Il problema del cumulo delle domande di separazione e divorzio nel procedimento su ricorso congiunto.

Di Romolo Donzelli -

Nel dedalo delle mille questioni poste dal decreto n. 149 del 2022, ce ne è una che ha attratto una singolare attenzione da parte degli interpreti: l’ammissibilità o meno del cumulo di domande congiunte di separazione e divorzio.

Sul tema, si sono fronteggiate autorevoli voci della dottrina e alcuni primi interventi giurisdizionali[1].

I principali argomenti gettati sul campo sono stati quello letterale, quello sistematico, quello relativo alla natura dei diritti oggetto degli accordi che si raggiungono nelle materie in questione.

Esaminiamoli uno alla volta.

L’art. 473-bis.51 c.p.c. non prevede espressamente la possibilità di realizzare il cumulo al pari di quel che avviene all’art. 473-bis.49, sicché, si è detto, «ubi lex voluit dixit, ubi noluit  tacuit»[2].

Non sarebbe, dunque, possibile ammettere la contestuale proposizione delle domande consensuali di separazione e divorzio nel medesimo procedimento.

Di contro, si è osservato che il riferimento – presente al primo comma dell’art. 473-bis.51 – alla «domanda congiunta relativa ai procedimenti di cui all’articolo 473-bis.47» è un indizio univoco nel senso dell’ammissibilità. Se, infatti, il legislatore avesse inteso escludere il cumulo, non avrebbe fatto uso del plurale ed anzi avrebbe chiarito che il procedimento a base consensuale è consentito per «uno dei procedimenti di cui all’art. 473-bis.47»[3].

Sul piano sistematico, invece, si è osservato che l’idea del cumulo è incompatibile con la natura giurisdizionalvolontaria del procedimento a base negoziale.

«Il processo volontario – si è osservato – non può contenere una sentenza non definitiva, seguita da un rinvio per verificare la sussistenza, a distanza di sei mesi, delle condizioni di procedibilità e quindi da una sentenza definitiva sullo scioglimento, la forzatura va oltre la rottura del sistema»[4].

Eppure, anche tale argomento, certamente pertinente, non appare del tutto decisivo, soprattutto in riferimento al processo di cui all’art. 473-bis.51, che, proprio nel chiudersi con sentenza, potrebbe consentire una cauta applicazione degli artt. 277, comma 2, e 279, comma 2, c.p.c. con modalità similari a quelle richieste dall’art. 473-bis.49.

Nemmeno su questo piano, insomma, si vince o si perde la partita.

C’è, poi, il problema dell’indisponibilità dei diritti oggetto degli accordi; indisponibilità che determinerebbe la nullità dei medesimi ai sensi dell’art. 160 c.c., soprattutto in quanto questi non sono ancora sorti[5].

Di contro, tuttavia, si è osservato che la possibilità di regolare consensualmente gli effetti derivanti dalla separazione e dal divorzio è consentita dall’art. 473-bis.51, sicché il cumulo consensuale renderebbe «legittimo l’esercizio dell’autonomia privata anche in questo contesto fermo restando che l’efficacia di tali accordi è data dalla sentenza con la quale il tribunale omologa e “prende atto” degli accordi intervenuti tra le parti»[6].

Si torna, insomma, si passi l’espressione, al pareggio.

In questo quadro così incerto, è effettivamente difficile dare il giusto peso ai diversi argomenti, tanto che, con la massima onestà, anche chi scrive si è orientato prima a favore di una soluzione, poi a favore dell’altra.

In questo personale andirivieni di pensieri, si è però gradatamente condotta l’attenzione su un profilo che, forse, mette più ordine tra le cose.

Muoviamo dal dato letterale.

Questo certamente non ammette in maniera espressa il cumulo, che al contrario è consentito dall’art. 473-bis.49. Né ulteriori elementi testuali appaiono decisivi.

È da questo dato che occorre partire, ovvero bisogna comprendere se quanto previsto dall’art. 473-bis.49, comma 1, secondo cui «negli atti introduttivi del procedimento di separazione personale le parti possono proporre anche domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e le domande a questa connesse», è applicabile anche alla procedura consensuale.

Stante la suddetta lacuna normativa, spetta all’interprete stabilire se il disposto del primo comma appena ricordato è applicabile in via analogica al procedimento su domanda congiunta.

Impostata la questione nei termini indicati, il problema si traduce nell’individuazione della ratio del cumulo nel procedimento contenzioso.

A tal riguardo, nella Relazione illustrativa al decreto si pone l’accento sull’«necessità di dettare disposizioni che possano prevedere un coordinamento tra i due procedimenti, nonché ove opportuna la loro contemporanea trattazione».

Sono, dunque, due i profili d’interesse: uno riguarda il «risparmio di energie processuali» derivanti dal simultaneus processus relativo a pretese identiche (salvo il loro referente temporale, profilo su cui avremo modo di tornare)[7] oppure implicanti accertamenti di fatto comuni o contigui (nel senso che pur essendo talora distinta la fattispecie costitutiva, una visione globale del rapporto familiare nel tempo consente una sua corretta comprensione nelle diverse direttrici indicate dalla legge)[8]; l’altro attiene al coordinamento delle decisioni rese nei distinti giudizi.

Questo secondo aspetto è ancor più importante del primo, a nostro avviso.

Sono note, infatti, le grandi difficoltà pratiche e tecniche derivanti dall’esistenza di due distinti procedimenti, che, anche nel loro articolarsi lungo il percorso delle impugnazioni, danno luogo ad una sequela di decisioni provvisorie e definitive che si rincorrono nel tempo e che possono dettare una difforme disciplina dei rapporti controversi con conseguenze di non agevole governo, sia sul piano sostanziale (si pensi al problema della ripetibilità delle somme), sia sul piano processuale (si pensi alle alterne sorti del titolo esecutivo).

Un groviglio di questioni sostanziali e processuali che l’art. 473-bis.49 cerca evidentemente di mitigare – e non risolvere – al fine di assicurare una tutela giurisdizionale efficace ed effettiva ai sensi degli artt. 3, comma 2, e 24, comma 1, Cost.

Se si guarda al problema del cumulo consensuale da questo punto d’osservazione, si nota che:

– il «risparmio di energie processuali» che si ottiene nel giudizio contenzioso non è affatto comparabile con quello che si potrebbe conseguire nel procedimento di cui all’art. 473-bis.51, essendo profondamente diversa la natura dei due giudizi e l’attività processuale che in essi viene compiuta[9];

– il problema del coordinamento tra le decisioni, invece, nemmeno si pone rispetto a due domande, parimenti congiunte, di separazione e divorzio.

Quanto appena osservato costituisce un serio ostacolo all’ammissibilità del cumulo, poiché difetta quella eadem ratio che consentirebbe l’applicazione del disposto dell’art. 473-bis.49, comma 1, anche al procedimento su domanda congiunta.

Se, insomma, è certo che l’ipotesi del cumulo non è espressamente contemplata dall’art. 473-bis.51 ed al contempo gli ulteriori elementi che emergono dal disposto della norma non conducono a soluzioni univoche, l’ammissibilità del cumulo passa necessariamente – come detto – per l’applicazione analogica della previsione relativa al cumulo contenzioso.

D’altro canto, impostata la questione in questi termini, si nota che questo percorso processuale e quello giurisdizionalvolontario sono equiparabili solo sul piano degli effetti finali che producono, ma non sul come raggiungono tali effetti, presentando ciascuno le loro singolari caratteristiche.

Sicché, se il cumulo ha un suo preciso significato nella prima ipotesi, non lo possiede in egual misura nella seconda.

C’è, poi, da dare attenzione ad un altro profilo, a cavallo tra diritto e processo, che, da un lato, rimette ancora in gioco il problema dell’indisponibilità dei diritti, e, dall’altro, porta l’attenzione sulla distinta natura dei due procedimenti.

Una precisazione preliminare è, tuttavia, opportuna.

Il significato del cumulo consentito dall’art. 473-bis.49 è, come detto, esclusivamente e puramente processuale e trova fondamento nelle ragioni già indicate, sicché nel procedimento contenzioso gli accertamenti relativi agli effetti conseguenti la separazione e il divorzio devono essere svolti alla luce delle distinte cornici legali al pari di quel che accadrebbe in due processi separatamente introdotti.

Laddove, dunque, si intendesse ammettere il cumulo anche nel processo su domanda congiunta, occorrerebbe muovere dalla stessa identica premessa; con la conseguenza che gli accordi raggiunti dalle parti dovrebbero ricevere in ogni caso un distinto sindacato giurisdizionale volto a conferire agli stessi efficacia senza reciproche interferenze.

L’ammettere il cumulo consensuale, dunque, non potrebbe in alcun caso consentire deroghe ai rispettivi statuti legali e all’autonomia dei due diversi vagli giudiziali[10]. In altre parole, accedere a questa prospettiva avrebbe solo l’effetto – come appunto avviene ai sensi dell’art. 473-bis.49 – di autorizzare la proposizione della domanda di omologa degli accordi concernenti il divorzio prima del realizzarsi delle condizioni di cui all’art. 3 l. div.

Precisato questo, veniamo al profilo che si intende evidenziare.

Nel percorso contenzioso l’adattamento del processo alle sopravvenienze è garantito dal disposto dell’art. 473-bis.19[11].

Pertanto, se nel corso del procedimento si verificano le circostanze ivi indicate, le parti potranno aggiustare il tiro, attualizzando il contenuto delle rispettive domande e difese.

La facoltà appena indicata, dunque, neutralizza gli inconvenienti derivanti dall’anticipata proposizione della domanda.

C’è questa possibilità nel procedimento consensuale?

Il punto non è secondario e si riconnette al tema dell’indisponibilità in ragione della circostanza che la proposizione della domanda congiunta di divorzio si ha prima del venir in essere dei diritti relativi[12].

In giurisprudenza è stata prospettata la possibilità di applicare anche al procedimento consensuale l’art. 473-bis.19, consentendo la revoca unilaterale del consenso in presenza di fatti nuovi[13].

È pur vero, d’altro canto, che in tale giudizio difetta quell’ambiente processuale decisorio che è necessario ad accertare l’effettiva sussistenza delle sopravvenienze[14].

Tanto varrebbe, dunque, consentire una revoca unilaterale ad nutum[15].

La soluzione ora indicata, d’altro canto, non è fatta propria dalla giurisprudenza di legittimità[16].

La via d’uscita, suggerita dalla dottrina[17], sarebbe quella di imporre alla parte i cui interessi sono colpiti dalla sopravvenienza di richiedere, a processo chiuso, la modifica ai sensi dell’art. 473-bis.29 delle condizioni di divorzio recepite dalla sentenza definitiva per i fatti venutesi a verificare dopo il momento del deposito del ricorso introduttivo del procedimento su domanda congiunta[18].

È questa, d’altro canto, una soluzione che attesta la non comparabilità dei due percorsi processuali in esame, tenuto conto che, peraltro, l’art. 473-bis.19, comma 2, consente il superamento delle barriere preclusive rispetto alle richieste di contributo economico a favore delle parti anche nel caso di nuovi accertamenti istruttori.

Rispetto a questo problema, si è osservato che «la coerenza di una tesi rispetto al sistema si evince dal complesso dei dati che riguardano le situazioni fisiologiche e non già certamente quelle patologiche»[19].

In astratto, quanto riportato trova senz’altro la nostra approvazione. Rispetto la fattispecie di cui si discute, d’altro canto, non sembra che il mutare del rapporto sostanziale nel tempo costituisca – specie in questo settore – un fenomeno «patologico».

Ed al contempo, cambiando punto d’osservazione, la permeabilità del procedimento giurisdizionale alle sopravvenienze rappresenta essa stessa un tratto «fisiologico» del processo nel suo porsi in posizione servente al diritto, stante il noto principio di strumentalità che lega i due fenomeni.

È vero che la natura sostanzialmente omologatoria del giudizio potrebbe far dubitare della pertinenza di tali osservazioni, ma occorre anche tener conto che il cumulo di domande congiunte determina una particolare alterazione della sequela procedimentale, che si proietta lungo un arco temporale ben più lungo rispetto a quello ordinario.

In definitiva, anche il problema appena indicato, che potrebbe essere declassato come meramente pratico, rinvia ad un’attenta riflessione sulla diversa natura dei due giudizi, quello contenzioso, da un lato, e quello su domanda congiunta dall’altro, e sulle ragioni che giustificano un loro diverso trattamento processuale.

[1] In dottrina, a favore dell’ammissibilità del cumulo, v. M. Paladini, Il simultaneus processus di separazione e divorzio, in AA.VV., La riforma del processo e del giudice per le persone, per i minorenni e per le famiglie. Il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, a cura di C. Cecchella, Torino, 2023, 54-55; M.A. Lupoi, I procedimenti speciali, in Il processo civile dopo la riforma Cartabia, a cura di F. De Santis e A. Didone, Padova, 2023, § 7; F. Tommaseo, Separazione e divorzio: domande cumulate anche nel ricorso congiunto?, in www.altalex.com; F. Danovi, Per l’ammissibilità della domanda congiunta (cumulata) di separazione e divorzio (prime riflessioni nell’era della riforma Cartabia), in Fam. dir., 2023, 487 ss.; in giurisprudenza, v. il verbale della riunione ex art. 47 quater ord. giud. della Prima Sezione del Tribunale di Genova, in www.aiaf-avvocati.it; Trib. Milano, 5 maggio 2023, in www.ilcaso.it. Nel senso contrario, in dottrina, v. C. Cecchella, La babele delle lingue sulla domanda condivisa di separazione e scioglimento del matrimonio formulate in un unico procedimento, in www.altalex.com; A. Neri, Sub art. 473-bis.51, in Provvedimenti relativi alle persone, ai minorenni e alle famiglie, a cura di R. Donzelli e coordinato da G. Savi,  Milano, 2023, § 4; in giurisprudenza, v. la comunicazione del Presidente del Tribunale di Bari del 6 aprile 2023, in www.ordineavvocati.bari.it, nonché la comunicazione del Presidente del Tribunale di Padova del 7 aprile 2023, in www.ordineavvocati.padova.it; ed ancora, da ultimo, Trib. Firenze, 15 maggio 2023, in www.osservatoriofamiglia.it.

[2] Trib. Firenze, 15 maggio 2023, cit.

[3] Così, F. Danovi, Per l’ammissibilità, cit., 489 (c.vo nostro).

[4] Così, C. Cecchella, La babele, cit.

[5] Cfr. C. Cecchella, La babele, cit.; in giurisprudenza, v. le citate comunicazioni dei Presidenti dei Tribunali di Bari e Padova, nonché Trib. Firenze, 15 maggio 2023, cit.

[6] F. Tommaseo, Separazione e divorzio, cit.

[7] Si pensi ai diritti dei figli, sia minori che maggiorenni non autosufficienti, o, nei limiti della compatibilità, portatori di handicap grave.

[8] Si pensi all’assegno di mantenimento separativo e all’assegno divorzile.

[9] Di diverso avviso, F. Danovi, Per l’ammissibilità, cit., 491.

[10] La questione è condivisibilmente rimarcata da C. Cecchella, La babele, cit.

[11] Cfr., si vis, il nostro commento all’art. 473-bis.49, in Provvedimenti, cit.

[12] Punto giustamente rimarcato da C. Cecchella, La babele, cit.

[13] Come, invece, vorrebbe Trib. Milano, 5 maggio 2023, cit.

[14] Ed, infatti, F. Danovi, Per l’ammissibilità, cit., 492, evidenzia opportunamente «la difficoltà […] di discernere tra le allegazioni delle parti di mutamenti reali o solo pretesi tali».

[15] Cfr. il verbale della riunione ex art. 47 quater ord. giud. della Prima Sezione del Tribunale di Genova, cit., in cui si osserva che, «quando diventa procedibile la domanda di divorzio, i coniugi dovranno essere riconvocati per confermare le condizioni precedentemente proposte ed in caso di mancata conferma delle condizioni non potrà essere pronunciata sentenza di divorzio congiunto».

[16] Cfr. Cass., 7 luglio 2021, n. 19348, in Fam. dir., 2022, 255 ss., con ampia nota di A. Frassinetti, Sulla revoca unilaterale del consenso al divorzio congiunto.

[17] Cfr. F. Danovi, Per l’ammissibilità, cit., 492.

[18] Cfr. le puntuali osservazioni di F. Danovi, Per l’ammissibilità, cit., 492.

[19] F. Danovi, Per l’ammissibilità, cit., 493.