Il perfezionamento delle notifiche via pec.

Di Cecilia Bernardo -

Occorre rimettere al Primo Presidente, perché valuti l’opportunità di investire le Sezioni Unite, la tematica delle condizioni di validità e delle conseguenze della notifica telematica non completata per ‘casella piena’ del destinatario, trattandosi di una questione di massima di particolare importanza, involgendo i presupposti stessi del funzionamento delle modalità di notificazione coi nuovi e generalizzati strumenti tecnologici in ogni ambito processuale.

1.Il caso.

Il caso che ha dato luogo all’ordinanza di rimessione alle sezioni unite in commento è facilmente riassumibile. Nell’ambito di un giudizio avente ad oggetto un’opposizione a precetto ex art. 615 c.p.c., parzialmente accolta in primo grado, con sentenza confermata dalla corte d’appello, i creditori hanno proposto ricorso per cassazione, sul presupposto dell’operatività del termine di cui all’art. 327, comma 1, c.p.c.

La società controricorrente, tuttavia, ha eccepito di aver notificato la sentenza d’appello, ai fini della decorrenza del termine breve ex art. 326 c.p.c., ma che il relativo messaggio di posta elettronica certificato è stato restituito dal sistema con la dicitura “… è stato rilevato un errore 5.2.2 – InfoCert S.p.A. – casella piena. Il messaggio è stato rifiutato dal sistema”. Di conseguenza, la società, premessa la equivalenza tra mancata ricezione del messaggio per causa imputabile al destinatario ed avvenuta consegna, ha concluso per la tardività della proposizione del ricorso per cassazione, avvenuta oltre il termine di cui all’art. 325, comma 2, c.p.c.

Con l’ordinanza in commento, la terza sezione della Corte, dopo aver ricostruito i diversi e contrastanti orientamenti di legittimità in ordine alle condizioni di validità ed alle conseguenze della notifica telematica non completata per «casella piena» del destinatario[1], ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.

In particolare, come si vedrà meglio nel prosieguo della trattazione, secondo un primo indirizzo giurisprudenziale[2], la notificazione di un atto eseguita ad un soggetto, obbligato per legge a munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, dovrebbe ritenersi perfezionata ove il messaggio venga restituito al mittente con l’attestazione della cd. casella pec del destinatario “piena”. Tale ipotesi, infatti, dovrebbe considerarsi equiparabile alla ricevuta di avvenuta consegna, in quanto il mancato inserimento nella casella di posta per saturazione della capienza rappresenta un evento imputabile al destinatario, il quale ha negligentemente gestito lo spazio per l’archiviazione e la ricezione di nuovi messaggi[3].

Diversamente, secondo altro orientamento[4], i dati normativi non autorizzerebbero una simile equiparazione. Pertanto, in caso di notificazione a mezzo pec del ricorso per cassazione non andata a buon fine, ancorché per causa imputabile al destinatario, ove concorra una specifica elezione di domicilio fisico – eventualmente in associazione al domicilio digitale – il notificante avrebbe il più composito onere di riprendere, in un tempo adeguatamente contenuto, il procedimento notificatorio presso il domiciliatario fisico eletto[5]. Ove, tuttavia, il destinatario non abbia eletto (anche) il domicilio fisico, non potrebbe «sussistere alcun altro affidamento, da parte del notificatario, se non alla propria costante gestione della casella di posta elettronica, e nessun’altra appendice alla condotta esigibile dal notificante».

La Sezione remittente ha, tuttavia, evidenziato che nessuno dei due orientamenti appare pienamente convincente. Da un lato, l’indirizzo più rigoroso merita apprezzamento, perché l’esclusione di ogni conseguenza legata alla saturazione della propria casella pec potrebbe disincentivare gli operatori dalla cura della stessa, necessaria per la peculiarità del mezzo telematico. Peraltro, vi sarebbe anche il rischio di alimentare comportamenti strumentali, improntati a grave negligenza, con sostanziale neutralizzazione o vanificazione dell’operatività dell’innovazione tecnologica introdotta. Tuttavia, tale indirizzo non sembra garantire appieno il diritto di difesa del destinatario, il quale non sarebbe comunque posto nelle condizioni, una volta ripristinata la funzionalità della propria pec, di rintracciare il messaggio non consegnato.

Dall’altro lato, però, l’ordinanza interlocutoria evidenzia che l’opposta opzione ermeneutica si fonda su una specifica caratteristica della fattispecie: ossia, la compresenza di un domicilio digitale della parte e di un domicilio elettivo fisico, o tradizionale. In questo modo, l’orientamento in esame rivelerebbe una non risolvibile aporia, sul piano logico, ove l’elezione di domicilio non vi sia stata, poiché in tal caso nessuna altra condotta sarebbe esigibile da parte del notificante (ed il perfezionamento della notificazione resterebbe comunque ancorato alla notificazione non andata a buon fine per la saturazione della casella).

Il problema di fondo, ad avviso del collegio remittente, è se e quando possa dirsi perfezionata la notifica telematica del messaggio pec, non consegnato per “casella piena”, la cui soluzione non può essere diversa a seconda che il destinatario abbia o meno eletto anche un domicilio fisico.

Ciò posto, ai fini di una corretta impostazione del problema e dell’esame delle varie soluzioni prospettabili, appare preliminarmente opportuno un inquadramento della normativa sulle notificazioni a mezzo pec e sul loro perfezionamento.

2.Notifiche telematiche. Un quadro normativo complesso e non sempre coerente.

Le notificazioni telematiche sono disciplinate da una pluralità di fonti normative[6].

La fonte di regolamentazione primaria è costituita dal codice dell’amministrazione digitale (c.a.d.), il d.lgs. n. 82 del 2005, del quale rilevano in particolare le disposizioni su identità e domicilio digitale (art. 3-bis), sugli indici nazionali dei domicili digitali (artt. 6-bis, 6-ter e 6-quater), sulla validità ed efficacia probatoria dei documenti informatici e sulle relative copie, analogiche ed informatiche, e duplicati (artt. da 20 a 23-bis), sulle firme digitali (artt. 24, 25, 28), sulla posta elettronica certificata.

Altra disposizione chiave è l’art. 4 del d.l. n. 193 del 2009, conv. dalla l. n. 24 del 2010, con cui sono state dettate disposizioni finalizzate al completamento del sistema di digitalizzazione della giustizia. In particolare, il legislatore rimise alla normativa secondaria (decreti ministeriali da emanarsi entro 60 giorni), l’adozione di regole tecniche per l’introduzione nel processo civile delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e, al tempo stesso, stabilì un obbligo generalizzato di effettuare, mediante posta elettronica certificata, le notificazioni e le comunicazioni rivolte alle parti costituite in giudizio nel corso del procedimento ed ai consulenti tecnici all’indirizzo pec di cui all’art. 16 del d.l. n. 185 del 2008, conv. dalla l. n. 2 del 2009. Si aggiunse che, in caso di mancata comunicazione di tale indirizzo elettronico, la comunicazione deve essere eseguita presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario.

Il predetto d.l. n. 193 del 2009 ha, altresì, inserito l’art. 149-bis c.p.c., che ha codificato le disposizioni contenute nei primi tre commi del citato art. 4 ed ha introdotto la notificazione mediante pec dell’ufficiale giudiziario.

A tali fonti primarie ha fatto seguito innanzitutto il d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, recante il regolamento sulle regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, successivamente modificato dal d.m. 15 ottobre 2012, n. 209, e dal d.m. 3 aprile 2013, n. 48. L’art. 34 del d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, ha, a sua volta, rimesso al responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, il compito di emanare le specifiche tecniche, adottate quindi con Provvedimento della DGSIA in data 16 aprile 2014, successivamente integrato con Provvedimento in data 28 dicembre 2015.

Quindi, la disciplina sulle notificazioni telematiche e, in generale, sul processo telematico, si caratterizza per essere strutturata con rinvii a catena tra fonti di vario livello, mediante i quali la fonte di rango inferiore non si limita a dare attuazione a quella di rango superiore, ma ne costituisce il naturale completamento con funzione integrativa.

A chiusura del quadro normativo, va, altresì, menzionato il d.l. n. 179 del 2012, conv. dalla l. n. 221 del 2012, contenente la disciplina delle comunicazioni e notificazioni telematiche della cancelleria (art. 16); della obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali (art. 16-bis); dei pubblici elenchi per notificazioni e comunicazioni (art. 16-ter); del domicilio digitale (art. 16-sexies); del tempo delle notificazioni con modalità telematiche (art. 16-septies); del potere di certificazione di conformità delle copie degli atti e dei provvedimenti (art. 16-decies) e delle modalità di attestazione di conformità (art. 16-undecies).

Con la riforma del codice di procedura civile, poi, il d.lgs. n. 149 del 2022, in attuazione della l. n. 206 del 2021[7], ha razionalizzato e modificato la disciplina vigente, adeguandola alle disposizioni del processo civile telematico, anche modificando la formulazione e la collocazione delle norme, con l’obiettivo di elevare il canale telematico a modalità sostanzialmente unica di esecuzione delle notificazioni medesime[8]. È stato, quindi, inserito, nelle disposizioni di attuazione, il Titolo V-ter, composto da 3 capi e 11 articoli, dedicato alla giustizia digitale. Tale titolo tratta, oltre che del deposito di tutti i documenti e gli atti di parte con mezzi tecnologici, delle attestazioni di conformità e dell’udienza con collegamenti audiovisivi a distanza, riproducendo gran parte delle disposizioni del d.l. n. 179 del 2012, alcune delle quali sono state abrogate. In particolare, è stato abrogato il primo comma dell’art. 16-bis del d.l. n. 179 del 2012, superato in virtù della generale previsione dell’obbligatorietà del deposito dei documenti e di tutti gli atti delle parti che sono in giudizio con il ministero di un difensore, mentre le disposizioni contenute negli altri commi sono state riprodotte all’interno del citato Titolo V ter delle disposizioni di attuazione, analogamente agli artt. 16-decies e 16-undecies.

Peraltro, merita di essere segnalato che lo schema di decreto correttivo alla riforma del processo civile, in corso di approvazione, prevede che il terzo comma dell’art. 136 c.p.c. sia sostituito dal seguente: «salvo che la legge disponga diversamente, quando la comunicazione non può essere eseguita o non ha esito positivo per causa non imputabile al destinatario, essa è trasmessa all’ufficiale giudiziario per la notifica. Se non può essere eseguita o non ha esito positivo per causa imputabile al destinatario, il cancelliere la esegue mediante inserimento dell’atto nel portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia, con le modalità previste dall’articolo 149-bis.».

A sua volta, l’art. 149-bis c.p.c. viene nuovamente riformulato. Infatti, il terzo comma viene sostituito dal seguente: «la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui il documento informatico da notificare è consegnato all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del suo gestore di posta elettronica o del servizio di recapito elettronico certificato qualificato». Inoltre, viene aggiunto un comma del seguente tenore: «se la notificazione nei modi di cui al primo e al secondo comma non può essere eseguita o non ha esito positivo per causa non imputabile al destinatario, essa è eseguita con le altre modalità previste dalla presente sezione. Se la notificazione non può essere eseguita o non ha esito positivo per causa imputabile al destinatario, l’ufficiale giudiziario la esegue mediante inserimento dell’atto da notificare nel portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia, unitamente ad una dichiarazione sulla sussistenza dei presupposti per l’inserimento, all’interno di un’area riservata collegata al codice fiscale del destinatario e generata dal portale e accessibile al destinatario. La notificazione si ha per eseguita, per il destinatario, nel decimo giorno successivo a quello in cui è compiuto l’inserimento o, se anteriore, nella data in cui egli accede all’area riservata».

3.Il domicilio digitale e la posta elettronica certificata.

Per la validità delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale, è rilevante il domicilio digitale, da intendersi come un luogo virtuale, cioè slegato da qualsivoglia connotazione fisico-geografica (potendo il titolare accedervi da qualunque luogo, mediante una connessione internet), in relazione al quale al recapito di una determinata comunicazione conseguono taluni effetti legali[9].

Secondo la definizione contenuta nell’art. 1, lett. n-ter), del Cad, che a sua volta richiama la definizione del Regolamento eIDAS, il domicilio digitale è un indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato.

In particolare, la pec è una implementazione del servizio internet di posta elettronica, introdotto nel nostro ordinamento con il d.P.R. n. 68 del 2005, in attuazione dell’art. 27 della l. n. 3 del 2003, al fine di estendere l’uso della posta elettronica nell’ambito delle pubbliche amministrazioni. Tale sistema consente di attribuire ad un messaggio di posta elettronica lo stesso valore legale di una raccomandata con avviso di ricevimento di tipo cartaceo, attraverso la generazione di una ricevuta di consegna che contiene anche il messaggio stesso, gli allegati e le identità del mittente e del destinatario della comunicazione, a loro volta certificati. È possibile anche sottoscrivere elettronicamente il contenuto del messaggio, ma gli effetti certificativi della pec riguardano esclusivamente tale servizio come vettore di documenti informativi e non si estendono al loro contenuto.

Analogamente alla posta ordinaria, nel sistema della pec il mittente invia dal proprio computer un messaggio che viene recapitato dal fornitore del servizio nella casella di posta elettronica del destinatario. Il sistema pec aggiunge a tale schema l’invio al mittente di due ulteriori comunicazioni, una per certificare la presa in carico del messaggio (equivalente alla ricevuta cartacea di spedizione) e una per certificare la consegna del messaggio nella casella pec del destinatario (equivalente all’avviso di ricevimento)[10].

La fornitura del servizio pec può essere effettuata solo da soggetti dotati di particolari caratteristiche ed appositamente autorizzati dall’Agenzia per l’Italia digitale. Inoltre, l’art. 3-bis, comma 1, del c.a.d. ha reso generale per tutti i professionisti, tenuti all’iscrizione in albi ed elenchi, l’obbligo di dotarsi di una casella pec e di farne comunicazione al proprio consiglio dell’ordine.

Il Regolamento eIDAS ed il c.a.d., nella definizione di domicilio digitale, fanno riferimento anche al servizio elettronico di recapito certificato qualificato, consistente in un servizio idoneo a garantire con un elevato livello di sicurezza l’identificazione del mittente e quella del destinatario prima della trasmissione dei dati. In particolare, il fornitore di tale servizio, prima di rilasciare l’indirizzo elettronico al richiedente, deve accertarne l’identità, come avviene nel caso di rilascio della firma digitale.

Affinché la comunicazione telematica possa produrre effetti legalmente validi, è necessario, al pari di quella analogica, che il luogo di destinazione sia ufficiale e conoscibile. Pertanto, anche per le comunicazioni telematiche occorre che gli indirizzi di destinazione siano inclusi nei cd. pubblici elenchi, indicati dall’art. 16-ter del d.l. n. 179 del 2012, tra cui l’INI-PEC (art. 6-bis c.a.d.), l’IPA (art. 6-ter c.a.d.), il ReGIndE (art. 7, del d.m. n. 44 del 2011).

4.Le notificazioni a mezzo pec eseguite dagli avvocati.

La l. 21 gennaio 1994, n. 53, ha conferito agli avvocati il potere di eseguire direttamente la notificazione degli atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale, a mezzo del servizio postale (art. 3) o direttamente a mani del destinatario (art. 4)[11]. Tale speciale procedimento, all’inizio, integrava un’eccezione al tradizionale procedimento notificatorio per il necessario tramite dell’ufficiale giudiziario ed aveva avuto un’applicazione residuale, sino a quando non è stata concessa agli avvocati la possibilità di utilizzare la posta elettronica certificata. Con l’art. 1, comma 19, della l. n. 228 del 2012, che ha introdotto gli artt. 16-bis, ter e quater, del d.l. n. 179 del 2012, con dalla l. n. 221 del 2012, gli avvocati sono stati autorizzati ad utilizzare direttamente la propria casella di posta elettronica certificata, con un controllo totale dell’intero procedimento notificatorio, senza peraltro che sia necessaria, a differenza di quanto accade per le notificazioni mediante il servizio postale, l’autorizzazione rilasciata dal consiglio dell’ordine presso il cui albo è iscritto.

L’art. 16-sexies del citato d.l. ha istituito il domicilio digitale del professionista, individuando come regola generale per le notificazioni ad istanza di parte degli atti processuali in materia civile, salvo che per il ricorso per cassazione, il principio secondo cui la notifica di un atto deve essere fatta prioritariamente all’indirizzo pec del difensore destinatario, risultante dai pubblici elenchi. Ciò evidentemente al fine di evitare inattese notifiche di atti processuali presso caselle pec non controllate con regolarità. Ed infatti, gli avvocati possono utilizzare la pec per l’effettuazione delle notifiche solo nelle ipotesi in cui sia l’indirizzo del notificante sia quello del destinatario risultino da pubblici elenchi.

L’inserimento da parte del professionista della propria casella di posta elettronica certificata nei pubblici elenchi configura un’ipotesi di domiciliazione ex lege[12]. Tuttavia, si è posto il problema se sia legittima l’elezione di domicilio digitale presso una casella di posta diversa da quella indicata nei pubblici elenchi e se sia valida ed efficace la notificazione telematica eseguita presso di essa.

Al riguardo, la Suprema Corte ha più volte dichiarato invalida la notificazione effettuata presso un indirizzo pec diverso da quello risultante dai pubblici elenchi, ancorché indicato dal difensore nell’atto processuale quale domicilio digitale qualificato ai fini della notificazione. In particolare, la Sez. 6-L, con l’ordinanza n. 13224 del 2018, ha affermato che la notificazione con modalità telematica, ai sensi degli artt. 3-bis e 11 della l. n. 53 del 1994, deve essere eseguita a pena di nullità presso l’indirizzo pec risultante dai pubblici elenchi di cui all’art. 16-ter del d.l. n. 179 del 2012, conv. con modif. in l. n. 221 del 2012, quale domicilio digitale qualificato ai fini processuali ed idoneo a garantire l’organizzazione preordinata all’effettiva difesa, conseguendo a ciò che è inidonea a determinare la decorrenza del termine breve di cui all’art. 326 c.p.c. la notificazione della sentenza effettuata ad un indirizzo di pec diverso da quello inserito nel Reginde e comunque non risultante dai pubblici elenchi, ancorché indicato dal difensore nell’atto processuale[13].

È stato, tuttavia, osservato che l’art. 3-bis della l. n. 53 del 1994, nell’istituire il domicilio digitale, ha fissato la regola per cui il difensore, che intenda notificare un atto processuale, è tenuto ad utilizzare esclusivamente il proprio indirizzo pec risultante dai pubblici elenchi, mentre per il destinatario è stabilito che la notifica debba essere effettuata all’indirizzo pec risultante dai pubblici elenchi, senza tuttavia prevedere che questo sia un domicilio esclusivo al quale trasmettere l’atto. Taluni[14] hanno giustificato tale diversità osservando che l’esigenza di tutela si pone solo con riferimento al destinatario della notifica, che ha diritto di poter verificare l’attendibilità dell’indirizzo dal quale è stato trasmesso il messaggio pec prima di aprirlo, mentre non si pone per chi riceve il messaggio all’indirizzo di posta da egli stesso indicato, anche se non risultante da un pubblico registro. Si obietta, però, che il legislatore avrebbe attribuito al difensore notificante solo il potere di eseguire la notificazione ad un indirizzo telematico risultante dai pubblici elenchi e non anche quello di effettuarla presso un altro indirizzo pec.

A tal riguardo, però, si osserva[15] che la previsione dell’art. 141 c.p.c. è posta a tutela della volontà del destinatario dell’atto, cui il notificante deve adeguarsi, a prescindere dalle modalità di notificazione adottate, poiché l’istituzione del domicilio digitale non ha soppresso la prerogativa processuale della parte di individuare, in via elettiva, uno specifico luogo fisico per la notificazione degli atti del processo. Ed infatti, la Suprema Corte, con l’ordinanza n. 1982 del 2020[16], ha affermato che, ai fini della decorrenza del termine breve per proporre ricorso per cassazione, anche dopo l’introduzione del “domicilio digitale” (art. 16 sexies del d.l. n. 179 del 201, conv. con modif. in l. n. 221 del 2012, come modificato dal d.l. n. 90 del 2014, conv., con modif., in l. n. 114 del 2014), resta valida la notificazione effettuata – ai sensi dell’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934 – presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, ove il destinatario abbia scelto, eventualmente in associazione a quello digitale, di eleggervi il domicilio. Nello stesso senso, è stato affermato che, ai fini della decorrenza del termine breve per proporre il ricorso per cassazione, nonostante l’indicazione della parte destinataria di un domicilio “fisico” ai sensi dell’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, è possibile procedere alla notificazione della sentenza d’appello presso il domiciliatario mediante posta elettronica certificata, poiché il domicilio digitale, pur non indicato negli atti, può essere utilizzato per la notificazione in questione in quanto le due opzioni concorrono[17].

Di conseguenza, anche in ragione del principio di strumentalità delle forme, alcuni ritengono che dovrebbe ritenersi valida la notifica effettuata presso un indirizzo pec indicato dalla parte personalmente o dal difensore ai fini delle notifiche, anche se diverso da quello risultante dai pubblici elenchi.

La concorrenza del domicilio digitale e di quello fisico, tuttavia, è destinata ad essere ripensata alla luce della recente riforma del rito civile, introdotta dal d.lgs. n. 149 del 2022, che ha reso obbligatoria la notifica a mezzo pec ogni qualvolta il destinatario sia un soggetto obbligato a munirsi di un indirizzo pec risultante da pubblici elenchi, ovvero abbia eletto domicilio digitale a norma del d.lgs. n. 82 del 2005. Tale novità appare di specifica rilevanza per i giudizi di impugnazione, considerato che la notifica degli atti introduttivi di tali procedimenti dovrebbe (nella assoluta maggioranza dei casi) intervenire nei confronti di soggetti, quali i difensori, tenuti obbligatoriamente a munirsi di indirizzo pec censito in pubblici elenchi, con conseguente obbligo di procedere alla notificazione a mezzo pec.

Il legislatore ha optato per inserire la nuova disciplina, in attuazione della delega, non all’interno del codice di procedura civile, bensì nella l. n. 53 del 1994, in materia di notificazioni eseguite dal difensore, individuando i casi nei quali l’avvocato deve obbligatoriamente procedere a notifica via pec o con modalità telematiche. Tuttavia, ha poi apportato modifiche di coordinamento alle norme del codice di rito, con il rischio di frammentazione della normativa[18].

In particolare, è stato inserito l’art. 3-ter, per prevedere che l’avvocato debba procedere alla notificazione degli atti giudiziali in materia civile e degli atti stragiudiziali a mezzo pec o servizio elettronico di recapito certificato sia quando il destinatario è soggetto obbligato a munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, sia quando, pur non essendo obbligato, egli abbia esercitato la facoltà di eleggere domicilio digitale. Se la notificazione è impossibile o non ha esito positivo, per causa imputabile al destinatario, l’avvocato deve eseguire la notificazione mediante inserimento nell’area web riservata prevista dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (art. 359) e la notificazione si dà per eseguita nel decimo giorno successivo a quello in cui è compiuto l’inserimento. Se, invece, la causa non è imputabile al destinatario, la notificazione potrà eseguirsi con le modalità ordinarie. È stato, infine, modificato l’art. 4 della l. n. 53 del 1994 per chiarire che la facoltà, a determinate condizioni, di eseguire la notificazione con consegna di copia dell’atto nel domicilio del destinatario, è esercitabile dall’avvocato soltanto laddove non sussista l’obbligo di procedere via pec o mediante inserimento nell’area web prevista dall’articolo 359 del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza[19].

Il legislatore delegato, poi, è intervenuto sull’art. 137 c.p.c., al fine di ricomprendere nella disposizione anche le notificazioni eseguite dagli avvocati, aggiungendo il sesto ed il settimo comma. In particolare, il secondo comma affianca l’avvocato all’ufficiale giudiziario nell’ambito della categoria dei soggetti che eseguono le notificazioni degli atti del processo, conferendo al difensore il ruolo di autore quasi esclusivo delle notificazioni[20].

Il nuovo sesto comma stabilisce che l’avvocato esegue le notificazioni nei casi e con le modalità previste dalla legge, dando atto così della disciplina contenuta nella l. n. 53 del 1994, dedicata alle notificazioni effettuate direttamente dall’avvocato. Il settimo comma si è reso necessario per coordinare l’obbligo di notifica telematica da parte dell’avvocato con il divieto all’ufficiale giudiziario, in tali casi, di eseguire la notifica. Quindi, si è stabilito che l’ufficiale giudiziario esegue la notificazione su richiesta dell’avvocato se quest’ultimo non deve eseguirla a mezzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato, o con altra modalità prevista dalla legge, salvo che l’avvocato dichiari che la notificazione con le predette modalità non è possibile o non ha avuto esito positivo per cause non imputabili al destinatario. Della dichiarazione è dato atto nella relazione di notificazione. L’altra modalità prevista dalla legge, come si è visto, consiste – almeno attualmente – nell’inserimento nell’area web riservata prevista dall’art. 359 del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza[21].

Pertanto, a seguito dei suesposti interventi normativi, viene previsto un vero e proprio obbligo in capo al difensore di eseguire la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata[22]: l’ufficiale giudiziario effettuerà le notificazioni su istanza del difensore nei soli casi in cui il destinatario non sia soggetto tenuto a munirsi di domicilio digitale da inserire nei pubblici elenchi e non abbia né inserito il proprio domicilio digitale nel pubblico elenco di cui all’art. 6-quater del d.lgs. n. 82 del 2005 (cd. INAD), né altrimenti eletto domicilio digitale. Potrà, altresì, effettuare le notificazioni nelle ipotesi in cui non sia andata a buon fine la notificazione telematica eseguita nei confronti di soggetto non tenuto a munirsi di domicilio digitale (art. 3-ter, commi 2 e 3, della l. n. 53 del 1994) o non sia stato possibile inserire l’atto nell’area web riservata di cui all’art. 359 del d.lgs. n. 14 del 2019 o, ancora, allorquando la notificazione a mezzo pec non sia possibile o non sia andata a buon fine per cause non imputabili al destinatario (art. 137, comma 7, c.p.c.), riferibili ad ipotesi di malfunzionamento dei sistemi di posta elettronica certificata o, più in generale, dei sistemi telematici di trasmissione degli atti, dovuti ad eventuali anomalie del gestore di posta elettronica certificata o di altro servizio elettronico di recapito qualificato, che dovranno essere dichiarate dagli avvocati[23].

5.Il perfezionamento delle notificazioni eseguite via pec.

La questione sottoposta alle Sezioni Unite pone, innanzitutto, il problema della individuazione dell’esatto momento in cui possa dirsi perfezionata la notifica eseguita in proprio dall’avvocato mediante posta elettronica certificata. Ed infatti, solo dopo aver individuato tale momento sarà possibile valutare gli effetti della notifica telematica del messaggio pec non consegnato a causa della saturazione della casella del destinatario e verificare quale comportamento debba eventualmente tenere il notificante.

Per rispondere a tali quesiti è necessario tener presente che le notifiche telematiche non hanno una disciplina unitaria, ma sono disciplinate da disposizioni diverse a seconda che vengano effettuate dagli avvocati in proprio, dall’ufficiale giudiziario o dalla cancelleria.

Orbene, giova innanzitutto evidenziare che la procedura di invio di un messaggio di posta elettronica certificata si conclude con la ricezione di due messaggi di conferma: la ricevuta di accettazione e quella di avvenuta consegna, ove sono contenuti i dati di certificazione comprovanti l’avvenuta spedizione del messaggio pec. La ricevuta di accettazione è inviata dal proprio gestore pec e conferma la presa in carico del messaggio, contenendo i dati dell’avvenuta spedizione, con l’indicazione della data e dell’ora dell’operazione. La ricevuta di avvenuta consegna viene rilasciata contestualmente al recapito del messaggio nella casella di posta elettronica certificata del destinatario, indipendentemente dalla avvenuta lettura. Essa certifica l’esatto momento della consegna (data e ora) e contiene la copia integrale e conforme del messaggio pec consegnato e di tutti i files ad esso allegati, risultando così idonea a provare anche l’oggetto della notificazione ed il suo contenuto[24].

A tale ricevuta viene solitamente attribuita la stessa efficacia di cui all’art. 2702 c.c., quale documento idoneo a dimostrare sino a prova contraria che il messaggio sia pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario.

Anche per le notificazioni telematiche si applica il principio della scissione del momento perfezionativo tra il notificante ed il destinatario[25], in armonia con i principi enucleati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 477 del 2002, poi recepiti nella normativa processuale all’art. 149, comma 3, c.p.c.[26].

Per quanto riguarda le notifiche telematiche eseguite in proprio dagli avvocati, tale principio risulta codificato all’art. 3-bis della l. n. 53 del 1994, secondo cui, al fine del rispetto dei termini processuali, il perfezionamento della notifica coincide, per il soggetto notificante, con il momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione mentre, per il destinatario, con il momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna.

Tuttavia, la terminologia utilizzata dal legislatore per individuare il momento di perfezionamento risulta parzialmente differente rispetto a quanto previsto per le notifiche telematiche eseguite dall’ufficiale giudiziario. L’art. 149-bis c.p.c., infatti, stabilisce che la notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario.

Parzialmente diversa risulta, a sua volta, la disciplina relativa al perfezionamento delle notificazioni e comunicazioni telematiche effettuate dalla cancelleria, disciplinate in via generale all’art. 16 del d.l. n. 179 del 2012 (e successive modificazioni). In particolare, il quarto comma prevede che le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria devono essere effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni. Tale disposizione non è derogabile, salve le ipotesi in cui non sia possibile procedere alla notificazione con la modalità telematica. Il successivo sesto comma, poi, stabilisce che le notificazioni e comunicazioni ai soggetti per i quali la legge prevede l’obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, che non hanno provveduto ad istituire o comunicare il predetto indirizzo, sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria. Le stesse modalità si adottano nelle ipotesi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario[27]. Infine, l’ottavo comma stabilisce che, quando non è possibile procedere alla notifica telematica per causa non imputabile al destinatario, nei procedimenti civili si applicano l’art. 136, comma 3, e gli artt. 137 e ss. c.p.c.

Dalle suindicate disposizioni è possibile, innanzitutto, ricavare che per il perfezionamento della notifica non è richiesta l’effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario. Sicché, colui che attiva una casella pec, includendone l’indirizzo in pubblici elenchi, è tenuto a monitorarla regolarmente, per non incorrere in decadenze, prescrizioni o preclusioni. Inoltre, l’art. 18, comma 6, del d.m. n. 44 del 2011 impone che la ricevuta generata dal fornitore del destinatario sia completa, contenendo la copia completa del messaggio pec consegnato e degli allegati, impedendo così che venga eccepita la notificazione di una busta vuota.

La casella di posta elettronica certificata, di cui gli avvocati sono tenuti a dotarsi, deve presentare alcuni requisiti minimi, tra cui un determinato spazio di archiviazione. Tuttavia, qualora tale spazio venga saturato dalle comunicazioni in entrata e in uscita, si verifica un blocco nell’operatività della casella pec, non essendo possibile né inviare né ricevere messaggi. I messaggi ricevuti vengono automaticamente respinti e restituiti al mittente.

Mettendo a confronto le tre discipline, quella relativa alle notifiche eseguite dagli avvocati in proprio, quella relativa alle notifiche eseguite dall’ufficiale giudiziario e quella delle comunicazioni e notificazioni della cancelleria, è possibile riscontrare una discrasia proprio con riferimento alla individuazione del momento del perfezionamento.

Ed infatti, per le notifiche eseguite in proprio dall’avvocato, l’art. 3-bis della l. n. 53 del 1994 fa riferimento al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna. Per le notifiche telematiche eseguite dall’ufficiale giudiziario, invece, l’art. 149-bis c.p.c. fa riferimento al momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario. Quanto alle notificazioni e comunicazioni telematiche effettuate dalla cancelleria, l’art. 16, comma 6, del d.l. n. 179 del 2012 stabilisce che, in caso di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario, la notifica e la comunicazione viene eseguita esclusivamente mediante deposito in cancelleria. Il successivo comma 8 stabilisce che, quando non è possibile procedere alla notifica telematica per causa non imputabile al destinatario, nei procedimenti civili si applicano l’art. 136, comma 3, e gli artt. 137 e ss. c.p.c..

Sicché, si parla di momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna per le notifiche eseguite dagli avvocati; momento in cui il gestore rende disponibile il documento nella casella pec del destinatario per le notifiche eseguite dagli ufficiali giudiziari; deposito in cancelleria se la mancata consegna dipenda da causa imputabile al destinatario, per le notifiche eseguite dalla cancelleria.

Occorre, quindi, verificare se tali differenze siano solo terminologiche, ovvero se rispondano alle diverse tipologie di notifica ed alle diverse esigenze del soggetto che le esegue.

In particolare, quanto alle prime due formule utilizzate, occorre chiedersi se l’espressione avvenuta consegna del messaggio nella casella pec del destinatario possa dirsi equivalente all’espressione messaggio reso disponibile nella casella pec del destinatario. Ciò in quanto l’espressione rende disponibile potrebbe essere intesa nel senso di richiedere la mera consegna potenziale del messaggio nella casella del destinatario, non impedendo il perfezionamento della notifica qualora la disponibilità non possa essere effettiva per causa imputabile al destinatario.

6.Il contrasto giurisprudenziale in ordine alla mancata consegna del messaggio per «casella piena».

Esaminate le questioni inerenti al quadro normativo delle notifiche telematiche e, in particolare, alle disposizioni che ne disciplinano il perfezionamento, può pervenirsi alla individuazione delle soluzioni alternative possibili in ordine agli effetti della mancata consegna del messaggio pec per casella piena.

Secondo la tesi più rigorosa, la notificazione di un atto eseguita ad un soggetto, obbligato per legge a munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, si ha per perfezionata con la ricevuta con cui l’operatore attesta di avere rinvenuto la cd. casella pec del destinatario “piena”, da considerarsi equiparata alla ricevuta di avvenuta consegna, in quanto il mancato inserimento nella casella di posta per saturazione della capienza rappresenta un evento imputabile al destinatario, per l’inadeguata gestione dello spazio per l’archiviazione e la ricezione di nuovi messaggi[28]. Secondo un tale orientamento, in particolare, come d’altra parte messo in luce nell’ordinanza interlocutoria, vi è una sostanziale equivalenza tra il disposto del D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 6, conv. in L. n. 221 del 2012 (come modificato dal D.L. n. 90 del 2014, art. 47, conv. in L. n. 114 del 2014), dettato in tema di comunicazioni di cancelleria, e l’art. 149-bis c.p.c., comma 3, dettato in tema di notificazioni eseguite telematicamente dall’ufficiale giudiziario, laddove tale disposizione così recita: «la notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario». Inoltre, per completare la disciplina, tale ricostruzione richiama gli obblighi previsti dall’art. 20 del d.m. n. 40 del 2011, a mente del quale «il soggetto abilitato esterno è tenuto a dotarsi di servizio automatico di avviso dell’imminente saturazione della propria casella di posta elettronica certificata e a verificare la effettiva disponibilità dello spazio disco a disposizione».

Così ricostruita la disciplina positiva, si giunge ad affermare che il difensore ha l’onere di provvedere al controllo periodico della propria casella di pec, subendone tutte le conseguenze in caso di inadempimento.

Secondo la Suprema Corte, un simile onere è manifestamente finalizzato ad assicurare che gli effetti giuridici connessi alla notifica di atti tramite lo strumento telematico si possano produrre nel momento in cui il gestore del servizio pec rende disponibile il documento nella casella di posta del destinatario. L’espressione «rendere disponibile» che figura nel disposto codicistico individua «un’azione dell’operatore determinativa di effetti potenziali e non una condizione di effettività della detta potenzialità dal punto di vista del destinatario» che implica che «qualora il “rendere disponibile” quale azione dell’operatore non possa evolversi in una effettiva disponibilità da parte del destinatario per causa a lui imputabile, come per essere la casella satura, la notificazione si abbia per perfezionata, con la conseguenza che il notificante può procedere all’utilizzazione dell’atto come se fosse stato notificato». Secondo tale prospettiva, l’art. 3-bis, comma 3, della l. n. 53 del 1994, facendo riferimento al «momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dal D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, art. 6, comma 2», andrebbe inteso nel senso che a tale ricevuta deve equipararsi anche quella con cui l’operatore attesta di aver rinvenuto la casella di pec “piena”. Ciò «implica che la consegna non sia potuta effettivamente avvenire (nel senso dell’inserimento nella casella del destinatario), ma giustifica che, essendo imputabile tale evento al destinatario, l’inserimento debba ritenersi come avvenuto, sì da equivalere ad una consegna effettiva». Peraltro, una simile conclusione risulterebbe giustificata anche alla luce dell’art. 138, comma 2, c.p.c., secondo cui il rifiuto del destinatario di ricevere la copia di un atto che si tenti di notificargli a mani proprie equivale ad una notificazione di tale genere. Così, «il lasciare la casella di PEC satura equivale ad un preventivo rifiuto di ricevere notificazioni tramite di essa e l’essere della sua gestione direttamente responsabile il titolare giustifica il considerare la conseguenza di tale atteggiamento come equipollente ad una consegna dell’atto»[29].

Secondo tale ricostruzione, quindi, il mancato recapito derivante dalla saturazione della casella, essendo imputabile alla sua mancata manutenzione da parte del destinatario, comporta l’equiparazione del messaggio con cui l’operatore attesta di aver rinvenuto la casella piena alla ricevuta di avvenuta consegna, di cui all’art. 3-bis della l. n. 53 del 1994, andrebbe equiparata, poiché lasciare la casella di posta satura corrisponderebbe ad un preventivo rifiuto di ricevere notificazioni per il suo tramite[30].

Tale impostazione, pertanto, ricostruisce la normativa, ponendo a carico di colui che si dota, spontaneamente o perché obbligato per legge, un obbligo di «vigilanza» sulla saturazione della casella pec. Ciò ha l’indubbio vantaggio di prevenire il rischio di un utilizzo strumentale della stessa, poiché non controllarla costituirebbe un modo per evitare tout court di ricevere notificazioni telematiche, con conseguente vanificazione dell’obiettivo di modernizzazione e di semplificazione del sistema. Inoltre, consente di individuare in maniera uniforme il momento perfezionativo delle notificazioni telematiche, a prescindere che siano eseguite dall’avvocato o dall’ufficiale giudiziario, considerata l’identità dello strumento di comunicazione utilizzato.

Tuttavia, a tale orientamento è possibile muovere talune critiche.

In primo luogo, esso potrebbe non garantire appieno il diritto di difesa, tenuto conto che, una volta rifiutata dal sistema la consegna in conseguenza della saturazione della casella, il destinatario non avrebbe alcuna possibilità di recuperare il messaggio, non avendo più modo di conoscere l’atto allegato alla posta elettronica.

Un tale esito rappresenterebbe un unicum nel sistema delle notificazioni, dove è sempre possibile per il destinatario, indipendentemente dal suo stesso comportamento colposo, rintracciare l’atto notificato. Si pensi, ad esempio, ai casi di notificazione analogica nei confronti di soggetto temporaneamente assente o irreperibile, ai sensi degli artt. 140 e 143 c.p.c.; oppure alla nuova disciplina delle notifiche via pec da parte del difensore, introdotta dalla riforma Cartabia, secondo cui, se la notificazione è impossibile o non ha esito positivo, per causa imputabile al destinatario, l’avvocato deve eseguire la notificazione mediante inserimento nell’area web riservata prevista dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (art. 359) e la notificazione si dà per eseguita nel decimo giorno successivo a quello in cui è compiuto l’inserimento (art. 3-ter).

Inoltre, tale impostazione implica una lettura restrittiva della locuzione «rendere disponibile», contenuta nell’art. 149-bis, comma 3, c.p.c., che sembra associare il perfezionamento della notificazione alla concreta disponibilità e, dunque, alla conoscibilità del messaggio in capo al destinatario. Il perfezionamento della notificazione, dunque, dovrebbe intervenire solo in un momento in cui il destinatario possa avere contezza che, nella sua casella di posta elettronica, è giunto un messaggio costituente una notificazione. Al contrario, come visto, ciò non avviene quando la casella pec è satura, perché, in tale ipotesi, il sistema «rifiuta» la consegna del messaggio, restituendolo al mittente e senza lasciare alcuna traccia nella casella del destinatario.

Ancora, come è stato osservato nell’ordinanza interlocutoria, la tesi in esame sembra ricorrere all’applicazione analogica, in un caso in cui, in realtà, non vi è alcun vuoto normativo. Ed infatti, l’art. 3-bis, comma 3, della l. n. 53 del 1994 (nel testo applicabile ratione temporis), almeno con riferimento al caso della notifica diretta da parte dell’avvocato, contiene una espressa regola, affermando che essa si perfeziona con la generazione della ricevuta di consegna.

Va, infine, considerato che la saturazione della casella, pur derivando normalmente da un comportamento colposo, non appare esattamente equiparabile all’ipotesi del rifiuto di ricevere la consegna dell’atto ai sensi dell’art. 138, comma 2, c.p.c., che invece presuppone un comportamento volontario del notificando, venendo scientemente meno all’obbligo, sottinteso dalla disciplina delle notificazioni, di leale collaborazione ai fini del perfezionamento del procedimento di notificazione[31].

Neanche sembra di aiuto far riferimento all’art. 20, comma 5, del d.m. n. 44 del 2011, secondo cui «il soggetto abilitato esterno è tenuto a dotarsi di servizio automatico di avviso dell’imminente saturazione della propria casella di posta elettronica certificata e a verificare la effettiva disponibilità dello spazio disco a disposizione». Tale norma, pur prevedendo un obbligo comportamentale per il soggetto tenuto a munirsi di una casella pec, ha natura di fonte secondaria, non potendo dalla stessa ricavarsi una regola di perfezionamento della notificazione, diversa da quella prevista dalla normativa primaria.

Secondo una diversa ricostruzione[32], la saturazione della casella pec non esonera il notificante dall’onere di riprendere, entro il termine ritenuto congruo della metà di quello concretamente applicabile nella fattispeci[33], il procedimento notificatorio nelle forme tradizionali, ove il destinatario abbia eletto il domicilio fisico, unitamente a quello digitale[34]. Tale prospettiva esclude che il regime normativo concernente l’identificazione del c.d. domicilio digitale abbia soppresso la prerogativa processuale della parte di individuare, in via elettiva, uno specifico luogo fisico come valido riferimento, eventualmente in associazione al domicilio digitale, per la notificazione degli atti del processo alla stessa destinati[35].

Pertanto, una volta appreso l’esito negativo, affinché la notifica possa conservare i suoi originari effetti, il notificante dovrebbe attivarsi con immediatezza per riprendere il procedimento notificatorio e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, entro un termine ragionevolmente contenuto[36].

Già in passato, peraltro, la Suprema Corte aveva affermato[37] che, in linea generale, il mancato perfezionamento della notifica per fatto imputabile al destinatario impone alla parte di provvedere tempestivamente al suo rinnovo secondo le regole generali dettate dagli artt. 137 c.p.c. e segg., e non mediante deposito dell’atto in cancelleria, non trovando applicazione la disciplina di cui al d.l. n. 179 del 2012, art. 16, comma 6, u.p., in quanto detta ultima norma è riferibile alle sole notificazioni e comunicazioni effettuate dalla cancelleria. D’altra parte, al riguardo, potrebbe richiamarsi la pronuncia delle Sezioni Unite n. 14594 del 2016, secondo cui, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa[38].

Tale opzione interpretativa privilegia la tutela del destinatario, al quale sarebbe garantita la conoscibilità e disponibilità dell’atto notificato. Tuttavia, come anche evidenziato nella ordinanza interlocutoria, anche tale orientamento non è esente da critiche, in particolare perché risulta condizionata dalla circostanza che il destinatario della notificazione abbia o meno eletto, accanto al domicilio telematico, anche un domicilio fisico. Ed infatti, ove tale ulteriore elezione manchi, non potrebbe «sussistere alcun altro affidamento, da parte del notificatario, se non alla propria costante gestione della casella di posta elettronica, e nessun’altra appendice alla condotta esigibile dal notificante»[39]. Ma se così è, la tesi rivela una «non risolvibile aporia, sul piano logico»[40], poiché non vi sarebbe soluzione per risolvere il caso in cui l’elezione di domicilio fisico non vi sia stata.

Tale orientamento, quindi, non riesce a costruire una «regola generale», valida per tutte le ipotesi, rivelandosi inidoneo ad individuare correttamente il momento in cui la notificazione via pec si perfeziona per i diversi soggetti coinvolti. Ed, infatti, ove l’elezione di domicilio digitale sia accompagnata dalla indicazione di un domicilio fisico, la notificazione si perfezionerebbe con la (seconda) notifica eseguita secondo le modalità tradizionali; ove, invece, l’elezione di un domicilio fisico manchi, l’impossibilità, per il sistema, di procedere alla consegna del messaggio pec per la saturazione della casella implicherebbe, comunque, il perfezionamento del procedimento notificatorio.

L’ordinanza interlocutoria, infine, prospetta anche una ulteriore soluzione fondata sui principi di autoresponsabilità e di affidamento, assumendo che l’introduzione generalizzata del mezzo telematico per l’esecuzione delle notifiche tra soggetti obbligati per legge a dotarsene potrebbe implicare un onere di diligente organizzazione, tale da consentirne il regolare funzionamento; senza tralasciare l’esigenza, a tale introduzione sottesa, di un generalizzato affidamento sulla diligenza professionale dei singoli operatori. In tal modo, «potrebbe giungersi alla conclusione che, qualora la consegna del messaggio pec non possa avere buon esito per “casella piena” del destinatario – in un’epoca di telematizzazione talmente spinta delle relazioni interindividuali, che c’è persino chi teorizza l’esistenza di “soggetti giuridici digitali” – questi dovrebbe imputare a se stesso la conseguenza dell’impossibilità della notificazione, salvo a dimostrare che l’evento sia dipeso da cause a lui non imputabili, quali ad es. le disfunzioni del sistema informatico, et similia: e ciò proprio in forza del principio di autoresponsabilità, se non pure dell’affidamento ingenerato nel soggetto notificante, specie se – come nel caso – esercente una professione protetta, così come il destinatario». In questa prospettiva, il destinatario della notificazione che possa far valere la mancata ricezione del messaggio per cause a lui non imputabili potrebbe avvalersi dello strumento di cui all’art. 153, comma 2, c.p.c., in base al quale la parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini.

Tale soluzione presenta vantaggi analoghi alla prima, con l’ulteriore aspetto positivo di offrire al destinatario la possibilità di una rimessione in termini qualora non abbia potuto assolvere all’onere della vigilanza sulla propria casella pec per causa non lui non imputabile, consentendo all’organo giudicante di valutare eventuali impedimenti o situazioni scusanti. Per contro, però, presenta anch’essa delle discrasie con il dato letterale dell’art. 3-bis, comma 3, della l. n. 53 del 1994, che specificamente cristallizza il momento di perfezionamento della notifica effettuata dall’avvocato in quello della generazione del messaggio di «avvenuta» consegna[41]. L’utilizzo del participio passato del verbo “avvenire”, come evidenziato dal Collegio remittente, sembrerebbe escludere, già sul piano letterale, interpretazioni diverse da quelle per cui, in caso di mancata generazione di un simile messaggio, non possa in realtà discutersi di effettivo perfezionamento della notifica.

Inoltre, la legislazione più recente – e, precisamente, tanto il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.lgs. n. 14 del 2019) quanto la riforma del processo civile (d.lgs. n. 149 del 2022) – prevede sempre la possibilità di recuperare la notificazione non andata a buon fine, ancorché per causa imputabile al destinatario. Da ciò sembra trarsi una regola generale per la quale il destinatario di una notificazione che sia stato, per qualsiasi causa, impossibilitato a conoscere l’intervenuta comunicazione del messaggio di posta elettronica, deve pur sempre disporre di un «luogo» telematico dove potere rintracciare la notificazione medesima. Il che, evidentemente, non avviene nel caso di messaggio rifiutato dal sistema per la saturazione della casella.

7.Un’ipotesi ricostruttiva di sistema.

Come si è visto, nessuno degli orientamenti passati in rassegna si presenta davvero appagante, prestando, al contrario, il fianco a penetranti critiche. Pertanto, al fine di superare le criticità evidenziate cui danno luogo le varie ricostruzioni, si potrebbe ipotizzare una (parzialmente) diversa soluzione.

Muovendo dal presupposto che la saturazione della casella del destinatario impedisca il perfezionamento della notifica a mezzo pec, può ritenersi che, una volta non andata a buon fine la notifica telematica, a prescindere dalla causa (e quindi anche per causa imputabile al destinatario), sia onere del notificante riprendere il procedimento notificatorio, secondo le regole generali sulle notificazioni tradizionali e, dunque, anche nel caso in cui il destinatario non abbia eletto domicilio fisico.

Tale soluzione consente di individuare una regola generale, valida per qualsiasi situazione in cui la notifica telematica non sia andata a buon fine, idonea a tutelare maggiormente il diritto di difesa del destinatario e la connessa esigenza di conoscibilità (e di reperibilità) dell’atto notificato. Sotto altro profilo, essa costituisce un «giusto» equilibrio tra le contrapposte esigenze, tutelando anche l’interesse del notificante: e, infatti, pur prevedendo a suo carico un onere di riattivazione del procedimento notificatorio (entro il termine ritenuto congruo della metà del termine concretamente applicabile), la soluzione qui proposta evita il pericolo che il notificante incorra in qualsivoglia decadenza. In particolare, una volta completato validamente l’intero procedimento notificatorio (attraverso la predetta riattivazione), il notificante si gioverebbe del principio della scissione degli effetti della notificazione, facendo valere il perfezionamento di essa nei propri confronti alla data dell’invio della (prima) notifica telematica.

Si potrebbe obiettare che tale soluzione finisce per svilire l’utilizzo dello strumento telematico in tale ambito. Tuttavia, va evidenziato che tale soluzione sarebbe destinata a coprire un ristretto lasso temporale, considerato che, dal momento dell’entrata in vigore della riforma introdotta dal d.lgs. n. 149 del 2022, il problema in esame è stato risolto dal legislatore. Come sopra descritto, la riforma ha previsto che, qualora la notificazione telematica non sia andata a buon fine per causa imputabile al destinatario (e, quindi, anche per il caso della saturazione della sua casella pec), la notificazione si perfeziona mediante inserimento nell’area web riservata prevista dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (art. 359) e si dà per eseguita nei confronti del destinatario nel decimo giorno successivo a quello in cui è compiuto l’inserimento. È pur vero che, allo stato, tale area web non risulta ancora attiva, tuttavia il correttivo alla riforma, in corso di approvazione, prevede ugualmente che la notificazione telematica non andata a buon fine per causa imputabile al destinatario debba eseguirsi presso il portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia. Si attua così un giusto bilanciamento tra gli interessi delle parti in causa.

Ma la parola, adesso, passa alle Sezioni unite.

[1] Tematica che, sempre secondo l’ordinanza interlocutoria, integra comunque una questione di massima di particolare importanza, in quanto attiene ai presupposti stessi del funzionamento delle modalità di notificazione con i nuovi e generalizzati strumenti tecnologici in ogni ambito processuale.

[2] Che trova la sua motivazione più compiuta in Cass., Sez. 6-3, n. 3164 del 11/02/2020.

[3] Questo indirizzo trova il suo antecedente in Cass., Sez. L, n. 12451 del 21 maggio 2018 (non massimata) ove, in motivazione, viene evidenziato che la comunicazione a mezzo posta elettronica certificata deve aversi per notificata allorquando la mancata consegna dipenda da cause imputabili al destinatario, come nel caso in cui, per mancata diligenza di questi, la casella risulti piena per prolungata (e dunque colpevole) assenza di lettura della posta elettronica.

I principi espressi nel testo sono stati, successivamente, ribaditi da Cass., Sez. 3, n. 24110 del 17 marzo 2021 (non massimata), ove in motivazione si legge che costituisce onere dell’avvocato conservare i propri mezzi tecnici in condizione di efficienza. Di conseguenza la circostanza che una comunicazione di cancelleria non sia stata ricevuta per l’inadeguatezza dei dispositivi del destinatario è circostanza che, lungi dall’escludere la colpa del difensore, piuttosto la ràdica, come ripetutamente stabilito dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez. 6-3, n. 3164 del 11/02/2020, nonché Cass., Sez. 5, n. 7029 del 21/03/2018, secondo cui l’infruttuoso esito “della comunicazione telematica di un provvedimento giurisdizionale, dovuto alla saturazione della capienza della casella di posta elettronica del destinatario, è un evento imputabile a quest’ultimo, in ragione dell’inadeguata gestione dello spazio per l’archiviazione e la ricezione di nuovi messaggi”).

L’orientamento ora esposto è stato, nella sostanza, poi condiviso anche da Cass., Sez. 3, n. 26810 del 12/09/2022 secondo la quale, nel caso in cui la notifica a mezzo pec della sentenza d’appello al difensore della parte domiciliato extra districtum non vada a buon fine per fatto imputabile a quest’ultimo (nella specie, a causa del riempimento della relativa casella), la tempestiva rinnovazione della stessa presso la cancelleria della Corte d’appello ove pendeva la lite è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione di cui all’art. 325 c.p.c.

[4] Cass., Sez. 3,  n. 40758 del 20/12/2021. Secondo Cass., Sez. U, n. 14594 del 15/07/2016, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa. La sentenza delle Sezioni Unite ora richiamata può leggersi in Giur. it., 2017, 860 con nota di E. Bertillo, Le Sezioni unite e la riattivazione della notificazione non andata a buon fine.

[5] L’indirizzo ora esposto è stato successivamente ribadito da Cass., Sez. 6-5, n. 29851 del 18/11/2019 che ha espresso il seguente principio di diritto: «in caso di notifica telematica effettuata dall’avvocato, il mancato perfezionamento della stessa per non avere il destinatario reso possibile la ricezione dei messaggi sulla propria casella PEC, pur chiaramente imputabile al destinatario, impone alla parte di provvedere tempestivamente al suo rinnovo secondo le regole generali dettate dagli artt. 137 e ss. c.p.c., e non mediante deposito dell’atto in cancelleria, non trovando applicazione la disciplina di cui all’art. 16, comma 6, ult. parte, del d.l. n. 179 del 2012, come conv. e mod., prevista per il caso in cui la ricevuta di mancata consegna venga generata a seguito di notifica (o comunicazione) effettuata dalla Cancelleria, atteso che la notifica trasmessa a mezzo PEC dal difensore si perfeziona unicamente al momento della generazione della ricevuta di avvenuta consegna (RAC)».

[6] Sul punto, S. Matteini Chiari, M. Di Marzio, Le notificazioni e i termini nel processo civile, Milano, 2019, spec. 287; C. Mancuso, Le notificazioni in proprio a mezzo pec, in Riv. dir. proc., 2022, 2, 584; F. Porcelli, Le comunicazioni e le notificazioni, in G. Ruffini (a cura di), Il processo telematico nel sistema del diritto processuale civile, Milano 2019, 386; G. Ruffini, Il processo civile di fronte alla svolta telematica, in Riv. dir. proc., 2019, 973.

[7] Merita di essere ricordato che, ai sensi dell’art. 1, comma 21, della richiamata legge delega, il Governo era delegato disposizioni recanti modifiche alla disciplina del procedimento notificatorio sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: a) prevedere, quando il destinatario della notificazione è un soggetto per il quale la legge prevede l’obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o quando il destinatario ha eletto domicilio digitale ai sensi dell’articolo 3-bis, comma 1-bis, del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, iscritto nel pubblico elenco dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese ai sensi dell’articolo 6-quater del medesimo codice, che la notificazione degli atti in materia civile e stragiudiziale sia eseguita dall’avvocato esclusivamente a mezzo di posta elettronica certificata, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici; b) prevedere che, quando la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata non sia possibile o non abbia esito positivo per causa imputabile al destinatario, l’avvocato provveda alla notificazione esclusivamente mediante inserimento, a spese del richiedente, nell’area web riservata di cui all’articolo 359 del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, che la notificazione si abbia per eseguita nel decimo giorno successivo a quello in cui è compiuto l’inserimento e che, solo quando la notificazione non sia possibile o non abbia esito positivo per cause non imputabili al destinatario, la notificazione si esegua con le modalità ordinarie; c) prevedere che, quando la notificazione deve essere eseguita a mezzo di posta elettronica certificata o mediante inserimento nell’area web riservata, sia vietato all’ufficiale giudiziario eseguire, su richiesta di un avvocato, notificazioni di atti in materia civile e stragiudiziale, salvo che l’avvocato richiedente dichiari che il destinatario della notificazione non dispone di un indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi ovvero che la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata non è risultata possibile o non ha avuto esito positivo per cause non imputabili al destinatario; d) adottare misure di semplificazione del procedimento di notificazione nei casi in cui la stessa è effettuata dall’ufficiale giudiziario, al fine di agevolare l’uso di strumenti informatici e telematici.

[8] Sulle modificazioni in tema di notificazioni apportate dalla riforma di cui al d.lgs. 149 del 2022, si vedano, in particolare, B. Brunelli, Le notificazioni civili nella riforma Cartabia, in Riv. dir. proc. civ., 2024, 1, 175; C. Mancuso, Atti processuali, udienze, notifiche, in A. Didone, F. De Santis (a cura di), Il processo civile dopo la riforma Cartabia, Milano, 2023, 75.

[9] Sul punto, E.M. Forner, Le procedure digitali, Milano, 2022, 98 secondo il quale se l’indirizzo di residenza e la sede legale rappresentano luoghi fisici ai quali al recapito di una determinata comunicazione conseguono determinati effetti legali (per es., la conoscenza legale di un atto o di un provvedimento ivi notificati, con tutto quanto vi è implicato, a cominciare dal decorrere di termini decandenziali), il domicilio digitale assolve alla medesima funzione quale luogo “virtuale” di recapito di una comunicazione o di una notificazione a sua volta “virtuale”, ossia elettronica.

[10] E.M. Forner, Le procedure digitali, cit., 100 il quale evidenzia, altresì, che affinché la trasmissione abbia il medesimo valore legale della tradizionale raccomandata con avviso di ricevimento, è necessario che sia il mittente che il destinatario siano muniti di casella pec; diversamente, ove la comunicazione fosse indirizzata ad una casella di posta elettronica ordinaria, essa non avrà detto valore legale.

[11] Sulla notificazione degli atti da parte degli avvocati, si veda, in generale, C. Mancuso, Le notificazioni in proprio a mezzo pec, cit., 584.

[12] C. Mancuso, Le notificazioni a mezzo pec, cit., 593; F. Porcelli, Le comunicazioni e le notificazioni, cit., 386 e 389; G. Ruffini, Il processo civile di fronte alla svolta telematica, cit., 973.

[13] Cass. Sez. 6 – L, n. 13224 del 25/05/2018, ma si vedano, altresì, Cass., Sez. 6 – L, n. 25948 del 17/10/2018 e Sez. 2, n. 33547 del 28/12/2018.

[14] G. Ruffini, Il processo civile di fronte alla svolta telematica, cit., 987; C. Mancuso, Le notificazioni a mezzo pec, cit., 593. Sul punto, si veda anche F. Porcelli, Gli indirizzi pec ove eseguire le notificazioni telematiche, nota a Cass., 8 febbraio 2019, n. 3709, in Riv. dir. proc., 2020, 1352.

[15] C. Mancuso, Le notificazioni a mezzo pec, cit., 594, il quale osserva che l’istituzione del domicilio digitale, infatti, non ha affatto soppresso la prerogativa processuale della parte di individuare, in via elettiva, uno specifico luogo fisico per la notificazione degli atti del processo. Sul punto, Cass. 20 gennaio 2020, n. 1982, relativamente ad una fattispecie in cui il luogo fisico scelto dal destinatario quale domicilio eletto era la cancelleria dell’ufficio giudiziario.

[16] Cass., Sez. 3, n. 1982 del 29/01/2020. Secondo Sez. L, n. 3557 del 11/02/2021, ai fini della decorrenza del termine breve per proporre il ricorso per cassazione, nonostante l’indicazione della parte destinataria di un domicilio “fisico” ai sensi dell’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, è possibile procedere alla notificazione della sentenza d’appello presso il domiciliatario mediante posta elettronica certificata, poiché il domicilio digitale, pur non indicato negli atti, può essere utilizzato per la notificazione in questione in quanto le due opzioni concorrono.

[17] Cass., Sez. 3, n. 39970 del 14/12/2021.

[18] Sul punto, cfr., B. Brunelli, Le notificazioni civili nella riforma Cartabia, cit., 181, secondo la quale «non solo vi sono alcune norme che si trovano nel codice di rito e altre che sono contenute invece nella l. n. 53 del 1994, ma si rinvengono pure parecchie, importantissime disposizioni che sono rimaste nel d.l. n. 179 del 2012 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 221 del 2012): ad esempio, l’art. 16-ter che è molto rilevante, perché spiega qual è il domicilio digitale da utilizzare, ovvero contiene la lista dei pubblici elenchi per fare la notifica telematica (12); e ancora altre norme, quali quelle sull’attestazione di conformità, che sono state inserite, infine, nelle disposizioni di attuazione al c.p.c.».

[19] Come già evidenziato nel testo, il decreto correttivo della riforma di cui al d.lgs. n. 149 del 2022, in corso di approvazione, modifica in parte l’attuale disciplina. Infatti, in primo luogo, l’art. 136, terzo comma, c.p.c. viene così riformulato: «salvo che la legge disponga diversamente, quando la comunicazione non può essere eseguita o non ha esito positivo per causa non imputabile al destinatario, essa è trasmessa all’ufficiale giudiziario per la notifica. Se non può essere eseguita o non ha esito positivo per causa imputabile al destinatario, il cancelliere la esegue mediante inserimento dell’atto nel portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia, con le modalità previste dall’articolo 149-bis.».

Inoltre, l’art. 149-bis, comma 3, c.p.c. viene così riscritto: «la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui il documento informatico da notificare è consegnato all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del suo gestore di posta elettronica o del servizio di recapito elettronico certificato qualificato». Infine, alla medesima disposizione codicistica, viene aggiunto un comma del seguente tenore: «se la notificazione nei modi di cui al primo e al secondo comma non può essere eseguita o non ha esito positivo per causa non imputabile al destinatario, essa è eseguita con le altre modalità previste dalla presente sezione. Se la notificazione non può essere eseguita o non ha esito positivo per causa imputabile al destinatario, l’ufficiale giudiziario la esegue mediante inserimento dell’atto da notificare nel portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia, unitamente ad una dichiarazione sulla sussistenza dei presupposti per l’inserimento, all’interno di un’area riservata collegata al codice fiscale del destinatario e generata dal portale e accessibile al destinatario. La notificazione si ha per eseguita, per il destinatario, nel decimo giorno successivo a quello in cui è compiuto l’inserimento o, se anteriore, nella data in cui egli accede all’area riservata».

[20] Sul punto, C. Mancuso, Atti processuali, udienze, notifiche, cit., 88 secondo il quale in tal modo è stata stravolta la versione tradizionale che aveva posto al centro del procedimento di notificazione la figura dell’ufficiale giudiziario, quale vero e proprio dominus della fase di trasmissione degli atti.

[21] Che, come visto, sarà sostituita, in futuro, dal portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia.

[22] C. Mancuso, Atti processuali, udienze, notifiche, cit., 89.

[23] C. Mancuso, Atti processuali, udienze, notifiche, cit., 93 e 90 ove si specifica che l’ufficiale giudiziario ha la possibilità di rifiutare l’atto allorché si avveda, mediante le opportune verifiche nei pubblici elenchi, che il destinatario rientra nelle categorie dei soggetti tenuti per legge a munirsi di domicilio digitale ovvero quando il difensore ometta di formulare la dichiarazione di non avere potuto eseguire la notificazione telematica per causa non imputabile al destinatario oppure che la stessa, pure eseguita, non sia andata a buon fine per la medesima ragione. Per contro, secondo l’A., deve escludersi che l’ufficiale giudiziario abbia la possibilità di sindacare o di verificare la veridicità della dichiarazione del difensore, anche in ragione del fatto che la normativa non prevede l’obbligo del difensore di documentare il malfunzionamento che abbia impedito l’esecuzione o il perfezionamento della notificazione a mezzo pec. Infine, sempre secondo l’A., l’eventuale mancata documentazione dell’anomalia che sia stata causa dell’impossibilità di eseguire la notificazione telematica o la temporaneità del malfunzionamento possono essere valutate ai fini della ripartizione delle spese, potendo il giudice escludere, ai sensi dell’art. 92, comma 1, c.p.c., la ripetibilità delle spese ritenute superflue.

[24] C. Mancuso, Le notificazioni a mezzo pec, cit., 594.

[25] Le norme in tema di notificazioni di atti processuali vanno interpretate nel senso (costituzionalmente adeguato) che la notificazione si perfeziona nei confronti del notificante al momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario; e con l’ulteriore corollario che, ove tempestiva, quella consegna evita appunto alla parte la decadenza correlata alla inosservanza del termine perentorio entro il quale la notifica va effettuata. E tanto sia pur come effetto provvisorio e anticipato a vantaggio del notificante, che va a consolidarsi col perfezionamento del procedimento nei confronti del destinatario; per il quale, a tal fine, rileva la data, invece, in cui l’atto è da lui ricevuto o perviene nella sua sfera di conoscibilità.

[26] La sentenza menzionata nel testo aveva ad oggetto le notificazioni a mezzo posta; hanno, poi, conferito alla stessa una valenza generale, legittimandone l’applicazione alle notifiche diverse da quelle a mezzo posta, in ragione di un’interpretazione che ritiene irragionevole individuare un diverso momento perfezionativo delle notificazioni a seconda delle modalità di trasmissione Corte cost. 23 gennaio 2004, n. 28; Corte cost. 12 marzo 2004, n. 97 e Corte cost. 21 gennaio 2010, n. 3.

Sul punto, la Suprema Corte è poi intervenuta in numerose occasioni. Cass., Sez. 5, n. 8447 del 04/05/2004 ha stabilito che, qualunque sia la modalità di trasmissione, la notifica di un atto processuale, almeno quando esso debba compiersi entro un determinato termine, alla luce delle sentenze delle Corte costituzionale n. 69 del 1994 e n. 477 del 2002 – che hanno affermato notificante, del compimento delle sole formalità che non sfuggono alla sua disponibilità, e perciò il “principio della scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio” -, si intende perfezionata, dal lato dell’istante, al momento dell’affidamento dell’atto all’ufficiale giudiziario che funge da tramite necessario del notificante nel relativo procedimento vincolato. Una siffatta regola, infatti, espressione di un valore costituzionale, non può non presidiare l’attività istituzionalmente commessa all’interprete dagli artt. 12 e segg. disp. prel., e non può non valere per qualsiasi notifica di un atto processuale civile, e, quindi, anche per la notifica che sia effettuata per mezzo dell’ufficiale giudiziario senza avvalersi del servizio postale (principio enunciato dalla S.C. in tema di notificazione di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ.).

Secondo Cass., Sez. U, n. 458 del 13/01/2005, qualora il ricorso per cassazione sia stato notificato ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., al fine del rispetto del termine di impugnazione è sufficiente che il ricorso stesso sia stato consegnato all’ufficiale giudiziario entro il predetto termine, fermo restando che il consolidamento di tale effetto anticipato per il notificante dipende dal perfezionamento del procedimento notificatorio nei confronti del destinatario, procedimento che, nei casi disciplinati dall’art. 140 cod. proc. civ., prevede il compimento degli adempimenti da tale norma stabiliti (deposito della copia dell’atto nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi; affissione dell’avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario; notizia del deposito al destinatario mediante raccomandata con avviso di ricevimento). Nei casi di cui sopra, il termine per il deposito del ricorso, stabilito a pena di improcedibilità dall’art. 369, primo comma, cod. proc. civ., decorre dal perfezionamento della notifica per il destinatario. Nei casi suddetti la notificazione nei confronti del destinatario si ha per eseguita con il compimento dell’ultimo degli adempimenti prescritti (spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento); tuttavia, poiché tale adempimento persegue lo scopo di consentire la verifica che l’atto sia pervenuto nella sfera di conoscibilità del destinatario, l’avviso di ricevimento deve essere allegato all’atto notificato e la sua mancanza provoca la nullità della notificazione, che resta sanata dalla costituzione dell’intimato o dalla rinnovazione della notifica ai sensi dell’art. 291 c.p.c.

Al fine di rendere effettiva tale regola per ogni genere di notificazione, Cass., Sez. U, n. 24822 del 09/12/2015 ha sancito il principio secondo cui la regola del doppio momento perfezionativo della notificazione si estende anche all’effetto sostanziale dell’interruzione della prescrizione del diritto fatto valere con la domanda giudiziale, ove possa conseguirsi solo con l’esercizio dell’azione, conseguendone che l’interruzione si verifica in virtù della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario.

[27] Giova evidenziare che la Corte costituzionale, con la son sentenza 9 aprile 2019, n. 75 ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 16-septies d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 «nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo», anziché al momento di generazione della predetta ricevuta. Sul punto, si veda, A. Trinchi, Il tempo delle notificazioni a mezzo pec, in Riv. dir. proc., 2019, 910.

[28] Si è già evidenziato che tale orientamento risale a Cass., Sez. 6-3, n. 3164 del 11/02/2020. Tale indirizzo trova il suo antecedente in Cass., Sez. L, n. 12451 del 21 maggio 2018 (non massimata) ed è stato ribadito da Cass., Sez. 3, n. 24110 del 17 marzo 2021 (non massimata); Cass., Sez. 6-3, n. 3164 del 11/02/2020; Cass., Sez. 5, n. 7029 del 21/03/2018. L’orientamento ora esposto è stato, nella sostanza, condiviso anche da Cass., Sez. 3, n. 26810 del 12/09/2022.

[29] I periodi tra virgolette sono ripresi da Cass., Sez. 6-3, n. 3164 del 11/02/2020.

[30] Cfr. Cass., Sez. L, n. 13532 del 20/05/2019; Cass., Sez. 6-3, n. 3164 del 11/02/2020.

[31] Si veda, sul punto, Cass., Sez. U, n. 935 del 26/03/1968 secondo la quale, ai fini della c.d. notificazione virtuale, il rifiuto di ricevere la copia opposto dal destinatario deve presentare il carattere di un intenzionale espediente dilatorio e non deve, invece, risultare imposto da fattori estrinseci valutati dall’ordinamento in maniera tale da impedire che esso risulti privo di giustificazione.

[32] Che muove da Cass., Sez. 3, n. 40758 del 20/12/2021 e da Cass., Sez. 6-5, n. 29851 del 18/11/2019.

[33] Che, secondo Cass., Sez. U, n. 14594 del 15/07/2016 è pari alla metà del termine concretamente applicabile.

[34] Cass., Sez. 3, n. 40758 del 20/12/2021.

[35] Così si esprime Cass., Sez. 3, n. 40758 del 20/12/2021. Nel medesimo senso, anche Cass., Sez. L, n. 3557 del 11/02/2021 così massimata: «Ai fini della decorrenza del termine breve per proporre il ricorso per cassazione, è possibile procedere alla notificazione della sentenza presso il domicilio fisico eletto dal destinatario anche dopo l’introduzione, da parte dell’art. 16 sexies del d.l. n. 179 del 2012 (inserito dall’art. 52, comma 1, d.l. n. 90 del 2014, conv. con modif. dalla l. n. 114 del 2014), della notificazione al cd. domicilio digitale, alla quale non può essere riconosciuto carattere esclusivo».

[36] C. Mancuso, Le notificazioni a mezzo pec, cit., 605 secondo il quale la mancata ricezione del messaggio pec dovuta alla saturazione della casella, pur chiaramente imputabile al destinatario, impone comunque alla parte richiedente di provvedere tempestivamente al rinnovo della notifica secondo le regole generali dettate dalla disciplina generale codicistica; nel caso di specie, atteso che la notifica trasmessa a mezzo pec si perfeziona solo con la generazione della ricevuta di avvenuta consegna, non sembra trovare asilo la disciplina di cui all’ultimo periodo del sesto comma dell’art. 16, d.l. n. 179/2012, prevista invece per il caso in cui la ricevuta di mancata consegna sia generata a seguito di notifica o comunicazione effettuata dalla cancelleria. In questa prospettiva, viene richiamato il precedente di cui a Cass., Sez. 6-5, n. 29851 del 18/11/2019. Secondo l’A., in altri termini, mentre la prima omessa notifica non si è perfezionata per causa imputabile al destinatario, la successiva inerzia configura una causa di mancato perfezionamento del processo notificatorio imputabile al notificante. Pertanto, una volta appreso l’esito negativo, affinché possa conservare gli effetti collegati alla notifica originaria, il soggetto notificante deve attivarsi con immediatezza per riprendere il procedimento notificatorio e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento. Ai fini del rispetto di un eventuale termine decadenziale, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, purché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie.

[37] Cass., Sez. 6-5, n. 29851 del 18/11/2019.

[38] Cass., Sez. U, n. 14594 del 15/07/2016. La sentenza è pubblicata in Giur. it., 2017, 4, 860 con nota di E. Bertillo, Le sezioni unite e la riattivazione della notificazione non andata a buon fine.

[39] Così, ancora, Cass., Sez. 3, n. 40758 del 20/12/2021.

[40] Così, l’ordinanza interlocutoria, pag. 11.

[41] Secondo l’ordinanza interlocutoria, l’utilizzo del participio passato del verbo «avvenire» non autorizza altra interpretazione, già sul piano letterale, diversa da quella per cui, in caso di mancata generazione di un simile messaggio, non possa in realtà discutersi di effettivo perfezionamento della notifica.