrettanto dovute all’assenza di un quadro normativo adeguato sia alla struttura del prodotto che allo scenario di mercato in cui viene distribuito.

3.La conclusione del contratto tra prassi ed anomalie operative.

Nell’operazione di cessione del quinto vi sono dunque delle peculiarità rispetto alle altre forme di finanziamento che si confermano tali anche nelle modalità di svolgimento delliter di valutazione[41] della finanziabilità del cliente effettuata dall’intermediario.

A differenza di quanto avviene nelle altre fattispecie di erogazione di credito in cui l’indagine sul merito creditizio si concentra principalmente sul potenziale debitore, qui non ci si limita ad una indagine esclusivamente sul cliente ma si estende anche ad una verifica dell’Amministrazione Terza Ceduta[42] (c.d. ATC), ossia il datore di lavoro ovvero l’ente previdenziale che eroga il trattamento pensionistico del cliente. Quest’ultimo interviene non volontariamente, al pari di un qualsiasi altro garante di contratto di mutuo o altra forma similare, bensì è obbligato a partecipare all’operazione di finanziamento mediante cessione, offrendo peraltro determinati parametri di affidabilità che l’intermediario, in piena autonomia, ha preindividuato nell’ambito delle sue politiche del credito.

Una volta che l’intermediario abbia deciso di erogare (rectius accogliere la proposta della controparte), invia la propria accettazione al cliente.

Una copia del contratto deve essere consegnata al cliente ma, come già rilevato, non è chiaro cosa comporti l’eventuale omissione: c’è chi[43] ritiene che da ciò si derivi la violazione di un obbligo di comportamento secondo il principio di buona fede in executivis, in assenza del quale sorge esclusivamente una responsabilità di natura risarcitoria.

Sostiene si tratti invece di un vero e proprio step dell’iter formativo del contratto quella dottrina, allo stato minoritaria che, interpretando la consegna come elemento indispensabile ai fini della validità del contratto[44], ricollega alla mancata consegna l’effetto di nullità del contratto.

In ogni caso, concluso il contratto, l’intermediario del credito provvede alla notifica[45] del contratto al c.d. ATC[46] e, solo successivamente, eroga il finanziamento[47].

In questo lasso temporale possono verificarsi ipotesi che alterano il normale defluire degli effetti del contratto. Può infatti accadere che l’accettazione inviata dall’intermediario non sia corrispondente al testo della proposta originariamente inoltrata dal cliente perché frutto di valutazioni successive sulla posizione dello stesso (si pensi al caso ricorrente dell’intermediario che effettui un esame del merito creditizio del cliente e rinvenga delle caratteristiche che suggeriscono di rivedere l’importo della somma erogata, originariamente richiesta dal cliente); può inoltre verificarsi che dopo la consegna al cliente del modulo recante l’accettazione della proposta contrattuale da parte dell’intermediario, venga stipulato un nuovo contratto c.d. di prefinanziamento sul contratto principale o ancora che il perfezionamento del contratto di finanziamento avvenga nell’ambito di una precedente operazione di estinzione anticipata di altra cessione del quinto.

In tutti questi casi la prassi genera fattispecie che il diritto è chiamato a governare, selezionando strumenti tra gli istituti tradizionali ovvero individuando soluzioni comunque idonee a soddisfare la domanda di certezza dei traffici giuridici.

4.Il perfezionamento del contratto di finanziamento nell’ambito di un’operazione di estinzione anticipata. Il c.d. rinnovo ante termine.

Un’ ulteriore peculiarità della fattispecie in esame è legata ai limiti normativi imposti alla possibilità di concludere un nuovo contratto dopo lo scioglimento di un precedente cessione del quinto: si ha una indisponibilità per le parti di poter servirsi di sistemi di conclusione di un nuovo contratto in piena autonomia se ciò sia conseguenziale ad un precedente finanziamento appartenente alla stessa specie.

Ed infatti la disciplina del d.P.R. 180/50 sancisce un divieto di contrarre una nuova cessione prima che siano trascorsi almeno due anni dall’inizio della cessione stipulata, per un quinquennio o almeno quattro anni dall’inizio della cessione stipulata per un decennio, salvo che sia stata consentita l’estinzione anticipata della precedente cessione, nel qual caso può esserne contratta una nuova purché sia trascorso almeno un anno dall’anticipata estinzione[48].

Gli articoli 39 e 40 del d.P.R. limitano l’autonomia negoziale delle parti, escludendo la possibilità di contrarre una nuova cessione prima che siano trascorsi almeno i due quinti della durata originaria del primo finanziamento[49].

La lettura offerta dalla sintesi dei provvedimenti dell’Arbitro bancario finanziario e di vigilanza svela la finalità della norma sostanzialmente protesa ad una tutela del cliente da un eccessivo aumento dei costi[50] del finanziamento[51], dovuto a ravvicinati caricamenti delle commissioni d’intermediazione[52] e che viene appunto perseguita mediante l’esclusione della possibilità che possano coesistere due finanziamenti di cessione del quinto.

Ed infatti l’art. 39, comma 1, d.P.R. n. 180/1950 disciplina sì l’ipotesi in cui il cliente richieda un nuovo finanziamento ma solo laddove questi abbia già estinto il precedente: in tal caso, l’unico limite posto è il decorso di un lasso temporale pari ad un anno. Al successivo comma 2, qualora il nuovo finanziamento sia finalizzato all’estinzione di quello precedente si applica il richiamato termine di due o quattro anni previsto dall’art. 39, comma 1, d.P.R. n. 180/1950 (o anche prima del decorso del termine biennale, qualora il secondo contratto sia una “cessione decennale” stipulata “per la prima volta”, art. 39, comma 3).

Sul punto è intervenuta anche Banca d’Italia con gli Orientamenti di vigilanza del 2018, mediante un doppio approccio metodologico: da un lato sancisce come non si possa contrarre una nuova cessione prima che siano stati “pagati i due quinti delle rate pattuite nel contratto[53] e dall’altro detta una serie di condotte da seguire a carico degli intermediari, al fine di rimuovere le criticità rilevate[54] e sostanzialmente assicurare comportamenti corretti e normativamente compliant.

Dal tenore degli Orientamenti si comprende come anche nella fattispecie di estinzione anticipata, il principale profilo problematico dei finanziamenti di cessione del quinto riguardi il grado di trasparenza degli intermediari nella rappresentazione dei costi e delle commissioni connessi alla chiusura del rapporto[55] tant’è che si richiede la chiara indicazione degli oneri oggetto di restituzione al cliente in caso di estinzione anticipata[56]unitamente ad una condotta commerciale e negoziale coerente con il generale quadro di diligenza.

La peculiarità della fattispecie non riguarda tuttavia il profilo commissionale: la previsione dell’art. 39 pone a ben vedere una molteplicità di questioni legate in primis agli effetti della violazione di tale divieto nonché a tutta la serie di ulteriori conseguenze logico-giuridiche che da esse derivano anche in merito alle disposizioni di trasparenza ed alla connessa disciplina codicistica del contratto.

Si rileva come l’art. 39 non preveda una sanzione di invalidità o comunque di inefficacia del contratto di finanziamento erogato in violazione del divieto, e l’art. 40 (dedicato agli effetti di una nuova cessione in rapporto alla precedente), si limiti a stabilire un obbligo di “restituzione della somma capitale ancora non rimborsata oltre gli interessi pattuiti e maturati” al primo cessionario.             Riteniamo che il combinato disposto delle due norme non permetta di ricondurre la questione ad un tema di validità del contratto[57] quanto piuttosto ad un tema di obblighi di comportamento previsti per tutelare le ragioni del cliente: queste vengono salvaguardate attraverso il complessivo tenore dell’art. 40 che, ai commi I e III, vincola la produzione degli effetti del nuovo finanziamento all’estinzione di quello precedente con un obbligo di facere che, sembra assumere le forme di una estinzione anticipata ai sensi dell’art. 125-sexies T.U.B., ove però la fonte non è data dalla volontà delle parti bensì da una previsione normativa. Dunque non una ipotesi di estinzione anticipata convenzionale bensì legale. Il soggetto gravato dell’onere di provvedere a tale estinzione non è immediatamente identificato, benché si ritiene, sulla base del comma 4 della medesima norma [58], debba individuarsi nell’istituto mutuante (che secondo il comma richiamato deve provvedere all’estinzione della prima cessione) su cui graverà l’ulteriore onere di risarcimento del danno a favore del cliente per gli effetti -sostanzialmente economici- derivati dalla precedente mancata estinzione.            La questione così come descritta pone allora un problema di rapporto intercorrente tra contratto concluso e violazione del divieto posto che, nella dinamica in esame, la norma tipizza il rimedio (rectius la conseguenza) che colpisce il preesistente contratto di cessione del quinto mentre nulla dice sul nuovo contratto concluso in violazione del divieto che anzi non pare inficiato nella sua validità.             E’ evidente allora che l’attenzione debba spostarsi dal tema della validità del contratto a quello dell’illegittimità del comportamento[59] tenuto in sede di formazione del vincolo negoziale[60], che qui non è idoneo a determinare una nullità[61] del (nuovo) contratto di cessione del quinto, in forza dell’art. 1418, comma I c.c. [62], quanto piuttosto a porre una questione di responsabilità e di effetti del secondo contratto. Del resto lo stesso d.P.R. 180/50 negli artt. 39 e 40 mai accenna a temi di validità.

Se dunque l’illegittimità della condotta tenuta nella fase di formazione, pur non determinando la nullità del contratto, incide sull’assetto negoziale, è importante sia essa chiaramente individuabile e certi siano i parametri sulla base dei quali valutare il grado di responsabilità del cessionario.

In tal senso l’interprete non è supportato né dal tenore letterale delle previsioni invocate né dalle prassi di mercato che appaiono talora poco chiare soprattutto in sede di conclusione del contratto.

Rispetto al primo profilo appare incerto il “fatto” che qualifica l’atto come illegittimo: ed infatti l’art. 39 del d.P.R. vieta un nuovo finanziamento prima che siano trascorsi due anni “dall’inizio della cessione” mentre Banca d’Italia precisa come tale divieto viga fino a che non siano stati “pagati i due quinti delle rate pattuite”.

Risalta immediatamente la differenza dei parametri di riferimento e la complessità che essa genera sul piano ermeneutico soprattutto alla luce del fatto che dette operazioni avvengono in maniera sempre più crescente con modalità di conclusione del contratto a distanza. Dunque il luogo ed il tempo di esecuzione del contratto possono determinare la portata, corretta o meno, delle condotte ed incidere sugli effetti dei contratti stessi al punto che risulta prioritario comprendere, sulla base di quale parametro, effettuare tale ricognizione.

Si potrebbe infatti interpretare la previsione del d.P.R. identificando “l’inizio della cessione” con il momento di conclusione del contratto che (data la natura peculiare dell’operazione in oggetto e la prassi di mercato ) può avvenire o mediante il meccanismo dell’art. 1326 c.c., per cui esso coincide con il momento in cui il cliente riceve il modulo recante l’accettazione da parte dell’intermediario (in questo settore si rammenta lo schema contrattuale più in uso è quello dello scambio di proposta e accettazione su moduli predisposti unilateralmente dall’intermediario), ovvero con l’esecuzione anticipata dell’art. 1327 c.c. laddove, come accade, il contratto preveda la richiesta da parte del cliente contenuta nella proposta di procedere all’erogazione del finanziamento.

Su questo aspetto c’è da domandarsi se tale prassi sia compatibile con il requisito di forma di cui all’art.117 T.U.B. che impone una forte limitazione all’applicazione dell’art. 1327 c.c. in questo campo, poiché esso dovrebbe trovare applicazione solo in quei contratti che non richiedano la forma scritta ad substantiam, caso in cui non rientrano notoriamente i contratti bancari.

Nel corso degli anni si sono succedute diverse pronunce che sembrano avallare l’ipotesi de qua: secondo la Cassazione[63] la conclusione del contratto nel luogo e nel tempo in cui ha avuto inizio l’esecuzione da parte del destinatario della proposta si verifica solo nelle ipotesi tassative di cui all’art. 1327 c.c. Tuttavia, allorquando non si verta in una di dette ipotesi, il contratto viene eseguito a prescindere dalla risposta e successivamente viene dato avviso dell’avvenuta esecuzione, pur nella convinzione che tale dichiarazione configuri l’avviso di cui al secondo comma dell’art. 1327 “tale avviso può assumere, in presenza di elementi univoci, il valore di accettazione della proposta, stante il fondamentale principio di conservazione del contratto, di cui all’art. 1367 c.c. “.

Quanto al requisito della forma prescritta ad substantìam ex art.117 T.U.B. per i contratti bancari, va altresì richiamata quella giurisprudenza[64] che, muovendo dalla ratio della norma tesa alla valorizzazione di esigenze di chiarezza e trasparenza informativa in un’ottica di protezione del correntista contraente debole, non ritiene necessaria la firma della banca, purché risultino la predisposizione del contratto da parte della banca stessa, la firma del correntista e la consegna del contratto al cliente[65] . Ma di fondamentale importanza risulta la sentenza[66] con cui le SS. UU. hanno affermato che, in tema d’intermediazione finanziaria, il requisito della forma scritta del contratto-quadro, posto a pena di nullità dall’art.23 del D.lgs. n. 58 del 1998, vada inteso non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalità di protezione dell’investitore assunta dalla norma, sicché tale requisito deve ritenersi rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente. E’ sufficiente che vi sia la sottoscrizione di quest’ultimo, e non anche quella dell’intermediario, il cui consenso ben può desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti: “la previsione della nullità è, dunque, funzionale ad assicurare la piena indicazione al cliente degli specifici servizi forniti, della durata e delle modalità di rinnovo del contratto e di modifica dello stesso, delle modalità con cui si svolgeranno le singole operazioni, oltre che dei termini e modi della rendicontazione, perché è l’investitore ad avere bisogno di conoscere e di verificare, nel corso del rapporto, il rispetto delle modalità di esecuzione e le regole che riguardano la vigenza del contratto[67].

4.1 L’inizio dell’esecuzione ed il momento di perfezionamento del contratto.

Le argomentazioni giurisprudenziali e la finalità della disciplina specifica della cessione del quinto inducono dunque a ritenere come ammissibile e legittima la conclusione del contratto di finanziamento attraverso il meccanismo dell’art. 1327 c.c. dovendosi ritenere che la proposta redatta su moduli dell’intermediario (laddove completa di tutte le condizioni del contratto come accade nella prassi) salvaguardi il rispetto della forma scritta ad substantiam e che la finalità di trasparenza sia soddisfatta dalla consegna del contratto completo di accettazione, in un momento immediatamente successivo all’avvenuta erogazione delle somme[68].

La formula legislativa de “l’inizio della cessione” – contenuta nell’art. l’art. 39 del d.P.R – coinciderà dunque con un diverso momento a seconda di come le parti abbiano inteso ritenere concluso il contratto, se in forza dell’art. 1326 c.c. ovvero dell’art. 1327 c.c.

Diverso è se si intende la locuzione usata dal legislatore con il momento dell’inizio della produzione degli effetti che può sì corrispondere con la data di conclusione del contratto laddove ricorra la citata ipotesi dell’art.1327 c.c. (e dunque con l’erogazione) ma potrebbe altresì essere identificato -in assenza di un dato testuale chiaro- con la alternativa ipotesi della decorrenza del piano di ammortamento (che nella prassi non coincide temporalmente con la conclusione del contratto).

Ed ancora altra interpretazione potrebbe indurre ad identificare tale momento con l’avvenuta notifica della delibera al ceduto (il datore di lavoro): in questo ultimo senso giova richiamare la ricostruzione offerta[69], sempre intorno ai finanziamenti di cessione del quinto, in tema di individuazione del patrimonio oggetto della procedura concorsuale (in specifico riferimento all’ eventuale opponibilità alla procedura di sovraindebitamento della cessione del quinto). Qui a far da sfondo c’è un tema di par condicio creditorum alterato dal quantum della quota di reddito destinabile agli altri creditori che potrebbe risultare ridotta dall’impossibilità di poter contare su tutto lo stipendio (o su tutta la pensione) o solo sulla parte di esso che ecceda la quota ceduta alla finanziaria.

In questo particolare ambito la peculiare natura virtuale del credito, consistente nelle somme retributive che maturano in una prospettiva futura (rappresentata dal rapporto di lavoro), valorizza in maniera incisiva il momento della notifica al ceduto dell’intervenuta cessione poiché essa, al pari dell’assegnazione da parte del giudice dell’esecuzione, contribuisce ad attribuire un effetto definitivo alla vicenda debitoria.

Più precisamente nelle procedure concorsuali si assiste ad una tensione tra l’interesse (opposto) del debitore (cedente) ed il ceduto poiché il primo vorrebbe poter includere anche il proprio credito da retribuzione nel complesso offerto ai creditori concorsuali (sebbene per un quinto  in precedenza già ceduto ad un intermediario) laddove al contrario, il ceduto agisce per far accertare l’estraneità di detto credito al concorso proprio sul presupposto della precedente notifica della cessione ricevuta da parte del cessionario e della conseguente opponibilità del negozio ai terzi[70]. In quest’ottica, nell’ambito del richiamato dibattito sui profili complessi legati all’inclusione della cessione del quinto nel perimetro del concorso fra i creditori, la notifica viene equiparata all’accettazione[71] assumendo dunque una visibilità maggiore di quanto non permetta di fare la disciplina dell’art. 1264 c.c. nella fattispecie in esame.

Più tortuoso è invece il parametro offerto negli Orientamenti del 2018[72] da Banca d’Italia del “pagamento” delle rate con il quale -in base alla percentuale indicata- si dovrebbe individuare il momento per poter legittimamente estinguere il finanziamento. Sfugge però in base a quale criterio si possa individuare nell’atto del “pagamento di due quinti delle rate” il momento di decorrenza della durata necessaria prevista dalla normativa primaria posto che, non solo riteniamo si tratti di elementi strutturali estremamente diversi ma anche riconducibili -nella prassi – a fattispecie difficilmente coincidenti o sovrapponibili.

E ciò a maggior ragione in quelle ipotesi in cui l’adempimento non segua un iter regolare perchè ad esempio non vi è stato un puntuale pagamento delle rate (e dunque non risultino pagati i due quinti delle rate come previsto da Banca d’Italia) per inadempimento del cliente o perché sia intervenuta una diversa ipotesi di sospensione del finanziamento (e la recente esperienza dei decreti emergenziali ha fornito diverse ipotesi di moratorie su mutui). In questi casi, seppur sia presente il parametro della decorrenza temporale prevista dal d.P.R. del 1950 (norma primaria), di fatto non si è concretizzato il pagamento nel numero previsto dall’interpretazione di Banca d’Italia (norma di rango secondario) con la conseguenza che ove si optasse per quest’ultimo, l’intermediario non potrebbe procedere con una estinzione con il ricavato di una nuova operazione analoga.

Ma vi è di più.

Un tale ancoraggio all’atto del pagamento nell’estinzione “ante termine” rischia di rivalorizzare una accezione di realità del contratto che, come si è detto, nell’attuale contesto negoziale bancario sfuma a favore di una natura marcatamente consensuale dello stesso (da cui proprio la normativa secondaria di vigilanza prende le mosse per disegnare una fitta rete di protezione della clientela).

Vale la pena allora abbandonare tale parametro e tornare a quello del d.P.R. rispetto al quale assumono importanza strategica due aspetti temporali dell’intera dinamica contrattuale: l’individuazione dell’inizio della prima cessione e quello che per, il secondo finanziamento, la norma identifica come momento del “contrarre”.

Rispetto a quest’ultimo, riteniamo di adottare una interpretazione che lo faccia corrispondere con il perfezionamento del contratto ossia, seguendo lo schema di conclusione in incipit richiamato dello scambio di proposta ed accettazione, nel momento individuato dall’art. 1326 c.c., primo comma. Ricostruzione questa non solo compatibile con la natura consensuale del contratto qui sostenuta ma funzionalmente idonea a ricomprendere tutte quelle fattispecie in cui pur essendo incerto il momento di erogazione della somma, ancora prima che esso si concretizzi, si perfeziona il contratto. Una tale impostazione peraltro oltre ad apparire anche più compatibile sul piano lessicale con la previsione del d.P.R., fornisce un parametro chiaro ed univoco in tutte quelle ipotesi in cui il “pagamento delle rate” non sia regolare o segua comunque derive rispetto al normale adempimento di un finanziamento rateale.

Ne deriva che le eventuali attività preparatorie e tipiche della fase pre-contrattuale che vanno dal primo contatto con il cliente alla delibera interna dell’istituto erogante non sarebbero precluse (rectus sospese[73]), poiché tecnicamente non idonee a produrre effetti vincolanti per le parti. Queste, per superare il vaglio di legittimità atteso dall’Autorità di vigilanza dovrebbero salvaguardare la corretta, trasparente e tempestiva informativa al cliente il quale dovrebbe essere adeguatamente edotto dei costi dell’operazione di estinzione e stipula di una nuova cessione del quinto, così che da giungere al momento della conclusione del (nuovo) contratto di finanziamento pienamente consapevole.

Non è notoriamente l’impatto economico dell’affare a preoccupare il legislatore[74] bensì la corretta ed informata formazione del consenso per cui deve desumersi che, anche nella cessione del quinto, qualora il consumatore sia adeguatamente informato nella fase precontrattuale posta tra l’ estinzione ante termine e l’avvio della fase preistruttoria del nuovo finanziamento (ed a condizione che la successiva conclusione del contratto rispetti il requisito temporale dell’art. 39 del d.P.R.), non si ravvisino condotte sanzionabili sul piano amministrativo da parte della Banca d’Italia poiché il tenore letterale della norma suggerisce che la predisposizione di un robusto habitat informativo precontrattuale sia idoneo ad assicurare quelle finalità di protezione perseguite dalla normativa secondaria.

D’altronde un profilo di responsabilità civilistica in questa fase sarebbe difficilmente individuabile laddove l’intermediario fosse in grado di assolvere all’onere probatorio di aver messo la controparte nelle condizioni di comprendere le condizioni del contratto. Al contrario saranno sanzionabili amministrativamente – e fonte di responsabilità civilistica – tutte quelle pratiche poste in essere sin dalla fase precontrattuale dall’intermediario, anche per mezzo della sua rete di vendita e contatto, idonee a falsare il comportamento economico del consumatore.

Riteniamo dunque come non si pongano questioni di invalidità del nuovo contratto di cessione del quinto concluso in violazione dell’art. 39 del d.P.R. quanto solo eventuali ipotesi di responsabilità contrattuale derivanti da obblighi comportamentali, “la cui violazione integra la nozione di “altro atto o fatto idoneo… in conformità dell’ordinamento giuridico” a costituire fonte di obbligazioni fra soggetti determinati”[75].

Nel caso di specie i danni si identificherebbero con i maggiori oneri economici sostenuti dal cliente con il nuovo contratto in ragione della sua ravvicinata conclusione rispetto al finanziamento precedente.

4.2. Spunti comparatistici. L’Employer Salary Advance Schemes inglese.

 

Sulla base di quanto sin qua illustrato appare interessante immaginare come il legislatore potrebbe accogliere nel nostro ordinamento forme di finanziamento concettualmente ricollegate a quella in commento[76], già in ascesa in altri sistemi come quello inglese, come l’ Employer Salary Advance Schemes (c.d. ESAS)[77], ossia una forma di credito concessa, nel modello UK, da piattaforme tecnologiche non regolamentate dalla Financial Conduct Autorithy (FCA) e che permette sostanzialmente al dipendente di disporre di una percentuale (di solito che va da un quarto alla metà del salario maturato prima del giorno accredito dello stipendio del mese successivo) quando il datore di lavoro provvederà all’accredito dello stipendio al netto degli anticipi e dei canoni per il suddetto servizio.

Gli operatori del sistema degli ESAS di solito addebitano una commissione per ogni prelievo al dipendente che può effettuare più prelievi durante ogni ciclo di pagamento e ripeterlo nuovamente nei mesi successivi. Il dipendente generalmente accede a tale servizio attraverso un’app con cui gestisce le somme sostanzialmente “prenotandole” dallo stipendio.

La peculiarità è data dal fatto che tali prodotti sono al momento non ricondotti nell’area del credito regolamentato (nel nostro ordinamento diremmo alla categoria della cessione del quinto né in quella più ampia del credito ai consumatori) poiché non vengono trattati ab origine come finanziamenti sebbene l’effetto pratico sia la messa a disposizione di una linea di credito.

Medesimo effetto potrebbe verificarsi nell’ordinamento italiano laddove il fenomeno non venisse regolamentato (come sta accadendo nei c.d. BNPL[78] in Italia). Va sottolineato infatti che mentre nella cessione del quinto (ovvero nella delegazione di pagamento), il rimborso viene effettuato a rate dal mutuatario incaricando il proprio datore di lavoro di corrispondere alla finanziaria una quota dello stipendio o della pensione ad estinzione delle rate del credito dalla stessa vantato, in questi casi lo schema contrattuale presenterebbe significative difformità.

Se è vero infatti che non è possibile descrivere un fenomeno allo stato inesistente sul mercato italiano tuttavia l’esperienza dei BNPL nonché la struttura dei soggetti operanti sul mercato, complice l’esempio inglese, può fare ipotizzare si tratti di forme di acconti e/o altre liquidità fornite tramite conti di pagamento (o affini)[79] da marketplace landing[80] (si auspica almeno autorizzate quali I.P. o Imel[81]) integrati magari tecnologicamente nei sistemi aziendali dei datori di lavoro che permetteranno di utilizzare ulteriori somme. La conseguenza è che, se tali strumenti dovessero entrare con lo stesso funzionamento nel nostro ordinamento, non solo il consumatore-lavoratore sarebbe sprovvisto delle tutele generali ai sensi dell’art. 121 T.U.B.[82] e ss. ma una tale prassi si sottrarrebbe al cumulo che rileva ai fini del divieto dell’art. 39 del d.P.R così generando quella concentrazione di costi del credito sotto forma di oneri e commissioni che la normativa oggi contrasta, vietandola.

Il tutto avverrebbe evidentemente con gli adattamenti necessari al regime della tutela del lavoratore e della retribuzione, sin dalla sua indisponibilità, che a maggior ragione dovrà resistere al tentativo di tali istituti -sotto mentite vesti di prodotti non del credito- di cumularsi, di fatto indebitando il cliente (e sottraendosi al dettato normativo di riferimento).

5.Un’ ipotesi di studio. Il c.d. prefinanziamento sul contratto principale.

Diversa, rispetto a quanto sinora sostenuto, è l’ipotesi ricorrente nella prassi[83] dell’intermediario che, a scopo commerciale e nella fase temporale tra l’estinzione ante-termine del primo contratto di cessione e la conclusione del secondo (nuovo) contratto, nell’attesa che maturino i requisiti temporali di cui all’art. 39 eroghi un c.d. “prefinanziamento” ossia una forma di prestito personale[84] ovvero un anticipo delle somme che saranno erogate in ragione del finanziamento, erogati in anticipo rispetto al momento in cui sarà possibile il rinnovo della cessione del quinto[85].

In tal caso, sebbene la causa del contratto sia la messa a disposizione di liquidità (peraltro in una forma tecnica ammessa perché diversa dalla cessione del quinto), l’effetto è quello di vincolare il cliente alla stipula di una nuova cessione del quinto ed evitare così che lo stesso valuti altre proposte presenti sul mercato.

In questo quadro così sintetizzato, le condotte possono richiamare sul piano civilistico profili di scorrettezza della pratica commerciale che, in ragione della natura del cliente, attirano gli artt.18 e ss. del Codice del consumo, laddove la controparte debole sia ignara del disegno negoziale dell’intermediario ovvero riceva sollecitazioni alla conclusione di operazioni di estinzione e rinnovo anticipato  con dolosa omissione del dettaglio sulle  commissioni incassate in anticipo sui finanziamenti[86].

Medesime criticità sussisterebbero anche laddove si verificassero condotte scorrette come quelle dell’agente in attività finanziaria[87] che, cambiato l’intermediario mandante, solleciti i clienti (della vecchia mandante) ad estinguere le operazioni per rinnovarle con il proprio nuovo mandante o peggio, presenti reclamo per conto del cliente, dietro compenso, contro l’intermediario per il quale avevano in precedenza operato essi stessi al solo scopo di fidelizzare il cliente e indirizzarlo al nuovo finanziamento con soggetto diverso[88].

Si può inoltre valutare la questione anche sotto il profilo della validità interrogandosi se sia questa una ipotesi di contratto in frode alla legge ai sensi dell’art. 1344 c.c. posto che qui il contratto di prefinanziamento è lecito ex sè ma si inserisce in una operazione con intento elusivo del divieto di contrarre una nuova cessione del quinto.

A supporto di questa ipotesi interviene la circostanza che nella prassi non solo il prefinanziamento viene concesso dopo che vi sia stata una valutazione di fattibilità della successiva erogazione della nuova cessione del quinto ma questo viene estinto automaticamente dalla Banca con parte dell’importo erogato con il successivo finanziamento di cessione. Ciò conferma peraltro come vi sia un collegamento negoziale tra le due operazioni per cui la prima viene di fatto predisposta solo in ragione della possibilità che si verifichi l’altra (la nuova cessione del quinto): ciò induce a domandarsi se la causa non integri un risultato vietato e dunque ricorra la diversa ipotesi del contratto contrario a norme imperative di cui all’art.1343 c.c.

Riteniamo di escludere l’applicazione al caso di specie della teoria della nullità nel mutuo di scopo[89] posto che qui non vi è una distrazione delle somme che porta ad una deviazione della causa in concreto del contratto[90]e le somme erogate sono concretamente messe a disposizione del cliente.

Tale ricostruzione è piuttosto utile rispetto alle sorti degli effetti del nuovo contratto di cessione del quinto nel caso  in cui l’operazione preveda che parte delle somme vengano utilizzate per estinguere il pregresso prefinanziamento: in tal senso il quantum di finanziamento utilizzato a tal fine non rispetta il profilo causale del contratto che viene deviato dallo scopo originale (la liquidità di somme di denaro consegnate al cliente) verso un uso diverso ossia l’utilizzo delle stesse per la chiusura di una precedente posizione debitoria. Così posta la questione ben si presterebbe all’applicazione della sanzione della nullità, in linea con gli orientamenti recenti in materia di erogazione di somme date a mutuo per scopo diverso dalla causa del contratto, che andrebbe a colpire quella percentuale di finanziamento utilizzata per l’estinzione.

Una nullità parziale che lascerebbe intatta l’operazione di finanziamento per il rimanente importo e pensata come una nullità di protezione con legittimazione relativa, in linea con l’intero impianto delle nullità speciali bancarie.

Ulteriore ipotesi potrebbe concretizzarsi nel caso in cui formalmente il prefinanziamento mantenga la normale veste di contratto all’uopo prevista dalla legge ed anche il contenuto sia tipico ma, nel contratto di cessione del quinto successivamente concluso, sia previsto (così come nella documentazione precontrattuale) espressamente che parte delle somme siano destinate per volere delle parti all’estinzione del prefinanziamento stipulato quale acconto sulla successiva operazione: qui ci si potrebbe spingere a richiamare la rara ipotesi dell’art.1345 c.c. per cui rileverebbero i motivi nella loro illiceità, perché comuni ad entrambe le parti ed “obiettivizzati nel contratto divenendo interessi che il contratto è diretto a realizzare[91]. Qui il motivo si identificherebbe con l’interesse ad eludere il divieto del rinnovo di cessione mediante un prefinanziamento.

Tale ricostruzione potrebbe essere invocata anche nell’ipotesi in cui l’erogazione del finanziamento sia effettuata al netto dell’importo necessario ad estinguere la precedente posizione: non c’è cioè una traditio di una somma poi parzialmente utilizzata per altro fine bensì un’erogazione di una somma inferiore rispetto a quella individuata dall’oggetto del contratto. Circostanza questa che imporrebbe ulteriori riflessioni circa la regolarità di una tale prassi che per ragioni di sintesi si rinviano ad altra sede.

Non va inoltre taciuto che il ricorso all’art. 1345 c.c. dovrebbe superare un severo vaglio di reale consapevolezza della parte debole del contratto, faticosa nell’ambito di contrattazioni standardizzate bancarie ma più facilmente percorribili nel caso di contratti che siano stati oggetto di trattativa individuale ove si presume vi sia totale partecipazione dell’aderente e dunque totale consapevolezza del piano negoziale.

In conclusione dunque deve rilevarsi come l’avvento delle discipline settoriali dedicate al contratto in specifici settori negoziali abbia contribuito a spostare l’attenzione dell’interprete, dagli elementi strutturali del contratto al momento procedurale inteso quale processo di formazione dello stesso.

Questo approccio apparso utile dapprima quale mezzo per agevolare gli scambi e rispondere alle esigenze della contrattazione di massa e, successivamente con modalità a distanza, anche come strumento di protezione di relazioni negoziale sempre più caratterizzate da fisiologico squilibrio.

Ciò, seppur ha permesso di mantenere intatta la rilevanza strutturale assegnata dal Codice civile agli elementi essenziali del contratto, ha potenziato l’interesse per il procedimento quale iter formativo dell’accordo a cui l’ordinamento, nella sua crescente complessità, sembra rivolgere un giudizio di meritevolezza ben più ambizioso. Le norme infatti, abbandonano una prospettiva statica limitata a valutare gli interessi delle parti non contrarie all’ordinamento ed adottano un approccio dinamico per cui è richiesta la partecipazione ad un progetto generale di correttezza e certezza delle relazioni.

Circostanza questa quanto mai evidente in ambito bancario, ove il contratto non è più espressione di un atto di autonomia individuale ma è segno di “un ciclo ripetitivo”[92] coincidente con l’attività d’impresa stessa che finisce per caratterizzare la conformazione del contratto stesso.

Nel far ciò il tema dell’accordo rimane centrale[93] e per quanto immanente sia la natura reale di taluni contratti, come quello di mutuo ex art. 1813 c.c., è innegabile l’emersione di fenomeni consensualistici che prescindono dalla traditio e valorizzano il momento dell’incontro delle volontà.

In tale prospettiva la dimensione del procedimento di formazione del contratto assume una rinnovata importanza poiché essa appare assai utile ad analizzare prassi di mercato che pur, prendendo le mosse da norme del Codice civile, svelano scenari sul piano applicativo degni in interesse che fungono da referente principale anche per tutto il vasto repertorio di obblighi di comportamento imposti dalla disciplina regolamentare di Banca d’Italia di cui la tutela della controparte debole in qualche modo si giova.

Quanto sopra vale a maggior ragione nel caso in cui l’operazione che si intende prendere ad esame sia ampiamente diffusa nelle relazioni negoziali contemporanee come nel caso della cessione del quinto dello stipendio e della pensione ove la particolarità dell’operazione nonché la qualificazione giuridica delle parti offrono un continuo campo di prova alla capacità di adattamento dell’intero impianto normativo.

[1] Con la legge finanziaria n.266 del 23 dicembre 2005 è stata introdotta la cedibilità dei redditi da pensione. A tal proposito, l’art. 6 del decreto n.313 del 27 dicembre 2006 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, indica che l’importo della quota cedibile della pensione, sottratto al valore della pensione netta (ritenute fiscali e previdenziali) deve garantire la salvaguardia del trattamento minimo. Tale trattamento costituisce una base incedibile sotto la quale non è possibile inserire alcun vincolo sulla pensione ivi compreso la cessione delle quote di pensione. La concessione del contratto di credito avviene quindi subordinatamente alla cessione “pro solvendo” di quote della retribuzione o pensione. Il prestito in commento prevede inoltre, secondo i termini di legge, la presenza di una società di assicurazione che garantisce, in caso di morte o di perdita del posto di lavoro del dipendente, il rimborso del capitale residuo al finanziatore.

[2] d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 “Approvazione del testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle pubbliche Amministrazioni” pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 29 aprile 1950, n. 99, S.O.

[3] Nello specifico l’art. 6 bis, rubricato “Trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti” viene inserito nel d.P.R. 180/1950 con l’art. 31 del d.Lgs. 19 settembre 2012, n. 169 recante ulteriori modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, recante attuazione della direttiva 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori.

[4] La Direttiva comunitaria 2008/48/CE recepita dal nostro ordinamento con il d.lgs. del 13 agosto 2010, n.141 ha modificato profondamente la disciplina normativa sul credito ai consumatori.

[5] La tipizzazione non è contestuale al recepimento della citata direttiva sul credito ai consumatori, l’art. 6 bis, inserito nel d.P.R. 180/1950 con l’art. 31 del d.Lgs. 19 settembre 2012, n. 169 in particolare prevede al primo comma che “All’istituto della cessione di quote di stipendio o salario o di pensione disciplinato dai titoli II e III del presente testo unico si applicano le norme in materia di credito ai consumatori di cui al capo II del titolo VI del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, nonché le norme in materia di assicurazioni connesse all’erogazione di mutui immobiliari e di credito al consumo di cui all’articolo 28 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27”.

[6] Morace Pinelli A., Il contratto giusto in Riv. dir. civ., 2020, 3, 663 rileva come “Il problema della giustizia contrattuale si è posto prepotentemente con l’introduzione della nuova disciplina, di matrice comunitaria, sulla tutela dei consumatori. Il passaggio da una contrattazione di tipo individuale ad una contrattazione standardizzata e di massa ha determinato la necessità di rivedere i meccanismi di tutela della giustizia contrattuale, non risultando più il contratto uno strumento di per sé idoneo a garantire l’equilibrato componimento degli interessi delle parti, per l’asimmetria delle loro posizioni e la fisiologica possibilità di abuso della libertà contrattuale da parte dell’imprenditore/professionista che predispone unilateralmente il testo contrattuale, derogando al diritto dispositivo. Di qui l’esigenza di un controllo sostanziale del contratto per accertare che l’unilaterale predisposizione del suo contenuto «non nasconda, in questa o quella clausola, un abuso da parte del predisponente”.

[7] Ne offre una ricostruzione analitica Pellegrino S., Le nuove regole sui contratti di credito ai consumatori (D.lg. 13.8.2010, n. 141), in Obbl. e Contr., 2011, 2, 125.

[8] Così ad esempio Banca d’Italia ha ritenuto applicabili le Disposizioni di trasparenza alla delegazione di pagamento di cui agli articoli 1268 e seguenti del Codice civile confermando che le Disposizioni si applicano a tutte le operazioni e servizi bancari e finanziari disciplinati dal Titolo VI del T.U.B. indipendentemente dalla forma tecnica impiegata.

[9] La cessione del quinto dello stipendio o della pensione è una forma di credito ai consumatori, non destinata in modo specifico all’acquisto di beni o servizi, che può avere una durata massima di 120 mesi; il debitore si obbliga al rimborso del finanziamento attraverso la cessione volontaria al finanziatore di una quota, non superiore al quinto, del proprio stipendio o pensione mensili netti. Il cliente può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto; in tal caso ha diritto a una riduzione del costo totale del credito.  Al finanziatore spetta un equo indennizzo, entro i limiti previsti dalla legge, per eventuali costi direttamente collegati al rimborso anticipato. Il finanziamento deve essere obbligatoriamente assistito da un’assicurazione sulla vita e contro i rischi di perdita di impiego.

[10] Traccia descrittiva del suo funzionamento si trova nella comunicazione di Banca d’Italia “Operazioni di finanziamento contro cessione del quinto o della pensione. Profili di rischiosità e linee di vigilanza” del 12 gennaio 2022 ove nell’illustrare i meccanismi di mitigazione del c.d. rischio di credito, si dettagliano le modalità di rimborso, che avviene per mezzo di trattenute alla fonte sui ratei mensili di stipendio o pensione percepiti dal debitore ed erogati da soggetti terzi, nonché dalla obbligatorietà della presenza di polizze assicurative per il rischio di premorienza e di perdita di impiego.

[11] Affronta il tema Natale A., Cessione di crediti futuri e silenzio del debitore ceduto in Obbl. e Contr., 2011, 7.

[12]Si tratta della Legge 27 gennaio 2012, n. 3, Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento pubblicata in GU n.24 del 30.01.2012. La riforma della legge n. 3 del 2012 avvenuta con decreto n. 137 del 2020 ha affrontato espressamente la questione con il nuovo comma 1-bis dell’art. 8 della legge n. 3 del 2012 che “la proposta di piano del consumatore può prevedere anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio”.

[13] Ricostruisce gli orientamenti giurisprudenziali sul tema Napolitano A., La cessione del quinto nell’ambito del piano del consumatore, in Fallimento, 2018, 4, 461 dove vengono richiamate le sentenze del Tribunale Livorno del 18 gennaio 2018, del Tribunale Monza, Sez. fall., 20 novembre 2017 ed in nota il Tribunale di Torino del 10 giugno 2026. Diversamente non ritiene che la cessione sia assimilabile ad un credito futuro ad esempio il Tribunale Milano Sez. II Ord., 16/11/2017, in Il caso.it, 2018. Al dibattito giurisprudenziale accennato segue l’intervento del c.d. decreto Ristori L. 176/2020, il quale ha introdotto rilevanti modifiche alla legge n. 3 del 2012, tra cui il comma 1 bis all’art. 8 della legge: “La proposta del piano del consumatore può prevedere anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione…”.

[14] Si veda ex multis Sangiovanni V., Contratto di mutuo e consegna del bene, in  Contratti, 2010, 979 s.; Fragali, Del mutuo, in comm. cod. civ. a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 196. Giampiccolo, Comodato e mutuo, in Trattato di dir.civ., dir. da Grosso e Santoro Passarelli, Milano, 1972 sostiene la tesi secondo cui le parti non potrebbero derogare alla consegna, elemento tipizzante del contratto reale, neanche se fossero in comune accordo in quando ipotesi non espressamente prevista dallo stesso legislatore. Diversamente, Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, Giuffrè, Milano, 1970; Bianca, diritto civile, il contratto, Giuffrè, Milano, 1984 ammette il contratto atipico di mutuo consensuale in considerazione del fatto che se il legislatore avesse voluto limitare la volontà delle parti lo avrebbe certamente indicato in modo esplicito.

[15] Il tema è ampiamente dibattuto in dottrina. Si veda sul punto Di Gravio V., Teoria del contatto reale e promessa di mutuo, Milano, 1989, 83 e ss., Giampiccolo, G., Mutuo (dir. priv.), in Enc. dir., XXVII, Milano, 1977, 444 ss.; Grassani, A., Mutuo (dir. civ.), in Nss. D.I., X, Torino 1964, 1049 ss.; Teti, R., Il mutuo, in Tratt. Rescigno, XII, t. IV, Torino, 1985, 641 ss. Sostiene che il legislatore abbia previsto due tipi di contratto di mutuo, di cui uno tipico reale, espressamente disciplinato dal codice, ed un altro consensuale, la cui possibilità di operare non è scalfita dalle regole relative al contratto tipico Natoli U., I contratti reali, Milano, 1975, 15 ss.. Di opinione diversa è Fragali M., Il mutuo di scopo, in Banca borsa tit. cred., I,1961, 472 che ritiene che proprio la distinta previsione del mutuo e della promessa confermi il carattere reale del mutuo, non potendosi indurre dall’art. 1822 che il mutuo sia un contratto consensuale. Sottolinea l’inadeguatezza della realità a descrivere una operazione creditizia più complessa Mazzamuto S., Mutuo di scopo, in Enciclopedia giuridica Treccani, (voce) Mutuo, XX, Roma, 1992, 4. Betti E., Teoria generale del negozio giuridico in Trattato di diritto civile diretto da Vassalli, Torino, 1943, sostiene la natura reale basandosi sul tenore letterale dell’art. 1813 c.c. Nello stesso senso Simonetto E., I contratti di credito , Padova, 1994. Ricollega la questione della realità o consensualità del mutuo ai lavori preparatori del codice civile del 1942 D’Amico G., La categoria dei cc.dd. contratti reali atipici, in Rass. dir. civ., 1984, 368, nota 51. Sostengono invece l’ammissibilità di un mutuo consensuale atipico Galasso A., Mutuo e deposito irregolare, Milano, 1968, 232 e Geusè F., Mutuo reale, mutuo consensuale e promessa di mutuo, in Temi napoletani, 1963, I, 465, Mastropaolo F., I contratti reali, in Tratt. Dir.civ. Sacco, Torino, 1999, 31 ss., che sottolineano il carattere non imperativo delle norme sulla realità ammettendone la derogabilità da parte dei privati.  Sempre sul tema si veda ex multis Cenni D., La formazione del contratto tra realità e consensualità, Padova, 1998. Più recentemente offre una ricostruzione del tema in visione causale e procedurale, Iurilli C., Mutui e nullità di scopo, Milano, 2022, 12 e ss.

[16] Forchielli P., I contratti reali, Milano, 1952, 131 secondo cui è possibile ammettere figure consensuali corrispondenti agli schemi reali.

[17] Natoli U., I contratti reali, Milano, 1975, 26.

[18] La Cassazione con sentenza n.2345 del 27 novembre 1967 in G. civ., 1968, I, 428, già al tempo distingueva la fattispecie mutuo dal finanziamento, ammettendo come quest’ultimo fosse caratterizzato dall’obbligo di un soggetto di fornire capitali a ripetizione, in base ad un rapporto fondamentale di carattere consensuale ed obbligatorio.

[19] Cfr.Gazzoni F., Manuale di diritto privato, XIII ediz., 619, ove si precisa come essa “coincida, sotto questo aspetto con lo schema negoziale tipico di volta in volta idoneo ad operare il trasferimento o comunque a giustificarlo”.

[20] La connotazione corretta dello schema contrattuale pone ulteriori questioni nel comparto bancario legate ad esempio al rispetto della normativa antiusura. Dall’inquadramento in un determinato schema contrattuale infatti derivano i parametri di riferimento per l’individuazione e verifica delle soglie antiusura.

[21] Bianca C.M., Il contratto, Diritto Civile, III, Milano, 2000, 243.

[22] Ai sensi del d.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180 come aggiornato dalla legge 14 maggio 2005 n. 80, possono usufruire di questa particolare forma di prestito tutti i lavoratori dipendenti, sia dello Stato e del comparto para-statale (come esplicitamente previsto dal testo originale del provvedimento legislativo), sia delle aziende private. La stessa legge 80/2005 riconosce la possibilità di cedere parte della propria retribuzione anche ai pensionati di tutti gli enti previdenziali.

[23] Provvedimento Banca d’Italia 29 luglio 2009 in materia di “Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti” e ss.mm.

[24] Comunicazione di Banca d’Italia del 10 novembre 2009 “Cessione del quinto dello stipendio e operazioni assimilate: cautele e indirizzi per gli operatori”, Comunicazione di Banca d’Italia del 7 aprile 2011 “Cessione del quinto dello stipendio o della pensione e operazioni assimilate (CQS). Comunicazione”, la Delibera n.145 del 2018, recante “Orientamenti di vigilanza sulla cessione del quinto dello stipendio” e da ultimo la Comunicazione del 12 gennaio 2022, “Operazioni di finanziamento contro cessione del quinto o della pensione. Profili di rischiosità e linee di vigilanza” ove la Banca d’Italia richiama l’attenzione di banche e intermediari finanziari sulla necessità di valutare adeguatamente i rischi riferibili alle operazioni di cessione del quinto dello stipendio e della pensione. I profili di principale rilevanza attengono anzitutto alla necessità che l’erogazione del credito sia assistita da una puntuale e attenta valutazione del rischio di credito del potenziale prenditore. I rischi sottesi ai finanziamenti in commento non si esauriscono tuttavia nel solo rischio di credito, ma riguardano anche rischi di natura operativa, di natura legale e reputazionale (correlati a eventuali condotte non conformi della rete distributiva), di liquidità e di mercato (principalmente connessi all’operatività c.d. originate-to distribute), di conformità (connessi al ricorso a processi di digitalizzazione della relazione con la clientela).

[25] L’art. 123 T.U.B. detta una peculiare disciplina relativa alle caratteristiche e al contenuto dei messaggi pubblicitari, perseguendo il fine di pubblicizzare, in maniera precisa e dettagliata le condizioni offerte alla clientela. Precisa a tal fine che essi debbano essere resi in forma chiara, concisa e graficamente evidenziata. Sul tema peraltro l’Autorità è intervenuta nuovamente con la comunicazione sulla Trasparenza dell’offerta di contratto di credito ai consumatori, del 17 maggio 2012 emanata a seguito di una indagine effettuata dalla Banca d’Italia congiuntamente con l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che nel 2011, era stata promossa dalla Commissione europea con  l’obiettivo di verificare la conformità dei siti internet delle banche e degli altri intermediari alla normativa in tema di offerta di contratti di credito ai consumatori.

[26]La materia come più volte ribadito è regolata dal Provvedimento Banca d’Italia 29 luglio 2009 in materia di “Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari” (la Sezione VII-bis è dedicata proprio alla cessione di quote dello stipendio o salario o pensione ai sensi del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180) secondo cui è necessario che la documentazione precontrattuale e contrattuale indichi in modo chiaro i costi applicabili al finanziamento. È inoltre richiesta l’adozione di procedure interne idonee a individuare in maniera chiara, dettagliata e inequivoca gli oneri che maturano nel corso del rapporto, oltre che di qualificare le voci di costo in maniera coerente con il contenuto delle attività remunerate. A titolo esemplificativo, non è coerente che le commissioni di istruttoria – ove previste – siano differenziate a parità di attività svolte. La Banca d’Italia dispone di poteri di verifica circa la chiarezza dei costi applicabili, oltre che sull’adeguatezza delle procedure interne adottate dall’intermediario.

[27] Ai sensi art. 124, comma 5, T.U.B. il finanziatore ha l’obbligo di fornire a consumatore chiarimenti adeguati, in modo che questi possa consapevolmente valutare se il contratto proposto sia effettivamente soddisfacente le proprie esigenze ed in linea con la propria situazione finanziaria, illustrando tutte le informazioni precontrattuali imposte, le caratteristiche essenziali dei prodotti proposti e gli effetti specifici che possono avere sul consumatore, incluse le conseguenze del mancato pagamento. A tal riguardo Busnelli V. F. D., Itinerari europei nella “terra di nessuno tra contratto e fatto illecito”: la responsabilità da informazioni inesatte, in Contratto e impresa, 1991, 539 ss., ove si rileva come con la norma in questione si sia passati dall’informazione concepita come “consiglio amichevole” alla informazione come servizio se non addirittura come elemento confluente in un prodotto.

[28] Civale F., La trasparenza bancaria: rapporto banca cliente e forme di tutela, Milano, 2013, 434 ss. che parla a tal riguardo di triplice funzione.

[29] L’art. 124 bis del T.U.B. impone che la banca o l’intermediario finanziario che erogano il credito valutino, infatti, l’affidabilità economico-finanziaria del consumatore, attraverso informazioni fornite dal consumatore stesso o ottenuto attraverso la consultazione delle banche dati.

Detta verifica deve essere effettuata sia prima della conclusione del contratto che durante l’esecuzione dello stesso, potendo le parti accordarsi per un aumento dell’importo originariamente richiesto.

[30] Iurilli C., Il credito ai consumatori, in La disciplina dei rapporti bancari, a cura di Fiorucci, Padova, 2012, 463, che, all’interno del dibattito dottrinale circa il concetto di merito creditizio, da intendersi come capacità di rimborso o impegno del credito, rileva come, in realtà, il concetto di merito creditizio andrebbe valutato in una visione teleologica, ovvero considerando la finalità cui la norma è sottesa all’interno del mercato: nell’ipotesi in cui la norma dovesse esser interpretata come verifica della capacità di rimborso del consumatore, a tutela dell’intermediario, l’Autore ritiene che non sarebbe stato necessario introdurre la norma nel T.U.B., avvenendo tale preliminare verifica già nella prassi bancaria; qualora si propendesse per una interpretazione, invece, volta a preservare gli obblighi di trasparenza e correttezza, allora la norma andrebbe intesa come diretta tutelare il consumatore da tutti i rischi connessi alla sottoscrizione di un contratto di finanziamento.

[31] Cass., Sez. I, ord. del 30 giugno 2021, n. 18610, in Dir. & giust., 2021, secondo cui “Dato che l’attività di concessione del credito da parte degli istituti bancari non costituisce mero “affare privato” tra le stesse parti del contratto di finanziamento, l’ordinamento ha predisposto una serie di principi, controlli e regole, nell’intento di gestire i rischi specifici del settore, attese le possibili conseguenze negative dell’inadempimento non solo nella sfera della banca contraente, ma ben oltre di questa; potendo, peraltro, queste coinvolgere in primis il soggetto finanziato, nonchè, in una visuale macroeconomica, un numero indefinito di soggetti che siano entrati in affari col finanziato stesso”.

[32] Gli Orientamenti di Banca d’Italia del 2018 richiedono che gli intermediari adottino una pluralità di misure per assicurare un corretto bagaglio informativo, ad esempio facendo riferimento a schemi tariffari semplici e chiari, anche in termini di numero e denominazione delle commissioni, facilmente comprensibili a tutte le tipologie di clientela, inclusa quella connotata da un basso livello di alfabetizzazione finanziaria.

[33] Quella del recesso è una delle significative novità apportate dalla Direttiva 2008/48/CE, attuata nel nostro ordinamento con il citato d.lgs.141/10. Grazie alla previsione degli artt. 125-ter e 125-quater il T.U.B. ha disciplinato una completa forma di recesso, applicabile ad ogni tipologia di contratto di credito, a tempo indeterminato o determinato, concluso nei locali commerciali, fuori dagli stessi o a distanza. Nella previgente disciplina, diversamente, il diritto di recesso sorgeva in capo al consumatore solamente in caso di contratto collegato, ovvero nel caso in cui il finanziamento richiesto fosse accessorio ad un contratto concluso fuori dai locali commerciali o a distanza, ai sensi e per gli effetti dell’art. 67, comma 6, del Codice del Consumo. Con le modifiche apportate dal d.lgs. n. 141/10, al nuovo art. 125.ter del T.U.B. si rinviene, come detto, una autonoma possibilità di recedere per il consumatore, sia in caso di contratto sottoscritto in sede o fuori dai locali commerciali, entro il preciso termine di 14 giorni; tale termine decorre dalla conclusione del contratto o, se successivo, dal momento in cui il consumatore riceve tutte le condizioni e le informazioni pre-contrattuali previste per legge.

[34] cfr. De Poli M., “La contrattazione bancaria: tra tutela della liquidità ed obblighi di trasparenza”, Padova, 2012, 192 e ss.

[35] Il vincolo della forma scritta per i contratti bancari e la obbligatoria consegna di copia degli stessi al cliente venne previsto, per la prima volta, con la Legge 17 febbraio 1942, n. 154.

[36] Disposizioni trasparenza contenute nel citato Provvedimento del 29 luglio 2009, sez. III, par. 2) di Banca d’Italia.

[37] Cfr. Majello U., in Commentario al Testo Unico in materia bancaria e creditizia, Belli, Contento, Patroni Griffi, Porzio, Santoro (a cura di), Bologna – 2003, 1936.

[38] Mirone A., in La trasparenza Bancaria, Padova, 2012, 38.

[39] Le reti, nell’allungare la catena distributiva del prodotto, collocano il perfezionamento del contratto in una dimensione inter absentes, pacificamente ammessa anche per quei contratti per i quali sia prevista una forma scritta ad substantiam. Si veda sul punto Cass. Civ., 13 febbraio 2007, n. 3088, in Diritto & Giustizia, 2007. In senso conforme si veda Cassazione civile, sentenza 22 febbraio 2000, n. 1989, in Riv. arbitrato, 2001, 35.

[40] Che vengono rilevate dalla stessa Banca d’Italia in occasione dei suoi numerosi interventi sul tema. Si vedano a tal riguardo le comunicazioni Banca d’Italia 10 novembre 2009, 7 aprile 2011 la Delibera 145/2018, recante “Orientamenti di vigilanza sulla cessione del quinto dello stipendio”, la già citata comunicazione del gennaio 2022.

[41] In tal caso oltre alle normali valutazioni relative al merito creditizio e alla solvibilità del cliente vanno effettuate verifiche della fattibilità dell’ATC ed eventuale richiesta di censimento, verifica della presenza di impegni terzi da estinguere, verifica del rispetto dei requisiti minimi di cui al d.P.R. 180/50 e del merito creditizio.

[42] Elemento fondamentale nella valutazione del merito creditizio è altresì rappresentato dalla valutazione dell’assicurabilità delle Amministrazioni Terze Cedute (c.d. ATC) del comparto parapubblico e privato. La puntualità nei pagamenti dei propri fornitori, la continuità aziendale e la stabilità dell’ATC rappresentano elementi di prima garanzia delle future rimesse mensili delle quote stipendiali cedute. Per le Amministrazioni Terze Cedute del comparto privato e parapubblico si prevedono dei criteri di accreditamento interni c.d. criteri assuntivi bancari, che devono essere rispettati sia al momento del censimento anagrafico nei sistemi informativi che in fase di monitoraggio periodico.

[43] Si veda ad esempio Morera U., Contratti bancari (disciplina generale), in Banca, borsa, tit. cred., 2008, 163 ovvero Mazzamuto S., Il problema della forma nei contratti di intermediazione mobiliare, in Contratto e Impresa, 1994, 44, il quale osserva che la consegna costituisce “soltanto l’ultimo adempimento ad opera di quel contraente professionale su cui grava l’obbligo di predisporre a vantaggio del partner meno avvertito gli strumenti necessari per individuare il quadro completo dell’operazione negoziale”.

[44] Majello U., Problematiche in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali, in La nuova legge bancaria. Prime riflessioni sul testo unico in materia bancaria e creditizia, a cura di Rispoli e Farina, Napoli, 1995, 316 ss. e Dolmetta A., Trasparenza dei prodotti bancari. Regole, Bologna, 2013, 10.

[45] In tal caso si applica l’art. 1260 c.c. per cui il debitore ceduto è tenuto all’adempimento dell’obbligazione contrattuale nei confronti del cessionario solo dal momento in cui ha accettato la cessione, ma non è necessaria manifesta accettazione, poiché è sufficiente che al debitore venga notificata la cessione del credito attraverso una modalità idonea a dimostrare

che la volontà di cessione del credito sia giunta nella sfera giuridica del debitore ceduto.

[46] Circa significato da attribuire al comportamento del debitore ceduto di fronte alla notifica, può essere utile richiamare l’ampio dibattito sul tema del silenzio. C’è chi richiama i casi in cui il silenzio può assumere valore di espressione della volontà negoziale, con la conseguenza che l’accordo si perfezioni nonostante il silenzio della parte perché è la legge ad attribuire il significato di consenso all’inerzia del soggetto. Si veda al riguardo Sacco R., La conclusione dell’accordo, in I contratti in generale, 1, Tratt. Rescigno e Gabrielli, Torino, 2006, 97-98. Vi sono poi ipotesi di c.d. silenzio circostanziato in cui è il verificarsi di determinate circostanze, in cui lo stesso comportamento omissivo si trova inserito, a renderlo sintomo rivelatore dell’intenzione delle parti e così rilevante agli effetti contrattuali. Sul punto Bianca C.M., Diritto civile, III, Il contratto, 2 a ed., Milano, 2000, 211.

[47] Il successivo art. 1264 c.c. disciplina l’efficacia di quello che si connota come negozio intercorrente tra il cedente e il cessionario nei confronti del debitore ceduto, all’uopo disponendo che “La cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettata o quando gli è stata notificata. Tuttavia, anche prima della notificazione, il debitore che paga al cedente non è liberato, se il cessionario prova che il debitore medesimo era a conoscenza dell’avvenuta cessione”. Fermo l’effetto traslativo della cessione, promanante dall’intervenuto scambio di consensi tra cedente e cessionario, la norma de qua, sul presupposto di un negozio già perfezionatosi, disciplina il solo profilo liberatorio del debitore Breccia U., Le obbligazioni, 1991, 780. In giurisprudenza si veda Cassazione 17 ottobre 1977, n. 4432, in Giur. It., 1978, I, 267; Cassazione 12 maggio 1990, in Giur. It. Mass., 1990.

[48] Il D.P.R. 180/50 disegna un sistema per cui qualora la precedente cessione non sia estinta, può esserne stipulata una nuova dopo la scadenza dei termini previsti nel precedente comma con lo stesso o con altro istituto, nei limiti di somma e di durata stabiliti negli articoli 5, 6 e 23, ed a condizione che il ricavato della, nuova cessione sia destinato, sino a concorrente quantità, all’estinzione della cessione in corso.

Anche prima che siano trascorsi due anni dall’inizio di una cessione quinquennale, può essere contratta la cessione decennale, quando questa si faccia per la prima volta, fermo restando l’obbligo di estinguere la precedente cessione.

[49] Sul piano pratico ciò si traduce nel fatto che il rinnovo della cessione del quinto sarà possibile solo dopo il pagamento del quaranta per cento dell’importo del primo prestito.

[50] Secondo la Decisione n. 5762 del 17 giugno 2016 del Collegio di Coordinamento dell’Arbitro bancario finanziario “ciò significa che il nocumento subito dal cliente, al più, può essere individuato nella quota di commissioni e oneri relativi al segmento di tempo intercorrente tra il rinnovo ante tempus ed il termine legale previsto dall’art. 39 D.P.R. 180/50 per la stipula di un nuovo contratto, posto che solo limitatamente a tale lasso di tempo si determina quella duplicazione di oneri che la norma mira ad evitare…”. In tal senso si richiama la decisione 3283/2013 della Corte di Appello di Milano e quella giurisprudenza dell’Arbitro bancario e finanziario che nella determinazione dell’importo ristorabile nel caso della violazione della norma citata, ha riconosciuto il diritto dell’interessato ad una congrua riduzione dell’importo dovuto a saldo (Collegio ABF di Roma, decisione n. 481 del 17 febbraio 2012 e Collegio ABF di Milano, decisione n. 1328 del 18 novembre 2010). Per la giurisprudenza citata si veda, ex multis, Quarta F., Gestione in forma cooperativa di beni e servizi d’interesse pubblico. Il finanziamento dell’impresa alla prova di blockchain e criptovalute in Rivista di diritto bancario, 2019, III, 355.

[51] Vuole evitare una “lievitazione del costo complessivo del finanziamento” Banca d’Italia cole le indicazioni al mercato contenute nel citato comunicato 10 novembre 2009.

[52] In tal senso si esprime il Collegio ABF di Milano, decisione n. 1328 del 18 novembre 2010 disponibile su arbitrobancariofinanziario.it.

[53] Orientamenti di Vigilanza di Banca d’Italia del 2018, cit., pag. 4, paragrafo II, punto 8.

[54] Negli Orientamenti vengono evidenziati i comportamenti opportunistici tenuti nella distribuzione di finanziamenti di cessione del quinto quali le condotte da parte di taluni operatori del settore, incentivati a erogare crediti senza porre particolare attenzione alle effettive esigenze finanziarie della propria cliente. L’Autorità osserva come nel 2017 i ricorsi all’Arbitro Bancario Finanziario in materia di CQS/CQP siano stati quasi 22.000, in crescita di oltre il 40% rispetto all’anno precedente e tali da rappresentare il 72% del contenzioso confluito all’Arbitro.

[55] A tal fine nella fase di erogazione del finanziamento, la Banca d’Italia richiede l’indicazione delle modalità di calcolo della riduzione del “costo totale del credito” in caso di estinzione anticipata, specificando gli oneri che maturano nel corso del rapporto (c.d. “recurring”) e che devono quindi essere restituiti al consumatore se corrisposti anticipatamente e in quanto riferibili ad attività e servizi non goduti.

[56] Sebbene l’art. 125 sexies T.U.B. preveda che in caso di rimborso anticipato, il finanziatore abbia diritto a un indennizzo equo e oggettivamente giustificato per eventuali costi direttamente collegati al rimborso anticipato del credito, Banca d’Italia, negli Orientamenti del 2018, considera  buona prassi non richiedere ai clienti indennizzi in caso di estinzione anticipata dei contratti, almeno nei casi in cui a seguito dell’estinzione si accenda un nuovo finanziamento di cessione del quinto con lo stesso operatore.

[57] Ed in questo senso ex multis si veda la Cassazione civ. Sez. III Ord., 31/05/2021, n. 15099 in CED Cassazione, 2021.

[58] Il comma 4 dell’art. 40 prevede “l’obbligo della garanzia da parte del Fondo e l’obbligo dell’amministrazione di versare le quote di ammortamento del prestito sono subordinati alla condizione che l’istituto mutuante adempia all’estinzione della precedente cessione”.

[59] Che richiama il ricco dibattito acceso in merito alla diversa sorte dei contratti a valle della violazione di regole di comportamento o di validità, la cui distinzione si fa risalire agli anni ‘60 ad uno scritto di Pietrobon V., L’errore nella dottrina del negozio giuridico, Padova, 1963. Il tema è stato oggetto di un noto intervento delle Sezioni Unite della Cassazione nel 2007 con le sentenze del 19 dicembre 2007, nn. 26724 e 26725, in Foro it., 2008, c. 784 ove è stato sottolineato un generale principio di non interferenza tra le due categorie ripreso poi dalla Cassazione con la sentenza del 29.09.2005 n.19024 in Foro it., 2006, I, 1106 e ss, nella quale si discute degli effetti che scaturiscono dalla violazione degli obblighi informativi da parte di un intermediario finanziario. Nonostante le importanti conclusioni raggiunte con la citata sentenza della Cassazione del 2005 in dottrina vi è stato chi ha proposto una rivalutazione ed una rimeditazione del principio di non interferenza, soprattutto riguardo all’aspetto della violazione della buona fede come causa d’invalidità. Si veda sul punto Galgano F., Squilibrio contrattuale e mala fede del contraente forte, in CI, 3, 1997. Il principio di non interferenza è stato rimesso in discussione anche in giurisprudenza con l’ordinanza della Cassazione del 16.2.2007 n. 3683 in Foro it., 2007, I, 2094 e ss e riceve un autorevole avallo dalle Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza del 19 dicembre 2007, n.26724 in Giust. Civ., 2008, I, 1189. Sempre sul tema si veda ex multis Musio A., La violazione degli obblighi di informazione tra regole di validità e regole di condotta, in www.comparazionedirittocivile.it; D’Amico G., Regole di validità e regole di comportamento nella formazione del contratto, in Riv. dir. civ., 2002. Sulla comune area di incidenza dei vizi del consenso e della culpa in contrahendo si veda anche Bellomia V., La responsabilità precontrattuale tra contrattazione civile, del consumatore e di impresa, Milano, 2012.

[60] Cass., Sez. Un., 19 dicembre 2007, n. 26724 , in Nuova giur. civ. comm., 2008, 438 secondo cui “unicamente la violazione di norme inderogabili concernenti la validita del contratto e suscettibile di determinarne la nullità e non già la violazione di norme, anch’esse imperative, riguardanti il comportamento dei contraenti la quale puo essere fonte di responsabilità”

[61] Ammette l’ipotesi di nullità il Collegio di Roma dell’Arbitro bancario finanziario col il provvedimento n. 4588/2013 secondo il quale la violazione della norma dell’articolo 39 del d.P.R. n. 180/1950 “…presenta tutte le caratteristiche di una norma imperativa di protezione dettata dal legislatore nell’interesse del cliente la cui violazione determina, come è noto, la nullità del contratto. Nullità che, tuttavia, opera a vantaggio del consumatore secondo quanto disposto dall’art. 127 comma 2 del T.U.B., connotandosi come nullità relativa ma rilevabile d’ufficio dal giudice…”.

[62] In tal senso si ritiene di dover escludere anche l’eventuale scenario alternativo della nullità virtuale a seguito della violazione di regole di condotta imposte agli intermediari durante la fase delle trattative, facendo leva sul carattere imperativo delle disposizioni che prevedono dette regole ovvero ritenendo le stesse espressione di principi di ordine pubblico, quali la protezione del risparmio e il buon funzionamento del mercato. Si veda, ex multis, Cass. 29 settembre 2005 n. 19024, in Danno e resp. 1/2006, 25 ss. con nota di Roppo.

[63] Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 5139 del 9 giugno 1997 in Corriere Giur., 1998, 3, 336, con nota di Al Mureden. Nel caso in esame la Suprema Corte, in sede di regolamento di giurisdizione, ha ritenuto il contratto concluso non già nel luogo dell’inizio dell’esecuzione, in difetto dei presupposti di cui all’art. 1327, ma nel luogo in cui il proponente aveva ricevuto la comunicazione relativa all’avvenuta esecuzione.

[64] Si veda ex multis Corte di Cassazione Civile, sezione I, con la sentenza n. 9196 del 2 aprile 2021 in cortedicassazione.it. Sul profilo funzionale della sottoscrizione si veda Cass., 30.05.1989, n. 2588, in Notiz. giur. lav., 1989, p. 761, e Cass., 26.01.1987, n. 720, in Giust. civ., 1988, I, p. 242 ss. Si richiama inoltre Grippo, Belleggia, Difetto di sottoscrizione del contratto di investimento da parte della banca e limiti alla rilevabilità d’ufficio delle nullità c.d. «relative» su www.dirittobancario.it, che nel commentare la sentenza della Corte d’Appello di Bologna, 13 gennaio 2017, n. 89 in relazione al contratto di investimento disciplinato dall’art. 23 T.U.F. di contenuto identico rispetto art. 117 T.U.B., precisa come «i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento […] sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti» e che «nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo». In tal caso la Corte d’appello di Bologna ha accolto l’impugnazione promossa dal cliente della Banca contro la sentenza che in prime cure aveva rigettato, tra le altre, la domanda di nullità di un contratto quadro relativo alla prestazione dei servizi di investimento per assenza della sottoscrizione da parte della banca intermediaria. Cass., 11.05.1983, n. 3262, in Giust. civ. Mass., 1983, e Cass., 13.07. 1993, n. 7747, ivi, 1993, p. 1170 «Il requisito della forma scritta ad substantiam non richiede necessariamente l’espressione della volontà delle parti con la sottoscrizione di un documento cartolarmente unico, sicché il documento, contenente tutti gli estremi del contratto, e sottoscritto da una delle parti, rechi anche la sottoscrizione dell’altra, ma deve ritenersi osservato anche quando tale seconda sottoscrizione sia contenuta in un documento separato, se inscindibilmente collegato al primo, sì da evidenziare inequivocabilmente l’incontro dei consensi nella suddetta forma».

[65] Gaggero P., Neoformalismo negoziale di “protezione” e struttura della fattispecie contrattuale, in Contratto e Impr., 2016, 6, 1463.

[66] Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 89816 del gennaio 2018, in Giur. it., 2018, 564 ss., con nota di Colombo, La forma dei contratti quadro di investimento: il responso delle Sezioni Unite, sulla validità del c.d. contratto monofirma.

[67] Il principio è stato confermato dalla Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 6 settembre 2019 n. 22385, in cortedicassazione.it, secondo cui “è sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell’intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti; tale soluzione vale anche per i contratti bancari.”

[68]Si veda l’Allegato 1 del Provvedimento Banca d’Italia 29 luglio 2009, sez. II, ove si prevede che “Prima della conclusione del contratto, l’intermediario consegna al cliente, su sua richiesta, una copia completa del testo contrattuale idonea per la stipula; a scelta del cliente può essere consegnato il solo documento di sintesi (2). La consegna avviene entro tempi congrui rispetto alla richiesta. Nei contratti di finanziamento, considerato che la determinazione delle condizioni economiche è preceduta da un’istruttoria, il cliente può scegliere tra: i) la consegna di copia del contratto idonea per la stipula, che può essere subordinata al pagamento di una somma non eccedente le spese di istruttoria (il cui ammontare massimo è pubblicizzato nel foglio informativo); ii) la consegna gratuita: dello schema di contratto, privo delle condizioni economiche; di un preventivo contenente le condizioni economiche basate sulle informazioni fornite dal cliente. Per i contratti di mutuo ipotecario offerti ai clienti al dettaglio, la consegna della copia del contratto idonea per la stipula è gratuita a partire dal momento in cui viene concordata la data per la stipula presso il notaio. Negli altri casi la consegna è sempre gratuita. La consegna non impegna le parti alla stipula del contratto. Il diritto del cliente di ottenere copia del testo contrattuale o del solo documento di sintesi non può essere sottoposto a termini o condizioni. In caso di modifica delle condizioni contrattuali indicate nella copia consegnata al cliente, l’intermediario, prima della conclusione del contratto, ne informa il cliente stesso e, su richiesta di quest’ultimo, gli consegna una copia completa del nuovo testo contrattuale idonea per la stipula ovvero una nuova copia del documento di sintesi. Il presente paragrafo si applica anche in caso di offerta fuori sede”.

[69] Crivelli A., Fontana R., Leuzzi S., Napolitano A., Rolfi F., Il nuovo sovraindebitamento (dopo il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), Bologna, 2019.

[70] Finardi D., Cessione di crediti futuri e procedure concorsuali minori, in Fallimento, 2000, 1263.

[71] Offre un interessante disamina Leuzzi S., Cessione e assegnazione del “quinto” e sovraindebitamento in In executivis, 3, 2019.

[72] Orientamenti di Vigilanza di Banca d’Italia del 2018, cit., pag. 4, paragrafo II, punto 8.

[73] La definisce indisponibilità temporanea il Collegio di Milano dell’Arbitro bancario finanziario con decisione n. 2206 del 10 marzo 2016 ove si afferma che l’art. 39 prevede  “non già un’obbligazione negativa (e segnatamente un divieto di contrarre) bensì una limitazione della facoltà di stipulare (“può esserne stipulata una nuova (solo) dopo la scadenza”); e sottrae così alle parti per un certo tempo il potere di concludere contratti”. Il provvedimento è disponibile su www.arbitrobancariofinanziario.it

[74] Morace Pinelli A., Il contratto giusto in Riv. Dir. Civ., 2020, 3, 663 osserva come “Si deve, infatti, escludere che l’iniquità delle condizioni economiche comporti di per sé l’invalidità del contratto, come si evince dallo stesso Codice di consumo che, pur enunciando il diritto dei consumatori all’equità nei rapporti contrattuali (art. 2, lett. e), ammette il controllo sull’adeguatezza del corrispettivo soltanto in caso di mancata trasparenza del testo negoziale (art. 34). Meno che mai può ritenersi che lo squilibrio economico delle prestazioni possa rappresentare causa di invalidità del contratto in generale.

[75] Cassazione Civile, sez. I, sent. n. 18610 del 30.6.2021, cit., ove si legge “Questa Corte ha da tempo osservato come, sebbene nel nostro ordinamento non esista un generale dovere, a carico di ciascun consociato, di attivarsi al fine di impedire eventi di danno, tuttavia vi sono molteplici situazioni da cui nascono, per i soggetti che vi sono coinvolti, doveri e regole di azione, la cui inosservanza integra la conseguente responsabilità: in particolare, dalla normativa che regola il sistema bancario vengono imposti, a tutela del sistema stesso e dei soggetti che vi operano, comportamenti in parte tipizzati, in parte enucleabili caso per caso, la cui violazione può costituire culpa in omittendo potendosi così ravvisare la violazione dei doveri gravanti sul soggetto “banca” a causa del proprio status”. Sugli obblighi di status si veda anche Cass. civ., sentenza n. 343 del 13 gennaio 1993, su Banca borsa titoli di credito, 1994, II, 258 ss.

[76] Nel sistema italiano è già previsto che alla cessione del quinto possa affiancarsi la c.d. delega di pagamento che innalza il quantum finanziato ulteriormente rispetto alla percentuale di un quinto. Ha delle differenze strutturali con la cessione che ne giustificano la coesistenza in capo ad un medesimo soggetto finanziato a condizione appunto che si rispettino i parametri normativi.

[77]Come precisa la Financial Conduct Autorithy (FCA) inglese nel Report to the FCA Board “The Woolard Review – A review of change and innovation in the unsecured credit market” pubblicato il 2 Febbraio 2021 “Employer Salary Advance Schemes (ESAS) offer a low-cost alternative to using credit like payday loans or overdrafts. If used appropriately they can give employees benefits and greater control of their finances”. Essa è attualmente sviluppata nei settori dell’ospitalità, della vendita al dettaglio e della sanità ma i dati condivisi dai fornitori ESAS indicano come le somme prelevate in anticipo vengano utilizzate per molti scopi diversi, inclusi generi alimentari, bollette, spese generali e viaggi.

[78]  Acronimo utilizzato per individuare quella forma di credito conosciuta come “Buy Now Pay later” (compra ora, paga dopo), attraverso la quale i consumatori  acquistano beni o servizi pagandone successivamente  l’intero prezzo (dilazione), anche in maniera frazionata (rateizzazione). Essa viene richiamata per la prima volta nella Comunicazione della Banca d’Italia in materia di Buy Now Pay Later (BNPL) del 28 ottobre 2022, pubblicata nel sito www.bancaditalia.it.

[79] Ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. h-septies.1) T.U.B. per “servizi di pagamento” s’intendono le seguenti attività: “1) servizi che permettono di depositare il contante su un conto di pagamento nonché tutte le operazioni richieste per la gestione di un conto di pagamento; 2) servizi che permettono prelievi in contante da un conto di pagamento nonché tutte le operazioni richieste per la gestione di un conto di pagamento; 3) esecuzione di operazioni di pagamento, incluso il trasferimento di fondi su un conto di pagamento presso il prestatore di servizi di pagamento dell’utilizzatore o presso un altro prestatore di servizi di pagamento: 3.1) esecuzione di addebiti diretti, inclusi gli addebiti diretti una tantum; 3.2) esecuzione di operazioni di pagamento mediante carte di pagamento o dispositivi analoghi; 3.3) esecuzione di bonifici, inclusi gli ordini permanenti; 4) esecuzione di operazioni di pagamento quando i fondi rientrano in una linea di credito accordata ad un utilizzatore di servizi di pagamento: 4.1) esecuzione di addebiti diretti, inclusi gli addebiti diretti una tantum; 4.2) esecuzione di operazioni di pagamento mediante carte di pagamento o dispositivi analoghi; 4.3) esecuzione di bonifici, inclusi gli ordini permanenti; 5) emissione di strumenti di pagamento e/o convenzionamento di operazioni di pagamento; 6) rimessa di denaro; 7) servizi di disposizione di ordini di pagamento; 8) servizi di informazione sui conti”.

[80] Il marketplace lending è uno dei fenomeni rientranti nel c.d. FinTech: si tratta di una forma di finanziamento alternativa a quelle tradizionali e riconducibile, per un verso, all’applicazione al settore dei servizi finanziari di tecniche di intermediazione digitale sviluppate nell’e-commerce e, per un altro, al più ampio ambito del crowdfunding. Per una ricostruzione del fenomeno si veda Macchiavello E. e Sciarrone Alibrandi A., L’inquadramento giuridico delle attività svolte dai lending marketplace. Linee di fondo in Marketplace lending. Verso nuove forme di intermediazione finanziaria?, 5, 2019, Collana Quaderni Fintech, CONSOB.

[81]L’iniziale esperienza italiana del lending marketplace ha visto successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. 22 gennaio 2010, n. 11, di recepimento della Direttiva Payment Service Directive PSD n. 2007/64/CE e dalla successiva PSD 2, n. 2015/2366/UE questi soggetti richiedere l’autorizzazione alla Banca d’Italia a prestare servizi di pagamento assumendo lo status regolamentare di IP, operatori cui è riservata (con banche ed istituti di moneta elettronica) la prestazione dei servizi di pagamento ex art. 114-sexies T.U.B. oppure, in alcuni casi, di agenti di IP.

[82] Le criticità legate a questo prodotto sono molteplici e derivano dalla distribuzione da parte di soggetti non regolamentati sul mercato del credito che dunque omettono valutazioni di merito creditizio, non devono sottostare alle norme in materia di costi massimi del finanziamento. Inoltre è opaca l’informazione sulle commissioni ed i tassi di interesse che possono risultare antieconomici rispetto ad un finanziamento classico se ripetutamente utilizzati. Detti operatori poi non alimentano ne si servono delle banche dati sulle informazioni creditizie per cui la storia creditizia del singolo soggetto non è completa di questi importi finanziati con la conseguenza che potrebbero apparire solvibili soggetti il cui stipendio è in realtà assorbito già in ESAS.

[83] Lo rileva la stessa Banca d’Italia con la delibera 148/2018 recante gli Orientamenti di vigilanza in materia di cessione del quinto, cit.,   ove a pag. 5 precisa come “Sono state segnalate condotte volte a vincolare il cliente alla stipula di una nuova operazione anche prima che siano decorsi i termini normativamente previsti; fra queste condotte rientra la prassi di concedere prestiti personali, erogati in anticipo rispetto al momento in cui sarà possibile il rinnovo della CQS. Si ritiene elusivo della normativa vigente accordare credito per favorire l’estinzione dell’operazione in corso prima del termine minimo di legge, funzionale alla successiva stipula di un nuovo contratto di CQS. Gli intermediari devono evitare qualunque condotta -anche posta in essere con l’intervento di terzi -che porti al risultato vietato dalla legge o si traduca in una limitazione della possibilità per il cliente di valutare, una volta maturati i termini, la convenienza a rinnovare il finanziamento e le condizioni proposte. Resta ovviamente ferma la necessità di rispettare le riserve di attività per la concessione del credito. Non si può contrarre una nuova cessione prima che siano stati pagati i 2/5 delle rate pattuite nel contratto.

[84] Un modello operativo specifico vede, nel periodo intercorrente tra l’avvio delle attività di notifica degli atti all’amministrazione terza ceduta e l’erogazione del finanziamento, l’Intermediario finanziario, per il tramite dell’Agente, prevedere la possibilità per il cliente di ottenere un pre-finanziamento di importo standard erogato nella forma di prestito personale. Il cliente, all’atto della richiesta del prestito personale di cui trattasi, comunica all’Intermediario la modalità prescelta per rimborsare tale prestito: in un’unica soluzione all’atto dell’ottenimento del finanziamento rimborsabile mediante cessione del quinto (la somma viene trattenuta dall’importo erogato dall’Intermediario finanziario dalla quale, a loro volta, vengono eventualmente trattenute le somme da destinare all’estinzione di finanziamenti.), oppure a rate.

[85] Il prefinanziamento viene generalmente concesso e un procedimento autonomo rispetto a quello di cessione del quinto e con l’utilizzo di apposita informativa precontrattuale e contrattuale.

[86] Il tema dei costi a carico del cliente rappresenta un tema centrale nella disciplina in commento: negli «Orientamenti di vigilanza sulla cessione del quinto dello stipendio», emanati dalla Banca d’Italia il 30 marzo 2018, l’Autorità segnala una diffusa mancanza di chiarezza nella rappresentazione dei costi addebitati alla clientela, tra cui duplicazione di commissioni a fronte di una medesima attività ed ambiguità nel discriminare tra costi upfront e recurring.

[87] L’attività dell’Organismo per la gestione degli Elenchi degli Agenti in attività finanziaria e dei Mediatori creditizi ha rilevato la prassi nei mesi immediatamente precedenti alla scadenza dei due quinti della cessione, dell’’Agente di ottenere l’incarico per richiedere il conto estintivo del precedente finanziamento al fine di proporre al consumatore la nuova cessione. I dati sono riportati a vario titolo nelle relazioni annuali e nel magazine periodico che OAM pubblica per fornire il dettaglio dell’attività di vigilanza.

[88] Sul punto si veda la Circolare n.11 del 8 luglio 2016 dell’ Organismo per la gestione degli Elenchi degli Agenti in attività finanziaria e dei Mediatori creditizi avente ad oggetto chiarimenti in merito ai servizi accessori offerti dagli intermediari del credito nel comparto della cessione del quinto dello stipendio ai sensi del D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 ove si precisa come “gli Intermediari del credito non possono offrire alla clientela, in sede di rinnovo di operazioni di finanziamento CQS, direttamente o per interposta persona, un “servizio accessorio” di recupero degli oneri non maturati del finanziamento estinto”.

[89] Recentemente sulla figura del mutuo di scopo si veda l’ampia ricostruzione effettuata da Iurilli C., Mutui e nullità di scopo, cit., 33, ed ivi ampi riferimenti in doittrina e giurisprudenza. L’A. così rileva: “Dal canto suo la giurisprudenza di legittimità ha provveduto alla individuazione strutturale della consensualità, e non della realità, del mutuo di scopo, ritenendo determinante in tale figura non la consegna della res bensì il consenso che tra le parti si forma sulla destinazione cui l’investimento ed il sotte-so prestito sono finalizzati. Sempre la Suprema Corte, con la pronuncia n. 7116 del 21 luglio 1998, ha inteso distinguere tra contratto di mutuo e con-tratto di finanziamento, identificando quest’ultimo con il mutuo di scopo: la Corte ha chiarito che mentre il contratto di mutuo, che è contratto reale ad efficacia obbligatoria, si perfeziona con la consegna ovvero con il conseguimento della disponibilità giuridica della res da parte del mutuatario, il contratto di finanziamento si pone invece come “fattispecie negoziale consensuale, onerosa ed atipica, che assolve essenzialmente la funzione creditizia, con la conseguenza che, specie nell’ipotesi di finanziamento legale (…) la consegna della som-ma da corrispondere, normalmente per stati di avanzamento, e con contestuale controllo della progressiva realizzazione dello scopo, rappresenta l’esecuzione dell’obbligazione principale, anziché l’elemento costitutivo del contratto”.

[90] Cassazione civile, Sez.I, sentenza n. 26770 del 21 ottobre 2019 in www.altalex.com.

[91] Bianca C.M., Il contratto, Diritto civile, vol. III, Milano, 2000, 461.

[92] Cfr. Brescia Morra C., Morera U., L’impresa bancaria. L’organizzazione e il contratto, Napoli, 2006.

[93] Cfr. Bianca C.M., Il contratto, Diritto civile, vol. III, Milano, 2000, 209 che affrontando il tema della formazione unilaterale del contratto sottolinea come il contratto esiga sempre l’accorso e “che quando il rapporto si costituisce senza il consenso di due parti il richiamo alla figura del contratto appare arbitrario”.