Informativa sul trattamento dei dati personali (ai sensi dell’art. 13 Regolamento UE 2016/679)
La vigente normativa in materia di trattamento dei dati personali definita in conformità alle previsioni contenute nel Regolamento UE 2016/679 del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (Regolamento generale sulla protezione dei dati, di seguito “Regolamento Privacy UE”) contiene disposizioni dirette a garantire che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche, con particolare riguardo al diritto alla protezione dei dati personali.
Finalità del Trattamento e base giuridica
Il trattamento dei dati personali è finalizzato a:
– fornire il servizio e/o prodotto richiesto dall’utente, per rispondere ad una richiesta dell’utente, e per assicurare e gestire la partecipazione a manifestazioni e/o promozioni a cui l’utente ha scelto di aderire (richiesta e acquisto abbonamento periodici; richiesta e acquisto libri; servizio di fatturazione; invio periodici in abbonamento postale, invio newsletter rivolte a studiosi e professionisti).
– inviare newsletter promozionale di pubblicazioni a chi ne ha fatto richiesta; ferma restando la possibilità per l’utente di opporsi all’invio di tali invii in qualsiasi momento.
– inviare all’utente informazioni promozionali riguardanti servizi e/o prodotti della Società di specifico interesse professionale ed a mandare inviti ad eventi della Società e/o di terzi; resta ferma la possibilità per l’utente di opporsi all’invio di tali comunicazioni in qualsiasi momento.
– gestire dati indispensabili per espletare l’attività della società: clienti, fornitori, dipendenti, autori. Pacini Editore srl tratta i dati personali dell’utente per adempiere a obblighi derivanti da legge, regolamenti e/o normativa comunitaria.
– gestire i siti web e le segreterie scientifiche per le pubblicazioni periodiche in ambito medico-giuridico rivolte a studiosi e professionisti;
Conservazione dei dati
Tutti i dati di cui al successivo punto 2 verranno conservati per il tempo necessario al fine di fornire servizi e comunque per il raggiungimento delle finalità per le quali i dati sono stati raccolti, e in ottemperanza a obblighi di legge. L’eventuale trattamento di dati sensibili da parte del Titolare si fonda sui presupposti di cui all’art. 9.2 lett. a) del GDPR.
Il consenso dell’utente potrà essere revocato in ogni momento senza pregiudicare la liceità dei trattamenti effettuati prima della revoca.
Tipologie di dati personali trattati
La Società può raccogliere i seguenti dati personali forniti volontariamente dall’utente:
nome e cognome dell’utente,
il suo indirizzo di domicilio o residenza,
il suo indirizzo email, il numero di telefono,
la sua data di nascita,
i dettagli dei servizi e/o prodotti acquistati.
La raccolta può avvenire quando l’utente acquista un nostro prodotto o servizio, quando l’utente contatta la Società per informazioni su servizi e/o prodotti, crea un account, partecipa ad un sondaggio/indagine. Qualora l’utente fornisse dati personali di terzi, l’utente dovrà fare quanto necessario perchè la comunicazione dei dati a Pacini Editore srl e il successivo trattamento per le finalità specificate nella presente Privacy Policy avvengano nel rispetto della normativa applicabile, (l’utente prima di dare i dati personali deve informare i terzi e deve ottenere il consenso al trattamento).
La Società può utilizzare i dati di navigazione, ovvero i dati raccolti automaticamente tramite i Siti della Società. Pacini editore srl può registrare l’indirizzo IP (indirizzo che identifica il dispositivo dell’utente su internet), che viene automaticamente riconosciuto dal nostro server, pe tali dati di navigazione sono utilizzati al solo fine di ottenere informazioni statistiche anonime sull’utilizzo del Sito .
La società utilizza i dati resi pubblici (ad esempio albi professionali) solo ed esclusivamente per informare e promuovere attività e prodotti/servizi strettamente inerenti ed attinenti alla professione degli utenti, garantendo sempre una forte affinità tra il messaggio e l’interesse dell’utente.
Trattamento dei dati
A fini di trasparenza e nel rispetto dei principi enucleati dall’art. 12 del GDPR, si ricorda che per “trattamento di dati personali” si intende qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute con o senza l’ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali o insiemi di dati personali, come la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la strutturazione, la conservazione, l’adattamento o la modifica, l’estrazione, la consultazione, l’uso, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l’interconnessione, la limitazione, la cancellazione o la distruzione. Il trattamento dei dati personali potrà effettuarsi con o senza l’ausilio di mezzi elettronici o comunque automatizzati e comprenderà, nel rispetto dei limiti e delle condizioni posti dal GDPR, anche la comunicazione nei confronti dei soggetti di cui al successivo punto 7.
Modalità del trattamento dei dati: I dati personali oggetto di trattamento sono:
trattati in modo lecito e secondo correttezza da soggetti autorizzati all’assolvimento di tali compiti, soggetti identificati e resi edotti dei vincoli imposti dal GDPR;
raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, e utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi;
esatti e, se necessario, aggiornati;
pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o successivamente trattati;
conservati in una forma che consenta l’identificazione dell’interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati;
trattati con il supporto di mezzi cartacei, informatici o telematici e con l’impiego di misure di sicurezza atte a garantire la riservatezza del soggetto interessato cui i dati si riferiscono e ad evitare l’indebito accesso a soggetti terzi o a personale non autorizzato.
Natura del conferimento
Il conferimento di alcuni dati personali è necessario. In caso di mancato conferimento dei dati personali richiesti o in caso di opposizione al trattamento dei dati personali conferiti, potrebbe non essere possibile dar corso alla richiesta e/o alla gestione del servizio richiesto e/o alla la gestione del relativo contratto.
Comunicazione dei dati
I dati personali raccolti sono trattati dal personale incaricato che abbia necessità di averne conoscenza nell’espletamento delle proprie attività. I dati non verranno diffusi.
Diritti dell’interessato.
Ai sensi degli articoli 15-20 del GDPR l’utente potrà esercitare specifici diritti, tra cui quello di ottenere l’accesso ai dati personali in forma intelligibile, la rettifica, l’aggiornamento o la cancellazione degli stessi. L’utente avrà inoltre diritto ad ottenere dalla Società la limitazione del trattamento, potrà inoltre opporsi per motivi legittimi al trattamento dei dati. Nel caso in cui ritenga che i trattamenti che Lo riguardano violino le norme del GDPR, ha diritto a proporre reclamo all’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali ai sensi dell’art. 77 del GDPR.
Titolare e Responsabile per la protezione dei dati personali (DPO)
Titolare del trattamento dei dati, ai sensi dell’art. 4.1.7 del GDPR è Pacini Editore Srl., con sede legale in 56121 Pisa, Via A Gherardesca n. 1.
Per esercitare i diritti ai sensi del GDPR di cui al punto 6 della presente informativa l’utente potrà contattare il Titolare e potrà effettuare ogni richiesta di informazione in merito all’individuazione dei Responsabili del trattamento, Incaricati del trattamento agenti per conto del Titolare al seguente indirizzo di posta elettronica: privacy@pacinieditore.it. L’elenco completo dei Responsabili e le categorie di incaricati del trattamento sono disponibili su richiesta.
Ai sensi dell’art. 13 Decreto Legislativo 196/03 (di seguito D.Lgs.), si informano gli utenti del nostro sito in materia di trattamento dei dati personali.
Quanto sotto non è valido per altri siti web eventualmente consultabili attraverso i link presenti sul nostro sito.
Il Titolare del trattamento
Il Titolare del trattamento dei dati personali, relativi a persone identificate o identificabili trattati a seguito della consultazione del nostro sito, è Pacini Editore Srl, che ha sede legale in via Gherardesca 1, 56121 Pisa.
Luogo e finalità di trattamento dei dati
I trattamenti connessi ai servizi web di questo sito hanno luogo prevalentemente presso la predetta sede della Società e sono curati solo da dipendenti e collaboratori di Pacini Editore Srl nominati incaricati del trattamento al fine di espletare i servizi richiesti (fornitura di volumi, riviste, abbonamenti, ebook, ecc.).
I dati personali forniti dagli utenti che inoltrano richieste di servizi sono utilizzati al solo fine di eseguire il servizio o la prestazione richiesta.
L’inserimento dei dati personali dell’utente all’interno di eventuali maling list, al fine di invio di messaggi promozionali occasionali o periodici, avviene soltanto dietro esplicita accettazione e autorizzazione dell’utente stesso.
Comunicazione dei dati
I dati forniti dagli utenti non saranno comunicati a soggetti terzi salvo che la comunicazione sia imposta da obblighi di legge o sia strettamente necessario per l’adempimento delle richieste e di eventuali obblighi contrattuali.
Gli incaricati del trattamento che si occupano della gestione delle richieste, potranno venire a conoscenza dei suoi dati personali esclusivamente per le finalità sopra menzionate.
Nessun dato raccolto sul sito è oggetto di diffusione.
Tipi di dati trattati
Dati forniti volontariamente dagli utenti
L’invio facoltativo, esplicito e volontario di posta elettronica agli indirizzi indicati su questo sito comporta la successiva acquisizione dell’indirizzo del mittente, necessario per rispondere alle richieste, nonché degli eventuali altri dati personali inseriti nella missiva.
Facoltatività del conferimento dei dati
Salvo quanto specificato per i dati di navigazione, l’utente è libero di fornire i dati personali per richiedere i servizi offerti dalla società. Il loro mancato conferimento può comportare l’impossibilità di ottenere il servizio richiesto.
Modalità di trattamento dei dati
I dati personali sono trattati con strumenti manuali e automatizzati, per il tempo necessario a conseguire lo scopo per il quale sono stati raccolti e, comunque per il periodo imposto da eventuali obblighi contrattuali o di legge.
I dati personali oggetto di trattamento saranno custoditi in modo da ridurre al minimo, mediante l’adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di distruzione o perdita, anche accidentale, dei dati stessi, di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta.
Diritti degli interessati
Ai soggetti cui si riferiscono i dati spettano i diritti previsti dall’art. 7 del D.Lgs. 196/2003 che riportiamo di seguito:
1. L’interessato ha diritto di ottenere la conferma dell’esistenza o meno di dati personali che lo riguardano, anche se non ancora registrati, e la loro comunicazione in forma intelligibile.
2. L’interessato ha diritto di ottenere informazioni:
a) sull’origine dei dati personali;
b) sulle finalità e modalità del trattamento;
c) sulla logica applicata in caso di trattamento effettuato con l’ausilio di strumenti elettronici;
d) sugli estremi identificativi del titolare, dei responsabili e del rappresentante designato ai sensi dell’articolo 5, comma 2;
e) sui soggetti o delle categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di rappresentante designato nel territorio dello Stato, di responsabili o incaricati.
3. L’interessato ha diritto di ottenere:
a) l’aggiornamento, la rettificazione ovvero, quando vi ha interesse, l’integrazione dei dati;
b) la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge, compresi quelli di cui non è necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente trattati;
c) l’attestazione che le operazioni di cui alle lettere a) e b) sono state portate a conoscenza, anche per quanto riguarda il loro contenuto, di coloro ai quali i dati sono stati comunicati o diffusi, eccettuato il caso in cui tale adempimento si rivela impossibile o comporta un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato rispetto al diritto tutelato.
4. L’interessato ha diritto di opporsi, in tutto o in parte:
a) per motivi legittimi al trattamento dei dati personali che lo riguardano, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta;
b) al trattamento di dati personali che lo riguardano a fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale.
Dati degli abbonati
I dati relativi agli abbonati sono trattati nel rispetto delle disposizioni contenute nel D.Lgs. del 30 giugno 2003 n. 196 e adeguamenti al Regolamento UE GDPR 2016 (General Data Protection Regulation) a mezzo di elaboratori elettronici ad opera di soggetti appositamente incaricati. I dati sono utilizzati dall’editore per la spedizione della presente pubblicazione. Ai sensi dell’articolo 7 del D.Lgs. 196/2003, in qualsiasi momento è possibile consultare, modificare o cancellare i dati o opporsi al loro utilizzo scrivendo al Titolare del Trattamento: Pacini Editore Srl – Via A. Gherardesca 1 – 56121 Pisa. Per ulteriori approfondimenti fare riferimento al sito web http://www.pacinieditore.it/privacy/
Subscriber data
Subscriber data are treated according to Italian law in DLgs, 30 June 2003, n. 196 as updated with the UE General Data Protection Regulation 2016 – by means of computers operated by specifically responsible personnel. These data are used by the Publisher to mail this publication. In accordance with Art. 7 of the above mentioned DLgs, 30 June 2003, n. 196, subscribers can, at any time, view, change or delete their personal data or withdraw their use by writing to Pacini Editore S.r.L. – Via A. Gherardesca 1, 56121 Ospedaletto (Pisa), Italy. For further information refer to the website: http://www.pacinieditore.it/privacy/
Cookie
Che cos’è un cookie e a cosa serve?
Un cookie e una piccola stringa di testo che un sito invia al browser e salva sul tuo computer quando visiti dei siti internet. I cookie sono utilizzati per far funzionare i siti web in maniera più efficiente, per migliorarne le prestazioni, ma anche per fornire informazioni ai proprietari del sito.
Che tipo di cookie utilizza il nostro sito e a quale scopo? Il nostro sito utilizza diversi tipi di cookie ognuno dei quali ha una funzione specifica, come indicato di seguito:
TIPI DI COOKIE
Cookie di navigazione
Questi cookie permettono al sito di funzionare correttamente sono usati per raccogliere informazioni su come i visitatori usano il sito. Questa informazione viene usata per compilare report e aiutarci a migliorare il sito. I cookie raccolgono informazioni in maniera anonima, incluso il numero di visitatori del sito, da dove i visitatori sono arrivati e le pagine che hanno visitato.
Cookie Analitici
Questi cookie sono utilizzati ad esempio da Google Analytics per elaborare analisi statistiche sulle modalità di navigazione degli utenti sul sito attraverso i computer o le applicazioni mobile, sul numero di pagine visitate o il numero di click effettuati su una pagina durante la navigazione di un sito.
Questi cookie sono utilizzati da società terze. L’uso di questi cookie normalmente non implica il trattamento di dati personali. I cookie di terze parti derivano da annunci di altri siti, ad esempio messaggi pubblicitari, presenti nel sito Web visualizzato. Possono essere utilizzati per registrare l’utilizzo del sito Web a scopo di marketing.
Come posso disabilitare i cookie?
La maggior parte dei browser (Internet Explorer, Firefox, etc.) sono configurati per accettare i cookie. Tuttavia, la maggior parte dei browser permette di controllare e anche disabilitare i cookie attraverso le impostazioni del browser. Ti ricordiamo però che disabilitare i cookie di navigazione o quelli funzionali può causare il malfunzionamento del sito e/o limitare il servizio offerto.
Per avere maggiori informazioni
l titolare del trattamento è Pacini Editore Srl con sede in via della Gherardesca n 1 – Pisa.
Potete scrivere al responsabile del trattamento Responsabile Privacy, al seguente indirizzo email rlenzini@pacinieditore.it per avere maggiori informazioni e per esercitare i seguenti diritti stabiliti dall’art. 7, D. lgs 196/2003: (i) diritto di ottenere la conferma dell’esistenza o meno di dati personali riguardanti l’interessato e la loro comunicazione, l’aggiornamento, la rettificazione e l’integrazione dei dati, la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge; (ii) diritto di ottenere gli estremi identificativi del titolare nonché l’elenco aggiornato dei responsabili e di tutti i soggetti cui i suoi dati sono comunicati; (iii) diritto di opporsi, in tutto o in parte, per motivi legittimi, al trattamento dei dati relativi all’interessato, a fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazioni commerciali.
Per modificare le impostazioni, segui il procedimento indicato dai vari browser che trovi alle voci “Opzioni” o “Preferenze”.
Per saperne di più riguardo ai cookie leggi la normativa.
Il rinvio per interpretazione pregiudiziale alla Corte di cassazione a oltre un anno dalla sua entrata in vigore
Di Caterina Silvestri -
1.Qualche riflessione sulla natura vincolante del responso interpretativo reso dalla Cassazione
L’art. 363-bis, c.p.c., costituisce una delle novità di maggior spicco della riforma Cartabia, a cui la dottrina[1] e la pratica hanno tributato un rilevante interesse, come consente di affermare il numero di rinvii a oggi proposti, di cui questo studio offre una selezione.
L’istituto, come noto, considera il processo nella sua articolazione tra i gradi di giudizio[2] e consente al <<giudice del merito>> di anticipare l’interpretazione da parte della Corte di cassazione della norma applicabile alla fattispecie e necessaria alla sua definizione (anche parziale). Mediante il perseguimento dell’intento nomofilattico, il rinvio per interpretazione mira dichiaratamente a un alleggerimento del percorso contenzioso della lite, come espresso sin dalla Relazione allo schema di decreto legislativo d’attuazione della legge delega[3]. All’efficacia acceleratoria è strettamente collegata la natura vincolante del responso interpretativo reso dalla Corte di cassazione, diretto secondo la lettera dell’art. 363-bis, ultimo comma, c.p.c., non soltanto al giudice a quo, ma al <<procedimento nell’ambito del quale è stata rimessa la questione>> e anche oltre, atteso che, in caso di estinzione, la sua efficacia permane nel <<nuovo processo>> in cui è proposta la stessa domanda tra le stesse parti. Le espressioni <<procedimento>> e <<nuovo processo>> non possono che intendersi come rivolte all’intero percorso giurisdizionale seguito della medesima vicenda contenziosa, in considerazione delle strette relazioni strutturali e funzionali esistenti tra i diversi gradi di giudizio[4]. L’obiettivo immediato è la decongestione del ricorso “contenzioso” alla Corte di cassazione quando oggetto del contendere siano questioni di diritto. Non v’è, tuttavia, dubbio che la vincolatività dell’indicazione interpretativa ottenuta dal giudice di prime cure sia efficace anche in secondo grado, perlomeno laddove in quest’ultimo restino immutate le circostanze di fatto e di diritto in grado d’incidere sul responso già reso dalla Cassazione (quindi nella quasi totalità dei casi attese le limitatissime possibilità dei nova in appello), aprendo a timori di ulteriore depauperamento del ruolo e della funzione dell’appello[5].
V’è anche da chiedersi se ed entro quali limiti l’interpretazione anticipata, resa nella forma della sentenza per precisa prescrizione normativa, potrà configurare motivi d’inammissibilità dell’appello o del ricorso per cassazione: possibilità vieppiù temuta alla luce del tenore di certi rinvii e dell’ampiezza dell’esposizione dei fatti in essi contenuta[6].
Si tratta di profili che corrono sul piano del non detto, che restano rimessi alle scelte della giurisprudenza destinata a formarsi, animata dalla costante ricerca di strategie per contrarre i tempi del giudizio in grado di facilmente orientarla verso posizioni interpretative amplificatorie degli effetti del responso pregiudiziale. Sviluppi potenziali, che giustificano più di qualche timore alla luce dello spirito del tempo, apertamente volto al progressivo depotenziamento di tutte le impugnazioni, che trova una manifestazione senza precedenti nel meccanismo sanzionatorio introdotto con l’art. 380-bis, c.p.c. Una tendenza grave per gli scopi tradizionali consegnati al servizio giustizia.
In questo senso e in questi limiti, il rinvio pregiudiziale può essere elemento di perturbazione del rapporto tra i gradi di giudizio e ci consegna le linee di un sistema suscettibile di rivisitazione dai futuri sviluppi giurisprudenziali.
Del resto, il dibattito che precedette in Francia l’introduzione dell’omologo istituto della saisine pour avis alla Cour de cassation[7], concentrò proprio sulla vincolatività del responso le maggiori perplessità. Ragioni storiche e culturali proprie del Paese, facevano temere che l’istituto divenisse uno strumento in grado di imporre la soluzione definitiva del litigio in corso, riproponendo, sia pure in tono minore, il fenomeno degli arrêts de règlement, espressamente vietato dall’art. 5 del Code civil[8] e l’effetto di depotenziamento dei rimedi impugnatori posti a garanzia delle parti e del sistema[9]. La scelta della forma dell’avis per la risposta della Corte di cassazione, dunque mero parere se pur autorevolissimo, non vincolante per il giudice a quo né per le altre giurisdizioni, ebbe a ridimensionare i timori a suo tempo espressi. Una prudenza ritenuta attuale, mantenuta anche a fronte di una relativamente scarsa utilizzazione dell’istituto[10] e rinovata nelle recenti riforme attuate con la loi de programmation 2018-2022[11].
La scelta della vincolatività del responso segna e una differenza cruciale tra i due sistemi, in grado di modificarne intimamente la rispettiva configurazione[12].
2.I tratti qualificanti il rinvio nazionale per interpretazione pregiudiziale
L’istituto è integralmente disciplinato dall’art. 363-bis, c.p.c., collocato nella Sezione I del Capo III (del Libro II, c.p.c.), intitolata Dei provvedimenti impugnabili e dei ricorsi, pur trattandosi di un meccanismo di dialogo tra i giudici di merito e la Corte di cassazione su una <<questione esclusivamente di diritto>>, privo di natura contenziosa. Ai rinvii è opportunamente riservata una sezione nel sito della Corte di cassazione[13] in cui sono rinvenibili le ordinanze di rimessione, il provvedimento del Primo Presidente e la sentenza resa dalla Corte.
Benché ormai approfonditamente e pregevolmente commentato[14], sia consentita una breve sintesi della sua disciplina utilmente alla presente trattazione.
La disposizione fissa al primo comma quattro condizioni necessarie alla ammissibilità del rinvio, costituite (1) dalla necessità della risoluzione della questione per la definizione anche parziale del giudizio e dalla novità della questione medesima; (2) dalle <<gravi difficoltà interpretative>> poste dalla questione e dalla (3) dalla serialità della stessa. L’ordinanza di rinvio deve essere motivata e, con riferimento al punto n. 2, deve contenere la <<specifica indicazione delle diverse interpretazioni possibili>> della quaestio iuris oggetto della rimessione alla Corte.
Come ricordato poco sopra, il rinvio è una prerogativa esclusiva del giudice analogamente alla sainsine pour avis d’Oltralpe che, peraltro, non individua l’organo legittimato alla sua utilizzazione per mezzo della natura <<di merito>> della sua cognizione[15]. L’assenza di precisazioni quanto all’ordine e al grado del giudice facoltizzato alla rimessione, consente di ritenere che il rinvio possa essere disposto tanto in prime cure quanto in appello. Qualche incertezza, per contro, l’espressione normativa ha aperto circa il novero degli organi legittimati alla rimessione, questione che non ha mancato di porsi tra i primissimi ricorsi proposti (infra)[16].
Le parti sono lasciate in una posizione poco più che passiva: esse sono <<sentite>> sul rinvio, come prescrive la lettera dell’art. 363-bis, primo comma, c.p.c., e, come si vedrà (infra, par. 3), la Corte di cassazione ha precisato il ruolo del contraddittorio in questa fase di attivazione dell’istituto.
Il rinvio ha la rimarchevole quanto immediata efficacia di sospendere il giudizio a quo a partire dalla data del suo deposito, da cui si sottraggono il compimento degli atti urgenti e l’attività istruttoria indipendente dalla soluzione della questione rimessa alla Corte di cassazione. L’efficacia sospensiva è, di per sé sola, in grado di giustificare la riserva al giudice della legittimazione all’attivazione del rinvio, opportunamente sottratta all’uso dilatorio che potrebbe farne la parte interessata.
Il Primo presidente della Corte di cassazione svolge un’azione cruciale che, nella dimensione concreta dell’istituto, va ben oltre la pur cruciale funzione di filtro attribuitagli dall’art. 363-bis, comma terzo, c.p.c., che rimette a questa figura istituzionale il compito di verificare la ricorrenza di tutti i presupposti richiesti e dichiarare, in loro difetto, l’inammissibilità del rinvio[17]. I decreti emessi dalla sua entrata in vigore e la motivazione ampia e articolata che sovente li accompagna, configura un nuovo filone giurisprudenziale di legittimità, la cui influenza è tutta da esplorare. Sta ancora al Primo presidente, superato il vaglio d’ammissibilità, decidere, entro novanta giorni, se rimettere la questione a una sezione semplice della Corte, ovvero alle Sezioni Unite. Una scelta delicata, poiché in grado di influire sulla stabilità dell’indicazione interpretativa resa che, evidentemente, se emessa da una sezione semplice potrebbe più facilmente essere successivamente modificata dalle Sezioni Unite[18].
La Corte di cassazione si pronuncia in pubblica udienza, con sentenza, a seguito della requisitoria del pubblico ministero. Anche in questa fase, la norma riserva alle parti un ruolo piuttosto marginale, alle quali è pur consentito depositare <<brevi>> memorie (comma 4). Il ruolo del contraddittorio nella fase della rimessione del rinvio e la sua ricaduta sulla validità dello stesso, è stata oggetto di rinvio pregiudiziale, come si vedrà nel paragrafo che segue.
3.Le ordinanze di rinvio per interpretazione pregiudiziale concernenti i meccanismi dettati (e non) dall’art. 363-bis: la legittimazione ad agire del giudice tributario, il necessario rispetto del contraddittorio, la grave difficoltà interpretativa. La formulazione del quesito da parte del giudice a quo è vincolante?
I rinvii proposti all’indomani dell’entrata in vigore dell’istituto, sono di grande interesse non solo per le indicazioni interpretative che direttamente rendono, ma anche per lo scenario ampio e complesso che aprono.
Dall’esame delle questioni poste emergono, in prima battuta, alcuni coni d’ombra dell’istituto stesso, qual è quello, non proprio di dettaglio, degli effetti del quesito formulato dal giudice rimettente e, segnatamente, se lo stesso sia vincolante per il Primo presidente e per la stessa Corte di cassazione, o se sia configurabile un loro potere d’ufficio di modificarne il perimetro ed eventualmente entro quali limiti.
Dal meccanismo dell’art. 363-bis nasce anche un nuovo filone giurisprudenziale costituito dai provvedimenti del Primo presidente, in particolare da quelli d’inammissibilità del rinvio (non destinati, in quanto tali, a essere seguiti dalla sentenza della Corte di cassazione) che sovente offrono loro stessi risposta al quesito posto e la cui influenza è tutta da esplorare. D’interesse anche certi dettagli procedimentali, non espressamente regolati, che traspaiono da queste prime pronunce, quali la scelta di non riunire i rinvii parallelamente pendenti sulla stessa questione.
Di seguito, qualche notazione e spunto di riflessione su questi aspetti.
Com’era facile prevedere, le prime rimessioni interpretative hanno investito gli stessi presupposti dettati dall’art. 363-bis, c.p.c.
Tra queste, la problematica della delimitazione del novero dei <<giudici di merito>> legittimati alla fruizione dell’istituto, già evidenziata dalla dottrina all’indomani della riforma, che ha costituito l’oggetto del rinvio formulato dalla Corte di giustizia tributaria di Agrigento il 31 marzo 2023. La legittimazione del giudice tributario è posta quale pregiudiziale dell’articolato quesito interpretativo rimesso dalla Corte agrigentina, concernente il rigetto dell’istanza da parte dell’Agenzia delle Entrate del contributo a fondo perduto di cui all’art. 25, d.l. n. 34 del 2020 (previsto in favore dei soggetti colpiti dall’emergenza Covid 19) e l’individuazione della giurisdizione competente a decidere le controversie sorte a seguito del rigetto stesso[19]. Le Sezioni Unite, a cui il ricorso è rimesso, sciolgono rapidamente le attese con la sentenza del 13 dicembre 2023, n. 34851, da cui l’ambito di applicazione del rinvio esce ampliato sotto vari versanti. Il primo e più evidente versante di estensione è quello dei giudici facoltizzati alla sua utilizzazione, tra i quali, com’era per la verità prevedibile e anche auspicabile, è incluso il giudice tributario. La pronuncia rileva l’opportunità di estendere al relativo processo l’utilità <<nomofilattico-deflattiva>> del rinvio per interpretazione, trattandosi di contenzioso nel quale è <<particolarmente pressante l’esigenza di assicurare l’uniforme interpretazione del diritto, anche al fine di contenere la proliferazione del contenzioso>>. In secondo luogo, la Corte ammette il rinvio pregiudiziale su una questione di diritto incidente sulla giurisdizione del giudice adito, «configurandosi lo stesso come uno strumento complementare a quelli già previsti dal codice di rito, rispetto ai quali svolge una funzione diversa, orientata non solo e non tanto tanto alla definizione della singola controversia pendente dinanzi al giudice che dispone il rinvio, quanto all’enunciazione di un principio di diritto suscettibile di applicazione in un numero indefinito di giudizi, già pendenti o futuri, nei quali si ponga la medesima questione», ferma restando la preclusione al compimento di indagini di fatto da parte della S.C., il cui esame investe il quesito di diritto formulato dal giudice di merito (rispetto al quale la situazione di fatto prospettata viene in considerazione esclusivamente ai fini della valutazione in ordine alla rilevanza della questione)>>[20].
Il tenore delle argomentazioni svolte promette l’ulteriore seguito della questione, atteso che la sentenza non esaurisce il tema della legittimazione e la configurabilità del potere in capo agli altri giudici speciali di merito e finanche al giudice penale, appartenente alla giurisdizione ordinaria per espresso volere dell’art. 1, l. ordinamento giudiziario.
Profilo forse ancor più d’interesse, è la riflessione che la pronuncia apre circa il vincolo del Primo presidente al quesito come formulato dal giudice a quo e alla fattispecie da cui lo stesso promana. L’art. 363-bis, c.p.c., pone tra le condizioni di ammissibilità del rinvio che la questione interpretativa sia necessaria alla decisione anche parziale della lite. Nulla di più è precisato sull’efficacia di questa formulazione e, segnatamente, se la stessa sia vincolante per il Primo presidente e, a fortiori, per la stessa Corte di cassazione. Non v’è cenno se possa esservi lo spazio, ed eventualmente in quale misura, per una modifica o integrazione del quesito, perlomeno quando ciò si palesi necessario per esaurire la questione che ne costituisce l’oggetto, evitando una successiva, se pur diversamente declinata, riproposizione. Nel caso in questione, in cui il problema della legittimazione era posto con espresso riferimento al giudice tributario, il giudice rimettente non avrebbe potuto diversamente e più estensivamente concepire la questione perché lui sì certamente vincolato alle circostanze del giudizio pendente, ma ci si chiede se il Primo presidente o la stessa Cassazione avrebbero potuto ampliarne la portata al fine di chiarire, almeno tendenzialmente, la rosa dei giudici legittimati.
Il profilo della vincolatività del quesito torna a proporsi qualche mese dopo in occasione del rinvio interpretativo rimesso dal Tribunale di Salerno il 19 luglio 2023. Quest’ultimo interroga la Corte sulle conseguenze per la validità del contratto di mutuo della mancata indicazione del regime composto di conteggio degli interessi (pur in presenza dell’indicazione del tasso), espressamente richiesta dall’art. 117, comma 4, TUB, per ragioni di trasparenza circa il tasso effettivo applicato rispetto TAN pattuito. Il decreto del Primo presidente depositato il 7 settembre 2023, rimette alle Sezioni Unite un quesito significativamente modificato rispetto a quello formulato dal Tribunale di Salerno. Il decreto di rimessione dà, invero, ampio spazio alla circostanza che la questione sia stata sollevata in difetto di contraddittorio, dato appreso dal Primo presidente grazie a una nota fatta pervenire in Cassazione da una delle parti, poiché nulla è detto su tale profilo nell’istanza di rinvio. Il Primo presidente dichiara ammissibile il rinvio, soffermandosi sul ruolo del contraddittorio nella fase di attivazione dello stesso, prescritto dalla lettera dell’art. 363-bis, primo comma, c.p.c, che riporta la dizione <<sentite le parti costituite>>, senza tuttavia porre tale adempimento tra le condizioni di ammissibilità del rinvio stesso. Il Presidente perviene alla conclusione di <<rimettere al Collegio la valutazione delle conseguenze della omessa attivazione del contraddittorio dinanzi al giudice a quo>>, con un provvedimento che ha palese natura “additiva” rispetto alla questione formulata dal giudice a quo. La pronuncia della Sezioni Unite, del 29 maggio 2024, n. 15130, forse a sorpresa e in contrasto con le conclusioni della Procura generale, esclude la necessità che le parti siano sentite ex ante sulla ricorrenza delle condizioni del rinvio. La pronuncia sottolinea che il giudice non fa altro <<che esercitare il potere che la legge stessa gli attribuisce (jura novit curia>>, ai sensi dell’art. 363-bis, comma 1, c.p.c.>>, situazione che non può essere assimilata a quella in cui sono rilevate d’ufficio questioni di fatto o miste fatto e diritto <<giacché in tal caso le parti devono necessariamente concorrere alla delimitazione del thema decidendum (cfr. Cass. n. 21314/2023, 3543/2023, 1617/2022)>>. Il contraddittorio, in caso di rinvio per interpretazione, ben potrà essere attivato ex post nelle memorie che le parti possono presentare dinanzi alla Corte di cassazione. Quanto all’interpretazione oggetto del rinvio, la sentenza afferma il seguente principio di diritto: <<In tema di mutuo bancario, a tasso fisso, con rimborso rateale del prestito regolato da un piano di ammortamento «alla francese» di tipo standardizzato tradizionale, non è causa di nullità parziale del contratto la mancata indicazione della modalità di ammortamento e del regime di capitalizzazione «composto» degli interessi debitori, per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto del contratto né per violazione della normativa in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti tra gli istituti di credito e i clienti>>.
Di lì a pochi giorni, il Primo presidente torna a doversi confrontare con un duplice rinvio interpretativo disposto dal Tribunale di Roma in sede di verifiche preliminari ex art. 171-bis, c.p.c., in due diverse liti ma su identica questione, avente a oggetto il mutamento del rito da ordinario a locatizio-lavoristico[21]. Il tema dei poteri e delle facoltà esercitabili in tale fase è assai sentito dai giudici di merito, posti dal nuovo art. 171-bis, c.p.c., dinanzi a decisioni importanti prima dell’udienza di comparizione delle parti, sulle quali non necessariamente si è svolto il contraddittorio tra le medesime nelle memorie precedentemente scambiate. Il rinvio è dichiarato inammissibile[22] con un provvedimento peculiare, sia perché offre una risposta a profili procedimentali che non rientrano nell’oggetto diretto del quesito interpretativo, sia per la struttura “a ragioni cumulate” della motivazione. Le considerazioni svolte dal Presidente sul difetto d’interlocuzione con le parti sono oggi superate dall’esito del rinvio salernitano, essendo le considerazioni svolte dalla Sezioni Unite nella pronuncia 15130/2024 poco sopra ricordata, estensibili anche al rinvio disposto dal giudice in sede di verifiche preliminari. La declaratoria d’inammissibilità resta comunque giustificata dal difetto di difficoltà interpretativa grave e dalla carenza di decisorietà della medesima, pure rilevata dal decreto presidenziale.
Analoga sorte sconta, in pari data, l’identica ordinanza del 26 luglio 2023 emessa dal Tribunale di Roma in diversa lite[23]. Un procedere che racconta di un ulteriore aspetto procedimentale, costituito dalla scelta di trattare separatamente i rinvii interpretativi contemporaneamente pendenti su questioni analoghe, rispetto alla loro riunione. Una soluzione accolta anche dalla Corte di Cassazione con la sentenza, a Sezioni Unite, del 13 maggio 2024, n. 12974, nella quale è dichiarata la <<inammissibilità sopravvenuta>> del rinvio interpretativo posto dal Tribunale di Parma, su questione già decisa in data 7 maggio 2024, n. 12449, sempre a Sezioni Unite[24].
Anche il requisito della “grave incertezza interpretativa”, posto dall’art. 363-bis, c.p.c., quale condizione dell’esperibilità del rinvio, è stato un protagonista ricorrente dei rinvii posti.
Apprendiamo dalla declaratoria d’inammissibilità dell’11 aprile 2024 del rinvio proposto dal Tribunale di Napoli l’11 marzo 2024[25], che «è improprio l’utilizzo del rinvio pregiudiziale ove rivolto unicamente a conseguire un suggello interpretativo dalla Corte di cassazione diretto a preservare la decisione del rimettente da una diversa lettura ed applicazione delle norme ad opera del giudice dell’impugnazione», sia perché «la grave difficoltà interpretativa» non può derivare dalla scelta tra due soluzioni contrapposte e astrattamente configurabili, quando queste non dividono il campo della giurisprudenza di merito>>. Il decreto tocca la delicata questione evidenziata nel paragrafo di apertura, concernente l’incidenza del rinvio per interpretazione sul rapporto tra primo e secondo grado di giudizio e più in generale sul “sistema” delle impugnazioni. Molto chiaramente e anche molto opportunamente, il Primo presidente esclude l’utilizzazione del rinvio per “preservare”, ma si potrebbe anche dire “per sottrarre”, le statuizioni di diritto della pronuncia di primo grado, dal potere di riforma del giudice d’appello.
Anche il rinvio proposto dal Giudice di pace di Barra il 19 marzo 2024[26], è dichiarato inammissibile <<non potendosi ravvisare «la grave difficoltà interpretativa [che] non può derivare dalla scelta tra due soluzioni contrapposte e astrattamente configurabili, benché implicanti operazioni ermeneutiche differenti [atteso che] diversamente opinando, ogni questione interpretativa dovrebbe dirsi passibile di essere sottoposta, tramite l’istituto di cui all’art. 363-bis c.p.c., alla decisione della Corte di cassazione, finendo con l’inaridire il compito di interpretare la legge, che è dovere indeclinabile di ogni giudice>>[27].
La presenza di soluzioni che dividono il campo della giurisprudenza di merito costituisce, alla luce di entrambi i provvedimenti presidenziali, un caso canonico di “grave difficoltà interpretativa”. Il decreto presidenziale del 14 febbraio 2024, pure di inammissibilità, precisa che tale condizione è integrata sia dalla ricorrenza di <<posizioni variegate espresse dalla giurisprudenza di merito>>, sia in presenza di <<un dibattito interpretativo>>, espressione ampia che autorizza a includervi la discussione dottrinale non ancora materializzatosi in un contrasto in seno alla giurisprudenza[28].
Il provvedimento presidenziale del 7 novembre 2023, torna a ribadire che l’istituto non può essere utilizzato per «rinvii puramente esplorativi o ipotetici>> e non può richiedere <<un approfondito esame di tutte le alternative interpretative che possono porsi»[29]: un rilievo che consente di chiosare la pronuncia, aggiungendo che la grave questione interpretativa deve connotarsi di <<realtà e concretezza>>.
Certo non sfuggirà che anche quest’ultimo provvedimento del Primo presidente è di inammissibilità del rinvio, ma che nel pronunciarla lo stesso ne offre la decisione[30].
4. La cumulabilità delle domande di separazione personale dei coniugi e di divorzio ai sensi dell’art. 473-bis.49 e ss., c.p.c.
Particolare menzione merita la sentenza interpretativa emessa dalla Corte di Cassazione, sez. I, il 16 ottobre 2023, n. 28727. Questa pronuncia chiarisce l’ambito di applicazione del procedimento dettato per il cumulo delle domande giudiziali di separazione e divorzio dagli artt. 473-bis e ss., c.p.c., affermandone l’applicabilità anche in caso di domande congiunte. L’indicazione interpretativa è preziosa sul piano operativo, interessando situazioni assai frequenti nella pratica. Ancor di più essa si apprezza sul piano del sistema, che ne esce razionalizzato e riportato a coerenza rispetto alla doppia velocità risultante dalla lettera delle disposizioni da cui derivava l’applicazione di norme procedurali più semplici per i casi più complessi, ossia l’ammissione del cumulo delle domande contenziose di separazione e divorzio, e l’applicazione di norme procedurali più lunghe e complesse nei casi di separazione e divorzio a condizioni concordate, nei quali il cumulo non risultava esplicitamente consentito. Una tematica delicata non tanto sul versante processuale, quanto su quello sostanziale e, ancor prima culturale, poiché tocca la questione dell’autonomia privata in materia familiare. Com’è noto, l’art. 160, c.c., sancisce l’inderogabilità dei diritti e dei doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio, da cui la giurisprudenza fa costantemente discendere la nullità dei patti prematrimoniali per illiceità della causa[31], mantenuta inalterata pur a fronte dei numerosi interventi legislativi che hanno ampliato i poteri negoziali dei coniugi, tra i quali l’introduzione dell’istituto della negoziazione assistita e degli accordi di convivenza[32].
La pronuncia interpretativa in commento spinge un passo in avanti questo lento processo di <<privatizzazione del diritto di famiglia>>[33], benché la motivazione trasudi cautela e si premuri di rassicurare che l’accordo riveste natura ricognitiva dei presupposti per lo scioglimento e non negoziale e che lo stesso resta sotto il controllo del giudice non condizionato al consenso delle parti, tale da escludere la configurabilità di un <<divorzio consensuale>>. La negozialità sussiste, invece, con riferimento ai rapporti economici e alle condizioni inerenti la prole, nel cui merito il tribunale entra solo in caso di contrasto con l’interesse dei minori o con norme inderogabili. Il quadro argomentativo entro il quale la Corte colloca la sua indicazione favorevole alla <<proposizione cumulativa delle domande congiunte>>, secondo l’espressione usata, resta comunque un contributo all’allentamento di un qual paternalismo giuridico[34], probabilmente ormai anacronistico alla luce del mutato sentire sociale, in favore dell’autonomia e della responsabilità dell’individuo. La motivazione si snoda tra i contrastanti pareri espressi dalla dottrina sulla cumulabilità delle domande e le ragioni sottese agli stessi. Il suo cardine è l’opportunità di consentire la gestione congiunta e unitaria della separazione e del divorzio, circostanza da cui deriva il notevole <<risparmio di energie processuali>>. Un profilo, quest’ultimo, che il legislatore pone alla base del cumulo delle domande contenziose e che si realizza grazie alla concentrazione in un’unica sede processuale di due procedimenti che, pur nella loro diversità di petitum, presentano sovente un’identità di fatti e di questioni. La Corte riconosce esistere siffatto effetto anche nel caso di domande “non contenziose”, alle quali va perciò coerentemente estesa la ratio legislativa che ha condotto all’adozione del cumulo giudiziario.
La pronuncia valorizza la volontà del legislatore, che trae dall’analisi dei lavori preparatori, e dalla lettera della norma (grazie al plurale ricorrente all’art. 473-bis.51, che richiama <<i procedimenti>>), ma siamo difronte a una sentenza “additiva” rispetto all’originaria formulazione della disposizione.
Prova inconfutabile della valenza creativa della sentenza, ne è la ricostruzione del procedimento in caso di <<proposizione cumulativa delle domande congiunte>>. Il tribunale <<all’esito del positivo esame della domanda di separazione personale, con sentenza (che non definirà, quindi, tutte le domande proposte, il cui dispositivo una volta passata in giudicato, sarà trasmesso in copia autentica all’Ufficiale di Stato civile per le debite annotazioni e gli ulteriori incombenti di legge), provvederà, in relazione alla congiunta domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, non ancora procedibile, prima che sia decorso il termine [di sei mesi dalla udienza di comparizione dei coniugi, ndr] indicato dall’art. 3, n. 2, lett. b, l. 898/1970, a rimettere la causa, con separato ordinanza, dinanzi al giudice relatore perché questi acquisisca la dichiarazione delle parti di non volersi riconciliare e la conferma da parte delle stesse delle condizioni già formulate con riferimento allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio.>>[35] (punto n. 5 sentenza). La Corte ricorda anche che l’articolo 473-bis. 51, c.p.c., prevede la possibilità di sostituire l’udienza dinanzi al giudice relatore con il deposito di note scritte, a dire che la massima cartolarizzazione del procedimento consentita e auspicata dal legislatore, è applicabile anche alla proposizione cumulativa di domande congiunte.
5. Ancora il processo civile quale oggetto dei rinvii per interpretazione pregiudiziale: le misure cautelari e il nuovo processo di famiglia, la mediazione obbligatoria e le domande riconvenzionali, l’equa riparazione e l’esperimento dei rimedi “preventivi”
Il processo di famiglia ha posto, con le sue numerose novità, difficoltà di coordinamento con l’esistente. Ne costituisce esempio l’articolata questione formulata dal Tribunale dei minori di Lecce con rinvio pregiudiziale del 12 settembre 2023, dichiarata ammissibile e rimessa alla prima sezione della Corte, concernente il reclamo di taluni nuovi provvedimenti cautelari previsti dalla riforma Cartabia. Il tema è quello del conflitto (negativo) di competenze in materia di reclamo di provvedimenti urgenti emessi ex 473-bis.15, c.p.c., e il reclamo ex art. 669-terdecies, c.p.c., e l’individuazione del giudice competente, ma anche il più generale problema del coordinamento delle previsioni di tale disposizione generale con gli artt. 473-bis. 22 e 24, non adeguatamente coordinati né tra loro né rispetto ai ricorsi ex artt. 45 e 46, c.p.c. Nel provvedimento di rimessione del Primo Presidente alla prima Sezione della Corte[36], espressamente si legge che: <<Il legislatore della riforma ha previsto, da un lato, ex articolo 473-bis.22 l’adozione di provvedimenti temporanei ed urgenti in corso di causa, reclamabili (e ricorribili per cassazione ex art. 111 Cost.) ove aventi ad oggetto: a) la sospensione o sostanziali limitazioni della responsabilità genitoriale; b) sostanziali modifiche dell’affidamento e della collocazione dei minori; c) l’affidamento a soggetti diversi dai genitori; dall’altro lato, l’adozione di provvedimenti indifferibili, ante causam, quando la convocazione della parte ne potrebbe pregiudicare l’attuazione ex articolo 473-bis.15, c.p.c., da confermare, modificare o revocare una volta disposta la convocazione delle parti.>>. Il provvedimento precisa che, nella specie, l’oggetto del quesito <<non riguarda la reclamabilità del provvedimento emesso inaudita altera parte, ma di quello adottato nel contraddittorio cd. differito. La norma non contiene alcuna previsione espressa al riguardo ma l’attrazione nella sfera dei diritti inviolabili della persona (in particolare il soggetto minore) ha indotto la dottrina e la giurisprudenza di merito a porsi il problema della necessità di un controllo anche in mancanza di sopravvenienze fattuali, non reputando sufficiente il diritto di richiedere la modifica dei provvedimenti in corso di causa ex articolo 473-bis.22 e 24. c.p.c.>>[37]. L’ordinanza presidenziale prospetta l’ampio ventaglio di soluzioni suscettibili di adozione, che vanno dalla non impugnabilità tout court del provvedimento alla reclamabilità davanti alla Corte d’appello sezione famiglie e minori, ovvero al Tribunale dei minori in composizione collegiale. Vedremo per quale soluzione opterà la Corte di cassazione.
Con sentenza del 7 febbraio 2024, n. 3452, le Sezioni Unite, investite dal Tribunale di Roma con ricorso per interpretazione pregiudiziale[38], hanno chiarito l’operatività della mediazione in caso di domanda riconvenzionale avente a oggetto materie rientranti nell’art. 5 d.lgs. n. 28 del 2010. La Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: <<La condizione di procedibilità prevista dall’art. 5 d.lgs. n. 28 del 2010 sussiste per il solo atto introduttivo del giudizio e non per le domande riconvenzionali, fermo restando che al mediatore compete di valutare tutte le istanze e gli interessi delle parti ed al giudice di esperire il tentativo di conciliazione, per l’intero corso del processo e laddove possibile».
Con riferimento alla domanda riconvenzionale <<non eccentrica>>, che la Corte individua in quella collegata <<all’oggetto della lite>> come introdotto dall’attore, per comunanza del titolo o per titolo introdotto in via di eccezione ex art. 36, c.p.c., la pronuncia rileva che la mediazione è già stata esperita dall’attore e fallita, ragion per cui imporre un’ulteriore procedimento di mediazione sulla domanda riconvenzionale <<non realizzerebbe, in ogni caso, il fine di operare un «filtro» al processo innanzi ad un organo della giurisdizione>>. Con riferimento alle riconvenzionali <<eccentriche>>, cioè quelle che <<allargano l’oggetto del giudizio senza connessione con quello già introdotto dalla parte attrice>>, è escluso l’obbligo in ragione della necessità di non causare un carico eccessivo nell’accesso al giudice e anche di non allungare i tempi per addivenire a una soluzione della lite, quand’anche giudiziaria. <<La mediazione obbligatoria>>, afferma la Corte, <<svolge un ruolo proficuo, solo se non si presti ad eccessi o abusi. La mediazione, più che accertamento di diritti, è “contemperamento di interessi”, con semplicità di forme e rapidità di trattazione, anche senza verifiche fattuali: è una sorta di “esperimento” finalizzato ad un accordo negoziale, che va certamente tentato, nella prospettiva assunta dal legislatore, ma prima di intraprendere la causa in funzione di scongiurare la originaria iscrizione a ruolo, e che non avrebbe senso diluire e prolungare oltre misura.>>.
Nel novero delle materie che hanno originato rinvii interpretativi, non poteva mancare il procedimento di equa riparazione. Il 2 marzo 2023, la Corte d’appello di Napoli ha formulato due analoghe ordinanze che chiedono se nel giudizio dinanzi al giudice di pace costituisca rimedio preventivo ai sensi dell’art. 1-ter, comma 1, l. n. 89 del 2001, la richiesta di decisione a seguito di trattazione orale ai sensi dell’art. 281-sexies, c.p.c., o se tale rimedio non sia applicabile dinanzi al giudice di pace: i rinvii sono stati ritenuti ammissibili e ne è stata investita la Sezione seconda della Corte di Cassazione[39].
6. La rinunciabilità del diritto di proprietà
Il Tribunale di L’Aquila, con provvedimento del 15 gennaio 2024, ha posto alla Corte di Cassazione la questione dell’ammissibilità della rinuncia abdicativa del diritto di proprietà immobiliare e, in caso positivo, se l’autorità giudiziaria possa sindacare l’atto di rinuncia sotto il profilo della meritevolezza degli interessi e della causa in concreto di tale negozio. Il quesito scaturisce dall’impugnazione da parte del Ministero dell’Economia e Finanze e dell’Agenzia del Demanio, del rogito con il quale due comproprietari avevano rinunciato alla proprietà di alcuni terreni posti dalla Regione Abruzzo a <<vincolo di pericolosità elevata P2>> nel Piano di assetto idrogeologico, circostanza che essenzialmente li privava di reale valore economico e, può aggiungersi, esponendoli a una responsabilità civile intensa, difficile da compiutamente delimitare e gestire.
Non è dato conoscere le conclusioni proposte dalle amministrazioni attrici, ma dalla sintesi dell’ordinanza di rimessione del Tribunale si trae la ricorrenza di una serie di domande subordinate, di cui la prima parrebbe mirare a una declaratoria d’inesistenza, giustificata dalla mancanza nel nostro ordinamento giuridico della rinuncia abdicativa della proprietà immobiliare, seguita da una domanda di nullità dell’atto di rinuncia per una serie subordinata di motivi ascrivibili alla <<non meritevolezza e/o illeicità della causa in concreto, ex art. 1322 e 1343 c.c.>>, all’illeicità del motivo o, ancora, per frode alla legge e, infine, per violazione del divieto di abuso del diritto ex art. 833, c.c.
In rinvio in questione segue una riviviscenza della riflessione sulla rinuncia alla proprietà immobiliare, già in corso da diversi anni e significativamente sollecitata da un citatissimo parere del Consiglio nazionale del notariato[40], seguito dopo qualche anno dal parere di massima dell’Avvocatura dello Stato[41] a cui il Ministero della Giustizia aveva dato seguito sollecitando i Consigli notarili a comunicare al competente ufficio dell’Agenzia del demanio, gli atti di rinuncia al fine di consentire l’esercizio dell’actio nullitatis[42]. Un dato, soprattutto quest’ultimo, che palesa l’esistenza di una certa preoccupazione legata al fenomeno della rinuncia alla proprietà immobiliare (rinuncia liberatoria o rinuncia abdicativa)[43].
Il tema ha per lungo tempo visto una dottrina favorevole alla rinuncia sulla base dell’essenziale osservazione della natura disponibile del diritto di proprietà e di una serie significativa di previsioni normative. Uno degli argomenti più solidi deriva dalle previsioni dettate in materia di trascrizione degli atti. L’art. 1350 n. 5, c.c., richiede a pena di nullità la forma scritta per <<gli atti di rinunzia ai diritti indicati ai numeri precedenti>>, e l’art. 2643 n. 5 c.c., analogamente indica tra gli atti soggetti a trascrizione <<gli atti tra vivi di rinunzia ai diritti menzionati nei numeri precedenti>>. Il rinvio attuato da entrambe le norme ai <<numeri precedenti>> (e precisamente al n. l) include <<la proprietà di beni immobili>>. La trascrivibilità degli atti di rinuncia alla proprietà immobiliare, che evidentemente presuppone un corrispondente potere, troverebbe conferma anche nell’art. 1118, comma secondo, c.c., che vieta al condòmino di rinunziare al suo diritto sulle parti comuni, e nell’art. 827, c.c., di sovente applicazione in ambito successorio che assume l’esistenza di beni immobili vacanti e prevede la loro inclusione nella proprietà dello Stato[44].
Secondo l’orientamento opposto, l’art. 1350, c.c., si riferisce alla <<rinuncia>> ad accordi aventi a oggetto atti di trasferimento di beni immobili precedentemente stipulati, con la conseguenza che alla rinuncia di una parte corrisponderebbe il riacquisto automatico dell’altra (rinuncia traslativa). Analoghe considerazioni sono svolte riguardo all’art. 2643, n. 5: <<gli atti tra vivi di rinunzia>> alla proprietà su un certo immobile avrebbero la conseguenza di far tornare il medesimo nella titolarità del dante causa del rinunziante. Anche la previsione dell’art. 1118, c.c., avrebbe soltanto il significato di derogare al principio contrario sancito dall’art. 1104, comma primo, c.c., secondo il quale la possibilità di liberarsi delle spese relative alla cosa comune potrebbe avvenire solo rinunciando al relativo diritto (espresso anche dall’art. 882, comma secondo, c.c.). Considerazioni simili varrebbero anche per gli altri diritti reali (es. la rinuncia all’enfiteusi di cui all’art. 963, c.c., è possibile solo in caso di perimento totale o parziale del fondo; l’art. 1070, c.c., consente la liberazione del fondo servente dalle spese necessarie alla conservazione della servitù, solo rinunziando alla proprietà a favore del fondo dominante). L’art. 827, c.c., sarebbe, dal canto suo, una norma di chiusura, destinata a operare soltanto laddove si verificasse l’ipotesi di immobile vacante e, perciò, non sarebbe espressione della generale rinunciabilità alla proprietà.
Il tema pone anche il delicato profilo delle responsabilità connesse alla titolarità della proprietà, soprattutto quando la rinuncia si giustifichi unicamente dall’intento del proprietario di liberarsi dei relativi.
Scarso il materiale giurisprudenziale sulla questione. Un intervento delle Sezioni Unite, pronuncia n. 1907/1997, considera incidentalmente la questione della rinuncia nell’ambito della tematica risarcitoria in caso di occupazione appropriativa, con un rilievo che si limita a osservare che <<il meccanismo abdicatorio [che] non manca di riscontri nel nostro ordinamento>>. Più espressa, invece, la giurisprudenza di merito, ricordata dal Tribunale di L’Aquila nell’ordinanza di rimessione, che espressamente ammette siffatta rinuncia, perlomeno in fattispecie in cui vi sia un’elevata pericolosità geomorfologica, come quella posta dalla fattispecie[45].
L’ordinanza del Primo presidente, che ha investito della delicata questione le Sezioni Unite[46], dà atto di una certa preoccupazione legata al fenomeno della rinuncia della proprietà immobiliare. Un timore che potrebbe essere già un annuncio delle indicazioni interpretative a venire[47].
7. Considerazioni conclusive
L’istituto introdotto con l’art. 363-bis, c.p.c., è piaciuto alla pratica, come dimostra il numero di rinvii proposti dalla sua entrata in vigore.
Un successo che non stupisce in considerazione della scadente tecnica legislativa che rende necessario un certo rodaggio interpretativo per orientare utilmente i pratici[48].
Come risulta dalla disamina che precede, lo scenario aperto concerne, in prima battuta, la definizione di vari aspetti procedimentali dello stesso rinvio per interpretazione pregiudiziale non precisati dalla norma, anche rilevanti, qual è quello concernente la delimitazione dei poteri del Presidente di intervenire sul quesito rimesso dal giudice a quo.
Qualche riflessione merita anche la “tecnica” di formulazione del quesito interpretativo adottata da taluni rinvii, nei quali lo stesso è privo di specifica e autonoma formulazione e deve essere filtrato dall’esposizione narrativa dei motivi del rinvio.
Pochi, a oggi, i grandi arresti, con l’eccezione della sentenza resa a Sezioni Unite ricostruttiva della proposizione cumulativa di domande congiunte di separazione e di divorzio e forse tale sarà quella concernente il delicato tema della rinunciabilità del diritto di proprietà immobiliare, di cui siamo in attesa.
Nel panorama delle questioni rimesse alla Corte si coglie, piuttosto, la più modesta, ma pressante necessità di chiarificazioni di dettaglio, di petits arrêts, in grado di dare certezza al sistema e concernenti, in soverchia quantitità numerica, l’operatività del processo nella sua dimensione concreta. Un dato che fa riflettere sulla necessità di regole applicative certe[49] a sostegno del concreto agire giurisdizionale e da cui traspare anche una certa solitudine del giudice, un suo bisogno di confronto e conforto che ha trovato un canale di dialogo in questo istituto, ma a cui lo stesso difficilmente potrà rispondere nel tempo.
[1] Tra i molti, A. Panzarola, Introduzione al rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte di cassazione (art. 363-bis c.p.c.), Pisa, 2024; A. Briguglio, Il rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte di Cassazione, in www.judicium.it, 2022; G. Trisorio Liuzzi, La riforma della giustizia civile: il nuovo istituto del rinvio pregiudiziale, in www.judicium.it, 2021; A. Fabbi, Il rinvio pregiudiziale “alla Corte”, in www.judicium.it, 2023; A. Mondini, Il rinvio pregiudiziale interpretativo, in Judicium, 2022; M. Fabiani, Rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione una soluzione che non alimenta davvero il dibattito scientifico, in Riv. dir. proc., 2022, p. 197; F. Barbieri, Brevi considerazioni sul rinvio pregiudiziale in Cassazione: il giudice di merito superiorem recognoscens, in Nuove Leggi civ. comm., 2022, p. 369 ss.; B. Capponi, È opportuno attribuire nuovi compiti alla Corte di Cassazione? in Giust. ins., 19 giugno 2021; Id., La nomofilachia tra equivoci e autoritarismi, in Judicium, 2022; G. Scarselli, Note sul rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione di una questione di diritto da parte del giudice di merito, in Giust. ins., 5 luglio 2021.
[2] In questa ottica, la riforma ha introdotto anche nel processo penale, all’art. 24-bis, c.p.p., il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione per la decisione sulla competenza per territorio; la Corte di cassazione, sez. II pen., 5 settembre 2023, n. 36768, ha affermato che il provvedimento con cui il giudice rimette la questione alla Corte di cassazione non ha effettivo sospensivo rispetto al processo, in ragione dell’applicabilità al rinvio pregiudiziale della previsione di cui all’art. 30, comma 3, c.p.p.
[3] La Relazione allo schema di decreto legislativo d’attuazione della l. 26 novembre 2021, n. 206, della delega al governo per le riforme, colloca il rinvio pregiudiziale tra gli <<interventi semplificatori e acceleratori>> riferiti alle impugnazioni (p. 8, Rel. Illustrativa bollinata).
[4] Si tratta di una nozione non banale, poiché la nozione di procedimento, tanto nella sua dimensione sostanziale quanto in quella processuale, è rimasta in secondo piano rispetto al concetto di fatto e di fattispecie, come ha recentemente notato F. Ricci, Procedimento, processo e giustizia procedurale nell’esercizio dell’autonomia privata, in Procedimento e processo. Metodi di ponderazione di interessi e risoluzione di conflitti, a cura di R. Martino, A. Panzarola, M. Abbamonte, Milano, 2022, p. 146. F. Carnelutti, Diritto e processo, Napoli, 1959, p. 17, riflette su questi concetti, rilevando che <<Quando si dice che il giudizio è processo (o procedimento, che salvi i valori convenzionali delle parole nel linguaggio scientifico, esprime la medesima idea) non si vuol dire altro, dopo tutto, se non che è uno svolgimento, ossia che si forma nel tempo>>; secondo F. Santoro-Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1966, rist. 2012, p. 103, il <<procedimento>> è una fattispecie complessa a formazione progressiva nella quale i diversi atti sono «collegati dalla loro funzione unitaria» e «disposti in un determinato ordine cronologico e logico».
[5] G. Verde, Il metodo delle riforme nella giustizia civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2024, p. 65, osserva come funzionalmente all’ottica deflattiva del ricorso alla Corte di Cassazione per violazione di legge, il rinvio per interpretazione amplifichi la divaricazione tra fatto e diritto, svalutando il primo a profitto del secondo formulato sulla base di una <<un’ipotesi>> di fatto che dovrebbe essere suscettibile di verifica in appello.
Il profilo della svalutazione dell’appello è rimarcato da molti, tra cui ancora G. Verde, Diritto processuale civile, 2. Processo di cognizione, II, Bologna, 2023, p. 239, che rileva lo <<attuale disfavore (palese o latente) per l’appello>> e la <<sorda ostilità verso il rimedio e verso il principio del doppio grado di giudizio che è largamente diffusa e della quale non sappiamo apprezzare le ragioni. Eppure, nella storia ideale della giustizia, l’esigenza dell’appello si è imposta dovunque il progresso civile ha reso l’uomo più pensoso intorno alle forme secondo cui andava a disegnare i suoi rapporti di vita associata […]>>.
[6] Così, per esempio, il rinvio proposto dalla Corte di Giustizia Tributaria di 2° della Lombardia in data 2 agosto 2024, non ancora risolto alla data dell’ultima revisione del presente scritto (19 settembre 2024).
[7] La saisine pour avis della Cour de cassation è stata introdotta in Francia con la l. 15 mai 1991, n. 91-491 ereiteratamente ritoccata dal legislatore nel corso del tempo, peraltro sotto profili non cruciali. Attualmente l’istituto è regolato dagli artt. 1031-1 a 1031-7, Code de procédure civile, e dagli artt. L. 441-1 a L. 441-4, Code de l’organisation judiciaire: alle norme codicistiche è riservata la disciplina degli aspetti strettamente procedimentali, mentre i presupposti del rinvio e l’efficacia della pronuncia resa sono collocati entro le disposizioni concernenti l’organizzazione giudiziaria. L’art. L441-1 è la chiara impronta seguita dal legislatore italiano, anche se non difettano profili cruciali di differenza. La norma in questione pone, al primo comma, i requisiti di operatività costituiti dalla novità, dalla difficoltà interpretativa seria, dalla serialità, disponendo: <<Avant de statuer sur une question de droit nouvelle, présentant une difficulté sérieuse et se posant dans de nombreux litiges, les juridictions de l’ordre judiciaire peuvent, par une décision non susceptible de recours, solliciter l’avis de la Cour de cassation.>>. La previsione è rivolta a tutti giudici <<de l’ordre judiciaire>> e non richiede che l’avis sia necessario alla decisione totale o parziale della questione pendente dinanzi al giudice a quo, ferma restando la natura <<seria>> della questione interpretativa. Un aspetto che rende l’istituto francese più marcatamente pubblicistico e avvicinabile al ricorso in Cassation nell’interesse della legge, come pure autorevolmente evidenziato. In tal senso la relazione introduttiva della relazione al Senato del Guardasigilli G. Kiejman, in J.O. de la République française, seduta 17 aprile 1991, p. 875 ss. Mi soffermo su questi aspetti nel mio La saisine pour avis de la Cour de Cassation, cit., p. 496, nota n. 4, pag. 501, testo e note. All’indomani dell’introduzione dell’avis, larga parte del dibattito francese si è concentrato sulla <<novità>> che deve caratterizzare la questione rimessa alla Corte, condizione considerata ricorrente in presenza di una legge di recente introduzione o in difetto di giurisprudenza di legittimità, come ha chiarito la stessa Cour de cassation in uno dei primi pareri resi (in tema, F. Zenati, La saisine pour avis de la Cour de Cassation, in Dalloz, 1992, p. 247; A-M. Morgan De Rivery-Guillaud, La saisine pour avis de la Cour de Cassation (Loi n. 91-491 du 15 mai 1991. Décret n. 92-228 du 12 mars 1992), in J.C.P., 1992, Doctr., 3576, p. 175). La questione è stata oggetto dell’avis reso il 9 ottobre 1992, in Dalloz, 1993, Somm., p. 188, che ha escluso che la Corte possa pronunciarsi su una questione già decisa, <<il n’y a pas lieu pour la Cour de cassation de rendre un avis sur une question qui a déjà été tranchée par elle>>, con ciò eliminando anche il rischio di un’utilizzazione dell’istituto mirato alla revisione, o addirittura al revirement, di un dato orientamento. Una certa curiosità attrae la diversa scansione temporale che regola i due istituti: il nostro legislatore ha assegnato al Primo presidente il termine (ordinatorio, ovviamente) di novanta giorni per procedere all’assegnazione del rinvio a una sezione semplice o alle Sezioni Unite della Corte, mentre la saisine prevede che nel termine di tre mesi la Cour de Cassation debba rendere la propria interpretazione.
[8] M. Marinelli, La saisine pour avis de la cour de Cassation e il nuovo rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c.: divagazioni su norme giuridiche e <<norme culturali>>, in Riv. dir. proc., 2024, p. 67 ss., concernente la riottosità dell’ordinamento giuridico francese alla vincolatività delle pronunce, che coinvolge anche il giudice del rinvio rispetto alla pronuncia resa dalla Cour de cassation nell’ambito del normale percorso contenzioso.
[9] In questo senso, in particolare, la seduta del 7 maggio 1991, Sénat, in Journal Officiel de la République française, p. 877, disponibile all’indirizzo https://www.senat.fr/comptes-rendus-seances/5eme/pdf/1991/05/s19910507_0873_0904.pdf; F. Zenati, La saisine pour avis de la Cour de cassation (loi n° 91-491 du 15 mai 1991 et décret n° 92-228 du 12 mars 1992), in Dalloz, 1992, Chron., 1992, p. 247;
[10] Offre una panoramica degli avis M. Douchy-Oudot, Les avis de la Cour de cassation en matière de procédures civiles d’exécution, in Justices: Revue générale de droit processuel, 1997, disponibile all’indirizzo : //efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://hal.science/hal-04015402/document ; per le domande d’avis pendenti può consultarsi il sito della Cour de Cassation all’indirizzo : https://www.courdecassation.fr/acces-rapide-judilibre/questions-en-cours/demandes-davis-soumises-la-cour.
[11] Mi sono occupata a più riprese delle riforme introdotte in Francia a seguito della loi n. 2019-222 de programmation 2018-2022 et de réforme pour la justice, tra cui La programmazione delle riforme della giustizia in Francia. Sinergia di un sistema, in Osservatorio sulle fonti, fasc. 2/2020, pp. 908-925, disponibile all’indirizzo http://www.osservatoriosullefonti.it; Tra cultura e impegno riformatore. Il <<sistema processo>> francese e il procedimento di référé, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2021, p. 1135-1156.
[12] Così Maurizio Lupoi, il quale ritiene che il legislatore italiano abbia soltanto “orecchiato” il procedimento francese, senza conoscerlo effettivamente, Un primo approccio comparativo al “diritto vivente”: Francia e Inghilterra, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2024, p. 220.
[13] Disponibile all’indirizzo https://www.cortedicassazione.it/it/rinvii_pregiudiziali_ex_art.page. Auspicabile una migliore organizzazione della sezione in questione, che consenta una ricerca mirata delle questioni oggetti del rinvio, che attualmente difetta.
[16] A. Briguglio, Il rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte di Cassazione, cit., escludeva che l’espressione <<giudice del merito>> potesse rivolgersi a organi diversi dal giudice civile, attesa la collocazione della norma nel codice di procedura civile; nell’ottica dell’Autore restava aperta la questione della legittimazione degli arbitri.
[17] A. Briguglio, Commento: Chi decide riguardo ai quesiti pregiudiziali sul rinvio pregiudiziale?, in Il processo, 2023, p. 487.
[18] Questa osservazione è di C. Consolo, Riforma Cartabia: il rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte di Cassazione. Prime riflessioni sul nuovo strumento di giurisdizione consultiva vincolante previsto dall’articolo 363-bis c.p.c., in Altalex, 9 giugno 2023, disponibile all’indirizzo https://www.altalex.com/documents/news/2023/06/09/riforma-cartabia-rinvio-pregiudiziale-interpretativo-corte-cassazione.
[19] Nell’ordinanza di rinvio, la Corte di giustizia di Agrigento dà conto che l’istanza di contributo a fondo perduto era stata rigettata dall’Agenzia delle Entrate per un errore nel codice iban indicato dalla società richiedente, seguita anche dal rigetto dell’istanza avanzata in autotutela dalla stessa società.
La documentazione concernente il rinvio, l’ordinanza di rimessione del Primo Presidente e la sentenza della Corte di Cassazione del 13 dicembre 2023, n. 34851 sono disponibili all’indirizzo https://www.cortedicassazione.it/page/it/ordinanza_di_rinvio_pregiudiziale_del_31032023_con_rg_4282023__ufficio_di_merito_corte_di_giustizia_tributaria_di_i_grado_di_agrigento_con_rg_392021?contentId=RPC7362.
[20] Ciò, benché la Corte escluda che «In tema di contributo a fondo perduto previsto dall’art. 25 del d.l. n. 34 del 2020 a favore dei soggetti colpiti dall’emergenza epidemiologica “Covid-19”, il comma dodicesimo di tale disposizione, nella parte in cui prevede, all’ultimo periodo, che per le controversie relative all’atto di recupero si applicano le disposizioni previste dal d.lgs. n. 546 del 1992, non trova applicazione ai giudizi aventi ad oggetto l’impugnazione del provvedimento di diniego del contributo adottato dall’Agenzia delle entrate (c.d. scarto telematico)».
[21] Il Tribunale di Roma chiede: <<quale sia la corretta interpretazione degli artt. 420 e 426 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 447-bis c.p.c., in materia di mutamento del rito (da ordinario a speciale lavoristico-locatizio), in seguito alla riforma della procedura civile in materia di introduzione del giudizio e costituzione delle parti, come oggi prevista dagli artt. 163, 163-bis, 165, 166, 167, 171-bis, 171-ter, 183 c.p.c., alla luce della nuova disciplina di cui all’art. 4 del d.lgs. 150 del 2011 come novellato dall’art. 15 comma 3, lett. c) del d.lgs. 149 del 2022. In particolare, se il giudice: a) debba provvedere al mutamento del rito ed alla concessione di termini per eventuali memorie integrative ex art. 426 c.p.c. alla (nuova) prima udienza ex art. 183 c.p.c.; b) debba provvedere al mutamento del rito senza concessione di termini per eventuali memorie integrative ex art. 426 c.p.c. alla (nuova) prima udienza ex art. 183 c.p.c.; c) debba provvedere al mutamento del rito direttamente in sede di verifiche preliminari ex art. 171-bis c.p.c., ai sensi dell’art. 426 c.p.c.; d) debba applicare in via analogica l’art. 4 del d.lgs. n. 150 del 2011, come modificato dall’art. 15 comma 3, lett. c) del d.lgs. n. 149 del 2022 (e disporre il mutamento del rito in sede di verifiche preliminari ex art. 171-bis c.p.c.); e) o se risulti invece necessaria una verifica della legittimità costituzionale dell’impianto normativo della riforma.>>
[22] Provvedimento di inammissibilità del 14 settembre 2023, n. R.G. 26593/2023.
[23] Provvedimento d’inammissibilità del 14 settembre 2023, R.G. 26598/2023.
[24] Il rinvio del Tribunale di Parma (del 3 agosto 2023, n. 363/2023) è dichiarato inammissibile da Cass., S.U., 13 maggio 2024, n. 12974 la quale, pur tecnicamente pronunciando in rito, riprende e riconferma S.U. del 7 maggio 2024, n. 12974 (resa su rinvio per interpretazione del 25 luglio 2023, n. 2959/2023 formulato dal Tribunale di Milano). La questione posta concerneva l’interpretazione del titolo giudiziale chiedendo, in particolare, se nel caso di sentenza di condanna al pagamento di crediti di lavoro ex art. 429, comma 3, c.p.c., recante l’indicazione <<oltre interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo effettivo>>, gli interessi nella misura legale decorressero dalla proposizione della domanda giudiziale, sulla base del saggio previsto dall’art. 1284, comma 4, c.c., e se tale disposizione trovasse applicazione anche nel caso di obbligazione derivante da responsabilità extracontrattuale. La Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto: <<ove il giudice disponga il pagamento degli «interessi legali» senza alcuna specificazione, deve intendersi che la misura degli interessi, decorrenti dopo la proposizione della domanda giudiziale, corrisponde al saggio previsto dall’art. 1284, comma 1, cod. civ. se manca nel titolo esecutivo giudiziale, anche sulla base di quanto risultante dalla sola motivazione, lo specifico accertamento della spettanza degli interessi, per il periodo successivo alla proposizione della domanda, secondo il saggio previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali>> (Cass., S.U., 7 maggio 2024, n. 12449).
[27] Provvedimento del 15 aprile 2024, R.G. 7409/2024.
[28] Nel caso da ultimo considerato, si tratta del rinvio pregiudiziale rimesso dal Tribale di Mantova in data 13 novembre 2023, R.G. Cassazione n. 828/2023, concernente «se la disposizione codicistica dell’art. 492, comma 2, c.p.c. trova applicazione anche nell’esecuzione forzata presso terzi e, in particolare, con riguardo alla notifica dell’avviso ex art. 543, comma 5, c.p.c.». L’ordinanza di inammissibilità esclude che possa ravvisarsi una grave difficoltà interpretativa sull’art. 492, comma 2, c.p.c., circa il quale «il rimettente evidenzia una perplessità interpretativa che non trova riscontro in posizioni variegate espresse dalla giurisprudenza di merito o nell’esistenza effettiva di un dibattito interpretativo al riguardo … [e] mira, piuttosto, a conseguire un avallo all’opzione ermeneutica che il Tribunale rimettente mostra di voler preferire».
[29] Provvedimento d’inammissibilità del 7 novembre 2023, R.G. Cassazione n. 31016/2023, concernente il rilievo delle clausole abusive e scaturente dalle reiterate indicazioni della Corte di giustizia e di Cass., S.U., 6 aprile 2023, n. 9479. Il quesito proponeva la seguente questione interpretativa: <<In punto di rilevanza della questione oggetto del rinvio ex art. 363-bis c.p.c., il Tribunale rimettente ha osservato che: a) la clausola di cui è lamentato il carattere abusivo, non rilevato nel decreto ingiuntivo posto a base dell’esecuzione, è quella di deroga all’art. 1957 c.c., la cui vessatorietà per il consumatore è pacifica, al pari della nullità parziale del contratto che riproduca automaticamente tale clausola dallo Schema ABI sanzionato dalla Banca d’Italia Numero di raccolta generale 31016/2023 Data pubblicazione 07/11/2023 (sotto questo secondo profilo sono richiamati i principi espressi da Cass., S.U., 30 dicembre 2021, n. 41994); b) può ritenersi sommariamente riscontrata la qualità di consumatore della debitrice esecutata avuto riguardo ai principi affermati dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza “Torcau” (CGUE, 19 novembre 2015, in C-74/15) e alle circostanze di fatto della titolarità, in capo alla medesima debitrice, soltanto del 5% delle quote della società a responsabilità limitata di cui il di lei coniuge deteneva il 90% delle quote ed era presidente del consiglio di amministrazione; c) non può trovare accoglimento l’eccezione sollevata dal creditore di tardività dell’opposizione per aver la debitrice proposto in precedenza altra opposizione all’esecuzione con esito negativo, giacché, alla luce di quanto affermato dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 9479 del 6 aprile 2023, il termine di 40 giorni di cui all’art. 650 c.p.c. decorre dal momento della concessione da parte del giudice dell’esecuzione che abbia rilevato l’abusività della clausola in danno del consumatore, là dove, invece, l’opposizione già respinta, con efficacia peraltro soltanto “endoprocedimentale”, verteva esclusivamente sulla dedotta esistenza di un fondo patrimoniale opponibile; d) il rilievo del carattere abusivo della predetta clausola, pur coi limiti dei poteri cognitivi riconosciuti al giudice dell’esecuzione, finalizzati alla mera concessione del termine di 40 giorni per l’opposizione tardiva, avrebbe effetto dirimente sulla controversia in corso, non risultando iniziative del creditore nel termine semestrale>>.
Nello stesso senso del divieto di rinvii puramente esplorativi, ma con l’aggiunta della rilevata assenza di “serialità”, il decreto del Primo Presidente del 3 novembre 2023, n. R. G. 30657/2023. La questione posta riguardava l’interpretazione dell’art. 2429, terzo comma c.c., e la configurabilità di un diritto del socio a essere informato dell’avvenuto deposito del bilancio nella sede sociale e come ciò dovesse coordinarsi con l’art. 2479-bis, c.c., che prevede l’invio della convocazione mandata almeno otto giorni prima dell’adunanza (questione rimessa dal Tribunale di Milano, con provvedimento del 21 settembre 2023).
[30] Il provvedimento presidenziale del 20 novembre 2023 dichiara l’inammissibilità il rinvio in quanto concernente una questione non di solo diritto e perché (e ancor prima) la questione è già stata risolta dalla Corte di Cassazione. Il rinvio, rimesso dal Giudice di pace di Sanremo concerneva <<l’ammissibilità e la qualificazione dell’intervento volontario – nel giudizio di risarcimento danni promosso, ai sensi dell’art. 2054 c.c., dal danneggiato in un sinistro stradale nei confronti del conducente e/o proprietario dell’autoveicolo antagonista – della compagnia assicuratrice della responsabilità civile dello stesso attore>>. Nella declaratoria d’inammissibilità, il Primo presidente <<rilevata la mancanza dei requisiti normativi prescritti dall’art. 363-bis c.p.c., avendo il giudice di merito mancato di sottoporre una «questione esclusivamente di diritto» e, comunque, non potendosi ravvisare una grave difficoltà interpretativa in ragione della già avvenuta affermazione, da parte della Corte (Cass., Sez. 3, 1/8/2018, n. 20383; Cass., Sez. 3, 11/12/2018, n. 31965; Cass., Sez. 3, 18/4/2019, n. 10816; Cass., Sez. 3, 18/8/2023, n. 24799), di un principio di diritto «che fornisce al giudice rimettente una piana chiave interpretativa per risolvere» il manifestato dubbio ermeneutico>>.
[31] Tra le molte si ricordano Cass., 30 gennaio 2017, n. 2224; Cass. civ., 14 giugno 2000, n. 8109; Cass. 26 aprile 2021, n. 11012; Cass. 28 giugno 2022, n. 20745; Cass., 13 aprile 2022, n. 1192. La tematica dei patti prematrimoniali è oggetto di attenzione da tempo da parte della dottrina, si veda, tra i molti contributi, A.A.V.V., Accordi in vista della crisi dei rapporti familiari, a cura di Landini-Palazzo, in Biblioteca della fondazione italiana del notariato, 2018, fasc. 1.
[32] Oggi anche con l’introduzione della cumulabilità delle domande di separazione e divorzio di cui all’art. 473-bis.49, circa il quale si concorda con chi ha rilevato che <<Il divieto di patti «predivorzio», in definitiva, è almeno — ma con profondità — scalfito>>, G. Casaburi, Un utile ircocervo: la domanda cumulativa di separazione e di divorzio (art. 473 bis.49 c.p.c.), in ForoPlus, banca dati on line de Il Foro italiano, 12.07.2023, in Dottrina, articolo correlato alla pronuncia interpretativa della Corte di Cassazione, n. 26727 del 2023, in commento.
[33] L’espressione è di Casaburi, cit., nota precedente.
[34] G. Maniaci, Contro il paternalismo giuridico, in Analisi e diritto, Torino, 2012.
[35] Sulla revoca del consenso, già Cass., 2 maggio 2018, n. 10463, secondo la quale la revoca unilaterale e successiva del consenso formulata da uno solo dei coniugi diviene assolutamente irrilevante, non potendo la stessa certamente interrompere, o peggio ancora compromettere, l’iter procedimentale ormai già avviato e rimesso alla decisione giudiziale, spettando al Giudice di merito il riscontro dei presupposti necessari per la pronuncia del divorzio.
[36] I nonni di un minore chiedevano al Tribunale dei minorenni di procedere ex art. 317-bis e 333, c.c., con emissione di provvedimento urgente inaudita altera parte alla modifica del provvedimento in corso relativo all’esercizio della responsabilità genitoriale. Il giudice delegato alla trattazione del procedimento di merito emetteva un provvedimento ex art. 473-bis.15, c.p.c., con cui disponeva, tra le altre determinazioni, il collocamento del minore presso i nonni materni e la presa in carico dei medesimi e della madre da parte dei servizi sociali. Il provvedimento era successivamente confermato con provvedimento monocratico, avverso il quale la madre proponeva reclamo dinanzi alla Corte d’appello di Lecce, sezione per i minorenni, la quale si dichiarava incompetente e indicava il Tribunale per i minorenni in formazione collegiale quale giudice deputato a valutare il reclamo. Alla base della decisione v’era la considerazione che il reclamo non poteva essere inquadrato nella disciplina dell’art. 473-bis.24, ma nel procedimento cautelare uniforme, e perciò regolato dall’art. 669-terdecies, c.p.c., il quale individua il giudice competente nella formazione collegiale del giudice che aveva emesso il provvedimento impugnato. Riassunto il procedimento dinanzi alla composizione collegiale del Tribunale dei minori di Lecce, alla luce delle contestazioni circa la sua competenza poiché l’art. 473-bis.15, c.p.c., non prevede il reclamo, il giudice rimetteva il quesito interpretativo alla Corte di cassazione.
[37] L’ordinanza del Primo Presidente è del 6 novembre 2023
[38] Questione rimessa dal Tribunale di Roma il 13 giugno 2023.
[39] I due procedimenti hanno preso presso la Corte di Cassazione il numero di R.G. 6534/2023 e R.G. 6803/2023 e a oggi (6 maggio 2024, non risultano decisi).
[40] M. Bellinvia, La rinunzia alla proprietà e ai diritti reali di godimento, Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 216-2014/C, disponibile all’indirizzo https://www.notariato.it/wp-content/uploads/216-14-c.pdf
[41]Rinuncia al diritto di proprietà immobiliare, Parere di massima, 14-3-2018, n. 137950.
[42] Nota del Ministero della Giustizia del 15 marzo 2018, disponibile all’indirizzo https://www.federnotizie.it/wp-content/uploads/2018/06/nota-ministero.pdf
[43] Per un esame del problema e ampi riferimenti bibliografici e giurisprudenziali, A. Renda, Derive e approdi in tema di rinuncia alla proprietà immobiliare, in Europa e Diritto Privato, fasc.1, 2024, p. 1.
[44] Tra i molti Autori, in questo senso, E. Favara, Abbandono di fondo, in Noviss. Dig., I, Milano, 1957, p. 9; F. Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, II, Milano, 1965, p. 448; L. Bigliazzi Geri, Oneri reali e obbligazioni propter rem, Trattato Cicu-Messineo, Milano, 1984, p. 137 ss.; C.M. Bianca, Diritto civile, VI, Milano, 1999, p. 406; F. Gazzoni, La trascrizione degli atti e delle sentenze, in Trattato della trascrizione, diretto da E. Gabrielli-F. Gazzoni, I, Torino, 2012, p. 253.
[45] In questo senso, Trib. Firenze, 15 settembre 2022, n. 2529, il quale afferma: <<Al contrario, risulta invece conforme ai principi solidaristici che, in presenza di un terreno con elevata pericolosità geomorfologica, che determina una situazione di rischio per la circolazione su strada pubblica, utilizzata quindi dalla collettività, in conseguenza della rinuncia alla proprietà da parte del privato, i costosi interventi di messa in sicurezza siano finanziati con risorse pubbliche provenienti dalla .fiscalità generale, anziché gravare sul singolo proprietario, del resto neppure colpevole per la conformazione del luogo e la composizione del suolo. In senso conforme Trib. L’Aquila, l 0.1 0.2023, n. 623; Trib. L’Aquila, 23.10.2023, n. 656; Trib. L’Aquila, 27.10.2023, n. 682)>>.
[46] Il provvedimento di rimessione è del 29 febbraio 2024 e ha preso n. di R.G. Cassazione n. 2098/2024.
[47] La questione della rinuncia abdicativa è questione posta con una certa frequenza in ambito amministrativo, soprattutto in connessione con condotte (illecite) di occupazione di terreni da parte della P.A.; per esempio, Cons. Stato, A.P., 20 gennaio 2020, n. 2, il quale esclude che il titolo di acquisto della P.A. di una proprietà immobiliare non possa che essere l’atto di acquisizione (espressione di una scelta dell’autorità) ai sensi dell’ art. 42-bis t.u. espropriazioni (d.P.R. n. 327/2001) e non l’effetto giuridico di rinuncia abdicativa da parte del proprietario alla liquidazione del danno; parrebbe, per contro, ammettere la rinuncia abdicativa, Cons. Stato, sez. IV, 20 marzo 2024, n. 2714, secondo la quale <<L’occupazione abusiva di terreno altrui da parte dell’Amministrazione pubblica non comporta l’acquisizione del bene, in quanto configura un illecito permanente. In caso di domanda di risarcimento del danno da parte del proprietario, il quantum del risarcimento deve essere commisurato al valore venale del bene al momento della rinuncia abdicativa del proprietario al proprio diritto di proprietà, con rivalutazione ed interessi legali. Anche in presenza di trasformazione irreversibile del terreno, il giudice deve liquidare solo il danno relativo alla perdita del godimento del bene, a meno che non sia espressamente richiesta l’applicazione dell’istituto della rinuncia abdicativa.>>; anche Cass., sez. III, 11 dicembre 2020, n. 28297 in ambito di occupazione usurpativa, individua tre conseguenze giuridicihe della medesima: <<a) viene in rilievo un illecito permanente; b) persiste il diritto di proprietà del bene del privato e, quindi, sono esperibili le azioni di restituzione (salva la rinuncia abdicativa); c) l’azione non è soggetta ad alcun termine prescrizionale; d) ove si opti per la tutela risarcitoria per equivalente, il risarcimento è integrale.>>
Sul tema, G. Mari, Rinunciabilità della proprietà e occupazione sine titulo, Libro dell’anno del Diritto 2019, Treccani, disponibile all’indirizzo https://www.treccani.it/enciclopedia/rinunciabilita-della-proprieta-e-occupazione-sine-titulo_(altro)/
[48] Ne offrono esempio proprio i commi 1 e 8 dell’art. 35, del D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 disciplinanti l’entrata in vigore dell’istituto al 30 giugno 2023, poi anticipata al 28 febbraio 2023 dall’art. 1, comma 380, l. 197/2022 di approvazione del bilancio, che ha modificato in vari punti l’art. 35. Le diverse velocità stabilite per l’entrata in vigore delle novità introdotte dalla riforma e la reiterata modifica delle stesse, già avevano opportunamente condotto a una loro lettura coordinata da parte dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione (Relazione 8 febbraio 2023, n. 8). Ai sensi dell’art. 35, comma 1, D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, l’art. 363-bis, c.p.c., si applica ai procedimenti instaurati successivamente al 30 giugno 2023. Ai procedimenti pendenti alla data del 30 giugno 2023, si applicano le disposizioni vigenti. Ai sensi dell’art. 35, comma 8, tuttavia, le disposizioni di cui a questo articolo si applicano ai procedimenti di merito pendenti alla data del 30 giugno 2023. Il combinato disposto a giustissimo titolo <<detiene forse la palma del dettato più equivoco tra quelle degli ultimi decenni>>, come rilevato da Briguglio ne, Il rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte di Cassazione, cit. rinvii a oggi proposti e pendenti sono rinvenibili nel sito della Corte di Cassazione nella sezione riservata agli stessi all’indirizzo.
[49] P. Grossi, Sulla odierna “incertezza” del diritto, in Giustizia civile.com, n. 4 – 2014, disponibile all’indirizzo https://giustiziacivile.com/giustizia-civile-riv-trim/sulla-odierna-incertezza-del-diritto#nota-testo-11.