Il rinvio pregiudiziale “alla Corte”

Di Alessandro Fabbi -

Sommario: 1. Premessa. Natura del rinvio. – 2. Legittimazione (giudici a quibus). – 3. Procedimento. – 3.1 Tempo, regime ed effetti dell’ordinanza di rinvio. – 3.2 Ammissibilità del rinvio. – 3.3 Svolgimento. – 4. Effetti della decisione. – 5. Conclusioni

 1.Premessa. Natura del rinvio

Il legislatore delegato alla riforma del rito civile, con il d.lgs. n. 149/2022 – in attuazione delle indicazioni di cui all’art. 1 co. 9 l. n. 206/2021 – ha introdotto ex novo nel codice l’art. 363-bis: che regolamenta senz’altro una delle innovazioni più rilevanti di cui alla novella[1]  – sulla carta meritoria, si precisa sin da subito ad avviso di chi scrive[2] –, con l’istituto del rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione.

Trattasi di uno strumento di nomofilachia preventiva[3], con dichiarati fini deflattivi e quindi di economia del processo[4]. Per taluni esso sarebbe espressione di giurisdizione consultiva[5], a tacer però degli effetti sulla fattispecie decisa, che a nostro avviso lo distinguono e caratterizzano con nettezza, nella sua “anticipatorietà”. L’istituto, peraltro, è stato già oggetto, ante approvazione, di un certo confronto scientifico[6].

L’assoluta novità della disposizione – sebbene non inedita nei propositi[7] – si è finora riflettuta in posizioni sovente distanti tra i commentatori, che muovono: da pronostici, o finanche l’auspicio[8], di un uso numericamente limitato dell’istituto, come accaduto per l’analogo strumento francese; a ben più ottimistiche opinioni, che dello strumento perorano un esteso ambito applicativo. Sarà dunque a riguardo centrale l’interpretazione delle previsioni, non univoche e su taluni punti almeno soggette a diverse possibili letture, che si finirà per dare (tutte essenzialmente nella prerogativa del primo presidente della S.C.), specie circa i presupposti di ammissibilità[9]. Ad oggi, peraltro, si registra il primo provvedimento di ammissione del rinvio, che data allo scorso 3-4 aprile 2023 e cui dunque si farà ove del caso riferimento nell’analisi che segue[10].

Non è qui il caso di indugiare sulle riflessioni di diritto comparato o sul piano storico che la norma suscita. Dal primo punto di vista, si attestano agevoli se in via superficiale (di qui in poi tutti da approfondire) parallelismi con strumenti esistenti già altrove: ad es., come visto, in primis la saisine pour avis à la Cour de cassation di diritto francese[11], mentre altri ha ritenuto di intravedervi affinità con il rinvio alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea[12], con il rinvio alla Corte Edu di cui all’ancora inattuato Protocollo 16, con lo stesso rinvio alla nostra Corte costituzionale[13], ecc. Dal secondo angolo visuale, l’istituto, in certa misura stipulativamente e a seconda delle preferenze di ciascuno, può suggerire pure suggestive ma lontane similitudini sul piano storico[14]: ora evocando una politica accentratrice a mo’ di royal writs, appannaggio della Curia regis[15], ora la formula del praetor, il consilium sapientis, od ancora l’Aktenversendung tedesco, e via discorrendo[16].

L’esperienza francese si è di certo detta prevalente, dagli stessi conditores, nell’ispirare la riforma[17], ma rispetto ad essa val la pena segnalare la rilevatissima differenza osservabile: consistente in ciò che, mentre nel sistema italiano la decisione sul rinvio possiede efficacia vincolante (v. infra), in quello d’oltralpe la Cour de cassation pronuncia senza alcuna vincolatività[18].

Al postutto, e a ben guardare, il rinvio pregiudiziale “all’italiana” merita un inquadramento suo proprio, perché in nessun caso i precedenti succitati, sia sul piano storico sia su quello comparatistico od ordinamentale, rispecchiano la totalità delle caratteristiche impressevi dal legislatore italiano.

2.Legittimazione (giudici a quibus)

Detto che la introduzione del rinvio determinerà la necessità di provvedere alle conseguenti variazioni tabellari presso la Corte per definire in concreto le modalità di assegnazione e trattazione delle rimessioni[19], sul piano esegetico la norma attribuisce il potere di sollevare l’incidente davanti alla S.C. ad ogni “giudice di merito”, in apparenza indipendentemente dal grado. Il giudice di merito, dunque, non ha alcun dovere di provvedervi, ma la mera facoltà[20], essendosi – come si è giustamente evidenziato – “di fronte ad un potere discrezionale del giudice … la cui mancata attuazione non vizia la decisione, anche nel caso in cui tutte le parti in causa avessero fatto richiesta …[21] (diverso discorso, aggiungiamo noi, potrebbe aprirsi in futuro sulle conseguenze in punto di responsabilità, secondo la l. n. 117/1988)[22].

È già da ben prima dell’entrata in vigore divenuto discusso il significato da attribuire alla espressione “giudice di merito”: che – con le precisazioni e i distinguo che saranno fatti oltre nel testo (significativamente circa il giudice d’appello e d’ogni altra sede in cui trovi applicazione l’art. 338 c.p.c.) – senz’altro ricomprende il giudice di primo e secondo grado[23], in procedimenti di cognizione contenziosi (ed anche non), ordinari o speciali, e così pure il giudice della revocazione o della opposizione di terzo, o d’altre impugnazioni speciali, come anche delle opposizioni esecutive quali parentesi cognitive all’interno del processo esecutivo, ecc.[24].

La dottrina ha escluso che sia legittimato a sollevare la pregiudiziale interpretativa il giudice del rinvio ex artt. 392 ss. c.p.c.[25], per mantenere intatto il vincolo al principio di diritto già dettato in quella sede dalla S.C. e ciò ci sembra esatto seppur non in assoluto, ma, in breve, nei soli casi di rinvio proprio o con funzione c.d. prosecutoria, nei quali compete al giudice di pronunciare una nuova sentenza di merito in luogo di quella cassata alla luce dell’enunciato ai sensi dell’art. 384, destinato come si sa a sopravvivere anche alla estinzione del processo ex art. 393 c.p.c. e su cui dunque un rinvio pregiudiziale non sarà in condizione di incidere (il più delle volte: ma si pensi, in modo differente e dunque con conclusione opposta, alla pregiudiziale avente ad oggetto una questione processuale attinente proprio al modus del giudizio di rinvio); affatto diverso discorso, al contrario, per i rinvii c.d. restitutori[26].

Molto discutibilmente, sebbene sarebbe con realismo di certo desiderabile una apertura magari (de iure condendo) dosata con saggezza[27], ci pare oggi rientrare nella espressione “giudice di merito” quello del procedimento cautelare[28]: vista la differenza tra le tutele impartite e posto che lo stesso codice di rito in punto di definizione più volte contrappone il primo al secondo[29]; salvo intendere che la formula in discorso vada interpretata ampiamente ed atecnicamente, ad escluderne soltanto il giudice di legittimità, ossia la stessa S.C., semplicemente includendone ogni altro.

Quantunque in mancanza di pareri univocamente positivi[30], nella formula dovrebbe oggi rientrare il giudice tributario in doppio grado, sulla scorta del rinvio generale ed esterno di cui all’art. 1 co. 2 d.lgs. n. 546/1992[31]. Senza ostarvi la circostanza, che pur denota confusione nell’iter legislativo, del venir meno del già programmato, e poi espunto durante i passaggi parlamentari relativi al d.d.l. n. 2636/2022[32], nuovo art. 62-ter d.lgs. n. 546/1992, che contemplava un rinvio pregiudiziale speciale per i giudizi in materia[33]. Né, ad ostare a tale conclusione, pare concludente il rilievo che il processo tributario non sopporti la “parcellizzazione di questioni”, o quello vertente sul divieto di sentenze non definitive[34] posto dall’art. 35 co. 3 ult. parte d.lgs. n. 546 e da cui comunemente si riterrebbe desumere che non siano ammesse pronunce su questioni[35]. Ciò in quanto, anche in quel contesto (arg. ex art. 63 d.lgs. n. 546/1992), non si dubita della efficacia vincolante dell’enunciato in iure della S.C. se in sede di rinvio, non potendola negare anche se all’esito del rinvio ex art. 363-bis c.p.c. sol perché diversa in concreto potrebbe essere (ma neppure sempre) la sua utilità se in caso di estinzione del giudizio, e sempre tenuto conto che anche lì, se non maturata la decadenza, si riconosce, per giurisprudenza consolidata, la riproponibilità della domanda[36]. Sul piano pratico, poi, la soluzione positiva ed inclusiva[37] avrebbe sicura utilità: basti pensare alla elevata serialità che non di rado caratterizza il processo tributario.

Tra i giudici a quibus non potrebbero rientrare, per converso, quello amministrativo e più in generale i giudici speciali[38]: atteso che, ex art. 111 co. 8 Cost., il sindacato sulle rispettive decisioni è già ristretto ai soli motivi di giurisdizione[39].

È priva di giustificazione sostanziale, resistendo solo per le comunemente note ragioni formali che il legislatore italiano stenta a superare, la mancata estendibilità della formula in questione (ed ove sostenibile sarebbero serviti gli accorgimenti normativi del caso[40]) anche agli arbitri, irrituali e a maggior ragione rituali: sicché la rispettiva legittimazione sarebbe punto d’approdo auspicabile, anche se su questo non vi è proprio allo stato da illudersi[41].

È dunque in definitiva puntuale e da condividere – rimettendosi per il resto all’interpretazione in concreto che dell’istituto vorrà darsi – l’opinione per cui legittimato al rinvio sarebbe “qualsivoglia giudice in qualsivoglia procedimento che abbia un potenziale sbocco in Cassazione[42]; lettura da preferirsi, a sommesso avviso di chi scrive, anche a quella che vorrebbe confinarlo ai soli giudici di processi dichiarativi[43].

3.Procedimento

3.1 Tempo, regime ed effetti dell’ordinanza di rinvio

Sul piano procedimentale, il rinvio va disposto con ordinanza emessa una volta “sentite le parti costituite[44], escluso il contumace; ed escluso, altresì, che la ordinanza emessa a quest’ultimo debba comunicarsi. Posto che sui modi di provocare il contraddittorio la norma, con il suindicato lemma, nulla precisa[45], il necessario oltre che opportuno stimolo[46] (che nella pratica sarebbe opportuno effettuare per iscritto) da parte del giudice a quo non è nemmeno all’apparenza sanzionato da alcuna previsione: ne segue che occorrerà stabilire in concreto se alla omissione debba far seguito la inammissibilità zur Zeit del mezzo, come più garantisticamente proposto e come riterremmo[47]; ovvero se – come più pessimisticamente potrebbe ritenersi, considerando il rinvio come un collegamento da un giudice all’altro, senza effettivi poteri e diritti garantiti in testa alle parti[48] – al contraddittorio manchevole possa sopperirsi ex post (vanificando la disposizione che richiede che i contendenti siano prioritariamente sentiti nella sede di merito), visto che il rinvio è per legge destinato al rito in pubblica udienza, (e quindi) che prevede termini per memorie, ecc.

La norma tace, peraltro, su eventuali termini iniziali e finali per sollevare il rinvio, dovendosene ricavare che il primo utile (dies a quo) sia a partire dai (subito dopo lo spirare dei) termini di costituzione tempestiva di tutte le parti interessate allo stesso. Si è vista la necessità di provocare il contradditorio, sicché con essa quanto appena precisato deve coordinarsi, dovendo il giudice non solo avvisare ma “sentire” almeno le parti interessate al rinvio[49] fin dal primo grado. Non si dà quindi un rinvio ante litem od a prescindere da essa. Quanto al termine ultimo (dies ad quem), esso coinciderà con il momento in cui la causa sia trattenuta in decisione (salve possibili rimessioni in istruttoria allo scopo), in primo grado, in appello od analogamente nella sede in cui si versi.

Quanto al possibile problema, sollevato da alcuni commentatori[50], della previsione di un termine iniziale differito al momento in cui siano nel processo compiutamente fissati i fatti da cui arguire la questione oggetto di rinvio[51] (poiché viceversa, si osserva, ove tale fissazione dei fatti sia necessaria ma ancora incompiuta, il rinvio sarebbe inutile o persino precario nei suoi esiti)[52]– è da escludersi con ogni probabilità la lettura più estensiva, che vorrebbe ammettere una pregiudiziale anche soltanto in via ipotetica da parte del giudice del merito, a rilevanza quindi soltanto immaginata e neppure concretatasi nella o nelle fattispecie da decidere[53].

Da parte nostra confidiamo che la S.C. possa con sapienza affrontare l’aspetto semplicemente elaborando, anche nel contesto in esame, un limite analogo a quello che la giurisprudenza di legittimità ha già ritenuto di fissare con riguardo al regolamento preventivo di giurisdizione: laddove afferma che “ove necessarie delle prove per decidere … [esso] sarà ammissibile solo dopo averle assunte nella sede di merito[54]. Orientamento che, si è detto di sopra, per la posizione più garantistica ed auspicabile dovrebbe trovar applicazione anche in caso di mancata effettiva provocazione del contraddittorio, ante ordinanza di rimessione, in sede di merito.

Altrimenti detto, anche per contemperare i vari possibili oggetti delle questioni da rimettersi (inclusi quelli processuali: ma del resto tutti e non solo quelli potrebbero esser completamente noti finanche in limite litis) – con termine mobile caso per caso – laddove e fin tanto che la questione richieda ancora una compiuta istruttoria, il rinvio sarà da considerarsi inammissibile sino al suo esaurimento[55]. Né crediamo si possa sul punto opinare che la S.C. non avrebbe diritto di sindacare il giusto momento per spedire il rinvio, perché come altrove in uso, dichiarandone l’ammissibilità, tale momento finisce per orientare.

Dei requisiti tutti di ammissibilità del mezzo (richiede espressamente la norma, dopo che la l. delega era rimasta sul punto in silenzio) dovrà motivatamente trattare la ordinanza del giudice del merito. Tuttavia, l’ordinanza dovrà ritenersi autorizzata a soddisfarli anche per sintesi[56], ovvero potrà essere almeno integrata dalla determinazione della corte suprema (del suo primo presidente): come dovrà pure ammettersi (non senza a nostro giudizio qualche cautela su cui torneremo anche infra) che la S.C., valutando l’ammissibilità del rinvio, si sostiene per “la funzione di giurisdizione consultiva” qui espletata, identifichi d’ufficio diversi argomenti (ma non una diversa questione), anche non indicati o non sufficiente motivati nella ordinanza di rimessione[57].

La ordinanza di rimessione è stata ritenuta rientrare nel regime delle ordinanze di cui all’art. 177 c.p.c.[58], sicché essa sarebbe sempre revocabile dal giudice del merito che l’ha emessa, ed una volta comunicata questa revoca la S.C. dovrebbe pertanto dichiarare estinto il procedimento, salvo – si è proposto – pronunciare nell’interesse della legge[59]. La stessa riconduzione della ordinanza de qua nel comune regime delle ordinanze del g.i. (della cui valenza di sistema siamo per inciso sostenitori), pur non priva di appiglio sul piano teorico, dato il silenzio della legge e considerato che l’ordinanza stessa certo non è soggetta a mezzi di impugnazione, suscita però più d’un dubbio, che del resto si disvela proprio nella “compensativa” proposta, formulata all’unisono dalla stessa dottrina, di ammettere il prosieguo dell’incidente dinanzi alla S.C. nell’interesse soltanto, e non più anche, nomofilattico.

Non può tuttavia sottacersi, in un caso del genere: come la decisione di revoca presa dal giudice, anche a tacer dell’impulso officioso che governa il processo di legittimità, dovrebbe almeno garantire, come quando resa all’origine, pari ossequio al contraddittorio di quando fu ordinata la pregiudiziale (potrebbe così persino configurarsi una irrevocabilità in concreto, ex art. 177 co. 3 n. 1 c.p.c.); e che, soprattutto, rimettendo gli atti alla S.C., il giudice di merito devolve in fin dei conti a quest’ultima, pur temporaneamente (ma per il tempo di sospensione ope legis, e senza discrezionalità, fissato dalla norma: v. immediatamente di seguito), il potere di decidere, di cui si spoglia (ferma la facoltatività nel farlo non si ammette insomma in seguito un suo ius poenitendi), conferendolo sulla questione né più e né meno nella misura che ad esso faceva capo.

La conclusione sulla riconduzione al regime generale delle ordinanze istruttorie potrebbe quindi porsi in discussione, anche in quanto l’argomento che il quadro fattuale e giuridico sia mutato nel processo da cui è scaturito il rinvio rischia di provar troppo nel caso di specie, valendo a prescindere dalla revocabilità o meno della ordinanza e collegandosi piuttosto alla non vincolatività del principio declamato dalla S.C. nell’astratto caso in cui esso non trovi più rilievo/applicazione concreta nel processo preveniente. È comunque scontato precisare che ben avrebbe fatto al caso di specie una norma, debitamente completata, alla stregua di quella che ad es. oggi è contenuta nell’art. 21 delle Norme integrative per i giudizi dinanzi alla Consulta[60] (secondo la quale “la sospensione, l’interruzione e l’estinzione del processo principale non producono effetti sul giudizio davanti alla Corte costituzionale”), evitando complesse proposte in via interpretativa.

La proposizione del rinvio da parte del giudice di merito determina per espressa previsione la sospensione necessaria del processo a quo (sospensione impropria[61] o per impedimento giuridico[62], dato l’oggetto di Rechtsfrage dello strumento[63], da dichiararsi ma con effetto legale e dunque pronuncia meramente ricognitiva[64]); salvo il compimento di atti urgenti (e di atti istruttori: precisazione rilevante e che va al di là del normale regime alla lettera applicabile in caso di sospensione[65]) che non dipendano dalla questione giuridica che del rinvio sia oggetto, come ad es. in caso di pluralità di domande connesse solo soggettivamente (residua poi sempre il potere di separazione, ex artt. 103 co. 2 e 104 co. 2 c.p.c.).

La sospensione decorre “dal giorno in cui è depositata l’ordinanza” del giudice di merito (comma 2) e dura sino alla comunicazione a quest’ultimo del provvedimento della S.C. che, definendo la questione (o dichiarando inammissibile il rinvio), al giudice a quorestituisce gli atti” (comma 5): esclusi così, sembrerebbe – a dispetto di autorevoli opinioni dissonanti[66] –, oneri di riassunzione di parte[67], assunto che continueremmo a sostenere per razionali fini di pratica utilitas ed anche, qui, pur se prescindendo dai principii.

La sospensione in discorso, come ogni altra del resto, ha dato luogo a critiche[68], ma essa è qui il sinallagma del possibile vantaggio che alla causa e alle parti proviene dall’intervento anticipato, perlopiù con efficacia vincolante, della S.C.: che in potenza, banalmente, sconta il corso degli ulteriori gradi, sino a quello di legittimità[69]. Come si è osservato, “il beneficio di sistema (cioè molti giudizi che si risolvono in anticipo o neppure sorgono) compensa il sacrificio della singola causa” ed evita “il rischio di sorprese interpretative in terza istanza[70].

3.2 Ammissibilità del rinvio

Il rinvio deve avere ad oggetto una questione di solo diritto[71], formula che, per alcune questioni, avrebbe talvolta l’effetto concreto di escludere l’esperibilità del mezzo[72].

Questione che, all’unisono:

i.sia necessaria alla definizione del giudizio (con più adatta espressione: rilevante) e non ancora risolta dalla S.C. (1: a. e b.);

ii.presenti “gravi difficoltà interpretative” (2);

iii.sia suscettibile di porsi in numerosi giudizi (3)[73].

Requisiti tutti che, tra i vari aspetti del nuovo istituto, son quelli ad oggi maggiormente fonte di dibattito (attengono d’altronde all’accesso allo strumento), essendo indiscutibile il rischio che una loro applicazione poco sapiente possa scaturire in una soggettività di apprezzamento, mentre è già allo stato riservato alla Corte il predominio intorno al “decidere cosa decidere[74].

I medesimi requisiti, d’altra parte, sono anche destinati a mettere alla prova il già da più parti rappresentato timore che, col neo-introdotto strumento, i giudici di merito si “disimpegnino” dal proprio dovere di decidere la causa, di conoscere ed applicare il diritto, ecc.[75].

Analizzandoli partitamente, quanto al requisito sub 1 (che ne contiene due), iniziamo col dire – di là del requisito (a.), ovvio e indefettibile per come congegnato l’istituto, della c.d. rilevanza[76] – quello (b.) che la questione non sia stata ancora risolta dalla S.C. (dai più già denominato della “novità”) potrebbe testualmente esser letto – come è stato in effetti per buona parte dei commentatori – in modo da escludere la ammissibilità dello strumento sol che vi sia già, sulla questione, anche una sola pronuncia di una sezione semplice della S.C.[77].

Indubbia l’urgenza di chiarire quanto prima tale aspetto, che ben il legislatore avrebbe potuto meglio definire all’origine[78], in consapevole dissenso da tali qualificate opinioni da parte nostra intendiamo invece sostenere – così promuovendo un ambito più esteso del mezzo – l’ammissibilità del rinvio anche in caso di presenza di un solo precedente, ovvero di contrasto in seno alle sezioni semplici e, finanche, quando sulla questione vi sia già stata una pronuncia delle Sezioni Unite[79], sempre potendosi adeguatamente motivare nell’ordinanza il dissenso dallo status quo e posto che, anche a prescindere da questo, il primo presidente potrà farlo con certa autonomia.

Del resto, l’art. 363-bis c.p.c. testualmente contempla la possibile assegnazione alla sezione semplice o alle sezioni unite ma senza indicare su quali basi essa debba avvenire, con il che l’operazione dovrà compiersi inevitabilmente sulla scorta delle regole generali. Ed allora, non si vede perché, per l’assegnazione alle sezioni unite, non debba applicarsi la totalità dei criteri di cui all’art. 374 c.p.c., non limitandosi alla ipotesi di questione di particolare importanza[80] ma includendo anche il caso di esistente contrasto nella giurisprudenza delle sezioni semplici. Opinare al contrario equivarrebbe a rendere inapplicabile, senza base testuale alcuna, il comma secondo prima parte della norma in discorso, per la “questione di diritto già decisa in senso difforme[81]. Unico appiglio possibile di una simile restrittiva conclusione sarebbe quello, testualmente infelice, che fa leva sul non esser la questione “stata ancora risolta dalla Corte di cassazione”. Di là del carattere atecnico dell’espressione, obiettiamo che l’esperienza insegna, a riguardo, che vi è una moltitudine di questioni non adeguatamente considerabili risolte al ricorrere di una sola pronuncia di legittimità, a fortiori, in caso di più pronunce che denotino un contrasto giurisprudenziale, un maggior grado di stabilizzazione prefigurandosi, a tutto voler concedere, soltanto dopo gli arresti a sezioni unite. In tutti questi casi, in altri termini, il fine perseguito dall’istituto (di deflazione anche e prima di tutto del giudizio pendente, cui, si rammenti, è dedicata l’anticipata efficacia vincolante del dictum della Suprema; ma anche di quella tanto paventata nomofilachia anticipata) ci pare a più forte ragione meritevole di tutela[82] ma si vedrebbe tout cour vanificato a ritenere che la S.C. non possa a Sezioni Unite, “anticipatamente” comporre un contrasto, a beneficio del caso a quo ma anche, qui sì, dei futuri altri.

Per completezza d’analisi, non va comunque sottaciuto che, mentre la l. delega sul punto faceva riferimento alla questione “non affrontata”, il legislatore delegato ha alla lettera (come visto, noi vorremmo non sostanzialmente) corretto il verbo adoperato, riferendosi alla questione “non risolta”. La differenza non è priva di significato sul piano linguistico, per i timori testé formulati, malgrado tenderemmo a svalutarla per le superiori finalità cui abbiamo fatto cenno. D’altra parte, e all’opposto, devesi altresì notare come nell’art. 1 co. 9 lett. g) l. delega si facesse riferimento alla “particolare importanza” della questione oggetto di rinvio: se il riferimento è scomparso in sede di attuazione, chiaramente per evitare l’automatica assegnazione, altrimenti, alle Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 374 c.p.c. la sua mancata riproduzione in autonomia, di tale ultima norma può ora giustificare l’applicazione integrale i.e. anche per il caso di contrasto.

Ad ogni buon conto, è chiaro che, in particolar modo su tale primo requisito, sarà determinante l’ambito di applicazione che la S.C. vorrà assegnare allo strumento nel prossimo futuro; se opinando, come riteniamo preferibile, per la visione più ampia, sarà poi auspicabile un saggio coordinamento, semmai, tra maggior obbligo motivazionale del rimettente quanto più (e quale) sia la giurisprudenza di legittimità esistente in materia.

Quanto al requisito sub 2 (e considerato che al secondo comma la norma prevede come visto che l’ordinanza debba essere motivata, e con riferimento proprio alla condizione di cui al 2 in questione debba recare la “specifica indicazione delle diverse interpretazioni possibili”)[83], si dà ovviamente spazio, anche in questo caso, ad una certa varietà di proposte redazionali, stilistiche e di contenuti della ordinanza della corte di merito remittente, il tutto nel segno di una altamente auspicabile elasticità di soluzioni.

Il giudice rimettente, così, potrebbe pure limitarsi a lamentare una difficoltà in assoluto nella interpretazione, in caso di norma oscura, mentre il primo presidente, nel dichiarare ammissibile il rinvio, potrebbe meglio specificare quanto deferito[84].

Il che assicurerebbe coerenza con l’idea che il mancato rispetto dell’obbligo motivazionale non precluda di per sé, se ricavabile aliunde il presupposto, l’ammissione del rinvio, non facendosi qui gioco di rigide applicazioni del principio dispositivo nelle sue varie estrinsecazioni tra giudice a quo e giudice ad quem[85].

In ultimo, quanto al requisito sub 3 (che allude alla “numerosità” e/o al carattere seriale dei giudizi, riconnettendovi anche la miglior specificazione, a seconda delle scelte di campo che oggi vogliano farsi, del già esaminato requisito sub 1), non crediamo l’istituto possa limitarsi ai soli contenziosi seriali o massivi intesi quali attuali o prospettici perché vi vengano in rilievo norme “nuove”, ossia solo se di nuovo o recente conio[86] e di questo il primo provvedimento censito concede correttamente conferma[87].

Semplicemente[88], essendo “raro” che una norma sia priva dei requisiti della generalità e dell’astrattezza[89], il requisito ricorrerà volta per volta giusta la materia trattata: cosicché, solo per esemplificare, una lite involgente una astrattamente ricorrente e grave questione[90] di diritto sostanziale (es. societario, condominiale, contrattuale) o processuale[91] (sia che si tratti di una condizione per la stessa pronuncia di merito sia che concerna l’introduzione nel processo di elementi da utilizzare per dare un contenuto alla decisione di merito[92]), potrà per definizione soddisfare il requisito di che trattasi[93]. Ferma la necessità di assolvere gli altri due, indubbia sul punto la ricorrenza della elevata e già analizzata discrezionalità rimessa al primo presidente[94].

3.3 Svolgimento

La Corte di cassazione, a mezzo del primo presidente, entro novanta giorni assegnerà la questione alle sezioni unite o alle sezioni semplici[95], sempre che non ritenuta inammissibile per il difetto di uno o più tra i sopra esaminati requisiti[96], ovvero per i pochi altri che, anche di là della lettera della norma, abbiamo ritenuto di identificare (principalmente il mancato rispetto del contradditorio ante spedizione del rinvio).

Il decreto di inammissibilità, data la sua natura, del rinvio non precluderà la riproposizione, mutato quel che c’è da mutare; esso sarà privo di qualsivoglia efficacia nel giudizio a quo[97].

Posto che l’imprinting nomofilattico prima ancora che deflattivo dell’istituto, che in thesi valorizza, per quel che oggi esso vale (ossia nei limiti del vincolo di cui all’art. 374 c.p.c.[98]), il rango della pronuncia delle sezioni unite, avrebbe suggerito una attribuzione di legge a tale ultima composizione[99], data la differente scelta compiuta[100], si crede ed auspica che nei fatti le andrà riservata larghissima assegnazione[101]: anche per quanto si dirà più avanti, ovvero la opportunità che, nei limiti del possibile allo stato dell’ordinamento, lo strumento orienti, pur solo in via di fatto, non solo il processo pendente ma anche quelli che si ascrivono o si ascriveranno a identica serie.

Si è visto più sopra come a nostro avviso la Corte, investita del rinvio dall’ordinanza del giudice di merito, dalle valutazioni e dalla motivazione contenute in quest’ultima possa discostarsi, ma beninteso con le dovute limitazioni: attesa la già ricordata ed essenziale funzione svolta dal contraddittorio preventivo stimolato dal giudice a quo nei riguardi delle parti, ed atteso che, un conto è identificare e meglio calibrare, col dovere di conoscere ed applicare la legge, la questione deferita con rinvio (o diversamente motivarne la “grave difficoltà”), ben altro è sostituirla con altra mai discussa né rimessa tra le parti e dal giudice del processo principale, ciò che deve ritenersi di certo vietato al primo presidente[102].

Ci si è posti poi il problema, ripreso per translatio forse un poco indefinita dalla esperienza francese, se la S.C. possa pronunciarsi sul rinvio quando esso abbia ad oggetto questione identica a quella di cui la medesima Cassazione sia già investita; e a riguardo si è dell’opinione che nessun elemento vi osti, ed anzi richieda la trattazione e decisione del rinvio ove ricorrentine i presupposti[103].

È appena il caso di aggiungere – sebbene la norma taccia e l’aspetto non si sia fatto ad oggi granché largo tra gli interpreti[104] – che nulla dovrebbe ostare a che lo strumento possa rappresentare sede adeguata anche al fine di veicolare, indirettamente a mezzo dell’ulteriore rinvio da parte della S.C., la proposizione di questioni rimesse ad altri organi, si pensi ad es. al rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea[105], o alla Corte Costituzionale[106].

Fermo, infatti, che le norme di cui al prospettato rinvio sono e sarebbero sempre da considerarsi norme interne (e così le quaestiones iuris ad esse sottese) e quindi rimesse al sindacato ultimo della S.C. così come del giudice comune (per via delle costituzionali c.d. interposte), alla scelta di opinare per una secca inammissibilità del mezzo, riterremmo preferibile ammettere che, volta per volta, la parte prima e il rimettente poi, prospettino pure profili di tal fatta: non per ciò solo correndo il rischio di una pronuncia di rito, che potrebbe al più fare al solo caso limite in cui il giudice di merito abbia, ad es., adito pregiudizialmente la S.C. al dichiarato ed unico fine che la stessa adisca (pregiudizialmente od incidentalmente) altra corte suprema.

Del resto e viceversa, se non fosse abilitata a farlo la ordinanza di rimessione, non si vede perché invece possa la sola S.C., di sua iniziativa e dipartendo dalla prima, rimettere a sua volta gli atti alle Corti appena menzionate[107]. Delle due l’una: o la S.C., nella particolare funzione che qui espleta, rinvierà di default il compito di ulteriormente rinviare al giudice del merito, ovvero di tale compito si farà carico con pienezza di poteri.

Ed in tal senso acquisisce un certo contenuto propositivo l’interrogativo se, per il caso di rinvio ex art. 267 TFUE la S.C., “giudicando” (più che “consigliando”) in tale sede[108], alla luce della efficacia vincolante attribuita al principio di diritto che la stessa verrà ad emanare, opponibile anche nei confronti di sé stessa (alla stregua di quanto avverrebbe ove intervenisse in sede impugnatoria), operi o meno come giudice di ultima istanza nel predicato della riferita norma.

4.Effetti della decisione

Salva la dichiarazione di inammissibilità di cui si è detto, la Corte enuncerà (con pronuncia da assumersi in pubblica udienza e dopo requisitoria del p.m.[109] ed un termine per memorie alle parti ex art. 378 c.p.c.) il principio di diritto applicabile alla questione sottopostale, che avrà anticipatamente l’efficacia preclusiva[110] di cui all’art. 384 co. 1 c.p.c. – quantunque nella indubbia diversità di sedi di adizione della S.C.[111] –, efficacia da conservarsi anche in caso di estinzione, per espressa previsione di legge[112], da ricondursi alla nozione di efficacia panprocessuale[113].

Vale a dire che il giudice a quo (e quelli successivi: v. infra) non potrà reinterpretare le norme in senso difforme da quanto affermato dalla Corte, e neanche qualificare i fatti in modo giuridico difforme dalla Corte stessa[114] neppure in caso di manifesto errore o di sopravvenienza di diversi orientamenti della S.C., ancorché a Sezioni Unite[115], in ciò consistendo il proprium del vincolo[116].

Si è detto peraltro trattarsi di un principio dotato di efficacia attinente “al profilo esclusivamente ermeneutico e non a quello dell’applicazione della norma al caso concreto[117], ma sull’affermazione non si può assentire a pieno, dipendendo ciò dalla specifica questione deferita. È per contro senz’altro condivisibile che l’efficacia di vincolo per il giudice a quo verrà meno quando il successivo accertamento di ulteriori e diversi profili di fatto lasci emergere un thema decidendum non affrontato dalla S.C.[118].

L’efficacia vincolante del principio, come detto, oltre che al giudice a quo, si imporrà anche a quelli dei successivi gradi: i.e. del successivo grado d’appello se il rinvio fatto in prime cure e pure verso la stessa S.C. [119], ecc. Tale efficacia, come del pari accennato, non essendovi elementi utili per derogare a quanto normalmente valido in sede di rinvio né potendosi allo stato attuale del sistema immaginare soluzione differente[120], è designata a resistere, per il caso a quo, anche a eventuali e successivi mutamenti giurisprudenziali[121] (donde si ribadisce, per inciso, l’opportunità che ad orientare il neo-introdotto art. 363-bis possano essere spesso e volentieri le Sez. Un. per via delle tutele procedimentali assicurate ex art. 374 c.p.c.[122]) ma non invece, come si sa, allo ius superveniens retroattivo, alla sopravvenuta dichiarazione di incostituzionalità o norma d’interpretazione autentica[123], alla sopravvenuta pronuncia della Corte di Giustizia, sempre a patto che il dictum “regolatore” (qui di principio) sia certificato come contrario al diritto unionale dalla stessa Corte[124].

Ciò che lascia dedurre come l’istituto – espressione di nomofilachia preventiva sol se nel limitato senso che si vien delineando – assolva prima di tutto finalità di giustizia nel caso concreto, producendo effetti sui contendenti e potendo poi collateralmente orientare i futuri giudizi, allo stato dell’ordinamento, soltanto in via di “mero fatto”[125]. Allo scopo di descrivere il profilo dinamico della produzione di tali effetti si è trovata giustamente consona la teoria del Calamandrei sulla “sentenza soggettivamente complessa”: con il che si conferma che il principio reso dalla S.C. opererebbe anche qui in punto di preclusione “nella preparazione delle premesse … della sentenza[126].

Chiarezza d’analisi impone comunque di indugiare ancora sugli effetti della decisione per come declinati dall’ultimo comma della neo-introdotta disposizione: riservando ulteriore attenzione all’evenienza della estinzione del processo, la quale – se non pone particolari problemi laddove avvenuta in pendenza di giudizio di prime cure (l’art. 310 c.p.c. rendendosi appieno compatibile con la sopravvivenza del vincolo di che trattasi) –, qualche doveroso interrogativo deve stimolarlo con riferimento al diverso ambito d’applicazione dell’art. 338 c.p.c.

Difatti, sarebbe riduttivo limitarsi ad affermare che l’efficacia di che trattasi sia assimilabile a quella che la pronuncia della Corte di cassazione, resa in sede di ricorso ordinario, “svolge in caso di estinzione del processo, nel successivo giudizio avente ad oggetto la stessa domanda, tra le stesse parti[127]. Se è il comma 6 dell’art. 363-bis a dover orientare l’interprete, nondimeno esso va reso compatibile (oltre che agli artt. 310, 384 e 393 c.p.c.) anche all’art. 338 c.p.c.

A tal proposito, notiamo preliminarmente (con rapido ritorno al tema dei giudici legittimati a quibus) che il rinvio vuole essere un istituto di economia processuale ed in questa chiave teleologica andrebbe ricostruito: e ad avviso di chi scrive questo fine può ben restare utilmente perseguito pur se ammettendo la legittimazione in capo ai giudici d’appello (od in altre sedi impugnatorie): esemplificando, il rinvio spedito subito dopo la instaurazione del giudizio di seconde cure, infatti, se si sta ai tempi medi di svolgimento di tale grado, consentirà un risparmio di tempi pur sempre pluriennale[128].

Tuttavia, mentre ai sensi dell’art. 338 c.p.c. l’estinzione dell’appello (della revocazione ordinaria e degli altri giudizi “a coefficiente impugnatorio” cui la norma in primis trova applicazione[129]) determina il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, nel caso in cui tra tale decisione e la declaratoria di estinzione sia stato enunciato dalla S.C. il principio in sede di pregiudiziale interpretativa, la previsione dell’art. 363-bis co. 6, letta congiuntamente al ridetto art. 338 c.p.c., dovrebbe farci considerare tale enunciato in iure, purché “innovativo” rispetto alla sentenza impugnata, tra i “provvedimenti modificativi” della sentenza stessa[130].

Del resto, né più né meno di quanto si osserva – sulla scorta della nota tesi sattiana[131] ed ancora prima, tra le altre, della posizione di Carnelutti[132] – a critica della comunemente invalsa lettura dell’art. 338 co. 2 c.p.c.[133] (giustificata dal non in assoluto condivisibile obiettivo di certezza del diritto e di favorire ad ogni costo la formazione della cosa giudicata) circa i provvedimenti istruttori assunti in grado d’appello ma di diverso segno rispetto alla sentenza impugnata (che, quindi, dovrebbero anch’essi sopravvivere all’estinzione poiché modificativi), a più forte ragione la sopravvivenza del principio di diritto deve sostenersi nel caso di specie: perché prevista da una espressa norma, il neo-introdotto art. 363-bis al comma 6, e perché ben può affermarsi il superamento della prima sentenza se per via del principio sancito dalla cassazione, quantunque ancora non applicato dal giudice del merito, nel segno della summenzionata fattispecie di sentenza “soggettivamente complessa”.

Così, se il rinvio interviene in corso di giudizio di primo grado e questo si estingue, il principio di diritto rimane efficace in caso di riproposizione, senza che ciò ponga complicazioni alla prova con l’art. 310 c.p.c. Se, emessa sentenza di primo grado, durante il giudizio di appello si addivenga al rinvio pregiudiziale e poi alla emissio6ne di un principio di diritto della S.C., dovrà interpretarsi la portata del rinvio stesso e quindi del principio reso al confronto con la sentenza di prime cure, sicché – laddove il principio con essa confliggesse – si dovrebbe ritenere che si versi nei casi (provvedimenti “modificativi”) che fanno eccezione allo stesso art. 338 c.p.c.[134], e quindi che la estinzione del giudizio di appello non sia idonea a determinare il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, in quanto già “modificata” dalla successiva decisione interpretativa. Del giudizio di rinvio si è già sinteticamente detto nella parte dedicata ai giudici potenzialmente titolati a rimettere. Laddove si versi in sede di impugnazione straordinaria, riconosciuta pure qui la legittimazione per le ragioni anche pratiche, e di economia del processo, più sopra enfatizzate riguardo all’appello, l’oggetto dell’impugnazione stessa, che è già un giudicato, finirà per plasmare a monte pure l’oggetto, ben più delimitato quindi e con probabile portata processuale (su presupposti e modi operare di quelle impugnazioni), della pregiudiziale interpretativa. Di più: tornando all’aspetto di interesse e pur limitandosi a basilari cenni, oltre che senza dipanare la possibile scissione tra fasi rescindenti e rescissorie, in questo stesso caso di impugnazioni straordinarie: sia attingendo alla prevalente ricostruzione che vi ritiene inapplicabile l’art. 338 c.p.c.[135] (delle stesse predicando la riproponibilità in linea teorica, purché nel rispetto dei termini, e dunque con scarse se non nulle applicazioni pratiche[136]); sia pure, al contrario, ritenendo che la norma da ultimo citata vi trovi applicazione[137] ma confermando che la sentenza impugnata risulta modificabile e modificata dal principio interpretativo frattanto emesso dalla S.C.: in ciascun caso dei due, di quest’ultimo principio sarebbe sempre preservata l’efficacia.

È appena il caso di aggiungere che il mancato rispetto del principio affermato in sede di rinvio pregiudiziale, del giudice a quo e/o dei successivi, genera un vizio processuale denunciabile negli ulteriori gradi tramite i mezzi di impugnazione ordinari[138].

Infine, quanto alla invocabilità – come in precedenza evidenziato, ponendo bando ad ingiustificati timori[139] – della soluzione fatta propria dalla S.C. in sede di rinvio nei giudizi per incidente già paralleli a quello che ha spedito la rimessione: è aspetto (crediamo non a caso) in fin dei conti non trattato dalla riforma (che si è limitata sul punto a prevedere la pubblicazione dei rinvii sul sito della S.C. [140], come già accadeva per i ricorsi nell’interesse della legge): limitatamente a quanto detto, trattasi di aspetto non secondario in prospettiva pratica, che potrebbe condurre ad “eccessi”, veri e propri abusi sospensivi, a nostro avviso non auspicabili oltre che non consentiti dalla legge, in assenza di previsioni di portata generale che li autorizzino[141], ad opera dei giudici dei procedimenti che parallelamente involgano la medesima questione[142]. La riforma, al fondo, non avalla né consente l’idea, che sarebbe stata al legislatore astrattamente possibile ma che deve esser sembrata, si capisce, praticamente discutibile, viepiù allo stato attuale dell’ordinamento, di concepire con la rimessione alla S.C. una sorta di caso pilota da definire con priorità e con sospensione degli altri, questi nell’attesa della decisione del primo[143].

5.Conclusioni

La disciplina del nostro rinvio a la Cour, dettata dal neo-introdotto art. 363-bis c.p.c., delinea un istituto che indubbiamente meriterà con immediatezza un sapiente comando da parte della stessa Corte di cassazione: specie con riguardo ai rispettivi presupposti applicativi e quindi, come si è visto, alla delimitazione del suo corretto perimetro d’ammissibilità.

Si è scritto, e l’affermazione ci trova concordi, che l’istituto non attenterebbe al principio, di cui all’art. 101 Cost., della soggezione del giudice soltanto alla legge, fissando invece in via anticipata una preclusione in capo al giudice di merito[144], con anticipazione dell’intervento della S.C. che sarebbe comunque previsto nel normale arco dei gradi di giudizio[145] e peraltro su di una frazione della fattispecie comunque rimessa nella sua compiuta definizione ed applicazione.

L’analisi dello strumento, nel testo di legge e dei lavori preparatori che ne hanno anticipato l’introduzione, rivela la sua strumentalità al c.d. ius litigatoris, dimostrando pure come la S.C., nell’esercitarlo, attui una funzione giurisdizionale, non consultiva.

Del rinvio pregiudiziale emerge difatti con nettezza, almeno sulla carta (ben più della vocazione nomofilattica, affatto secondaria), il carattere anticipatorio[146], che ne rende appropriata, allo stato attuale dell’ordinamento (e del solo persuasivo valore del precedente, quand’anche se rafforzato perché delle Sezioni Unite), una assimilazione piuttosto, se proprio una se ne deve fare, in punto di utilità nel corso dei gradi di giudizio, al regolamento preventivo di giurisdizione[147]. Lì, come qui, l’anticipazione, con pari effetti, del dictum della S.C. concede un vantaggio alle parti che aspirino ad un risultato di giustizia (mentre, ancor più in chiave di analisi economica, non può mai offrire valore aggiunto il punto di vista della parte in mala fede o che persegua intento dilatorio). Quale che l’esito (ed anche per il soccombente) in termini di prevedibilità – tanto più evidente quanto più si abbia idea della realtà del processo civile in action al giorno d’oggi – atteso che l’esaurimento delle vie di ricorso determina una possibile utilità direttamente proporzionale, anche in termini di rischio di lite e quindi soccombenza, alla scalabilità e prospettica definitorietà della soluzione in iure ambita da ciascun contendente.

La posizione delle parti, si è visto, in coerenza con quanto appena ribadito, a fortiori non deve rimanere sullo sfondo dell’istituto se al momento di dipanarne gli aspetti dubbi: sicché una seria sua tensione verso il rispetto delle forme e del loro diritto di difesa abbiamo ritenuto per più versi necessario, anche se del caso tramite interventi correttivi delle norme[148].

Infine: sul piano ordinamentale e del diritto obiettivo: se si rimpiange la mancata assegnazione del nuovo strumento, de jure, alle Sezioni Unite (per la maggior stabilità che vi avrebbe fatto seguito), comunque si auspica che i casi trovino tale assegnazione, laddove ritenuti ammissibili.

Che dal rinvio pregiudiziale possa derivare un effetto di orientamento sulla successiva giurisprudenza, di merito ma anche di legittimità, è difatti evenienza possibile nei limiti anzidetti: che potrà concretizzarsi solo quando, a fronte della quaestio iuris sottoposta con rinvio alla Corte, si anticipi “al pubblico” l’offerta di una soluzione non solo ancora mai neppure teorizzata dinanzi al giudice di legittimità, ma anche se affacciatasi all’interesse ma non ancora risolta.

[1] Innovazione “particolarmente significativa”, precisa infatti la Relazione di accompagnamento al d.l.gs. n. 149/2022, 37-38, che attua il criterio di cui all’art. 1 co. 9 lett. g) l. delega. In senso consonante, sulla rilevanza della novità, tra i tanti: Comastri, La pregiudiziale interpretativa innanzi alla corte di cassazione, in Cecchella (a cura di), Il processo civile dopo la riforma, Bologna, 2023, 141 ss. e Carratta, Le riforme del processo civile, Torino, 2023, 113 ss., rammentando anche come di uno strumento analogo si fosse già discusso durante i lavori preparatori del d.lgs. n. 40/2006. Conf., sulla rilevanza della innovazione, nonché piuttosto ottimisticamente circa i potenziali obiettivi raggiungibili, Biavati, L’architettura della riforma del processo civile, Bologna, 2021, 42 ss.

[2] Qui riprendendo ed estendendo il commento svolto in prima lettura sub art. 363-bis c.p.c., in Santangeli (a cura di), Commentario alla Riforma del Processo Civile, I, Disposizioni Generali – Riforma del Processo di Cognizione – Le nuove Impugnazioni, Roma, 2023, 234 ss.

[3] Così anche Biavati, La riforma del processo civile: motivazioni e limiti, Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 2022, 45 ss. spec. nt. 14.

[4] Ex multis, Carratta, Le riforme, cit., 113; Santagada, F., Rinvio pregiudiziale in cassazione (art. 363-bis c.p.c.), in Tiscini (a cura di), La riforma Cartabia del processo civile, Pisa, 2023, 525 ss. Per Luiso, sub art. 363-bis c.p.c., in Id., Il nuovo processo civile. Commentario breve agli articoli riformati del codice di procedura civile, Milano, 2023, 193 ss. la finalità è quella di ottenere in tempi brevi un principio di diritto su una nuova questione.

[5] Briguglio, Il rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte di Cassazione, Judicium, 21 dicembre 2022, 1, che ricorda come la l. delega stabilisse un principio particolarmente dettagliato, pressoché self executing; conf.  Trisorio Liuzzi, La riforma della giustizia civile: il nuovo istituto del rinvio pregiudiziale, Judicium, 10 dicembre 2021, spec. § III. Sul richiamo del concetto di giurisdizione consultiva, v. però sin da subito le critiche, pur nel differente contesto dell’art. 363 c.p.c., alla nozione enunciata nella materia civile (principaliter da Jaeger), in Odorisio, Il principio di diritto nell’interesse della legge, Torino, 2018, spec. 170 ss.

[6] V. sin d’ora, oltre alle citazioni retro, Acierno, Sanlorenzo, La Cassazione tra realtà e desiderio. Riforma processuale e ufficio del processo: cambia il volto della Cassazione?, Quest. Giust., 2021, 96 ss.; Asprella, Il rinvio pregiudiziale in cassazione, www.ilprocessocivile.it, 10 novembre 2022; Barbieri, Brevi considerazioni sul rinvio pregiudiziale in Cassazione: il giudice di merito superiorem recognoscens, Nuove Leggi Civ. Comm., 2022, 369 ss.; Capasso, Il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione e il «vincolo» di troppo, Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 2022, 587 ss.; Capponi, È opportuno attribuire nuovi compiti alla Corte di Cassazione?, Giust. Ins., 19 giugno 2021; Id., La nomofilachia tra equivoci e autoritarismi, Judicium, 6 luglio 2022; Capponi-Panzarola, Questioni e dubbi sulle novità del giudizio di legittimità secondo gli emendamenti governativi al d.d.l. 2n. 1662/S/XVIII (breve contributo al dibattito), Giust. Ins., 21 maggio 2021; Fabiani, M., Rinvio pregiudiziale alla corte di cassazione: una soluzione che non alimenta davvero il dibattito scientifico, Riv. Dir. Proc., 2022, 197 ss.; Giabardo, In difesa della nomofilachia. Prime notazioni teorico-comparate sul nuovo rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione nel progetto di riforma del Codice di procedura civile, Giust. Ins., 22 giugno 2021; Salvato, Verso la riforma del processo tributario: il “rinvio pregiudiziale” ed il ricorso del P.G. nell’interesse della legge, Judicium, 10 luglio 2021; Scarselli, Note sul rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione di una questione di diritto da parte del giudice di merito, Giust. Ins., 5 luglio 2021; Scoditti, Brevi note sul nuovo istituto del rinvio pregiudiziale in cassazione, Quest. Giust., 2021, 105 ss. V. anche Raiti, Le modifiche alla disciplina sul ricorso per cassazione, in Acagnino-Platania, Riforma processo civile: riflessioni a margine sulla legge 206/2021, Torino, 2022, 112 ss., ancora a commento della l. delega, e, circa il d.lgs. n. 149, Briguglio, Il rinvio pregiudiziale, cit.; Id., Il rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte di cassazione, Ridare. Risarcimento danno responsabilità, 15 dicembre 2022 nonché ne Il rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte di cassazione, Il Processo, 2022, 947 ss.; e Mondini, Il rinvio pregiudiziale interpretativo, Judicium, 27 dicembre 2022.

[7] V. Sassani, Corte suprema e jus dicere, Giur. It., 2003, 822 ss., ove l’esame dell’ipotesi, all’epoca si discussa, di introduzione in generale di un sistema ispirato al modello dell’art. 64 d.lgs. n. 165/2001.

[8] V. ad es. quella proposta da Salvato e ripresa anche da Santagada, Rinvio pregiudiziale, cit., 541, di circoscrivere il rinvio pregiudiziale alle disposizioni “caratterizzate da un elevato tecnicismo, meno incise dalla specificità delle situazioni di fatto”.

[9] V. Biavati, L’architettura, cit., 43, per cui il legislatore avrebbe pensato ad un esercizio non massiccio, ma decisamente selettivo di questo strumento e specialmente gli studi di Briguglio, citati nella precedente nota 6 e cui più volte si farà riferimento nel prosieguo.

[10] Si v. il provvedimento del Primo Presidente, nel procedimento con n.r.g. 6534/2023, in data 3-4 aprile 2023, ove il rinvio si è ritenuto ammissibile ed è stato assegnato alla Sez. II della S.C.: già spedito dalla Corte d’Appello di Napoli, con ordinanza emessa il 20 marzo 2023 (il rinvio ha ad oggetto una questione processuale: in breve, se trovi applicazione nel procedimento dinanzi al giudice di pace, quale rimedio preventivo per le riparazione da irragionevole durata del processo, il modello decisionale dell’art. 281-sexies c.p.c.).

[11] V. Silvestri, La saisine pour avis della Cour de Cassation, Riv. Dir. Civ., 1998, 495 ss. nonché Giordano, La “saisine pour avis” alla Corte di Cassazione, Riv. Dir. Proc., 2005, 109 ss. V. altresì Raiti, Le modifiche, cit., 113 e nt. 25 e Santagada, Rinvio pregiudiziale, cit., 529, riff. in nt. 18.

[12] Passanante, La riforma delle impugnazioni, Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 2021, 993, § 5, che altresì svolge – come anche altri degli aa. citati alle note precedenti (es. Raiti, Le modifiche, cit., 112, che più precisamente vi rinviene, non a torto, una vaga assonanza funzionale, ma mettendo in luce la profonda diversità del modulo procedimentale) – un richiamo dell’art. 420-bis c.p.c.

[13] Carratta, Riforma Cartabia: il nuovo processo civile (I parte) – Il rinvio pregiudiziale alla Cassazione e la decisione “soggettivamente complessa”, Giur. It., 2023, 467 ss. paragona lo strumento ai rinvii alla C. costituzionale e alla Corte di Giustizia, ritenendolo funzionale “al dialogo fra organi giudiziari gerarchicamente subordinati e organi giudiziari sovraordinati nell’ambito di un dato ordinamento”.

[14] Tra gli altri, Glendi, Rinvio pregiudiziale in cassazione secondo la progettata riforma della giustizia tributaria, Riv. Giur. Trib., 2022, 569 ss., spec. nt. 9, menziona con connotazione critica i pregressi di cui al Codice di procedura civile della Repubblica Socialista Federativa Sovietica di Russia, o del regime polacco, prima della caduta dell’URSS (art. 391 del rispettivo codice di procedura civile risalente al 1965).

[15] Amplius, Moccia, voce Action (Forms of), Dig. Disc. Priv. Sez. Civ., I, Torino, 1987, 82 ss. e spec. § 3.

[16] Esempi in parte ripresi dalle pagine del Calamandrei, La sentenza soggettivamente complessa, in Id., Opere Giuridiche, I, rist., Roma, 2019, 106 ss. e spec.  127 ss. e 143-144, richiamate spec. da Carratta, Riforma Cartabia, cit., 7, e per le cui citazioni v. infra. Sull’Aktenversendung tedesco, adde, per cenni ulteriori, Gerber, Idea-Systems in Law: Images of Nineteenth-Century Germany, Law and History Review, 1992, 153 ss.

[17] Giusti, Le impugnazioni, in Costantino (a cura di), La riforma della giustizia civile. prospettive di attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, Bari, 2022, 254 ss.

[18] Lo ha evidenziato tra i primi Raiti, Le modifiche, cit., 11, anche citando riff. di dottrina francese non concorde alla nt. 27. Conf. Comastri, La pregiudiziale, cit., 143; Carratta, Riforma Cartabia, 1 del file (467), definendo quello francese come un rinvio meramente “consultivo”; Luiso, sub art. 363-bis, cit., 193, 195-196, ritenendo fondamentale tale differenza tra l’uno e l’altro istituto.

[19] Sul punto cfr. Corte Suprema di Cassazione. Ufficio del Massimario e del Ruolo, Relazione su novità normativa, Rel. n. 96, 6 ottobre 2022, 29 ss., ove si riportano come ipotizzabili due distinti modelli organizzativi: uno c.d. distribuito e uno c.d. accentrato, esprimendo preferenza per il primo, ritenuto più innovativo; richiamati anche in Mondini, Il rinvio pregiudiziale, cit., nt. 29.

[20] Biavati, L’architettura, cit., 43; Carratta, Riforma Cartabia, 3.

[21] Trisorio Liuzzi, La riforma, cit., 5; conf., discorrendo di effettuazione discrezionale del rinvio, Raiti, Le modifiche, cit., 114; conf. pure Santagada, Rinvio pregiudiziale, cit., 534.

[22] Come in egual modo diversamente potrebbe opinarsi laddove tutte le parti abbiano concordato sulla spedizione del rinvio; se in ipotesi da inquadrarsi nel regime delle ordinanze del g.i. pronunciate su accordo delle parti, ex art. 177 c.p.c.: sul punto v. pure infra, circa il regime dell’ordinanza di rimessione, sub § 3.1.

[23] Conf.: Biavati, L’architettura, cit., 42-43; Comastri, La pregiudiziale, cit., 148-149; Giusti, Le impugnazioni, cit., 258; Santagada, Rinvio pregiudiziale, cit., 536.

[24] A detta di Mondini, Il rinvio pregiudiziale, § 1, in modo piuttosto tranciante, l’espressione ricomprenderebbe giudice di pace, tribunale e corte di appello, anche se in procedimenti non idonei al giudicato e ritenendo che non servirebbe che il procedimento possa scaturire in un controllo della S.C. (ma, notiamo: cosa ne faremmo così della valenza, che la norma espressamente sancisce, dell’enunciato in iure della Cassazione, ed anche a procedimento estinto?).

[25] Briguglio, il rinvio pregiudiziale, cit., 2.

[26] Sulla ancora validissima distinzione tra le due tipologie di rinvio, v. da ultimo, per sintesi, i compiuti richiami, di dottrina e giurisprudenza, in Barone, Estinzione del giudizio di rinvio – Rileggendo l’art. 393 c.p.c. a oltre cinquant’anni dall’opera di E.F. Ricci, Giur. It., 2022, 1620 ss.

[27] Invero, per la sola e molto pratica ragione dell’assenza di un controllo di legittimità su tali procedimenti.

[28] Propendono per la inclusione Briguglio, Il rinvio pregiudiziale, cit., 2; ed anche, seppur senza motivare ma sostenendo che “il giudice dovrà tuttavia verificare, anche attraverso l’interlocuzione con le parti, la compatibilità in concreto del ricorso al nuovo istituto, a cui è connesso l’effetto sospensivo del giudizio, con l’urgenza di provvedere”, Mondini, Il rinvio pregiudiziale, cit., 1; incline alla ammissibilità anche Santagada, Rinvio pregiudiziale, cit., 536-537. Condivisibilmente contrari, invece, Comastri, La pregiudiziale, cit., 150 e Luiso, lc. ult. cit.

[29] Cfr. ad es. artt. 669-ter commi 1-3; 669-quater commi 1 e 4; 669-quinquies e soprattutto 669-octies comma 1, e così via.

[30] V. i richiami svolti in Capasso, Il rinvio pregiudiziale, cit., § 4 e alle note, anche sui rilievi fatti a suo tempo dalla AISPC, e via discorrendo, nonché quelli infra, alle note immediatamente successive. Da ultimo, assumono per scontata la applicazione al processo tributario dell’art. 363-bis c.p.c., Romano-Conti, Il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione nel processo tributario, Corr. Trib., 2023, 148 ss.; contrari invece Glendi, C. e G., per i cui richiami v. infra.

[31] Conf. Luiso, sub art. 363-bis, cit., 194; Comastri, La pregiudiziale, cit., 147; Giusti, Le impugnazioni, cit., 258; Santagada, Rinvio pregiudiziale, cit., 536.

[32] Richiamata da Glendi, Rinvio pregiudiziale nel processo tributario? Antinomie ai vertici, da risolvere presto e bene, Dir. Prat. Trib., 2022, 2196 ss., contrario alla estensione.

[33] V. anche Glendi, G., Dal principio di diritto nell’interesse della legge al rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione nell’ambito della giustizia tributaria riformata: il rischio di cortocircuito tra “astratti principi di diritto” e “concrete fattispecie impositive”, Dir. Prat. Trib., 2023, 56 ss.

[34] Per ambedue gli argomenti: Glendi, Rinvio pregiudiziale, cit., 2198, per il quale, perciò, il rinvio si porrebbe in “palese incompatibilità” con le norme del d.lgs. n. 546. Non si comprende appieno, invero, il riferimento all’assenza di norme sulla riproponibilità della domanda, atteso che la decadenza trova campo anche nel diritto civile sostanziale, non solo in quello tributario.

[35] Ex multis Murciano, sub art. 35 d.lgs. n. 546/1992, in Tesauro (a cura di), Codice commentato del processo tributario, Milano, 2016, 553 ss., ove si rammentano le critiche al divieto delle sentenze non definitive e parziali, ma anche la ratio della previsione, legata alla “peculiare struttura del processo tributario e del sistema della riscossione frazionata dei tributi, contro cui l’istituto delle sentenze non definitive nonché – a maggior ragione – quello delle impugnazioni differite che solitamente si accompagna, verrebbero inevitabilmente a confliggere” e di qui, tra le varie conseguenze, quella per cui la commissione tributaria non potrebbe perciò emettere sentenze che risolvano questioni di giurisdizione, pregiudiziali di rito o preliminari di merito, senza tuttavia definire la controversia.

[36] In tema: Busico, L’estinzione del processo tributario, Padova, 2019, 8 ss. e in giurisprudenza, tra le varie, Cass. trib., 2 aprile 2007, n. 8182 (sull’estinzione per rinuncia, del giudizio di primo grado ed anche dell’appello); v. altresì Basilavecchia, Funzione impositiva e forme di tutela. Lezioni sul processo tributario3, Torino, 2018, 175 ss. per cui proprio dalla pronuncia da ultimo citata dovrebbe effettivamente trarsi il principio che “la rinunzia al ricorso non implica rinunzia all’azione”.

[37] Conf. Corte Suprema di Cassazione. Ufficio del Massimario e del Ruolo, Relazione su novità normativa, Rel. n. 110, 1° dicembre 2022, 107-108, ed anche alla luce, correttamente, dell’assoggettamento a ricorso per cassazione per violazione di legge delle sentenze tributarie (diversamente da quelle dei giudici speciali). Contra, come visto, Glendi, G., Dal principio di diritto, cit., 56 ss., per la quale in genere con l’applicazione dell’istituto potrebbe giungersi ad un cortocircuito tra “astratti principi di diritto”, modellati sull’impostazione civilistica, e “concrete fattispecie impositive”, invece, di natura tributaria”. Contra, altresì, Glendi, C., Rinvio pregiudiziale, cit., 2199, che non a caso conclude auspicando che per via di legge si voglia rendere “la giurisdizione tributaria speciale a pari rango della giurisdizione amministrativa e di quella contabile, riservando alle Sezioni Unite … il solo sindacato sui motivi inerenti alla giurisdizione”.

[38] Luiso, sub art. 363-bis, cit., 194; Briguglio, Il rinvio pregiudiziale, cit., 2.

[39] Così anche Giusti, Le impugnazioni, cit., 258 e Santagada, Rinvio pregiudiziale, cit., 536.

[40] Tramite interpolazione delle fattispecie di sospensione ex artt. 819-bis e 820 c.p.c.

[41] Conf. Briguglio, Il rinvio pregiudiziale, cit., 2.

[42] Raiti, Le modifiche, cit., 112.

[43] Luiso, sub art. 363-bis, cit., 194, che motiva ponendo in enfasi la espressione “definizione del giudizio” che la norma adotta.

[44] Sebbene, osserva Briguglio, lc. ult. cit., si tratti di Richterklag, ed in quanto lo prevedeva espressamente la l. delega.

[45] Si ricorda che, nell’ordinamento francese (artt. 1031-1 e 1031-2 del Code de procédure civil), il giudice a quo sollecita, prima di effettuare il rinvio alla Cour de cassation, le osservazioni scritte delle parti e del pubblico ministero trasmettendo anch’esse a quest’ultima.

[46] Di rilievo centrale, come si è notato, potendosi le parti trovare coinvolte in una fase potenzialmente definitoria dinanzi alla S.C. sobbarcandosene i relativi costi: sul punto Comastri, La pregiudiziale, cit., 158 ed ivi riff. Concorda sulla necessità di prestare ossequio al contraddittorio, De Cristofaro, L’avvocato e il giudice civile alla vigilia della riforma del processo civile di primo grado, Riv. Dir. Proc., 2023, 199 ss., spec. nt. 14, quando esclude la “iniziativa solipsistica del giudicante, non sottoposta al contraddittorio delle parti (cui del resto si debbono prospettare tutte «le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione»: art. 171- bis, comma 1°, c.p.c.)”.

[47] Trisorio Liuzzi, La riforma, cit., § III; conf. Mondini, Il rinvio pregiudiziale, cit., § 3, in fine.

[48] La norma non consentendo testualmente alcuna verifica da parte del primo presidente: conf., circa la l. delega, Raiti, Le modifiche, cit., 117.

[49] Nel caso di pluralità di parti, le varie ragioni del cumulo potrebbero destare l’interesse sulla questione di cui al rinvio soltanto per alcune tra di loro, con il che alle sole stesse parti interessate potrebbe limitarsi il contraddittorio richiesto dalla norma.

[50] Scarselli, Note sul rinvio, cit., § 3; conf. Santagada, Rinvio pregiudiziale, cit., 532; in arg., evidenziava Capasso, Il rinvio pregiudiziale, cit., § 3, come il rinvio, potendo avere ad oggetto anche la interpretazione di una disposizione processuale, dalla fissazione dei fatti potesse in tal caso prescindere.

[51] Notato che ora, se ci si limita al giudizio di prima istanza, tanto nel rito ordinario riformato (arg. ex artt. 171-bis, 171-ter e 183 c.p.c.) quanto nel nuovo rito semplificato (arg. a contrario ex art. 281-duodecies) alla prima udienza le parti presenziano a thema decidendum (e in larga misura probandum) già, almeno in via tendenziale, chiaramente delineato.

[52] Secondo Carratta, Le riforme, cit., 114, occorrerebbe inoltre appurare sia che il giudizio non presenti vizi processuali tali da chiudere il processo non nel merito, sia che siano maturate le preclusioni allegative e (piuttosto, a nostro avviso:) sia definita la fattispecie storica.

[53] Così, se ben si intende, Comastri, La pregiudiziale, cit., 155.

[54] Cass. Sez. Un., 28 marzo 2006, n. 7035, in Riv. Dir. Proc., 2006, 1450 ss., nt. Gioia, La prova nei regolamenti di giurisdizione. Osserva in arg. Briguglio, Il rinvio pregiudiziale, cit., 4, come “sebbene non spetti alla Suprema Corte, come non spetta alla Corte di Giustizia, sindacare la scelta del “momento”, un rinvio pregiudiziale talmente prematuro da essere puramente ipotetico ed incerto nella sottoposizione della questione rischierà di non essere ammesso …”. Discorrendo di momento “più opportuno” per il rinvio, v. già Raiti, Le modifiche, cit., 115.

[55] In senso simile, Carratta, Riforma Cartabia, cit., 4.

[56] Conf. Briguglio, Il rinvio pregiudiziale, cit., 4.

[57] Briguglio, Il rinvio pregiudiziale, cit., 4 ss.

[58] Così anche Comastri, La pregiudiziale, cit., 158 e nt. 35.

[59] Briguglio, Il rinvio pregiudiziale, cit., 10. Concorda sulla possibilità in generale, Comastri, La pregiudiziale, cit., 156 e nt. 30.

[60] V. vers. approvata con delibera della Corte in sede non giurisdizionale del 22 luglio 2021 e s.m.

[61] Assunta, dunque, con ordinanza come ovvio non impugnabile neppure ex art. 42 c.p.c.: così anche Briguglio, Il rinvio pregiudiziale, cit., 9. Conf. sulla qualificazione, Carratta, Le riforme, cit., 115.

[62] Rispettivamente, Liebman, Sulla sospensione propria ed «impropria» del processo civile, Riv. Dir. Proc., 1958, 153 ss.; e Carnelutti, Istituzioni del processo civile italiano5, Roma, 1956, II, 103 ss.

[63] Critico sull’effetto di automatica sospensione – in linea con la nota ed informata posizione del medesimo a. – Trisorio Liuzzi, La riforma, cit., 6, ed ivi per richiami in nt. 4.

[64] Comastri, La pregiudiziale, cit., 159.

[65] V. anche Comastri, La pregiudiziale, cit., 159.

[66] Conf. Santagada, Rinvio pregiudiziale, cit., 539; contra, Luiso, sub art. 363-bis, cit., 196, per cui non basterebbe la generica dizione di restituzione degli atti per prevedere un automatismo ma invece si applicherebbero le norme generali in tema di riassunzione (nei tre mesi dalla conoscenza), in quanto “non sembra possibile immaginare una ripresa officiosa del processo, che è estranea al processo civile”.

[67] Anche per Comastri, La pregiudiziale, cit., 160, in assenza di previsioni dovrebbe farsi applicazione delle disposizioni in generale previste in tema di sospensione.

[68] Leggine come anticipato, per tutti, in Trisorio Liuzzi, La riforma, cit., 3 e 5, definendo “più che negativo” l’effetto sospensivo automatico.

[69] Secondo Mondini, Il rinvio pregiudiziale, cit., § 3, nel commentare il presupposto discrezionale in capo al giudice di merito (non si scorge: di pura tecnica del rinvio) addirittura potrebbe affermarsi (le opinioni meritano di esser riportate testualmente) che “per lo più le parti non hanno interesse al rinvio essendo esse interessate solo alla risoluzione rapida del loro caso” ed ancora che “interesse ad assicurarsi, per tutto il procedimento, l’immodificabilità della soluzione in punto di diritto -immodificabilità derivante dal vincolo che la pronuncia della Corte pone a tutti i giudici del procedimento- è, in genere, scarsamente presente e comunque condizionato alla persistenza, in appello, della valutazione o della ricostruzione fattuale in rapporto alla quale l’applicazione della norma è necessaria”. Dall’angolo visuale dell’operatore pratico, simili ragionamenti ci appaiono piuttosto fuori fuoco nell’approccio prima di tutto culturale all’istituto (forieri di istituire una indifferenza en-passant del giudice del merito nei confronti dei litiganti): al contrario, l’anticipazione del principio di diritto della S.C., considerando che oggi la sue soluzioni normalmente pervengono alle parti dopo una decina d’anni se tutto va bene, si mostra nella sua utilità proprio nell’ottica di queste ultime, mentre guardarla dal punto di vista della sola “Suprema”, senza considerare le defatigatorie risalite sperimentate dall’“utenza”, può ingenerare fondanti equivoci.

[70] Biavati, L’architettura, cit., 44.

[71] V. peraltro il già citato primo provvedimento del Primo Presidente, 2, ove leggesi che “se il giudice di pace possa avvalersi delle modalità semplificate, con la pronuncia della sentenza contestuale, previste dall’art. 281-sexies cod. proc. civ., è questione esclusivamente di diritto, non condizionata da peculiarità della fattispecie né implicante un giudizio di fatto”. Per la opinione, pur formulata in termini ipotetici (va ribadito che la norma allude, quale oggetto del rinvio, a questioni “esclusivamente” di diritto), che la S.C. accolga anche “senza troppe ritrosie e dubbi su ciò che è fatto e ciò che è diritto, ad esempio la consacrazione di una concreta e potenzialmente “seriale” inferenza presuntiva, oppure la compiuta ricostruzione di situazioni fattuali complesse con agganci pregnanti alla contingente realtà concreta e dunque un poco al di là della normale specificazione interpretativa delle previsioni normative generali e astratte dei fatti”, Briguglio, Il rinvio pregiudiziale, cit., 7.

[72] V. difatti Comastri, La pregiudiziale, cit., 150-151, per la esclusione del rinvio, essendovi il regolamento preventivo, su di una questione di giurisdizione (ma la proponibilità di quest’ultimo entro il primo grado di merito lascia aperti i dubbi per le differenti e successive sedi, sempre che la questione di giurisdizione sia ancora “rilevante”, ossia non oggetto di acquiescenza o giudicato implicito, alla prova dell’ora riscritto art. 37 c.p.c.), come pure analogamente, per la competenza.

[73] Secondo Passanante, La riforma, cit., § 5, l’istituto mirerebbe “ad impedire che disposizioni di nuovo conio … possano generare una varietà di orientamenti di merito, determinando nocive incertezze specie quando queste attengono alle regole del processo”.

[74] Capasso, Il rinvio pregiudiziale, cit., § 2. Nota Raiti, Le modifiche, cit., 114, la elasticità delle formule utilizzate, e così pure i limiti di applicazione accentuatamente discrezionali del rinvio e, per conseguenza, il probabile impiego sporadico dell’istituto che ne seguirà.

[75] Per tutti, Trisorio Liuzzi, La riforma, cit., 8.

[76] Deve poi trattarsi, come rammenta Luiso, sub art. 363-bis, cit., 194 (e sempre che arguibile allo stato), di una questione non assorbita da altra ragione più liquida. V. in proposito le attente riflessioni di Raiti, Le modifiche, cit., 117 e spec. nt. 30, ove ben si spiega il dualismo che l’istituto di che trattasi dovrà sciogliere: se privilegiando una logica deflattiva dei giudizi a quibus, oppure richiedendo in aggiunta una rilevanza rafforzata della questione coinvolta sul versante sociale e collettivo (fine al quale, secondo le valutazioni anche ideologiche di ciascuno, potranno ritenersi o meno presiedere i requisiti ora in esame). In un sistema privo di un vero binding precedent, esprimiamo netta preferenza per la prima finalità, e solo sussidiariamente, e per quel che vi sarà d’ausilio, per la seconda. Postula l’assimilabilità della rilevanza qui in discorso a quella che viene in rilievo nel giudizio incidentale di costituzionalità delle leggi ex art. 23 co. 2 l n. 87/1953, Comastri, La pregiudiziale, cit., 154. Conf. sul (pacifico) punto della necessaria rilevanza per il caso da decidere, Carratta, Le riforme, cit., 114. Secondo Santagada, Rinvio pregiudiziale, cit., 531, la rilevanza richiede che la questione costituisca “un antecedente logico rispetto alla decisione della causa principale pendente davanti al giudice di merito”.

[77] Secondo Carratta, Le riforme, cit., 114, renderebbe inammissibile il rinvio finanche un solo specifico precedente delle sezioni semplici, e ciò quand’anche il giudice del merito a quo intendesse proporre una interpretazione alternativa rispetto a quell’unico precedente (v. anche Id., Riforma Cartabia, 4, confermando come “indubbia” la medesima conclusione)6. Nello stesso, v. già Giusti, Le impugnazioni, cit., 257, richiamando anche Salvato (nt. 61), e quindi il rischio (che noi ci permettiamo di non scorgere nella paventata “anomalia”) di legittimare un “anomalo meccanismo di revisione dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità”. Ritengono del pari inammissibile il rinvio (ora perché inutile e quindi inammissibile) in presenza di una sola pronuncia della S.C., anche Luiso, sub art. 363-bis, cit., 195 e, prima, Santagada, Rinvio pregiudiziale, cit., 533.

[78] Condivisibilmente Caruso, Il rinvio pregiudiziale su questioni di diritto in Cassazione, Il Processo, 2022, 535 ss., § 4 menziona a questo riguardo – poiché da coordinarsi semmai con il neo-introdotto istituto – il contenuto del Documento programmatico sulla sesta sezione civile della Corte di cassazione, diffuso con circolare dal Primo Presidente del 22 aprile 2016, con il quale si orientavano le sezioni della corte su cosa dovesse intendersi per “giurisprudenza” della S.C.; appositi parametri e riflessioni andrebbero peraltro coniati ad hoc, se quale parametro di ammissibilità del neo-introdotto rinvio, vista le già rimarcate importanza e novità.

[79] Così anche Briguglio, Il rinvio pregiudiziale, cit., 6.

[80] Ad es. Santagada, Rinvio pregiudiziale, cit., 538 ed ivi riff. in nt. 52, che giustamente sottolinea come l’assegnazione vada fatta alle sezioni unite ex art. 374 co. 2 c.p.c. (sicché non se ne dovrebbe espungere la ipotesi riguardante il contrasto giurisprudenziale).

[81] Non soccorre a sciogliere il dubbio ermeneutico (e di indirizzo) or ora affrontato nel testo il primo provvedimento del Primo Presidente succitato, in data 3-4 aprile 2023, 4, che conclude motivando l’assegnazione della questione alla sezione prescelta per ragioni di competenza tabellare, aggiungendo anche che “d’altra parte, non ricorrendo le condizioni di cui all’art. 374 cod. proc. civ. [citate però, per tirar acqua al nostro mulino, al plurale e nella loro interezza], non sussistono i presupposti per investire della questione le Sezioni Unite”. Nella specie, si è dato peraltro conto di come la questione non fosse stata ancora risolta dalla Corte di cassazione, occupatasene secondo quanto si rammenta in una sola occasione, “soltanto in forma di obiter”.

[82] E ciò per la anticipatorietà (e dunque funzionalità alla economia processuale) che l’istituto a nostro avviso caratterizza. Secondo Comastri, La pregiudiziale, cit., 151, il rinvio sembrerebbe esser stato pensato per favorire la rapida formazione di orientamenti di legittimità su questioni nuove e quindi per indirizzare i giudici di merito senza attendere che le questioni approdino davanti alla S.C. tramite le vie ordinarie.

[83] Allo scopo, si legge nella Relazione di accompagnamento alla riforma, 38, di “circoscrivere i motivi di rinvio pregiudiziale”, “analogamente a quanto richiesto per le ordinanze con cui vengono sollevate le questioni di legittimità costituzionale”.

[84] V. il già citato provvedimento in data 3-4 aprile 2023, ove si dà atto, 3, di come la questione presenti “gravi difficoltà interpretative, essendo possibili diverse letture delle norme di riferimento”.

[85] Briguglio, Il rinvio pregiudiziale, cit., 7, per la spiegazione che, in questa ipotesi di Richterklage, la corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato si atteggia insomma in modo del tutto peculiare. Contra, Mondini, lc. ult. cit. Contra, altresì, Carratta, Riforma Cartabia, cit., 5, per cui “si impone al giudice del rinvio non solo che prospetti queste gravi difficoltà interpretative, ma che prospetti anche nell’ordinanza di rinvio le diverse possibili soluzioni delle incertezze interpretative”, sicché, per l’a., il vaglio di ammissibilità investirebbe “la correttezza e completezza dell’ordinanza di rinvio”.

[86] Carratta, Riforma Cartabia, cit., 2, riferisce l’istituto ad una normativa nuova “o sulla quale non si è ancora pronunziata la giurisprudenza di legittimità”. V. anche Mondini, Il rinvio pregiudiziale, 2.2, per cui “la questione deve non essere mai stata affrontata dalla Corte di cassazione. Sarà in genere una questione relativa ad una legge di recente emanazione. Tuttavia la legge richiede solo che non vi siano precedenti nella giurisprudenza di legittimità”. Rammenta giustamente Raiti, Le modifiche, cit., 116, che, solo a coglierlo in termini letterali e rigorosi, deriverebbe che l’istituto serva unicamente a fugare i gravi dubbi interpretativi di recenti testi normativi ambigui.

[87] V. infatti il già citato provvedimento del Primo Presidente, 3-4 aprile 2023, spec. 4.

[88] Santagada, Rinvio pregiudiziale, cit., 534 ed ivi riff. alle note.

[89] Luiso, sub art. 363-bis, cit., 195; De Cristofaro, L’avvocato, cit., nt. 14, ove l’analogo rilievo che l’ultimo requisito di cui al comma 1° della norma, della suscettività di ripetersi in numerosi giudizi, sarebbe “invero intrinseco alla natura generale ed astratta dei comandi di legge, e pertanto privo di valenza sceveratrice”.

[90] Conf., quando nota come l’istituto sia utilizzabile anche per risolvere problemi interpretativi nuovi di norme giuridiche già in vigore, Comastri, La pregiudiziale, cit., 151.

[91] Osservando che “una questione interpretativa di disposizione processuale è sempre per definizione “suscettibile di porsi in numerosi giudizi”, Briguglio, Il rinvio pregiudiziale, cit., 4; conf. Carratta, Le riforme, cit., 114 e Luiso, sub art. 363-bis, cit., 194-196, per il quale l’utilità maggiore del rinvio potrà ritrarsi proprio da quelli su questioni di rito, che “esigono soltanto una scelta quale che sia”, diversamente da quelle di merito che invece a volte richiedono un “rodaggio”, sottendendo scelte di valore ecc.

[92] Luiso, sub art. 363-bis, cit., 194.

[93] Pena, tra l’altro, se diversamente opinando anche su questo punto, il rischio di creare elevate difficoltà di apprezzamento per il giudice del merito al punto della rimessione: sull’aspetto, in parallelismo con l’ordinamento francese, Capasso, Il rinvio pregiudiziale, cit., § 2.

[94] Consonanti rilievi in Comastri, La pregiudiziale, cit., 154.

[95] Secondo, come già chiarito, le “ordinarie” regole di assegnazione: così anche la Relazione di accompagnamento alla riforma, 38.

[96] Esercitando lo stesso primo presidente una valutazione senz’altro delicata, oltre che insindacabile: conf. Raiti, Le modifiche, cit., 115.

[97] Si pensi alla plausibile ipotesi in cui codesto provvedimento di inammissibilità sia motivato adducendo la non novità della questione che il giudice del merito potrà trovare già risolta in una certa sentenza od in certo orientamento della Corte. Il provvedimento non avrà certo alcuna efficacia vincolante nei confronti del giudice di merito (che sarà quindi libero di discostarsi dalla indicazione “sul merito del rinvio” e quindi della questione, “per avventura” e ad abundantiam contenuta nel provvedimento di inammissibilità), pena – in assenza di apposita norma di legge – usurpazione del potere-dovere decisorio in capo al giudice stesso. Circa il decreto di inammissibilità ricorda Luiso, sub art. 363-bis, cit., 195, come esso, non trattandosi di mezzo di impugnazione, e non rientrando nella garanzia costituzionale dell’art. 111 Cost., non precluda la possibilità di investire la cassazione della stessa questione tramite le impugnazioni ordinarie.

[98] Auletta, Profili nuovi del principio di diritto (il «vincolo delle sezioni semplici al precedente delle sezioni unite»), in Fazzalari (a cura di), Diritto processuale civile e Corte costituzionale, Napoli, 2006, 1 ss.; nonché Passanante, Il precedente impossibile. Contributo allo studio del diritto giurisprudenziale nel processo civile, Torino, 2018, 38 ss. e passim.

[99] Conf. Briguglio, Il rinvio pregiudiziale, cit., 7 e prima Trisorio Liuzzi, La riforma, cit., § III; da ultimo anche Mondini, Il rinvio pregiudiziale, § 5.2.

[100] Sul punto, cfr. anche Comastri, La pregiudiziale, cit., 161 e nt. 40 che ritiene difficile immaginare una questione meritevole di rinvio ma non di assegnazione alle sezioni unite.

[101] Già Capasso, Il rinvio pregiudiziale, cit., § 2, metteva in luce come l’efficacia deflattiva sarebbe risultata affidata alla stabilità della soluzione precocemente avanzata.

[102] Nota Comastri, La pregiudiziale, cit., 165, come ad es. in caso di identificazione di una differente questione la S.C. sia tenuta a restituire gli atti, senza deciderla, al giudice remittente.

[103] Conf. ancora Briguglio, Il rinvio pregiudiziale, cit., 10.

[104] Tra quelli censiti, ne trattano solo alcuni: ad es. Briguglio, Il rinvio pregiudiziale, cit., 10 ss., discorrendo di “rinvio pregiudiziale al quadrato”. Non è chiaro se concordi sul potere della S.C., adita con rinvio, di rinviare a sua volta alla CGUE, Mondini, Il rinvio pregiudiziale, cit., 2.3. Ritiene che la S.C., adita pregiudizialmente, possa a sua volta adire la Consulta, o la Corte di Giustizia, Comastri, La pregiudiziale, cit., 163.

[105] Diversamente, come noto, giusta le diversità e peculiarità del rispettivo sistema, per la Corte Edu: Caruso, Il rinvio pregiudiziale, cit., § 5 spec. nt. 54. Quanto ancora al rinvio pregiudiziale comunitario, rispetto al quale ad oggi – sia concessa l’affermazione per sintesi e senza richiami nella presente sede – appare urgente per più versi un ripensamento, anche nell’ottica di un suo anticipato sollevamento, è pertanto contendibile, come evidenziato immediatamente dopo nel testo, poter considerare la S.C. qui “adita pregiudizialmente” come giudice di ultima istanza e dunque obbligata a (e non solo nella facoltà di) spedire gli atti alla CGUE ai sensi e per gli effetti dell’art. 267 TFUE.

[106] Contrario anche Comastri, La pregiudiziale, cit., 150-151.

[107] Così, invece, Briguglio, Il rinvio pregiudiziale, cit., 10, che ritiene che la questione così dedotta, da quanto si comprende nella ipotesi in cui il giudice del merito richieda l’ulteriore rinvio alla S.C., sarebbe per ciò solo carente della “grave difficoltà”, richiesta invece dal sopra esaminato comma 1 al n. 2), ma che peraltro conclude non potersi escludere che “la Cassazione, investita di un rinvio pregiudiziale interpretativo di disposizione ordinaria nazionale, si ponga ex officio connessa questione pregiudiziale costituzionale o “comunitaria””.

[108] Che la Cassazione eserciti qui una funzione giurisdizionale è stato in ultimo autorevolmente confermato: Luiso, sub art. 363-bis, cit., 194 ss.

[109] Ritenuta obbligatoria, da Briguglio, Il rinvio pregiudiziale, cit., 8.

[110] Altra, come noto, rispetto al giudicato: Santagada, Rinvio pregiudiziale, cit., 541.

[111] Come messo in luce da Scarselli, Note sul rinvio, cit., 4, in quanto, solo quando adita con ricorso, la S.C. “cassa” la sentenza impugnata, con o senza rinvio, con distinzione tra fase rescindente e rescissoria.

[112] E ciò perché sin da principio ritenne Cass. n. 766/1960: “… con la particolarità, connessa alla funzione istituzionale regolatrice della Corte di cassazione, che … il principio di diritto, enunciato nella sentenza di annullamento, conserva la sua efficacia vincolante”.

[113] Trisorio Liuzzi, La riforma, cit., 6.

[114] Ex multis, Cass., 7 marzo 2011, n. 5381.

[115] V. ad es. Cass., 4 aprile 2013, n. 8225.

[116] V. ad es. Cass., 10 gennaio 1994, n. 188.

[117] Giusti, Le impugnazioni, cit., 259 (citando Scoditti in nt. 66); ripreso anche da Santagada, Rinvio pregiudiziale, cit., 541.

[118] Carratta, Riforma Cartabia, cit., 6.

[119] Conf. Carratta, Le riforme, cit., 116 e Id., Riforma Cartabia, 6, ove il corretto rilevo che è proprio il vincolo così inteso a dover impedire che possano nella specie rilevare successivi mutamenti negli orientamenti della stessa Corte di cassazione. Secondo taluno, tale vincolo presterebbe il fianco a rilievi di incostituzionalità: in tal senso, ad es., parrebbe senza eccezioni, Mondini, Il rinvio pregiudiziale, cit., § 7, richiamando anche Fabiani, Rinvio pregiudiziale, cit., 200-201; sul punto torneremo più avanti, nelle conclusioni.

[120] Contra, Mondini, Il rinvio pregiudiziale, cit., § 6, per il quale il vincolo sarebbe altresì superato se, con sentenza delle sezioni unite, la norma venisse interpretata in maniera diversa da come è stata interpretata in sede di rinvio pregiudiziale. Non appare tuttavia in proposito condivisibile (e ci sembra anche privo di qualsiasi appiglio normativo o sistematico) sostenere, come fa l’a., che solo nell’ambito del giudizio di rinvio “il principio di diritto enunciato in sede di legittimità costituisce la regola di giudizio, cui il giudice di merito deve adeguarsi anche per quanto concerne l’applicazione della norma alla fattispecie concreta …” mentre “il provvedimento in sede di rinvio interpretativo è [sarebbe] la “risoluzione della astratta questione interpretativa in funzione di immediata definizione di quale sia la corretta identificazione del contenuto della legge”, sicché detta risoluzione non può continuare a produrre effetto vincolante in caso di mutamento di giurisprudenza imposto dalle sezioni unite”.

[121] Contra, anche Giabardo, In difesa della nomofilachia, cit., 6.

[122] Secondo Santagada, Rinvio pregiudiziale, cit. 539-540, “tale soluzione, allo stato ineludibile, appare tuttavia problematica, se si tiene conto dell’evoluzione che ha visto assurgere gli orientamenti consolidati a fonti del diritto”.

[123] V. ad es. Cass., 19 ottobre 2020, n. 22657, Giur. It., 2021, 1373 ss., nt. Giabardo, Note critiche sull’irrilevanza del mutamento di giurisprudenza nel corso del giudizio di rinvio; conf. Cass. nn. 27343/2018; 3458/2012; in dottrina, in passato, v. rappresentativamente Briguglio, “Creatività” della giurisprudenza, mutamento giurisprudenziale e giudizio di rinvio, Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1984, 1360 ss. Sul punto dell’assimilazione, completa come ricordato nel testo, all’enunciato di diritto reso dalla Corte se adita con ricorso di parte, concorda Raiti, Le modifiche, cit., 118.

[124] Conf., Carratta, Riforma Cartabia, cit., 8. Mutatis mutandis sulla valenza panprocessuale della statuizione sulla giurisdizione della S.C., cfr. da ultimo Cass. Sez. Un., 4 aprile 2022, n. 10860, con la massima non ufficiale (che fa seguito a precedenti arresti della Corte di Giustizia unionale, segnatamente nel caso Interedil) per cui “A seguito di statuizione sulla giurisdizione da parte della S.C., adita in sede di regolamento, il giudice nazionale … è ammesso a sollevare questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE avanti alla Corte di Giustizia, qualora dubiti della conformità di questa statuizione al diritto UE; in tal caso, la vincolatività della statuizione interna sulla giurisdizione viene meno soltanto all’esito della decisione della Corte di giustizia, dalla quale si evinca l’effettiva contrarietà di questa statuizione al diritto UE, e nei limiti della contrarietà così emergente” [leggila con nt. di Penasa, La cedevolezza della statuizione della S.C. sulla giurisdizione contraria al diritto UE, in Giur. It., 2023, 80 ss., nonché in Judicium, 3 agosto 2022, nt. Vaccarella, M. L., Vincolatività del principio di diritto e rimessione in sede di rinvio alla Corte di giustizia (a proposito di Cass. Sez. un., sent. 4 aprile 2022 n. 10860)].

[125] Acconce a quanto enunciato nel testo appaiono le riflessioni svolte a suo tempo da Fazzalari, voce Ricorso per cassazione nel diritto processuale civile, Dig. Disc. Priv. Sez. Civ., XVII, Torino, 1998, spec. § 28, ove leggesi con riguardo all’art. 363 c.p.c. che: “quanto, infine, alla collocazione dell’istituto, non pare utilizzabile il richiamo ad un’asserita «giurisdizione consultiva», d’incerto profilo, e che, in ogni caso, supporrebbe quanto meno un’efficacia della pronuncia della Corte vincolante in futuri giudizi, e non un’autorità di mero fatto; e neppure si può far richiamo ad una sorta di «giurisdizione oggettiva», giacché, quando mai individuata, questa non manca di svolgere effetti sui contendenti, che, anzi, li presuppone, e, perciò, costituisce attività di giustizia. Alla luce di questi rilievi, la nomofilachia si conferma come una distinta funzione, che non può farsi rientrare in quella giurisdizionale, ancorché sia, per il suo assolvimento, ad essa collegata”. Conf., sulla efficacia persuasiva e di mero fatto se riferita ad altri giudizi, Comastri, La pregiudiziale, cit., 166.

[126] Calamandrei, La sentenza, cit., 130, relativamente al giudizio di rinvio.

[127] Comastri, op. cit., 167.

[128] Da questo punto di vista, di quanto dedotto nel testo si trova conferma nel più volte citato primo caso, ammesso dal Primo Presidente, giacché spedito dalla Corte d’Appello di Napoli, quale giudice adito ex artt. 3 ss. l. n. 89/2001.

[129] Per tutti, Negri, Gli effetti dell’estinzione nell’arco dei vari gradi del processo, Torino, 2017, 169 ss. e spec. 173, che rammenta la non applicabilità della norma alle impugnazioni straordinarie (amplius 164 e poi § 10).

[130] Sulla interpretazione e la ratio della locuzione “provvedimenti modificativi” v. ancora Negri, Gli effetti dell’estinzione, cit., 256 ss. ove si conclude che con ogni probabilità, anche alla luce del dibattito accesosi nella vigenza del previgente codice, “il legislatore del 1940 abbia esplicitamente preferito non prendere espressamente partito, perciò adottando un’espressione neutra rispetto al dibattito che sul punto si era acceso e che oggi appare sostanzialmente sopito, essendo prevalso l’orientamento più restrittivo” (che sostanzialmente, tutt’altro che esente da critiche, indica nei provvedimenti dell’art. 338 comma 2 solo le sentenze non definitive su questioni che in concreto incidano riformandola sulla sentenza impugnata e non invece le ordinanze, che non possono mai pregiudicare la decisione della causa).

[131] Satta, Commentario al codice di procedura civile, II, 2, Milano, 1966, 96 ss. ove si ricorda come “il dubbio si propone per l’ipotesi in cui sia accolta o respinta la domanda nel merito, e il giudice di appello riformi ammettendo istruttoria” e di qui si ritiene che “l’ammissione di una prova disattesa o ritenuta necessaria dal primo giudice (o anche non proposta davanti a lui) ha sempre come presupposto la riforma della decisione impugnata. E nulla importa che questa poi sia confermata in seguito alle prove perché la sentenza confermativa sarà sempre una diversa sentenza. Vi sono certo dei casi in cui il dubbio appare confortato dal fatto che i provvedimenti modificativi, dati anche con ordinanza, sembrano avere un contenuto meramente ordinatorio del processo: e così ad es. se si limitano a disporre ex officio integrazioni istruttorie, come l’esibizione di un documento al quale le parti si siano riferite, l’audizione di un teste rinunciato o la rinnovazione della prova, la richiesta di informazioni alla p.a., ecc.”. Con consueto incidere, S. riconosce che “in questi casi si potrebbe pensare che non vi sia alcuna attuale modificazione della sentenza”, ma laconicamente conclude che “la soluzione debba essere radicale, nel senso che abbiamo detto, e il fatto stesso che nel nuovo testo si parli di provvedimenti anziché di sentenze, come diceva l’art. 341, è un indice preciso della volontà del legislatore”.

[132] Riff. in Negri, lc. ult. cit., spec., per la tesi del Carnelutti, che riteneva politicamente discutibile l’articolo ora in esame, 167 e nt. 58.

[133] Evocativi delle vecchie critiche alla lettura infine affermatasi della norma in discorso, tra gli altri, Luiso, Diritto processuale civile13, II, Milano, 2022, 352 ss. e Verde, Diritto processuale civile5, II, Bologna, 2017, 189 ss., che pure mette in luce come per la interpretazione corrente la norma sarebbe pressoché inutile perché già insito quell’effetto nell’art. 336 c.p.c. Contra, Consolo, Le impugnazioni delle sentenze e dei lodi, Padova, 2012, 77, aderendo alla tesi tradizionalmente accettata. Conclude per l’adesione a quest’ultima, anche Negri, Gli effetti dell’estinzione, cit., 264-266.

[134] V. ancora Negri, Gli effetti dell’estinzione, cit., 184, laddove afferma che “il superamento di ogni sentenza emessa nel corso del processo estintosi in fase di impugnazione può discendere solo dalla contingente circostanza che tutte le sentenze via, via adottate risultino ormai sostituite o rimosse da una pronuncia successiva (pur se eventualmente incapace da sola di definire conclusivamente la controversia: il principio di diritto sancito dalla cassazione, la sentenza non di appello non definitiva modificativa)”.

[135] Ancora Negri, Gli effetti dell’estinzione, cit., 314 per le conclusioni ed ivi passim compiuti riferimenti.

[136] Così per la revocazione straordinaria, mentre ogni diverso discorso circa la opposizione di terzo ex art. 404 co. 1 c.p.c. (che, potendosi proporre sine die, può risultar preclusa in sede di riproposizione, dopo chiusura in rito della precedente, sol se ritenendo che da qui ne derivi la estensione del giudicato nei confronti del terzo) deve da qualche anno fare i c6onti, sul punto non potendosi indugiare ulteriormente, con l’impostazione assunta da Cass. Sez. Un., n. 1238/2015.

[137] Per tutti, Vaccarella, Inattività delle parti ed estinzione del processo di cognizione, Napoli, 1975, 233 ss. 8

[138] Così anche Carratta, Le riforme, cit., 117 e Id., Riforma Cartabia, 7-8.

[139] V. sul punto Fabiani, Rinvio pregiudiziale, cit.., 201 ss. e le condivisibili confutazioni di Capponi, Nomofilachia, cit., nt. 33 e Briguglio, Il rinvio pregiudiziale, cit., 8 e nt. 14.

[140] Cfr. art. 137 –ter (“Pubblicità degli atti dei procedimenti pendenti”), delle disp. att. c.p.c.: che prevede che, oltre ai ricorsi nell’interesse della legge, “sono pubblicati nel sito istituzionale della Corte, a cura del centro elettronico di documentazione: 1) i provvedimenti che dispongono il rinvio pregiudiziale di cui all’articolo 363 –bis del codice e i decreti del primo presidente ad esso relativi …”.

[141] Secondo Carratta, Le riforme, cit., 115, la sospensione in questi casi potrebbe essere disposta applicando in via analogica la previsione dell’art. 146-bis disp. att. c.p.c. in tema – ex art. 420-bis c.p.c. – di accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti e accordi collettivi; tuttavia, si può replicare l’impedimento ad applicare quella disposizione, speciale e con tratti d’eccezionalità (arg. anche ex art. 14 Preleggi), ad un istituto di portata generale come è il rinvio.

[142] Per alcune riflessioni, v. anche Capasso, Il rinvio pregiudiziale, cit., §§ 5-6.

[143] Come previsto, recentemente, nel Regolamento di Procedura della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, al rispettivo art. 71.a (appunto sull’uno o più pilot cases), nella versione approvata soltanto nell’aprile 2023.

[144] Comastri, La pregiudiziale, cit.,165 ed ivi richiami a dottrina (Scarselli, Capasso) incline a seguire la preoccupazione della violazione dell’art. 101 Cost. Come osservato ex professo da Luiso, sub art. 363-bis, cit., 196-197, i valori qui in gioco tutelano esclusivamente le parti del processo e non colui il quale lo decide, non facendo parte dello statuto del magistrato in quanto tale, sicché “se e nella misura in cui una parte è vincolata da un precedente giudicato o da una preclusione processuale lo è anche il giudice; e viceversa”.

[145] Così Carratta, Le riforme, cit., 117, richiamando per negare la incostituzionalità dell’istituto C. cost. n. 50/1970 che ebbe ad occuparsi dell’art. 384 co. 2 c.p.c., giustificando tale limite in guisa di preclusione e come punto fermo nel processo di graduale formazione logica della pronunzia finale.

[146] Attente, in questo verso, le espressioni di Comastri, La pregiudiziale, cit., 143 per cui la Corte di cassazione, con tale strumento “partecipa, insieme con il giudice di merito, alla decisione finale della controversia, fissando una frazione della premessa maggiore del sillogismo giudiziale”.

[147] Già Giusti, Le impugnazioni, cit., 256, aveva avanzato un parallelismo con il regolamento preventivo di giurisdizione.

[148] A titolo d’esempio, circa il giusto timore intorno alla posizione delle parti, che d’iniziativa del giudice del merito potrebbero trovarsi a sostenere costi e tempi dell’incidente dinanzi alla S.C., potrebbe prevedersi l’assistenza, in deroga alla regola generale di cui all’art. 82 co. 3 ult. parte c.p.c. (altrimenti applicabile nella specie: conf. Comastri, La pregiudiziale, cit., 162), di un difensore non abilitato al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori.