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Il ricorso per la nomina dell’Amministratore di sostegno mediante i Servizi della Pubblica Amministrazione (Progetto Polis)
Di Emanuela Morotti -
SOMMARIO: 1. Il progetto Polis – 2. La questione dell’onere della difesa tecnica nel procedimento per l’amministrazione di sostegno – 3. Un bilancio della misura: costi, tempi, prossimità, adeguatezza degli uffici postali – 4. Problemi irrisolti e nuove criticità.
1.Il progetto Polis
Nell’ambito del Piano nazionale Complementare al PNRR[1], il Decreto Legge n. 59 del 6 maggio 2021 (Misure urgenti relative al Fondo complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza e altre misure urgenti per gli investimenti) ha stanziato importanti finanziamenti[2] per avviare il progetto Polis – Case dei servizi di cittadinanza digitale, con l’obiettivo di favorire la coesione economica, sociale e territoriale del Paese, nonché il superamento del digital divide nei piccoli centri e nelle aree interne[3]. Attraverso gli uffici di Poste Italiane presenti sul territorio, il Governo si propone di offrire ai cittadini un accesso facilitato a tutti i servizi pubblici, tra i quali compaiono la richiesta e il rinnovo di documenti di identità[4], la richiesta di certificati anagrafici[5], la richiesta di certificati previdenziali, le prenotazione su CUP Unico Regionale, le autodichiarazioni per esenzioni per reddito, l’assicurazione obbligatoria delle casalinghe, l’esonero/esenzione del canone RAI, il rilascio/rinnovo della patente nautica, il rilascio del certificato del casellario giudiziario.
Tra i numerosi servizi erogati è disponibile anche il ricorso per l’istituzione dell’amministratore di sostegno[6], con il quale si potrà presentare personalmente il ricorso presso uno degli Uffici Postali Polis abilitati, senza doversi recare in Tribunale. Sarà necessario fornire il proprio documento di riconoscimento, comprensivo di codice fiscale, il modulo del ricorso (la domanda di nomina di amministratore di sostegno) e gli allegati scaricabili dal sito del Ministero di Giustizia: ossia, per il beneficiario, l’estratto integrale dell’atto di nascita, il certificato anagrafico di residenza, il certificato storico di stato di famiglia, il certificato medico attestante le condizioni psicofisiche, il certificato d’intrasportabilità nel caso in cui il beneficiario stesso abbia deficit motori e l’autocertificazione di domicilio; mentre, per il familiare, la dichiarazione di assenso alla nomina dell’amministratore di sostegno[7].
L’ufficio postale verificherà che il tribunale a cui è indirizzato l’atto rientri nel perimetro del progetto Polis e che corrisponda al tribunale a cui l’ufficio postale medesimo è associato. Se la verifica ha esito positivo, l’ufficio postale invierà i documenti in modalità cartacea al tribunale entro un termine indicativo di 6 giorni lavorativi successivi. I costi a carico del richiedente sono ridotti, essendo tenuto al pagamento del bollo digitale di 27 euro e di 6,20 euro per il servizio di acquisizione e inoltro appena visti.
Infine, nei medesimi uffici postali abilitati a ricevere il ricorso per la nomina dell’amministratore di sostegno, è possibile presentare il rendiconto dello stato patrimoniale dell’amministrato. Anche in tal caso, l’amministratore di sostegno non dovrà recarsi al Tribunale, ma potrà rivolgersi all’ufficio postale, portando con sé i documenti di riconoscimento, il codice fiscale, il modulo di rendiconto e i relativi allegati, scaricabili dal sito del Ministero di Giustizia. Entro una settimana, l’ufficio postale inoltrerà tutta la documentazione in modalità cartacea al tribunale, previo il pagamento di 6,20 euro per il costo del servizio.
2. La questione dell’onere della difesa tecnica nel procedimento per l’amministrazione di sostegno
La proposizione del ricorso per la nomina dell’amministratore di sostegno presso gli uffici postali è stata ampiamente criticata[8], in ragione della svalutazione del ruolo dell’avvocato che conseguirebbe dall’adozione di tale misura.
Ripercorrendo le posizioni della dottrina e della giurisprudenza sulla necessità della difesa tecnica nei giudizi per la nomina dell’amministratore di sostegno, si trovano delle posizioni contrastanti[9].
La giurisprudenza della Corte di Cassazione, in una massima del 2006, ha affermato che «Il procedimento per la nomina dell’amministratore di sostegno, il quale si distingue, per natura, struttura e funzione, dalle procedure di interdizione e di inabilitazione, non richiede il ministero del difensore nelle ipotesi, da ritenere corrispondenti al modello legale tipico, in cui l’emanando provvedimento debba limitarsi ad individuare specificamente i singoli atti, o categorie di atti, in relazione ai quali si richiede l’intervento dell’amministratore; necessita, per contro, detta difesa tecnica ogni qualvolta il decreto che il giudice ritenga di emettere, sia o non corrispondente alla richiesta dell’interessato, incida sui diritti fondamentali della persona, attraverso la previsione di effetti, limitazioni o decadenze analoghi a quelli previsti da disposizioni di legge per l’interdetto o l’inabilitato, per ciò stesso incontrando il limite del rispetto dei principi costituzionali in materia di diritto di difesa e del contraddittorio»[10].
La medesima massima è riproposta anche dalla giurisprudenza più recente[11], ribadendo la non necessità del difensore, laddove il provvedimento si limiti ad affidare all’amministratore compiti di sostegno o rappresentanza, ritagliando al beneficiario un ampio raggio di autonomia. Al contrario, se il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno provvede a disporre le decadenze o gli effetti incapacitanti tipici dell’interdizione, il beneficiario deve essere messo in condizione di potersi efficacemente tutelare attraverso la nomina di un difensore[12].
La lettura proposta dai Giudici di legittimità è stata successivamente sostenuta anche dalla Corte Costituzionale, che l’ha utilizzata per argomentare la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 407 e 408 c.c., censurati in riferimento agli artt. 2, 3 e 24 Cost., nella parte in cui non impongono, a favore della persona interessata, l’assistenza tecnica da parte di un patrocinatore legale nel procedimento per l’istituzione dell’amministrazione di sostegno[13].
Fin da subito, la dottrina ha osservato alcune incongruenze derivanti dal principio di diritto espresso dalla Corte[14]. Innanzitutto, la necessità del patrocinio non può dipendere dal contenuto del provvedimento finale assunto dal giudice[15], ma dalla natura delle questioni oggetto del procedimento[16].
Un ulteriore passaggio controverso riguarda la distinzione tra provvedimenti che incidono o meno sulla capacità d’agire del beneficiario, dal momento che quest’ultima risulterà inevitabilmente limitata dall’adozione della misura di protezione[17].
In particolare, il riferimento ai diritti inviolabili dell’uomo è parso ad alcuni autori superfluo[18], considerata la difficoltà di capire quale significato assuma, in concreto, tale espressione[19].
Inoltre, l’interpretazione della Corte si pone in contrasto con l’art. 411, comma 4, c.c., in base al quale «Il provvedimento è assunto con decreto motivato a seguito di ricorso che può essere presentato anche dal beneficiario direttamente», indicando espressamente la possibilità, per la parte, di stare in giudizio senza il patrocinio di un difensore[20].
La dottrina ha quindi preso le distanze da tale sentenza, ribadendo l’unitarietà del procedimento di amministrazione di sostegno[21].
Per inciso, si ricorda che un ulteriore argomento spesso richiamato riguarda la riconducibilità del ricorso in questione al novero dei procedimenti di volontaria giurisdizione[22]: parte della dottrina riconosce, in linea con la stessa Cass. 29 novembre 2006 n. 25366, che il carattere di volontaria giurisdizione del procedimento non sarebbe comunque dirimente per stabilire se il ricorrente debba farsi rappresentare da un avvocato[23], stante le numerose eccezioni ammesse dal legislatore, in cui si prevede l’onere del patrocinio anche in tali tipi di procedimenti[24]. Tuttavia, si è osservato che nei procedimenti di volontaria giurisdizione prevale la mancanza del ministero del procuratore[25], posizione confermata anche dalla maggioranza della giurisprudenza, secondo la quale «nei procedimenti di volontaria giurisdizione, in cui manca una contesa su diritti, soggetta al rito camerale, e che dà luogo a provvedimenti sostanzialmente amministrativi, e solo soggettivamente giudiziari, in quanto attribuiti alla competenza di un giudice anziché di un’autorità amministrativa, non sia necessario il ministero del procuratore»[26], anzi, il ricorso al patrocinio si risolverebbe in un pregiudizio alla parte[27].
Anche se oggi la questione dell’onere della difesa tecnica non è ancora del tutto sopita[28], il dibattito appena accennato fornisce utili indicazioni per affrontare le novità del progetto Polis.
In base ad esso, il ricorso deve essere presentato personalmente, senza l’ausilio di un avvocato, rivelandosi, dunque, in linea con la lettera della legge (cfr. art. 411, comma 4, c.c.) e con l’interpretazione fornita dalla dottrina più autorevole. Ciò non significa, come si vedrà, che il ricorso tramite gli uffici postali sia privo di difetti, ma solamente che questi ultimi non sono da ricercare nella mancata previsione della difesa tecnica.
Rimanendo sul profilo processuale, non si pone nemmeno il problema di un possibile utilizzo abusivo della procedura Polis per introdurre, in manera più semplice e agevole, il giudizio di interdizione o di inabilitazione. Si pensi al caso di un ricorso per disporre l’amministrazione di sostegno, presentato dai familiari di una persona che si trovi in una condizione, evidente e medicalmente accertata, di assoluta incapacità a provvedere a se stesso. In una simile circostanza, il giudice tutelare dovrà riconoscere che tale misura non sia idonea a tutelare adeguatamente l’interessato, valutando l’opportunità di ricorrere ad un diverso istituto, a seconda dei presupposti, l’interdizione o l’inabilitazione[29]. A questo punto, il giudice tutelare sarà tenuto a respingere il ricorso inizialmente presentato per l’amministrazione di sostegno, disponendo, di seguito, la trasmissione degli atti al pubblico ministero[30], che dovrà successivamente instaurare il giudizio di interdizione o di inabilitazione necessario.
3.Un bilancio della misura: costi, tempi, prossimità, adeguatezza degli uffici postali
La possibilità di presentare ricorso per la nomina dell’amministratore di sostegno presso gli uffici postali non assicura particolari vantaggi rispetto alla procedura tradizionale.
Quanto ai costi, anche al di fuori dalla procedura Polis, l’iscrizione della domanda per la nomina dell’amministratore di sostegno non ha alcun costo, né per le spese di registrazione né per il contributo unificato, essendo solamente dovuta la marca da bollo da 27 euro[31]. L’art. 46 bis disp. att. c.c., infatti, disponendo che «Gli atti e i provvedimenti relativi ai procedimenti previsti dal titolo XII del libro primo del codice non sono soggetti all’obbligo di registrazione e sono esenti dal contributo unificato previsto dall’articolo 9 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115», si applica anche agli atti e ai provvedimenti relativi al procedimento per l’istituzione dell’amministratore di sostegno.
Resta fermo che potranno esserci altre spese per la procedura, come, ad esempio, le spese certe per il rilascio delle copie autentiche del decreto di nomina dell’amministratore di sostegno e del verbale di giuramento (cfr. T.U. in materia di spese di giustizia, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115).
A ciò si aggiungono le spese eventuali, come, ad esempio, quelle richieste per la Consulenza Tecnica d’Ufficio, che, in base all’art. 407, terzo comma, c.c.[32], può essere disposta anche d’ufficio dal giudice tutelare.
Quanto ai tempi, l’ufficio postale garantisce unicamente di consegnare al tribunale il ricorso entro 6 giorni dalla presentazione, ma non assicura, di per sé, che si svolga rapidamente anche la successiva trattazione. A tal proposito, è bene evidenziare che già l’art. 405, primo comma, c.c., detta dei tempi molto stringenti, stabilendo che «Il giudice tutelare provvede entro sessanta giorni dalla data di presentazione della richiesta alla nomina dell’amministratore di sostegno con decreto motivato immediatamente esecutivo, su ricorso di uno dei soggetti indicati». Anche se, nella realtà dei fatti, queste tempistiche non sono sempre rispettate[33], si tratta comunque di un procedimento veloce, attribuito ad un organo snello, privo dei formalismi tipici dei processi avanti al collegio, e in grado di
«decidere senza particolari regole processuali che non siano strettamente funzionalizzate alla migliore tutela dell’interesse delle persone deboli»[34].
L’unico vantaggio in più della procedura Polis rispetto a quella ordinaria sembra risiedere nell’elemento di prossimità che caratterizza il recarsi agli uffici postali, considerato che spesso il diretto interessato o i suoi familiari tendono a ritardare il più possibile la nomina di un amministratore di sostegno (ma anche, a maggior ragione, delle altre figure di protezione legale) per svariati motivi: o perché non si vuole che un terzo, quale il giudice tutelare, intervenga in particolari decisioni, soprattutto di rilievo economico, nell’ambito della famiglia, o per lo stigma sociale che, purtroppo, accompagna ancora oggi le situazioni di incapacità e di malattia (sia fisica sia psichica). In questo contesto, la possibilità di rivolgersi all’ufficio postale ˗ e non direttamente al tribunale ˗ è senza dubbio un passo in avanti nell’avvicinare la figura dell’amministrazione di sostegno alla quotidianità di tutti i giorni.
Si tratta, però, di un vantaggio limitato, dato che la nuova procedura riguarda solo la fase di presentazione, mentre la successiva trattazione dovrà necessariamente svolgersi nella sua sede di competenza, ossia il tribunale.
Inoltre, permane il dubbio che l’ufficio postale sia l’ente più adatto a trasmettere tale ricorso, e non piuttosto i presidi socio sanitari territoriali, come Asl o Ausl[35], che già conoscono le situazioni di malattia delle persone che hanno in cura e potrebbero proporre, all’interessato o ai suoi familiari, l’attivazione di una figura legale di protezione, occupandosi anche di ricevere la relativa domanda e indirizzarla al tribunale di competenza. Tale ipotesi consentirebbe anche un miglior coordinamento con l’art. 406, terzo comma, c.c., in base al quale «I responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona, ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l’apertura del procedimento di amministrazione di sostegno, sono tenuti a proporre al giudice tutelare il ricorso di cui all’articolo 407 o a fornirne comunque notizia al pubblico ministero».
4.Problemi irrisolti e nuove criticità
Al di là delle buone intenzioni, il progetto Polis resta limitato alla fase di presentazione del ricorso, per cui sarebbe sbagliato interpretarlo come se si fosse voluto, attraverso tale misura, correggere, nel suo complesso, le criticità dell’amministrazione di sostegno, per la quale sarebbe necessario un ripensamento profondo, anche nel senso di un superamento della tutela e della curatela, a favore di un unico istituto di protezione[36].
Nel ridotto ambito di applicazione che le è dato, la presentazione del ricorso mediante gli uffici postali non sembra portare un rilavante giovamento nemmeno a livello di procedura, dato che i principali difetti del giudizio in esame non riguardano l’introduzione del ricorso, ma sono individuati dai pratici con riferimento alla successiva fase della trattazione[37].
Inoltre, attualmente, il progetto Polis è attivo solo in alcuni uffici postali e non è garantito in tutte le Regioni[38], così aumentando la disomogeneità, già oggi presente, a livello territoriale nella concreta applicazione dell’amministrazione di sostegno: si pensi alle diverse Leggi Regionali in materia[39], con le conseguenti differenze nelle linee guida e nelle prassi operative dell’istituto[40]. Per questa ragione, una volta terminata la fase sperimentale, ci si augura almeno che l’introduzione di tale misura sia uniforme a livello territoriale, e non prerogativa solo di alcuni uffici postali, perché finirebbe per produrre una nuova disuguaglianza nell’accesso alla giustizia.
[1] Cfr. il sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze al link: www.rgs.mef.gov.it.
[2] Cfr. D.L. 59/2021, comma 2, f) n. 1: « Polis” – Case dei servizi di cittadinanza digitale: 125 milioni di euro per l’anno 2022, 145 milioni di euro per l’anno 2023, 162,62 milioni di euro per l’anno 2024, 245 milioni di euro per l’anno 2025 e 122,38 milioni di euro per l’anno 2026».
[3] Come si legge sul sito di Poste italiane al link: www.posteitaliane.it/progetto-polis, si determinerà un’accelerazione della trasformazione verso il digitale del rapporto tra cittadini e Pubblica Amministrazione, dotando, quest’ultima, di un punto di accesso unico e vicino ai cittadini, nei territori in cui la diffusione di servizi digitali incontra oggi le maggiori difficoltà.
[4] Tra cui si ricordano il Passaporto, Carta d’identità Elettronica, Codice Fiscale, Carta Nazionale Servizi e Tessera Sanitaria, duplicati patente.
[5] In particolare, sarà possibile richiedere il certificato anagrafico di nascita, di matrimonio, di cittadinanza, di esistenza in vita, di residenza, di residenza AIRE, di stato civile, di stato di famiglia, di residenza in convivenza, di stato di famiglia AIRE, di stato di famiglia con rapporti di parentela, di stato libero, di unione civile, di contratto di convivenza.
[6] Tra i primi commenti sulla figura, si rinvia a G. Ferrando (a cura di), L’amministrazione di sostegno. Una nuova forma di protezione dei soggetti deboli, Milano, 2005, p. 21 ss.; S. Delle Monache, Prime note sulla figura dell’amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, in Nuova giur. civ. comm., 2004, p. 29; C. M. Bianca, L’autonomia privata: strumenti di esplicazione e limiti, in La riforma dell’interdizione dell’inabilitazione, a cura di S. Patti, Quaderni di Familia, 2004, 1, p. 120; L. Balestra, Gli atti personalissimi del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, in Familia, 2005, p. 659; A. Gorgoni, L’amministrazione di sostegno: profili sostanziali, in RiDP, 2006, p. 603 ss.; A. Venchiarutti, Amministrazione di sostegno e trust per una protezione articolata del disabile, in Nuova giur. civ. comm., 2006, 1, p.1209 ss.; P. Morozzo della Rocca, L’attività dell’amministratore di sostegno tra gratuità e onerosità, in Fam. e dir., 2006, p. 536 ss.; L. Tafaro, L’amministrazione di sostegno nel sistema italo-comunitario: applicazioni e prospettive, in Il giusto processo civile, 2008, p. 3; R. Masoni, Presupposti sostanziali della protezione, in L’amministrazione di sostegno, a cura di R. Masoni, Santarcangelo di Romagna, 2009, p. 150 ss.; C. Perlingieri, Amministrazione di sostegno e neuroscienze, in Le Corti Salernitane, 2013, 3-4, p. 447 ss.; G. Bonilini, in G. Bonilini- F. Tommaseo, Dell’amministrazione di sostegno, nel Commentario Schlesinger, Milano, 2018, sub artt. 404-413, p. 39; I. Prisco, Amministrazione di sostegno e atti personalissimi, Napoli, 2018, p. 31 ss.; G. Di Martino, Inquadramento, disciplina ed effetti, in Capacità e incapacità, a cura di F. Rossi, Napoli, 2018, p. 129.
[7] Tali indicazioni sono fornite dal sito del Ministero della Giustizia, nella pagina dedicata al Tribunale online, disponibile al link: https://smart.giustizia.it.
[8] Cfr. il comunicato stampa del Consiglio Nazionale Forense del 20 aprile 2023, disponibile al link www.consiglionazionaleforense.it/web/cnf-news/-/24697-181, dove si legge che «Si ritiene fortemente fuorviante il messaggio inviato secondo cui il ricorso per l’istituzione dell’amministratore di sostegno può essere proposto presso un ufficio postale o che allo stesso venga inoltrato il rendiconto dello stato patrimoniale della persona sottoposta ad amministrazione di sostegno o a tutela. […]L’accesso agli strumenti di tutela del cittadino, tra i quali rientra a pieno titolo quello dell’amministrazione di sostegno in determinate situazioni non può che passare attraverso gli ortodossi presidi di legalità di prossimità che ne assicurano la concreta effettività. […]Non si può in nome del propagandato efficientismo fornire al cittadino una informazione parziale che potrebbe portare a comprimere i diritti di difesa, specialmente se riguarda i soggetti più deboli, e a limitare la funzione e il ruolo degli avvocati».
Si veda anche il comunicato stampa rilasciato dall’Ordine degli Avvocati di Roma, dal titolo “L’amministratore di sostegno? Si compra alle Poste come una raccomandata”, disponibile alla pagina www.ordineavvocatiroma.it/lamministratore-di-sostegno-si-compra-alle-poste-come-una-raccomandata, dove il Presidente dell’Ordine afferma che «Ci sono situazioni in cui l’assistenza di un legale è indispensabile proprio per la delicatezza della materia e incidere in maniera così profonda sullo status giuridico di un cittadino come con la nomina di un amministratore rientra di certo in quei casi. Chi fornisce assistenza? Chi valuta la situazione e spiega le conseguenze ai familiari, chi li assiste? Un impiegato delle Poste? E con quale formazione giuridica? La deriva sembra quella di ridurre via via gli spazi di assistenza tecnico-legale, quasi che l’avvocato fosse un fastidioso orpello non più necessario mentre qui in gioco c’è il diritto dei cittadini a confrontarsi con situazioni tanto complesse conoscendo adeguatamente i propri diritti e doveri».
[9] Per una approfondita ricostruzione si rinvia a M.N. Bugetti, Amministrazione di sostegno “incapacitante” e necessità della difesa tecnica, in Corriere giuridico, 2007, 2, p. 205, dove precisa, tra l’altro, che il dibattito in questione deve essere limitato al ricorso introduttivo del procedimento di nomina, in quanto il patrocinio del difensore è senza dubbio necessario per il ricorso in Cassazione, mentre non lo è per i procedimenti interni all’amministrazione. In particolare, sul tema, si veda G. Campese, L’istituzione dell’amministratore di sostegno e le modifiche in materia di interdizione e di inabilitazione, in Fam. e dir., 2004, p. 122; G. Bonilini – A. Chizzini, L’amministrazione di sostegno, Padova, 2004, p. 51 ss.; E. Calò, Amministrazione di sostegno, Milano, 2004, p. 91; S. Chiarloni, Prime riflessioni su alcuni aspetti della disciplina processuale dell’amministrazione di sostegno, in Giur. it., 2004, p. 2433; F. Danovi, Il procedimento per la nomina dell’amministratore di sostegno (l. 9 gennaio 2004, n. 9), in Riv. dir. proc., 2004, p. 797; F. Agnino, Procedimento per la nomina dell’amministratore di sostegno: escluso l’onere dell’assistenza legale (Corte d’Appello Venezia, sez.3.,16 gennaio 2006), in Il corriere del merito, 2006, 4. p. 479 ss.; M. Di Marzio, Amministrazione di sostegno e difesa tecnica, in Giur. merito, 2005, 7-8, p. 1515; M. Comastri- L. Zaffaroni, Art. 720 bis, commento in Codice di procedura civile ipertestuale, a cura di L.P. Comoglio – R. Vaccarella, Torino, 2006, p. 2592; E. Vullo, Alcuni problemi della disciplina processuale dell’amministrazione di sostegno, in Fam. e dir., 2006, p. 431 ss.; E. Pappalettere Montserrat, Il procedimento per la nomina dell’amministratore di sostegno come espressione della “giurisdizione sensibile”: il problema della difesa tecnica, in Giur. it., 2006, 7, p. 1392 ss.; R. Masoni, Amministrazione di sostegno ed onere del patrocinio: primi contrasti tra le Corti, in Giurisprudenza italiana, 2006, 8-9, p. 1612 ss.; M. Di Marzio- M.C. Di Profio, Il ricorso per la nomina dell’amministratore di sostegno non richiede il ministero del difensore: come volevasi dimostrare. Amministrazioni di sostegno e difesa tecnica. [App. Venezia 16 gennaio 2006], in Giurisprudenza di merito, 2006, 5, p. 1126 ss.; A. M. Socci, L’amministrazione di sostegno, tra esigenze di modernità e snellezza e di tutela dei diritti coinvolti, in Giur. It., 2007, 10, p. 2264; C. Romano, Profili procedurali, in Capacità e incapacità, a cura di F. Rossi, Napoli, 2018, p. 188.
[10] Così si legge in Cass. 29 novembre 2006 n. 25366, in Fam. Pers. Succ., 2007, 1, p. 15, con nota di A. Chizzini; e in Corriere Giur., 2007, 2, p. 199, con nota di M.N. Bugetti; in Famiglia e Diritto, 2007, 1, p. 19, con nota di F. Tommaseo; in Notariato, 2007, 1, p. 7, con nota di V. Carbone; in Famiglia e Diritto, 2007, 2, p. 121, con nota di A. Chizzini; in Giur. It., 2007, 10, p. 2264, con nota di A. M. Socci; in Nuova Giur. Civ., 2007, 1, p. 749, con nota di E. De Roma.
[11] Si vedano: Cass. civ., Sez. Unite, 30 luglio 2021, n. 21985 in Onelegale.it; Cass. 20 marzo 2013 n. 6861 in CED Cassazione, 2013; Cass. 7 dicembre 2011, n. 26365, in CED Cassazione 2011.
[12] Secondo le Linee giuda sull’amministrazione di sostegno, predisposte dalla redazione della rivista Persona e danno, a cura di P. Cendon, consultabili alla pagina: https://www.lineeguida-ammsostegno.it/paragrafo/1002-come-procedere-alla-nomina-del-difensore-quando-occorre-se-il-beneficiario-si-rifiuta, «Rare risultano le applicazioni pratiche delle conclusioni cui è pervenuta la Corte in tema di difesa tecnica. Nella misura in cui, comunque, si ritenga che nella fattispecie concreta il beneficiario debba essere sottoposto ad un’amministrazione di sostegno particolarmente “invasiva”, con applicazione di decadenze ed incapacità proprie dell’istituto dell’interdizione, e l’interessato non appaia in grado di comprendere la propria situazione e, conseguentemente, neppure validamente provvedere alla nomina di un difensore, si ritiene che si debba comunque preliminarmente cercare di spiegare la situazione alla persona interessa ed eventualmente ricercarne una condivisione. Nel caso in cui, comunque, come detto, l’interessato non appaia in grado di esprimere un consenso consapevole ed informato o si dimostri incapace di intendere e volere tout court, al fine di evitare possibili nullità processuali si ritiene che si debba pervenire alla nomina di un difensore, come richiesto dalla decisione della S.C. dianzi ricordata. Le possibilità applicative appaiono sostanzialmente due. Una prima possibilità può consistere nella nomina di un ADS provvisorio con lo scopo di individuare e dare mandato ad un difensore affinché, fra l’altro, assista la persona interessata nell’ulteriore corso del procedimento destinato a sfociare nell’applicazione di decadenze od limitazioni della capacità o, secondo ulteriore modalità, nella nomina proprio quale ADS provvisorio di un professionista legale. Una seconda opportunità, forse meno celere della precedente ma più garantista, è rappresentata dal ricorso tendente alla nomina di un curatore speciale del beneficiario, ex art. 78 c.p.c., che provvederà poi a sua volta al rilascio del mandato al difensore per l’assistenza legale ai fini dell’emissione di un provvedimento di ADS “incapacitante” (in questo senso appare orientato Trib. Varese, 12 febbraio 2013, in www.ilcaso.it)».
[13] Cfr. Corte cost., Ordinanza, 19 aprile 2007, n. 128 in Sito uff. Corte cost., 2007, dove si precisa che «Invero, il giudice a quo ha omesso di verificare la possibilità di pervenire, in via interpretativa, ad una soluzione conforme a Costituzione, come ha fatto, invece, successivamente all’ordinanza di rimessione, la Corte di Cassazione, la quale, con la sentenza n. 25366 del 2006, ha affermato il principio di diritto secondo cui “il procedimento per la nomina dell’amministratore di sostegno, il quale si distingue, per natura, struttura e funzione, dalle procedure di interdizione e di inabilitazione, non richiede il ministero del difensore nelle ipotesi, da ritenere corrispondenti al modello legale tipico, in cui l’emanando provvedimento debba limitarsi ad individuare specificamente i singoli atti, o categorie di atti, in relazione ai quali si richiede l’intervento dell’amministratore; necessitando, per contro, della difesa tecnica ogni qualvolta il decreto che il giudice ritenga di emettere, sia o non corrispondente alla richiesta dell’interessato, incida sui diritti fondamentali della persona, attraverso la previsione di effetti, limitazioni o decadenze, analoghi a quelli previsti da disposizioni di legge per l’interdetto o l’inabilitato, per ciò stesso incontrando il limite del rispetto dei principi costituzionali in materia di diritto di difesa e del contraddittorio”».
[14] La sentenza in esame non è stata accolta positivamente dalla dottrina. Ad esempio, F. Tommaseo, Amministrazione di sostegno e difesa tecnica in un’ambigua sentenza della Cassazione, in Famiglia e diritto, 2007, 1, p. 25, afferma che «Quanti confidavano che la questione della difesa tecnica nei procedimenti in materia di amministrazione di sostegno potesse trovare nella giurisprudenza della Cassazione dirimente soluzione restano certo delusi da questa sentenza che, per quanto diffusamente motivata, non è riuscita a dare una risposta netta e sicura al controverso tema», per poi commentare, a p. 29, che tale sentenza ha prodotto un «ircocervo». Sulla stessa linea, A. Chizzini, Brevi notazioni in tema di difesa tecnica nell’amministrazione di sostegno, in Famiglia e diritto, 2007, 2, p. 121, dove sostiene che tale sentenza «non può non lasciare perplessi, comunque la si voglia pensare, potendosi ben dire che con tale delfico responso nessuna certezza viene data ai quotidiani operatori».
[15] Secondo A. Chizzini, Brevi notazioni in tema di difesa tecnica nell’amministrazione di sostegno, cit., p. 123 «sembra del tutto un fuor d’opera, un bizzo non adeguatamente soppesato, l’idea per la quale l’onere della difesa tecnica venga a imporsi, si direbbe, “a posteriori”, in base al contenuto del provvedimento nel caso concreto assunto dal giudice, anche a seguito dell’istruttoria. Mai si è visto qualcosa del genere, assolutamente ingestibile poi sul piano pratico. Si ha l’impressione che qualcosa sia sfuggito nella verve motivatoria».
[16] È quanto sostiene F. Tommaseo, Amministrazione di sostegno e difesa tecnica in un’ambigua sentenza della Cassazione, cit., p. 26 «Conviene sùbito notare che la lettura del principio di diritto enunciato dalla Corte, con doveroso ossequio a quanto dispone il novellato art. 384 c.p.c., fa dipendere l’esistenza dell’onere del patrocinio non già dal fatto oggettivo della natura del procedimento, un riferimento che avrebbe dato certa soluzione alla delicata questione, bensì dal contenuto del provvedimento finale e, in particolare, dalla natura degli effetti che in tale provvedimento hanno il proprio titolo costitutivo. Inteso alla lettera, il dictum del giudice della nomofilachia avrebbe in sé il germe dell’irrazionalità, facendo dipendere l’individuazione delle regole del procedimento formativo del provvedimento finale dai contenuti che il giudice imprime a quest’ultimo, eventualmente anche con iniziativa ufficiosa». Si veda, sul punto, anche M.N. Bugetti, Amministrazione di sostegno “incapacitante”, cit., p. 211, dove osserva un rovesciamento della direzione in cui opera il principio di propagazione delle nullità processuali.
[17] Si veda A. Chizzini, Brevi notazioni in tema di difesa tecnica nell’amministrazione di sostegno, cit., p. 123, secondo il quale «In secondo luogo, se si cerca di approfondire profili correlati, sebbene su di un diverso piano, non si può non considerare un dato: a qualsiasi intervento giudiziale attuato mediante l’amministrazione di sostegno consegue inevitabilmente, in qualche misura (comunque la si voglia intendere), una corrispondente limitazione nella capacità d’agire del beneficiario, una (almeno indiretta) incisione sulle sue situazioni giuridiche soggettive. Su questo piano non ha alcun senso distinguere tra provvedimenti che non incidono e provvedimenti che incidono su quella capacità, che in realtà risulta sempre e comunque incisa».
[18] Sempre A. Chizzini, Brevi notazioni in tema di difesa tecnica nell’amministrazione di sostegno, cit., p. 123, lo definisce ultroneo, dal momento che «non si intende come tale e così alta espressione venga assunta nel caso di specie, ovvero nel concreto quali posizioni giuridiche tutelate dall’ordinamento si voglia descrivere».
[19] Cfr. F. Tommaseo, Amministrazione di sostegno e difesa tecnica in un’ambigua sentenza della Cassazione, cit., p. 28, «A ciò si aggiunga, conviene rilevarlo, che far riferimento ai diritti fondamentali della persona significa utilizzare una categoria concettuale dai contorni tutt’altro che definiti, come dimostra la perdurante diatriba che riguarda il significato da attribuire ai diritti inviolabili a cui fa riferimento la nostra Costituzione anche in relazione al catalogo dei diritti dell’uomo che ritroviamo, e non da ultimo, nel diritto convenzionale». Anche M.N. Bugetti, Amministrazione di sostegno “incapacitante”, cit., p. 212, nota l’indeterminatezza del parametro usato dalla Corte.
[20] È quanto ritiene anche F. Tommaseo, Amministrazione di sostegno e difesa tecnica in un’ambigua sentenza della Cassazione, cit., p. 28: «Come ho già sostenuto in altra sede, mi sembra che tale formula vada interpretata come fonte del potere attribuito al beneficiario di presentare personalmente l’istanza e quindi senza il ministero del difensore: regola che alcuni ritengono ricognitiva del principio generale, operante anche nel procedimento di apertura, per cui la parte può stare in giudizio personalmente, altri invece vi ravvisano il fondamento della regola secondo la quale la gestione dell’amministrazione di sostegno è aperta ad iniziative che non richiedono il patrocinio d’un difensore».
[21]Secondo F. Tommaseo, Amministrazione di sostegno e difesa tecnica in un’ambigua sentenza della Cassazione, cit., p. 30, «Ognuno vede come questa ricostruzione cancelli il carattere unitario dell’amministrazione di sostegno e introduca pregiudizievoli elementi d’incertezza sull’individuazione delle forme del procedimento per quanto riguarda, in particolare, la questione della necessità della difesa tecnica. Si ha l’impressione che la Corte, nel rinunciare ad elaborare una soluzione unitaria di tale questione, l’abbia di fatto rimessa alla valutazione della parte e del giudicante, rivolgendo alla prima un’implicita ammonizione sui rischi che possono derivare dalla rinuncia ad avvalersi del patrocinio d’un difensore e consentendo al secondo di seguire la prassi dell’ufficio giurisdizionale a cui appartiene». Nello stesso senso anche A. Chizzini, Brevi notazioni in tema di difesa tecnica nell’amministrazione di sostegno, cit., p. 124, dove conferma che «la struttura del procedimento è pur unitaria, non è possibile costruire due diversi sotto-tipi di processo, l’uno contenzioso e l’altro volontario, ciascuno con proprie e particolari regole d’attuazione; il processo è unico, uniche le forme, qualsiasi venga ad essere il grado di limitazione nel proprio agire per il beneficiario, per il quale sempre si tratta solo di profilare una restrizione nella mera gestione degli interessi personali e patrimoniali e mai di un accertamento d’incapacità».
[22] Sul punto, si rinvia a M. Tescaro, voce Amministrazione di sostegno, in Digesto delle Discipline Privatistiche, Sezione Civile, Aggiornamento, I, Utet, 2007, p. 27, e a M. Di Marzio, Amministrazione di sostegno e difesa tecnica, in Giur. merito, 2005, cit., p. 1517 ss. In tema, si veda, più di recente, E. Serrao, Amministrazione di sostegno e rappresentanza processuale, in Giur. merito, 2011, 5, p. 1449 ss.; A. Fabbricatore, Sulla natura del procedimento per la nomina dell’amministratore di sostegno, in Giur. it., 2007, 3, p. 771 ss.
[23] Il riferimento dottrinale è a F. Tommaseo, Amministrazione di sostegno e difesa tecnica in un’ambigua sentenza della Cassazione, cit., p. 29.
[24] Cfr. Cass. 29 novembre 2006 n. 25366, secondo la quale «possono al riguardo richiamarsi, in materia di adozione, la L. n. 184 del 1983, art. 10 come modificato dalla L. n. 149 del 2001, art. 10 – la cui efficacia, quanto alle disposizioni processuali nella stessa contenute, è, peraltro, tuttora sospesa, per effetto delle reiterate proroghe disposte -, il quale impone la presenza del difensore sin dal primo atto del procedimento relativo all’accertamento dello stato di abbandono del minore, nonché la prescrizione, contenuta nella stessa L. n. 149 del 2001, art. 37, che nei procedimenti camerali di ablazione o di limitazione della potestà genitoriale regolati dal codice civile (artt. 330, 333, 336) i genitori e il minore siano assistiti da un difensore, anche a spese dello Stato nei casi previsti dalla legge. Ed ancora la nuova disciplina del processo societario prevede la necessità della difesa tecnica per tutti i procedimenti camerali di giurisdizione volontaria bi- o plurilaterali, mentre la considera facoltativa per i procedimenti unilaterali (D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, art. 25, comma 3)». La Corte conclude, dunque che «l’equivalenza tra rito della giurisdizione volontaria ed attività amministrativa del giudice deve considerarsi ampiamente superata e che anche il binomio rito camerale – atecnicità della difesa non è ulteriormente sostenibile, attesa la sempre più estesa utilizzazione da parte del legislatore di detto rito camerale, in ragione della sua maggiore funzionalità rispetto ad esigenze di semplificazione e concentrazione. Il rito camerale è invero divenuto una sorta di contenitore neutro (secondo la felice espressione di S.U. 1996 n. 5629), nel quale possono svolgersi non soltanto questioni inter volentes, ma vere e proprie controversie su diritti o status».
[25] È l’opinione di A. Chizzini, Brevi notazioni in tema di difesa tecnica nell’amministrazione di sostegno, cit., p. 122, dove sostiene che «se è vero che nel sistema attuale non si può costruire un rapporto costante e biunivoco tra giurisdizione volontaria e assenza dell’onere della difesa tecnica, certo è innegabile una costante prevalenza, che il sistema del processo societario non viene a scalfire (essendosi, del resto, il legislatore preoccupato solo di impedire che discussioni sulla natura del singolo procedimento venissero ad impastoiare la dinamica del procedimento), costanza di soluzione, per la esclusione della difesa tecnica dinnanzi al giudice tutelare, dalla quale bisogna pur muovere, che avrà pur un valore orientativo».
[26] Secondo la Cass., 3 luglio 1987, n. 5814, richiamata anche dalla stessa Cass. 29 novembre 2006 n. 25366, «nei procedimenti di volontaria giurisdizione non è necessario il patrocinio di un procuratore legalmente esercente, prescritto dall’art. 82 c.p.c.» e che «Salvo eccezioni derivanti da norme espresse o desumibili dal particolare assetto di uno specifico procedimento camerale in relazione alla materia controversa, l’art. 82 c.p.c. secondo cui le parti debbono stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente non si applica ai procedimenti in camera di consiglio nei quali è regola l’attribuzione al giudice di poteri ufficiosi sia per la costituzione del contraddittorio tra i soggetti interessati, sia per la raccolta delle prove, sia anche per il contenuto della decisione (non necessariamente legato alle richieste), sì che è assai minore, rispetto alla procedura prevista per i tipici procedimenti contenziosi, l’esigenza della difesa tecnica.».
[28] Ne tratta U. Roma, Amministrazione di sostegno: criticità normative sostanziali e processuali, in Nuova giur. civ. comm., 2021, 3, p. 697. Anche se meno recente, si veda E. De Roma, L’onere del patrocinio nel procedimento per la nomina dell’amministratore di sostegno: un problema ancora aperto, in Giur. it., 2007, 3, p. 693 ss.
[29] In particolare, sui rapporti tra i diversi istituti di protezione, si rinvia a U. Roma, L’amministrazione di sostegno: i presupposti applicativi ed i difficili rapporti con l’interdizione, in Nuove leggi civ. comm., 2004, p. 1020; M. Moretti, Il rapporto tra amministrazione di sostegno, interdizione e inabilitazione, in M. Dossetti – M. Moretti – C. Moretti, L’amministrazione di sostegno e la nuova disciplina dell’interdizione e dell’inabilitazione, Milano, 2004, p. 10; S. Patti (a cura di), L’amministrazione di sostegno, Milano, 2005, p. 21 ss.; G. Autorino Stanzione-V. Zambrano (a cura di), Amministrazione di sostegno. Commento alla legge 9 gennaio 2004, n. 6, Milano, 2005, p. 11 ss.; A. Venchiarutti, Amministrazione di sostegno e progetti di protezione, in Nuova giur. civ. comm., 2006, p. 579 ss.; A. Cordiano, L’esercizio delle situazioni esistenziali del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, in Dir. famiglia, 2011, 4, p. 1911; F. Anelli, Il nuovo sistema delle misure di protezione delle persone prive di autonomia, in Sudi in onore di P. Schlesinger, Milano, 2004, p. 190; M. Paladini, Amministrazione di sostegno e interdizione giudiziale: profili sistematicie funzionalità della protezione alle caratteristiche relazionali tra il soggetto e il mondo esterno, in Riv. dir. civ., 2005, p. 585; R. De Dominicis, Le interazioni tra i procedimenti di interdizione e di inabilitazione e quello di nomina di amministratore di sostegno, in Famiglia, persone e successioni, 2010, 8-9, p. 624 ss.; M. Piccinni, Misure di protezione e principio di sussidiarietà nell’attuazione dei diritti delle persone non autonome, in Nuova Giur. Comm., 2016, 1, p. 829; G. Lisella, Dalla sentenza d’interdizione alla nomina dell’amministratore di sostegno: una “coraggiosa” decisione sul piano sostanziale in un’intricata vicenda procedimentale [Nota a sentenza] Trib. Vercelli, decr. 28/12/2016, in Il giusto processo civile, 2017, 4, p. 1083 ss.
[30] Sul punto, si rinvia alle Linee giuda sull’amministrazione di sostegno, predisposte dalla redazione della rivista Persona e danno, a cura di P. Cendon, consultabili alla pagina: https://www.lineeguida-ammsostegno.it/paragrafo/1210-una-volta-chiesta-la-nomina-dellamministratore-di-sostegno-puo-farsi-luogo-allapertura-di-altra-piu-invasiva-misura-di-protezione#, dove viene riportata la sentenza del Trib. Salerno, 10 dicembre 2004, in cui si afferma che «in presenza dei presupposti per la pronuncia di interdizione o inabilitazione, il giudice tutelare investito della nomina dell’amministratore di sostegno deve trasmettere gli atti al P.M. affinché quest’ultimo valuti la possibilità di chiedere l’emissione di una pronuncia di interdizione o di inabilitazione per il beneficiario».
[31] Come spiegano le Linee giuda sull’amministrazione di sostegno, predisposte dalla redazione della rivista Persona e danno, cit., la marca forfettaria di 27 euro (cfr. art. 30 del DPR 115/2002) è da apporre alla domanda e, secondo i chiarimenti forniti dal Ministero della Giustizia nella Circolare del 12 maggio 2014, Prot. mdg. DAG 16/05/2014.0070387.U, non è nuovamente dovuta nel caso di successive istanze, salvo che esse non diano vita ad autonomi procedimenti.
[32] Secondo il quale il giudice «Dispone altresì, anche d’ufficio, gli accertamenti di natura medica e tutti gli altri mezzi istruttori utili ai fini della decisione». In giurisprudenza, si veda, di recente, Cass., 19 febbraio 2020, n. 4266, in CED Cassazione 2020.
[33] Si vedano i sondaggi proposti da D. Geron, Il punto di vista dei giudici tutelari, in Studi Zancan, Politiche e servizi alle persone, 2022, 5-6, dedicato al Monitoraggio e ricognizione nazionale delle esperienze di amministratore di sostegno, p. 157, dove si legge che «Mediamente, tra il ricevimento della richiesta e il decreto di nomina dell’Amministratore di sostegno passa un tempo variabile a seconda del contesto. In particolare, 1 giudice dichiara un tempo medio di meno di 1 mese («massimo 15-20 giorni. Le urgenze vengono evase lo stesso giorno»); 1 giudice un tempo variabile «da pochi giorni a uno/due mesi»; 3 giudici un tempo compreso mediamente tra 1 e 2 mesi (uno di essi tuttavia precisa «10/20 giorni per la nomina dell’AdS provvisorio»); 11 giudici riportano un tempo compreso tra 2 e 3 mesi; 2 giudici un tempo compreso tra 3 e 5 mesi (uno di essi specifica però “un mese per l’AdS provvisorio”)».
[34] Così le Linee giuda sull’amministrazione di sostegno, predisposte dalla redazione della rivista Persona e danno, a cura di P. Cendon, consultabili alla pagina: https://www.lineeguida-ammsostegno.it/paragrafo/0902-perche-e-importante-che-la-nomina-sia-affidata-al-giudice-tutelare.
[35] Anche D. Geron, Il punto di vista dei giudici tutelari, in Studi Zancan, Politiche e servizi alle persone, 2022, 5-6, p. 158, suggerisce di potenziare il ruolo e il grado di responsabilizzazione del sistema dei servizi sociali e sanitari interessati, durante tutto il procedimento per la nomina dell’amministratore di sostegno. A p. 160, propone la «eliminazione dell’eccessiva giurisdizionalizzazione attraverso la previsione di strutture esterne al tribunale dedite sia alla cura della persona vulnerabile che alla supervisione e a coadiuvare l’AdS», insieme ad un «ripensamento radicale della procedura, incardinando il potere di istruzione e di nomina dell’AdS in capo ai presidi socio sanitari territoriali (Asl o Ausl) e non ai tribunali ai quali si dovrebbe ricorrere solo in sede di impugnazione, in quanto i tribunali non sono muniti delle figure professionali (medici, psicologi, infermieri, assistenti sociali, educatori) che svolgono la loro attività presso i presidi dei servizi sociali e ospedalieri/sanitari».
[36] Sul tema, si veda P. Cendon, Abrogare l’interdizione e l’inabilitazione, in Persona e danno, disponibile alla pagina www.personaedanno.it; U. Roma, Amministrazione di sostegno: criticità normative sostanziali e processuali, cit., p. 699, secondo il quale «i tempi sono maturi per il definitivo superamento dei due istituti tradizionali». Si rinvia a Ar. Fusaro, L’atto patrimoniale della persona vulnerabile, Napoli, 2019, p. 9; M. Porcelli, Interdizione e inabilitazione: verso l’abrogazione?, in Riv. giur. del Molise e del Sannio, 2016, 1, p. 1 ss.
[37] Cfr. i sondaggi proposti da D. Geron, Il punto di vista dei giudici tutelari, in Studi Zancan, Politiche e servizi alle persone, 2022, 5-6, p. 123, in cui si evidenzia, ad esempio, l’eccessiva “burocratizzazione” della procedura.
[38] L’elenco completo dei comuni in cui il servizio di amministrazione di sostegno è abilitato è disponibile al link https://www.poste.it/prodotti/polis-ricorso-istituzione-amministratore-sostegno.html.
[39] Come emerge in M. Bezze- C. Canali – E. Innocenti, Profili operativi, in Studi Zancan, Politiche e servizi alle persone, 2022, 5-6, p. 112 ss., non in tutte le Regioni è presente una legge regionale dedicata all’amministrazione di sostegno, ad esempio, ne sono prive le Marche, l’Abruzzo, l’Umbria. In mancanza di un provvedimento regionale organico, che consenta di definire modalità operative che garantiscono uniformità organizzativa a livello territoriale, le iniziative in materia sono lasciate alle singole organizzazioni che operano in ambito territoriale sociale, tra cui anche i singoli tribunali. Si osserva, inoltre, che in alcune Regioni, come il Veneto, la Sardegna e l’Emilia-Romagna, è stato definito in modo puntuale un modello organizzativo territoriale grazie all’emanazione di linee guida applicative della legge regionale, così evidenziando che la legge regionale da sola non basta per un’attuazione effettiva dell’istituto dell’amministrazione di sostegno. Sempre nello Studio Zancan, p. 112, si osserva che nella delibera della Regione Veneto di adozione nelle premesse a motivazione del provvedimento vi è proprio la «disomogeneità di modelli operativi nel territorio della Regione», e l’obiettivo di ridurre il grado di disomogeneità negli approcci e nelle prassi tra diversi contesti e territori, garantendo standard elevati di assistenza in ogni realtà, quali, ad esempio, requisiti più chiari di accesso al ruolo di amministratore di sostegno, criteri più definiti e condivisi di applicazione dell’istituto, iniziative di formazione e accompagnamento diffuse, etc.
[40] Ne tratta E. Manzon, Progettualità e sperimentazione nel campo dell’amministrazione di sostegno: un’esperienza innovativa, in Nuova giur. civ. comm., 2011, 2, p. 149 ss., che descrive in particolare il modello adottato dal Tribunale di Pordenone. Per una dettagliata analisi delle esperienze locali, si rinvia a A. Rizzo, Il punto di vista del Tribunale di Vicenza, in L’amministrazione di sostegno: il modello vicentino, a cura di A. Rizzo – M. Tescaro – S. Troiano, Napoli, 2018, p. 13 ss.