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Il perfezionamento del deposito telematico e la notificazione a mezzo pec
Di Luca Di Pietro Paolo -
Suprema Corte di Cassazione, Sezione I – 13 Novembre 2023, n. 31592 – Pres. Acierno – Est. Scotti
Suprema Corte di Cassazione, Sezione III – 21 Novembre 2023, n. 32296 – Pres. Scarno – Est. Rossello
Suprema Corte di Cassazione, Sezione III – 21 Novembre 2023, n. 32287 – Pres. De Stefano – Est. Saija
Il deposito telematico degli atti processuali si perfeziona quando viene emessa la seconda PEC, ovvero la ricevuta di avvenuta consegna, da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia, come disposto dall’art. 16 bis, comma 7, del D.L. n. 179 del 2012, così che, ferma l’applicabilità delle disposizioni di cui all’art. 155, commi 4 e 5, c.p.c., il deposito è tempestivamente effettuato quando la ricevuta di avvenuta consegna viene generata entro la fine del giorno di scadenza. Inoltre, se l’illeggibilità dei files è dipesa da fatto fortuito non è imputabile alla parte, cosa questa che per intrinseca coerenza giustifica la rimessione in termini.
La presenza di un errore, non imputabile al depositante, che provoca l’impossibilità per il sistema di accettare il deposito, legittima questi alla istanza di rimessione in termini ai fini della rinnovazione del deposito ove possa ritenersi che questi siano decorsi incolpevolmente a causa dell’affidamento riposto nell’esito positivo del deposito stesso. Ciò posto, il deposito della istanza di rimessione in termini entro un mese dalla scadenza del termine in oggetto, non appare eccessivamente ritardato, posto che la particolarità̀ del sistema notificatorio telematico lascia concrete incertezze sull’esito del secondo tentativo, sul quale non vi è stata la PEC di errore.
Considerata la mancanza di univocità nella giurisprudenza di legittimità in merito alle condizioni di validità e delle conseguenze della notifica a mezzo PEC non completata per “casella piena” del destinatario, i giudici della Terza Sezione della Corte di Cassazione, hanno rimesso la questione alle Sezioni Unite. Si attende una pronuncia che consideri non solo le opzioni ermeneutiche contrapposte, ma anche l’evoluzione del sistema normativo, facendo luce sugli esiti del procedimento notificatorio, nell’ambito di processi digitalizzati.
1.Il perfezionamento del deposito telematico
La Corte di cassazione è stata chiamata a dirime controversie concernenti il perfezionamento del deposito telematico.
Nel primo caso esaminato dalla Corte[1] la parte ha depositato ricorso in appello tardivamente e ha domandato la rimessione in termini, sostenendo di aver già depositato il ricorso tempestivamente. Tuttavia, l’iter di deposito non era pervenuto a conclusione per caso fortuito e, al fine di dimostrare quanto avvenuto, l’appellante ha allegato le prime due PEC generate dal sistema.
La Corte d’Appello ha dichiarato il ricorso inammissibile giacché, seppure generata la seconda PEC di avvenuta consegna, non era stato possibile vagliare il contenuto della busta e, pertanto, verificare che all’interno della medesima fossero contenuti i documenti necessari per l’impugnazione (in particolare la procura alle liti, l’atto di appello e il provvedimento impugnato).
In merito a ciò, è necessario specificare che la cancelleria era impossibilitata visualizzare i files in quanto non leggibili. Per queste ragioni la parte ha proposto ricorso per cassazione.
La Suprema Corte ha, pertanto, dovuto prendere posizione sul perfezionamento del deposito telematico e sulla possibilità di rimettere in termini la parte. Al riguardo, quest’ultima ha ritenuto il ricorso fondato per due ordini di ragioni: 1) dai messaggi prodotti dal ricorrente non è stato possibile desumere che l’errore imprevisto fosse a lui addebitabile; 2) è stata generata la ricevuta di avvenuta consegna e, pertanto, il deposito è stato ritenuto perfezionato. Infatti, la Corte d’Appello, dato che non è stato possibile controllare il contenuto della busta avrebbe dovuto, per “intrinseca coerenza”, rimettere in termini la parte per caso fortuito.
Nel secondo caso[2], invece, la parte, dopo aver correttamente notificato l’atto di appello, ha tentato per due volte invano[3] (entro il termine perentorio di dieci giorni) di effettuare il deposito per iscrivere la causa al ruolo. Dopo quasi trenta giorni dall’ultimo tentativo l’appellante è riuscito ad effettuare correttamente il deposito e ha proposto istanza di rimessione in termini, allegando inoltre le PEC di avvenuta consegna. Ciononostante, la Corte d’Appello ha dichiarato “improcedibile il gravame, ex art. 348 c.p.c., per tardività dell’ iscrizione a ruolo della causa”. Pertanto, la parte ha proposto ricorso per Cassazione.
Anche in questo caso la Suprema Corte ha dovuto prendere posizione sul perfezionamento del deposito e sulla tempestività della rimessione in termini.
La Corte di legittimità ha ritenuto perfezionato il deposito, essendo stata generata la seconda PEC di avvenuta consegna. Ha inoltre ritenuto l’istanza di rimessione in termini tempestiva, non apparendo tardivo il deposito entro un mese, in quanto dalla particolarità del sistema notificatorio telematico residuano concrete incertezze sull’esito del secondo tentativo.
Orbene, per un’accorta analisi delle pronunce in questione sono necessarie alcune considerazioni.
Innanzitutto, il deposito telematico è lo strumento mediante il quale una parte procede all’iscrizione al ruolo di un nuovo procedimento ovvero inserisce nuovi atti o documenti nel fascicolo telematico di un procedimento già in corso.
L’art. 196-quater disp. att. c.p.c. – introdotto dall’art. 11 d.lgs. 149/2022[4], con il quale ha abrogato l’art. 16-bis del d.l. n.179/2012[5] – prevede espressamente che « Il deposito degli atti processuali e dei documenti, ivi compresa la nota di iscrizione a ruolo, da parte del pubblico ministero, dei difensori e dei soggetti nominati o delegati dall’autorità giudiziaria ha luogo esclusivamente con modalità telematiche ».
Pertanto, il deposito telematico ha definitivamente sostituito il tradizionale deposito in cancelleria.
Il procedimento di deposito telematico è a formazione progressiva ed è il seguente: 1) il depositante invia il messaggio di posta elettronica certificata; 2) il gestore PEC del depositante genera la ricevuta di accettazione e invia il messaggio al gestore PEC del Ministero della Giustizia; 3) il gestore PEC del Ministero della Giustizia restituisce la ricevuta di avvenuta consegna; 4) il gestore dei servizi telematici scarica il messaggio PEC e verifica che il depositante si trovi su ReGIndE ed effettua i controlli automatici formali; 5) l’esito dei controlli formali è comunicato tramite PEC al depositante; 6) il gestore dei servizi telematici recupera le PEC di accettazione e consegna e le salva nel fascicolo del procedimento; 7) il cancelliere accetta manualmente il deposito dell’atto; 8) il gestore dei servizi telematici invia una PEC al depositante e recupera l’accettazione e la consegna e le salva nel fascicolo informatico.
Sicché, il depositante riceve quattro PEC: i) la prima di accettazione; ii) la seconda di avvenuta consegna; iii) la terza di esito dei controlli automatici; iv) la quarta di esito controlli automatici da parte della cancelleria.
Tuttavia, tale modalità ha sin da subito dato adito a problemi interpretativi in relazione all’individuazione del momento di perfezionamento del deposito, specialmente in caso di errori nella procedura.
In passato, l’art. 16-bis del d.l. 179/2012 stabiliva che « il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna (c.d. seconda PEC). Il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza ». La dottrina del tempo ha criticato la scelta del legislatore di non tenere conto di eventuali errori non imputabili al depositante[6].
Tale disposizione è stata recentemente sostituita con l’art. 196-sexies disp. att. c.p.c. il quale dispone testualmente che « Il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto nel momento in cui è generata la conferma del completamento della trasmissione secondo quanto previsto dalla normativa anche regolamentare concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici ed è tempestivamente eseguito quando la conferma è generata entro la fine del giorno di scadenza ».
Pertanto, sotto tale profilo nessuna novità sembra essere stata introdotta dal legislatore del 2022, che si è limitato a ribadire come il deposito si perfezioni nel momento in cui è generata la “seconda PEC”, perdendo così l’occasione di anticipare gli effetti del deposito[7].
Tuttavia, l’ostacolo interpretativo è costituito dall’ipotesi in cui l’iter di deposito non si concluda a causa di un errore.
Al riguardo, secondo un indirizzo il deposito deve ritenersi perfezionato nel momento in cui il sistema genera la “seconda PEC” esclusivamente se questo si concluda con esito positivo; secondo un altro indirizzo, invece, il deposito rimane valido quantunque vi siano degli errori materiali, i quali non possono mai comportare alcun vulnus al diritto di difesa della parte.
Aderire all’una o all’altra tesi ha ripercussioni pratiche. Infatti, se si accoglie la prima tesi la parte dovrà effettuare nuovamente il deposito e richiedere una rimessione in termini con relativo onere di dimostrare l’incolpevolezza dell’errore; invece, se si aderisce alla seconda, per la parte sarà sufficiente rinnovare il deposito.
A sostegno della prima tesi, un orientamento della Cassazione[8] ha ritenuto che la presenza di un errore non imputabile al depositante – che provochi l’impossibilità per il sistema di accettare il deposito – legittimerebbe questi alla proposizione di un’istanza di rimessione in termini ai fini della rinnovazione del deposito, ove possa ritenersi che questi siano decorsi incolpevolmente a causa dell’affidamento riposto nell’esito positivo del deposito stesso.
A sostegno della seconda tesi, invece, altro orientamento più recente della Cassazione[9] ha ritenuto che l’eventuale esito negativo dei successivi controlli telematici e manuali non faccia venir meno l’effetto giuridico del deposito, ma determini al più la necessità di rinnovare la trasmissione delle buste telematiche. Più nello specifico, il Tribunale di Roma[10] ha affermato con una recente pronuncia che “eventuali anomalie tecniche successive non rilevano in alcun modo sotto il profilo della validità e tempestività del deposito. Le conseguenze che possono desumersi sono: le anomalie tecniche rilevate dai sistemi a seguito della generazione della RdAC[11] non possono in alcun modo determinare invalidità; gli interventi di “rifiuto” da parte degli operatori non hanno alcuna ripercussione negativa sulla validità del deposito, che è per legge già avvenuto con la generazione della RdAC; la parte non incorre in decadenze a seguito del rifiuto del deposito avvenuto dopo la scadenza del termine”.
Inoltre, secondo autorevole dottrina[12] il problema sarebbe mal posto perché, se lo scopo del deposito telematico è quello di rendere i documenti contenuti nella busta conoscibili alle altre parti e al giudice, tale scopo non può ritenersi raggiunto nel momento in cui il sistema genera la ricevuta di avvenuta consegna. Tuttavia, da ciò non potrebbe conseguire una nullità sic et sempliciter dell’atto per mancato raggiungimento dello scopo e la necessità di addossare al depositante l’onere di dimostrare la non imputabilità dell’errore e, pertanto, non sarebbe corretto fondare esclusivamente sulla rimessione in termini “la tenuta sistematica della disciplina”.
Dalle pronunce in esame non è chiaro a quale tesi i magistrati aderiscano, in quanto la Corte nel caso della Sentenza n. 31592/2023 si limita rimettere in termini il depositante ritenendo che si tratti di caso fortuito (dal quale probabilmente si potrebbe desumere che ritenga necessaria l’incolpevolezza del depositante), mentre nel caso della Sentenza n. 32296/2023 la Corte si sofferma sulla tempestività della rinnovazione del deposito, limitandosi a richiamare precedenti sul perfezionamento in materia[13].
Inoltre, la Cassazione con la prima pronuncia si sofferma sulla necessità di vagliare il contenuto della busta depositata. Appare sul punto condivisibile il ragionamento svolto dalla Corte nella misura in cui ha ritenuto che l’illeggibilità dei files fosse dipesa da fatto fortuito e, pertanto, non imputabile alla parte. Tale circostanza giustifica senz’altro la rimessione in termini.
Infatti, se da un lato non è revocabile in dubbio che la busta debba contenere tutti gli allegati obbligatori, dall’altro, la mancanza di tali documenti deve essere dimostrata, essendo impossibile per il depositante, in caso di errore nell’iter, allegarne evidenza. La parte avrà il solo onere di allegare le PEC generate dal sistema.
In conclusione, ad oggi è pacifico che il deposito è da ritenersi perfezionato con la generazione della ricevuta di avvenuta consegna nel caso in cui il procedimento si concluda senza errori.
Tuttavia, si auspica la risoluzione de iure condendo della problematica concernente il perfezionamento del deposito nell’ipotesi di mancata conclusione dell’iter. Tale intervento dovrà tenere in debita considerazione l’interesse del depositante a non incorrere in decadenze per fatti a lui non imputabili.
2.La notificazione a mezzo PEC non completata per c.d. “casella piena”
La Corte di Cassazione è intervenuta nuovamente nell’ambito del processo civile telematico.
La terza sezione ha disposto con ordinanza interlocutoria del 23 novembre 2023 n. 32287 la trasmissione del ricorso al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione concernente le conseguenze della notifica a mezzo PEC non completata per “casella piena” del destinatario.
La Corte ha ritenuto la vicenda riguardante la relazione tra i presupposti della notificazione e i nuovi strumenti tecnologici di massima particolare importanza in ragione del conflitto interpretativo presente in giurisprudenza.
Al riguardo, un primo orientamento[14] ritiene equiparabile la ricevuta con cui l’operatore attesta di aver rinvenuto la casella piena a quella di avvenuta consegna, in quanto è onere del destinatario[15] gestire lo spazio di archiviazione.
Tale interpretazione muove dall’esigenza di far monitorare agli operatori la propria casella PEC e di impedire ad eventuali condotte negligenti, o addirittura strumentali, di interrompere l’iter notificatorio.
Un secondo orientamento meno rigoroso ritiene, invece, che qualora la notifica via PEC non vada a buon fine, anche per causa imputabile al destinatario, il mittente debba riprendere il procedimento notificatorio solo nel caso in cui vi sia stata un’elezione di domicilio fisico[16].
Tuttavia, nessuno dei due orientamenti convince a pieno.
Infatti, in merito al primo ritenere la notifica perfezionata con la generazione della ricevuta di c.d. “casella piena” comporterebbe un vulnus al diritto di difesa del destinatario ex art. 24 Cost., dal momento che quest’ultimo non può in alcun modo venire a conoscenza dell’avvenuta notifica. Invero, tale situazione non può essere di certo equiparata al rifiuto di ricevere la consegna dell’atto ex art. 138 c.p.c. dato che con il rifiuto il destinatario volontariamente e consapevolmente non consente la notifica[17].
Inoltre, dal tenore dell’art. 3-bis della legge n. 53 del 1994, il quale dispone che la notifica si perfeziona nel momento in cui viene “generata la ricevuta di avvenuta consegna”, è da escludere che in caso di mancata generazione del messaggio la notifica possa ritenersi perfezionata.
In merito al secondo orientamento, invece, non risulta condivisibile[18] che il perfezionamento della notifica possa essere determinato dall’elezione di un domicilio fisico.
Orbene, la Cassazione, nell’ordinanza in esame, prendendo spunto dal sistema vigente, ritiene che sia possibile formulare un’ulteriore interpretazione più “aderente al dato normativo”.
Al riguardo, l’art. 15, comma 3, della legge fallimentare (come modificato dall’art. 17, lett. a), del d.l. n. 179/2012, convertito in legge n. 221/2012) dispone che qualora la notifica a mezzo PEC dell’atto introduttivo non vada a buon fine la cancelleria deve eseguire la notifica di persona ai sensi dell’art. 107, primo comma, del d.p.r. n. 1229/1959 e, se neppure questa può essere compiuta, la notificazione deve essere eseguita presso la casa comunale.
Inoltre, viene anche menzionato l’art. 40, commi 6, 7 ed 8 del d.l.gs. n 14/2019, il quale dispone che qualora la notifica a mezzo posta elettronica certificata non sia possibile o non abbia avuto esito positivo per causa imputabile al destinatario la notifica deve essere eseguita mediante l’inserimento del ricorso e del decreto nell’area web riservata; invece, qualora la notifica non si perfezioni per causa non imputabile al destinatario questa deve essere rinnovata presso la sede risultante dai registri (in caso si tratti di soggetti iscritti nel registro delle imprese) ovvero presso la residenza (in caso si tratti di soggetti non iscritti nel registro delle imprese).
In conclusione, la terza sezione, nel rimettere la questione al Primo Presidente, propone alle Sezioni Unite un’interpretazione sistematica differente dai precedenti orientamenti. Più nello specifico, la Cassazione ritiene che la notificazione in caso di mancata consegna della PEC (dovuta o non a causa imputabile a destinatario) non possa mai ritenersi perfezionata. È, dunque, sempre necessario riprendere l’iter notificatorio.
Pertanto, si rimane in attesa della decisione delle Sezioni Unite, confidando in una pronuncia in grado di risolvere definitivamente l’annosa questione.
[3] La prima iscrizione a ruolo non andava a buon fine, con terza ricevuta “errore imprevisto sono necessarie verifiche da parte della cancelleria” e quarta ricevuta “atti rifiutati deposito pervenuto alle cartelle errori fatali”, mentre la seconda iscrizione a ruolo non andava a buon fine con terza ricevuta “errore imprevisto sono necessarie verifiche da parte della cancelleria”, e quarta ricevuta mai pervenuta.
[4] Le norme introdotte dal D.lgs. n. 149/2022 nel titolo V-ter “Disposizioni relative alla giustizia digitale” hanno lo scopo sia di confermare gli interventi presi durante il Covid-19 sia di apportare miglioramenti al sistema.
[5] Le modalità telematiche erano in una prima fase obbligatorie per il deposito degli gli atti endoprocedimentali in tutti i procedimenti civili davanti ai Tribunali dal 31 dicembre 2014 ed in tutti i procedimenti civili dinnanzi alle Corti d’Appello dal 30 giugno 2015. Sempre a partite da quest’ultima data era diventato possibile anche il deposito telematico degli atti introduttivi davanti a Tribunali e Corti d’Appello. Si veda N. Sotgiu, Il deposito telematico, in Il processo telematico nel sistema del diritto processuale civile, a cura di G. Ruffini, 2019, 249 s.
[6] Al riguardo, N. Sotgiu ritiene che tale disposizione da un lato escluda, opportunamente, che il depositante possa ricevere un pregiudizio dal ritardo della generazione della terza e quarta PEC, essendo il deposito perfezionato con la generazione della seconda, dall’altro, erroneamente, non tenga in considerazione gli eventuali errori che possono essere causati dal gestore o dalla rete che impediscono la generazione della seconda PEC. Secondo l’autore dovrebbero valere le stesse regole che si applicano per il deposito a mezzo di servizio postale e, pertanto, il perfezionamento con la consegna del plico da parte del depositante all’ufficiale giudiziario. Si veda Ibidem.
[7] Al riguardo L Piccininni, Le nuove norme in tema di giustizia gitale, in rivista di diritto processuale, 2023, 1146 ss ha criticato la scelta del legislatore del 2022 di non far retroagire il perfezionamento del deposito al momento dell’accettazione (“prima PEC”), al fine di evitare che la parte possa esser pregiudicata da eventuali disservizi del sistema.
[8] Si veda Cass. civ. 5 agosto 2020, n. 17404 che ha affermato come “il perfezionamento del deposito telematico di un atto, benché anticipato al momento della ricezione della seconda delle quattro PEC di cui si è ampiamente dato conto in precedenza, resta comunque condizionato dal superamento (positivo) dei controlli automatici eseguiti dai sistemi ministeriali: in altri termini, il valore della RdAC è equiparabile a quello del timbro del “depositato” solo per effetto del superamento dei controlli automatici, nel senso che è l’esito positivo di questi ultimi che consente alla seconda ricevuta PEC di produrre – anticipatamente rispetto al momento di ricezione della quarta ricevuta – gli effetti giuridici previsti dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16-bis, comma 7 (e D.M. n. 44 del 2011, art. 13)”.
[9]Ex multis Cass. civ. 12 luglio 2021, n. 19796; Cass. civ. 2 gennaio 2023, n. 238.
[10]Si veda Trib. Roma 11 novembre 2023, n. 17011.
[12] Al riguardo, N. Sotgiu op. cit, 251 ss. ritiene superato il problema dalle specifiche tecniche Ministeriali del 28 marzio 2018 che consente alle parti di procedere ad un c.d. “deposito multiplo”. Tuttavia, il problema appare esclusivamente in parte superato, essendo ben possibile che l’iter di deposito non si concluda comunque nei termini stabiliti, restando così rilevante il momento di perfezionamento.
[13] È probabile che in entrambi i casi la Cassazione, ritenendo non imputabile al depositante il ritardo, si sia soffermata su altri profili.
[14] Al riguardo, Cass. civ. 11 febbraio 2020, n. 3164 ha affermato che vi sia una equivalenza tra l’art. 16, comma 6, del d.l. n. 179 del 2012 (convertito in legge 221 del 2012) e l’art. 149-bis, comma 3, c.p.c. nella parte in cui recita: “ la notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica del destinatario”.
[15] La pronuncia in esame richiama l’art. 20 del d.m. n. 40 del 2011: “Il soggetto abilitato esterno è tenuto a dotarsi di servizio automatico di avviso dell’imminente saturazione della propria casella di posta elettronica certificata e a verificare la effettiva disponibilità̀ dello spazio disco a disposizione”.
[16] “La notifica telematica al domicilio digitale sarà valida nell’ipotesi di avvenuta consegna, mentre, qualora vi sia una differente e specifica elezione di diverso domicilio (nell’odierna fattispecie, fisico), nell’eventualità di “casella telematica piena” (presso il domicilio digitale più sopra ricordato) per insufficiente gestione dello spazio da parte del destinatario della notifica, il notificante dovrà, per tempo, riprendere il procedimento notificatorio presso il domicilio eletto, e ciò a valere solo nel caso specificato, altrimenti non potendo sussistere alcun altro affidamento, da parte del notificatario, se non alla propria costante gestione della casella di posta elettronica, e nessun’altra appendice alla condotta esigibile dal notificante”, così Cass. civ. 20 dicembre 2021, n. 40758.
[17] Al riguardo, M. Farina, Il perfezionamento della notificazione a mezzo PEC ai sensi dell’art. 3-Bis l. 53/1994 in caso di mancata consegna per causa imputabile al destinatario, in il processo, 2019, pag. 465 ss annota criticamente la sentenza della Corte d’Appello di Roma, 19 ottobre 2018, n. 6619 che dichiarava tardivo un appello notificato oltre i 30 giorni dalla notificazione della sentenza a mezzo PEC il cui messaggio non veniva consegnato per causa imputabile al destinatario. L’autore, più nello specifico, ritiene che la notificazione non possa mai considerarsi perfezionata nel caso di ricevuta di mancata consegna.
[18] Più nello specifico la Cass civ., 21 novembre 2023, n. 32287 critica il secondo orientamento dal momento che ritenere una notifica perfezionata o meno a seconda dell’elezione del domicilio fisico non è una soluzione che “ si confronta con la necessità di rinvenire, nell’ordito normativo, una regola generale che risolva le suddette questioni già all’interno della fattispecie “minima” (ossia, messaggio PEC non consegnato per “casella piena” del destinatario), a prescindere dall’elezione di domicilio fisico”.