Il rinvio pregiudiziale interpretativo.

Di Antonio Mondini -

Sommario. Premessa. 1. Individuazione del “giudice di merito”. 2. Le condizioni   di impiego del nuovo istituto. 3. Il ruolo delle parti del giudice. 4. La sospensione del giudizio. 5. Il filtro presidenziale e i possibili sviluppi del procedimento di rinvio. 6. La vincolatività del responso della Corte. 7. Un dubbio di legittimità costituzionale. 8. Uno strumento utile ?

In forza del nuovo art.363-bis del codice di procedura civile, il giudice di merito può sottoporre alla Corte di Cassazione una questione di diritto, necessaria alla definizione anche parziale del giudizio, su cui la Corte non si sia pronunciata, per la quale sussistano gravi difficoltà interpretative e che sia suscettiva di riproporsi in numerosi giudizi ([1]).

L’istituto del rinvio pregiudiziale diverrà operativo dal 30 giugno 2023 anche per i giudizi pendenti (art.35, d.lgs. 10 ottobre 2022, n.149).

1.L’espressione legislativa “giudice di merito” comprende il giudice di pace, il tribunale e la corte di appello.

Non vi sono preclusioni espresse a che il rinvio pregiudiziale sia sollevato nell’ambito di procedimenti destinati a concludersi con una decisione non avente attitudine al giudicato. Né vi sono ragioni logiche che inducano a limitare l’impiego del rinvio, strumento di certezza giuridica e con finalità generale deflattiva, ai processi che possano giungere in Cassazione. Per quanto concerne i procedimenti cautelari il giudice dovrà tuttavia verificare, anche attraverso l’interlocuzione con le parti, la compatibilità in concreto del ricorso al nuovo istituto, a cui è connesso l’effetto sospensivo del giudizio, con l’urgenza di provvedere.

Il rinvio non è utilizzabile dai giudici speciali in quanto l’art.363 bis è una norma del codice di procedura civile e il riferimento al giudice di merito deve ritenersi fatto al giudice ordinario.

Per quanto concerne i giudici tributari è stata prospettata una tesi opposta, fondata sulla duplice argomentazione per cui le loro pronunce sono sempre ricorribili per cassazione per violazione di legge e per cui, in forza dell’art.1, comma 2, del d.lgs. n.546 del 1992, detti giudici applicano le norme del predetto decreto e, per tutto quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile ([2]).

La tesi è ispirata alla finalità di consentire il rinvio pregiudiziale in una materia -quella tributaria, appunto- in cui esso potrebbe essere particolarmente utile dati “il continuo succedersi di norme di nuova introduzione, rispetto alle quali il giudice del merito non ha un indirizzo interpretativo di legittimità cui fare riferimento, la serialità dell’applicazione delle norme che si riflette sulla serialità del contenzioso” ([3]) e il notevole tecnicismo delle disposizioni.

E tuttavia la riportata duplice argomentazione, al di là dello scollegamento tra esperibilità del rinvio e ricorribilità per cassazione per violazione di legge, sembra inidonea a far rientrare nell’espressione “giudice di merito” dell’art. 363 bis c.p.c. un giudice di merito estraneo alla giurisdizione ordinaria ([4]).

2. La questione pregiudiziale interpretativa -che può riguardare sia il diritto sostanziale che il diritto processuale- può essere sollevata solo in presenza delle condizioni elencate dal primo comma dell’art.363 bis.

2.1. In primo luogo deve trattarsi di questione necessaria alla definizione anche parziale del giudizio.

La norma, parlando di questione “necessaria” alla soluzione della controversia, ha il senso (non tanto di non consentire rinvii pregiudiziali per questioni su norme astrattamente applicabili) quanto di precludere al giudice del merito di rivolgersi alla Corte prima di aver stabilito di applicare la disposizione a cui la questione pertiene ossia, ove la questione si leghi a fatti controversi, solo all’esito della fase istruttoria ([5]).

2.2. In secondo luogo la questione deve non essere mai stata affrontata dalla Corte di cassazione. Sarà in genere una questione relativa ad una legge di recente emanazione. Tuttavia la legge richiede solo che non vi siano precedenti nella giurisprudenza di legittimità ([6]).

2.3. In terzo luogo deve trattarsi di questione per la quale sussistono gravi difficoltà interpretative.

La questione sarà dunque originata dalla ambiguità del testo di legge ovvero dal contrasto, non facilmente componibile, tra la disposizione da applicarsi ed altra disposizione sulla medesima materia di fonte interna, unionale o internazionale. Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione è logicamente a sua volta pregiudiziale al rinvio alla Corte di Giustizia.

2.4. In quarto luogo ed infine, deve trattarsi di questione suscettiva di porsi in numerosi giudizi.

2.5. Di tutte le sopradette condizioni deve essere dato conto nell’ordinanza con cui il giudice a quo interroga la Corte.

In particolare, “può esigersi dal giudice del rinvio l’onere di esporre le circostanze di fatto che lo inducono a ritenere necessaria per la definizione (anche parziale) della controversia la risoluzione della questione di diritto” ([7]).

Per espressa previsione di legge (art. 363 bis, comma 2, c.p.c.), il giudice  deve indicare le “diverse interpretazioni possibili”. Il giudice potrà anche, opportunamente, fare riferimento a differenti opinioni dottrinarie e a divergenti pronunce giurisprudenziali.

Per l’ultima condizione il giudice potrà argomentare in relazione al fatto che la norma di dubbia interpretazione, se processuale, riguarda uno snodo necessario in un elevato numero di processi, se sostanziale, riguarda controversie seriali.

Un’ordinanza non motivata non è idonea a veicolare la questione. Il primo presidente, in sede di vaglio preliminare ([8]), dovrebbe dichiararne l’inammissibilità.

3.Il rinvio è disposto con ordinanza pronunciata “sentite le parti costituite” (art. 363, bis, comma 1, c.p.c.).

Spetta al giudice stabilire se sollevare o non sollevare la questione.

Il giudice non è obbligato a disporre il rinvio ben potendo, pur quando ne ravvisi i presupposti di interesse generale, decidere di risolvere la questione in via autonoma.

Le parti non possono né pretendere che il giudice sollevi la questione né opporsi alla decisione del giudice di sollevare la questione.

Per lo più le parti non hanno interesse al rinvio essendo esse interessate solo alla risoluzione rapida del loro caso. L’interesse ad assicurarsi, per tutto il procedimento, l’immodificabilità della soluzione in punto di diritto -immodificabilità derivante dal vincolo che la pronuncia della Corte pone a tutti i giudici del procedimento- è, in genere, scarsamente presente e comunque condizionato alla persistenza, in appello, della valutazione o della ricostruzione fattuale in rapporto alla quale l’applicazione della norma è necessaria. Né, nella maggioranza dei casi, le parti hanno alcun interesse all’esercizio della nomofilachia e agli effetti deflattivi generali connessi al rinvio pregiudiziale. Eccezioni possono immaginarsi per un contenzioso su forniture di beni o prestazioni di servizi standardizzati, riguardato dal lato del fornitore o prestatore. In simili casi l’interessato può prospettare al giudice l’utilità del rinvio.

Le parti del singolo processo hanno solo la possibilità di rappresentare il proprio interesse alla rapida definizione del giudizio in sede di obbligatoria interlocuzione preliminare con il giudice ma non hanno modo di opporsi al rinvio.

Peraltro, proprio in ragione di detta possibilità, sono superabili i dubbi di legittimità rispetto all’art.24 Cost.([9]) o all’art. 111, comma 2 Cost.: attraverso quell’interlocuzione, infatti, l’interesse individuale alla conclusione rapida del singolo processo viene bilanciato con l’interesse generale alla deflazione del contenzioso e quindi al buon funzionamento della giustizia, radicato nell’art.97 Cost. e nello stesso art.111, comma 2, Cost. ove l’espressione “ragionevole durata del processo” sia letta nella sua dimensione, appunto, generale.

L’ordinanza di rinvio deve contenere un riferimento all’intercorso contraddittorio.

Un’ordinanza adottata senza che (vi sia riferimento al fatto che) il giudice abbia sentito le parti, dovrebbe portare alla dichiarazione di inammissibilità della questione ([10]).

4.Con il deposito dell’ordinanza di rinvio, il giudizio a quo è sospeso. Durante il periodo di sospensione possono essere compiuti gli atti urgenti e l’attività istruttoria non dipendente dalla soluzione della questione oggetto del rinvio pregiudiziale (art. 363 bis, comma 2, c.p.c.).

Ai sensi della legge, la sospensione è sempre integrale, anche se la questione riguarda solo una parte della causa. Sarebbe stato più opportuno prevedere la sospensione parziale per il caso di questione relativa alla definizione parziale del giudizio e così, in particolare, per il caso di pluralità di domande connesse solo soggettivamente.

In base al nuovo art.137 ter disp. att. c.p.c., i provvedimenti dei giudici di merito che dispongono il rinvio pregiudiziale ex art.363 bis c.p.c. vengono pubblicati sul sito istituzionale della Corte.

La pubblicità dà modo ad ogni altro giudice chiamato ad applicare la legge oggetto di rinvio pregiudiziale di attendere la decisione della Corte rinviando la trattazione del procedimento con un’ordinanza di sospensione c.d. impropria ([11]).

5.Il terzo comma dell’art.363 bis, c.p.c. introduce un filtro delle ordinanze di rimessione affidato al primo presidente, da svolgersi entro il termine di novanta giorni dal ricevimento degli atti e volto, in via preliminare, alla verifica della sussistenza delle condizioni previste dal primo comma e dell’avvenuta interlocuzione delle parti con il giudice a quo e, in via subordinata, alla verifica della rilevanza della questione ai fini della relativa assegnazione alle sezioni unite o alla sezione semplice tabellarmente competente.

Il filtro si giustifica in ragione del fatto che l’intervento della Corte non si configura come “un mezzo di impugnazione e dunque non sussiste un “obbligo” per la Corte di rendere il principio di diritto richiesto”([12]).

Il filtro è affidato interamente al primo presidente.

La legge non ha dato alla procura generale la possibilità di rappresentare, nell’interesse della legge, la propria visione.

5.1. Se il vaglio di ammissibilità non è superato, il presidente dichiara la questione inammissibile con decreto e dispone la restituzione degli atti al giudice. Il giudizio a quo riprende. Dovrebbe ritenersi non occorrente un impulso di parte. La riattivazione del processo dovrebbe avvenire d’ufficio. La legge nulla dispone sul punto. Tuttavia la soluzione pare conseguente al fatto che il rinvio pregiudiziale è disposto d’ufficio ed è funzionale ad un interesse generale cosicché non può imporsi alle parti un onere di riattivazione.

5.2. Se il vaglio di ammissibilità è superato, la questione è assegnata alle sezioni unite o ad una delle sezioni semplici (secondo le ordinarie regole di riparto degli affari).

La Relazione illustrativa precisa che, trattandosi di questioni rilevanti, si è previsto che la Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronunci sempre in pubblica udienza.

Tutti i decreti del primo presidente relativi ai rinvii pregiudiziali sono pubblicati sul sito della Corte  (art.137 ter dis. att. c.p.c.).

L’assegnazione esclusiva alle sezioni unite sarebbe stata soluzione preferibile in considerazione della maggiore stabilità così assicurata all’enunciato della Corte ([13]). Sarebbe stata soluzione anche più coerente con la previsione per cui la Corte “pronuncia … con la requisitoria scritta del pubblico ministero”. L’obbligatorietà della requisitoria scritta, a fronte della solo eventualità della requisitoria scritta in ogni altra ipotesi di trattazione in pubblica udienza, segnala che alla questione è attribuito ex lege un grado di rilevanza speciale e superiore a quello “particolare” proprio di ogni questione da trattarsi in pubblica udienza (art. 375 c.p.c.). Le sfumature terminologiche di grado non sottendono differenze sostanziali definite.

Peraltro, dovendosi prendere atto della scelta legislativa, è da ricordare la tesi prospettata in dottrina, utile se non altro a orientare la scelta presidenziale secondo criteri obiettivi, per cui le questioni andrebbero sempre assegnate alla sezione tabellarmente competente salvo quelle, da destinare alle sezioni unite,  “trasversali, a cominciare da quelle processuali” ([14]).

Una volta stabilita la sorte del ricorso, spetta alle parti la facoltà di depositare brevi memorie, nei termini di cui all’art.378 c.p.c..

In udienza, il pubblico ministero e le parti discutono la questione secondo le regola dell’art. 379 c.p.c.

Le parti che intendono partecipare all’incidente di pregiudizialità e non sono assistite nel giudizio di merito da un avvocato cassazionista, devono munirsene. La partecipazione è un diritto, non un obbligo. Le parti possono anche richiedere al giudice del merito, nell’ambito del preventivo contraddittorio, di dar conto delle loro tesi interpretative nel corpo dell’ordinanza di rinvio. Non è ravvisabile quindi alcuna “imposizione alle parti di farsi carico di un giudizio in cassazione, con tutti i relativi onori, rischi e costi, anche quando le parti non vogliono” ([15])

Al termine del procedimento, la Corte enuncia il principio di diritto.

La pronuncia della Corte è, come ogni altra, pubblicata  ai sensi dell’articolo 51 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sul sito istituzionale della Corte, a cura del centro elettronico di documentazione.

6.L’enunciazione del principio di diritto è vincolante “nel procedimento” nell’ambito del quale è stata sollevata la questione. E così, ove la questione sia stata sollevata da un giudice di primo grado, il vincolo riguarda anche il giudice di appello e la stessa Corte di Cassazione.

Ove poi il procedimento si estingua e ne venga iniziato uno nuovo, tra le stesse parti, nel quale la questione si riproponga, la pronuncia della Corte vincola anche i giudici di tale successivo procedimento (art. 363 bis, u.c., c.p.c).

Per ogni altro giudice, la pronuncia, in quanto resa dall’ “organo supremo della giustizia, [che] assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale” (art.65 ord. giud.), ha effetto (non vincolante e tuttavia) persuasivo ([16]).

Il vincolo, che essendo sulla soluzione di questione interpretativa astratta non è un vincolo di giudicato, è superato se la norma da applicarsi è abrogata, modificata o sostituita per effetto di jus superveniens, se è interpretata, con legge di interpretazione autentica, in modo diverso rispetto a quello individuato dalla Corte, se è dichiarata illegittima da parte della Corte Costituzionale o in contrasto con norma unionale da parte della Corte di Giustizia ([17]).

Il vincolo è altresì superato se, con sentenza delle sezioni unite, la norma viene interpretata in maniera diversa da come è stata interpretata in sede di rinvio pregiudiziale ([18]). Infatti, diversamente dal giudizio che segue alla cassazione con rinvio (artt. 384, comma 2, e 394 c.p.c.), in cui “il principio di diritto enunciato in sede di legittimità costituisce la regola di giudizio, cui il giudice di merito deve adeguarsi anche per quanto concerne l’applicazione della norma alla fattispecie concreta sicché anche se nel corso del processo siano intervenuti mutamenti della giurisprudenza di legittimità, la Corte di cassazione, nuovamente investita del ricorso avverso la sentenza pronunziata dal giudice di merito, deve giudicare sulla base del principio di diritto precedentemente enunciato e applicato dal giudice di rinvio, senza possibilità di modificarlo”, il provvedimento in sede di rinvio interpretativo è la “risoluzione della astratta questione interpretativa in funzione di immediata definizione di quale sia la corretta identificazione del contenuto della legge”, sicché detta risoluzione non può continuare a produrre effetto vincolante in caso di mutamento di giurisprudenza imposto dalle sezioni unite ([19]).

Sotto altro profilo, il vincolo è condizionato alla invarianza del quadro di fatto  in riferimento al quale la questione interpretativa è stata sollevata ([20]).

La decisione di uno dei giudici soggetti al vincolo, violativa del principio enunciato, può essere impugnata fino in Cassazione siccome contraria al combinato disposto della norma applicata e dell’art.363 bis c.p.c.

7.La vincolatività della pronuncia interpretativa per giudici diversi da quello che ha sollevato la questione, si pone in tensione con il principio costituzionale per cui il giudice è soggetto solo alla legge (art. 101, comma 2 Cost.)([21]).

Quei giudici divengono, per effetto dell’ultimo comma dell’art.363 bis, c.p.c., assoggettati alla interpretazione della Corte di Cassazione riguardo alla legge.

L’art.101, comma 2, Cost. è a garanzia dell’indipendenza funzionale del giudice ([22]), della strutturazione non verticistica della magistratura (“potere diffuso”) e, per esse, del pluralismo giurisdizionale. Il vincolo in esame limita l’indipendenza funzionale, non è coerente con la ridetta strutturazione, toglie spazio al contributo che ogni giudice può dare al progresso della giurisprudenza ([23]).

Né per superare il dubbio potrebbe essere invocato il principio del buon andamento della amministrazione della giustizia radicato nell’art.97 Cost. dicendosi che nella portata vincolante della pronuncia della Cassazione si  rinviene l’elemento “decisiv[o] per la buona riuscita dello strumento dal punto di vista deflattivo” ([24]). L’utilità dello strumento dal punto di vista deflattivo e quindi del buon andamento della amministrazione della giustizia (art. 97 Cost.), sta nella possibilità, che lo strumento offre, di un tempestivo intervento chiarificatore della Corte e nella forza persuasiva della decisione per tutti i giudici di merito, non nella vincolatività riguardante al più, oltre il giudice che ha sollevato la questione, due giudici del medesimo procedimento ed eventualmente i (tre) giudici del nuovo procedimento che si apra, dopo la chiusura del primo, tra le stesse parti sullo stesso oggetto.

Né l’estesa vincolatività della pronuncia pregiudiziale può essere costituzionalmente legittimata in forza del principio della ragionevole durata del processo (art.111, comma 2°, Cost.). L’accelerazione del processo, conseguente all’impossibilità di ridiscutere il punto di diritto posto dalla Corte, non può infatti essere perseguita a scapito dell’autonomia, specificamente garantita dall’art.101, comma 2, del singolo giudice nell’applicare la legge ([25]) ([26]).

8.L’incidenza del nuovo istituto in termini deflattivi non è prevedibile. Dipenderà dall’approccio di maggior o minor apertura dei giudici di merito rispetto alla possibilità di servirsene rinunciando a risolvere la questione in via autonoma ([27]), dalla ampiezza delle maglie del filtro di ammissibilità del primo presidente -specie riguardo alla condizione per cui la questione deve potersi porre in “numerosi giudizi”- e dalla rapidità con cui la Corte dimostrerà di rispondere ([28]) ([29]).

[1] L’art. 363 bis è stato introdotto con l’art. 3, comma 27, lett. c) del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n.149, recante attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206 recante delega al governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata. La specifica previsione di delega era contenuta nell’ art. 1, comma 9.

[2] Corte di Cassazione, Ufficio del Massimario e del Ruolo, Relazione n.96 del 6 ottobre 2022, in www.cortedicassazione.it. Manzon, La Cassazione civile-tributaria alla sfida del PNRR, in sintesi ed in prospettiva, in www.giustiziainsieme.it, par. 3.

[3] Così nella Relazione al Ministro, della Commissione interministeriale per la riforma della giustizia tributaria, presieduta dal Prof. Giacinto della Cananea. La relazione è pubblicata in www.fiscooggi.it

[4] V. Frasca, Considerazioni sulle proposte della Commissione Luiso quanto al processo davanti alla Corte di Cassazione, in www.giustiziainsieme.it, il quale, in riferimento alla proposta della Commissione, poi trasfusa nella legge delega e nel decreto delegato, aveva rilevato che “il limite della proposta è che [il rinvio pregiudiziale] non sarebbe applicabile alla giurisdizione in materia tributaria, atteso che i giudici di merito tributari sono estranei alla giurisdizione ordinaria e considerato che la norma, quando parla del giudice di merito, essendo inserenda nel Codice di Procedura Civile è norma interna alla giurisdizione civile ordinaria”; nello stesso senso l’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di Cassazione nella Relazione n. 98 del 21 ottobre 2021, punto 2.5., in www.cortedicassazione.it. Lo stesso Ufficio, peraltro, come segnalato alla nota 2, ha poi assume un posizione opposta nella Relazione n.96/2022.

[5] In senso conforme, Salvato, Verso la riforma del processo tributario: il “rinvio pregiudiziale” ed il ricorso del P.G. nell’interesse della legge, in www.giustiziainsieme.it. La condizione di cui si discute, della “necessità” dell’applicazione della norma, non può che essere valutata in base all’ordinario e alla data della richiesta di intervento della Corte senza dunque che rilevi l’eventualità che il quadro fattuale cambi dopo la chiusura dell’istruttoria e dopo la richiesta d’intervento della Corte per ipotesi eccezionali di remissione in termini o di deferimento di un giuramento decisorio. Né può darsi rilievo all’ulteriore eventualità che il quadro fattuale sia diversamente valutato dal giudice di appello o muti in appello. La pronuncia della Corte, al verificarsi di tali eventualità, diventa inutile in riferimento al giudizio a quo ma non certo sul piano generale. Da tutt’altra prospettiva è stato osservato che ove si verifichi una di dette eventualità potrebbe divenire opinabile la corrispondenza della pronuncia ai fatti con il conseguente determinarsi di  “elementi di confusione che potrebbero essere utilizzati dalla parte che ha torto per fini defatigatori” (Scarselli, Note sul rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione di una questione di diritto da parte del giudice di merito, in www.giustiziainsieme.it).

[6] E’ stato prospettato il dubbio che il rinvio possa essere disposto “per sollevare un nuovo quesito interpretativo, riferito però a una disposizione sulla quale la Corte si sia già pronunciata” ossia che, immaginando “che la Corte, in sede di rinvio pregiudiziale, abbia interpretato la disposizione D nella forma D1, escludendo l’interpretazione D2, possa, un altro giudice, in altro processo, chiedere alla Corte di pronunciarsi sul medesimo testo, argomentando però D3, per la prima volta” (Giabardo, In difesa della nomofilachia. Prime notazioni teorico-comparate sul nuovo rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione nel progetto di riforma del Codice di procedura civile, in www.giustiziainsieme.it). A sostegno della soluzione positiva potrebbe argomentarsi che la questione è “non ancora affrontata dalla Corte” non solo se mai affrontata in senso assoluto ma anche se mai affrontata sotto quel determinato profilo per il quale il giudice di merito ha disposto il rinvio. In questo senso anche Fabiani, Rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione: una soluzione che non alimenta davvero il dibattito scientifico, in Riv. dir. proc., 2022, 1, 197 ss.

[7] Scoditti, Brevi note sul rinvio pregiudiziale in cassazione, in www.questionegiustizia.it.

[8]V. infra punto 5. del testo.

[9] Scarselli, op. cit., par.8

[10] Trisorio Liuzzi, La riforma della giustizia civile: il nuovo istituto del rinvio pregiudiziale, in www.judicium.it, 10 dicembre 2021.

[11] E’ stato detto (Capasso, Il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione e il « vincolo » di troppo, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2022, p.598) che la sospensione impropria priva le parti del procedimento a quo della possibilità di interloquire nel giudizio innanzi alla Corte e quest’ultima dell’apporto, anche informativo, di quelle. Peraltro la sospensione impropria non dovrebbe avere luogo se il giudice del procedimento nel quale si ponga la questione per cui è già stato disposto il rinvio pregiudiziale ritenga di avere o che le parti abbiano soluzioni interpretative o argomentazioni ulteriori rispetto a quelle esposte nel provvedimento di rinvio (accessibile in base all’art. 137 ter disp. att. c.p.c.), da sottoporre alla Corte.

[12] Luiso, Relazione al Ministro sul lavoro della Commissione per l’elaborazione di proposte di interventi in materia di processo civile e di strumento alternativi, in www.giustizia.it

[13] In questo senso anche Scoditti, Brevi note sul rinvio pregiudiziale in cassazione, in www.questionegiustizia.it

[14] Capasso, Il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione e il « vincolo » di troppo, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2022, 600.

[15] Così invece, Scarselli, op. cit., par. 8.

[16] Va segnalato che, in Francia, la saisine pour avis della Cassazione, a cui il legislatore si è dichiaratamente ispirato –Luiso, Relazione al Ministro, cit., punto 4.2.  introdotto con l. 15 maggio 1991 e disciplinato agli artt. 1031-1 e seg. del Code de procédure civile e L441-1 e seg. del Code l’organisation judiciaire, non è vincolante neppure per il giudice che ha interpellato la Corte.

[17]Conforme  Scoditti, op. cit., paragrafo 4.

[18] Il mutamento di giurisprudenza non può che conseguire ad una pronuncia delle sezioni unite dato che, per un verso, se l’enunciazione interpretativa è stata espressa da una sezione semplice, l’esigenza di un ripensamento si porrebbe necessariamente come “questione di massima di particolare importanza” ai sensi e per gli effetti dell’art. 374, comma 2, c.p.c., altrimenti determinandosi situazioni di incertezza contrarie alla finalità deflattiva perseguita col nuovo istituto, per altro verso, se l’enunciazione interpretativa è stata resa dalle sezioni unite, la sezione semplice -la quale per ragioni logiche prima ancora che per il disposto dell’ultimo comma dell’art. 363 bis, c.p.c. non può essere la sezione semplice chiamata a decidere della causa in cui il rinvio è stato disposto ma è la sezione semplice investita di altra causa- deve attenersi all’art.374, comma 3, c.p.c.

[19] I virgolettati sono di Scoditti, ibidem, il quale, tuttavia, malgrado il rilievo relativo alla differenza tra principio di diritto in sede cassazione e enunciazione di diritto in sede di rinvio interpretativo, sostiene per “omogeneità dell’effetto vincolante del provvedimento sulla pregiudiziale interpretativa a quello della cassazione con rinvio, anche al primo si applichi la regola” della ininfluenza del mutamento di giurisprudenza.

[20]. v. sopra n. 2

[21] Il dubbio di legittimità profilato nel testo non riguarda il giudice che ha disposto il rinvio pregiudiziale dato che il principio sancito dall’art. 101, comma 2, Cost. non osta alla legge che consenta al singolo giudice di demandare l’esercizio del potere interpretativo alla Corte di Cassazione.

[22] Zanon, Biondi, Il sistema costituzionale della magistratura, quarta edizione, Torino 2014, p. 148 s.: “In principio, indipendenza indica che un soggetto è nelle condizioni di compiere scelte e di assumere decisioni, e soprattutto di poterlo fare liberamente, in base alle proprie determinazioni, senza dover eseguire istruzioni o indicazioni altrui”.

[23] Già molti anni era stato autorevolmente detto: “i giudici sono soggetti solo alla legge nel senso che non sono vincolati dai «precedenti» (id est dalle precedenti decisioni) giurisprudenziali … La costituzione esclude … che i precedenti abbiano valore vincolante; esclude cioè che i giudici abbiano l’obbligo di seguirli. Esclude, insomma, che l’una o l’altra interpretazione giurisprudenziale (inclusa quella della suprema Corte di cassazione a sezioni unite) possa acquistare «forza» di interpretazione autentica, cioè «forza» di legge. Ciò significa, tra l’altro, che sarebbe costituzionalmente illegittima una eventuale legge (ordinaria) che pretendesse di introdurre nell’ordinamento la regola del precedente vincolante (<<stare decisis») sul modello dei sistemi di common law. Soprattutto, ciò significa che ogni giudice è libero di discostarsi dai precedenti anche di Cassazione” (Guastini, Commentario della Costituzione fondato da G. Branca e continuato da A. Pizzorusso, La magistratura, Tomo I, Art. 101, Zanichelli, Bologna, 1994, p 191 s.).

[24]Il virgolettato è di SCODITTI, Brevi note, cit.

[25] V. Lombardo, Passato e futuro della Cassazione civile (a cent’anni da “La cassazione civile” di Piero Calamandrei), in Riv. Dir. Proc., 2021, 3, 892, il quale, scrivendo prima della legge delega, sottolineava che “Quando il caso esige l’applicazione di una norma il cui significato è incerto …, è irrazionale -e contrasta col principio costituzionale della ragionevole durata del processo (art. 111, comma 2°, Cost.)- dover attendere che sia pronunciata la sentenza di primo grado e poi quella di secondo grado, per poter adire la Corte di cassazione e sentirsi dire, a distanza di molti anni, che l’interpretazione della norma adottata dai giudici di merito è errata, che la norma avrebbe dovuto essere interpretata diversamente e che la causa deve essere restituita al giudice di merito per un nuovo giudizio. In questi casi, consentire che il giudice di merito, prima di decidere, possa sospendere il procedimento dinanzi a sé ed interpellare la Corte di cassazione con apposita ordinanza di rimessione, al fine di ottenere l’interpretazione delle norme che ritiene di dover applicare, alla quale sarebbe poi vincolato, non solo eviterebbe che quella singola causa percorra tutti i gradi di giudizio, ma costituirebbe un potente mezzo di deflazione del contenzioso, indirizzando fin da subito i giudici di altre cause similari verso la soluzione giuridica corretta”. L’Autore significativamente non affermava che il vincolo avrebbe dovuto riguardare giudici diversi da quello che aveva disposto il rinvio.

[26] E’ solo un sofisma l’affermazione fatta in riferimento alla previsione della legge delega (Fabiani, Rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione: una soluzione che non alimenta davvero il dibattito scientifico, in Riv. dir. proc., 2022, 1, 197 ss.; v. anche Salvato, Verso la riforma, cit.,), secondo cui, muovendo dalla tesi per la quale la decisione della Corte “sulla questione posta con il rinvio pregiudiziale vale come preclusione per il giudice, di fatto nessun vincolo potrebbe riverberarsi sul giudice della impugnazione per la semplice ragione che quella porzione della decisione non sarebbe più impugnabile in quanto nasce assistita dal vincolo di preclusione”. La legge delega e il decreto delegato non parlano di preclusione. Parlano di vincolo. Il sofisma si scopre e il problema di legittimità immediatamente riemergere solo che, nonostante la preclusione -ipotizzata ma non configurata dalla legge-, il tema della interpretazione della legge venisse comunque all’attenzione del giudice dell’impugnazione potendo questi benissimo ritenere che la conseguenza che dovrebbe essere tratta dalla ipotizzata preclusione (l’inammissibilità della impugnazione in parte qua) gli impedirebbe di esprimere la sua autonoma opinione sul senso della legge in contrasto con il principio di indipendenza interna (art.101, comma 2 Cost.). Né, in riferimento alla affermazione qui criticata sono in alcun modo reiterabili le argomentazioni svolte con riguardo al giudizio di rinvio, da Corte cost. 25 marzo 1970, n. 50 (in questo senso, invece, Salvato, Verso la riforma, cit., nota 59). La Corte, con tale sentenza, ebbe a dichiarare infondato il dubbio di legittimità dell’art. 384, 1° comma, cod. proc. civ. rispetto all’art. 101, comma 2, Cost.: “La Costituzione, legando il giudice alla legge, vuole assoggettarlo non solo al vincolo di una norma che specificamente contempli la fattispecie da decidere, ma altresì alla valutazione che la legge dà dei rapporti, degli atti e dei fatti, e al rispetto degli effetti che ne desume; in tal caso, è sempre alla legge che il giudice si collega quando armonizzi la sua decisione alle dette valutazioni. Non è perciò un sofisma […] affermare che la pronunzia giudiziaria si mantiene sotto l’imperio della legge anche se questa dispone che il giudice formi il suo convincimento avendo riguardo a ciò che ha deciso altra sentenza emessa nella stessa causa, come è oggi nel sistema del rinvio dalla Cassazione […]. L’efficacia della sentenza che dispone il rinvio è determinata dalla regola del non bis in idem, che porta di necessità e a seconda dei casi, ad una preclusione, alla cosa giudicata o, comunque, ad un punto fermo nel processo di graduale formazione logica della pronunzia finale. Il vincolo che la sentenza di cassazione determina per il giudice consegue perciò al fatto, che la legge ha ritenuto conchiusa una fase del processo e immutabilmente fissato il punto di diritto deciso, con effetto limitato alla causa … Se, nel giudizio di rinvio, riguardo al punto di diritto posto dalla Cassazione, non si possono che trarre le conseguenze della pronuncia intervenuta, non si dà al giudice di cassazione il potere di invadere la funzione di altro giudice, ma si determina la funzione di quest’ultimo mediante la divisione del processo per fasi o stadi”. La ragione della non reiterabilità di queste argomentazioni appare evidente: la norma processuale di cui all’art. 384 , 1° comma, Cost. è “giustificata dall’art. 111, 2° comma, cost., là dove prevede il ricorso in cassazione «per violazione di legge»” (Guastini, op. cit. .192). Le argomentazioni della Corte si inquadrano nella logica intrinseca al procedimento come concatenazione di atti, che non può perpetuarsi all’infinito.

[27] v. Acierno Sanlorenzo, La Cassazione tra realtà e desiderio. Riforma processuale e ufficio del processo: cambia il volto della Cassazione?, in www.questionegiustizia.it, le quali anche alla luce del modesto impiego avuto dall’art. 420-bis cpc, “che sanciva l’impugnabilità diretta per cassazione della sentenza con cui il giudice risolveva espressamente la questione interpretativa”, ipotizzano come “difficile” che “il giudice del merito possa sottrarsi al dovere, ma anche allo stimolo, della interpretazione del testo di legge destinata a risolvere la controversia che gli si prospetta”.

[28] Il Consiglio Superiore della Magistratura nella parere sul Disegno di legge governativo di riforma del processo civile, dato con Delibera 15 settembre 2021 (in www.csm.it), aveva ravvisato l’opportunità della fissazione di un termine per la decisione della questione allo scopo di chiarire che le pronunce sui rinvii interpretativi devono “avere trattazione assolutamente prioritaria”.

[29] La rapidità, a sua volta, dipenderà anche dalla soluzione organizzativa che la Corte si darà per la gestione dei rinvii. Al riguardo, nella Relazione n.96 del 6 ottobre 2022, dell’Ufficio del Massimario e del Ruolo, cit., sono stati, in merito, ipotizzati un modello organizzativo c.d. distribuito e un modello organizzativo c.d. accentrato. In base al primo modello, il rinvio pregiudiziale verrebbe trasmesso alla sezione tabellarmente competente per un esame preliminare di ammissibilità e di assegnazione alle sezioni unite o alla sezione semplice. L’esame preliminare si concluderebbe con una sorta di proposta destinata al primo presidente, cui la valutazione finale è, per legge, riservata. Questo modello è stato pensato per il caso di elevate sopravvenienze di rinvii pregiudiziali. In base al secondo modello, l’esame preliminare sarebbe invece compiuto dall’Ufficio per il procedimento preparatorio alla decisione dei ricorsi assegnati alle sezioni unite civili (UPSUC) ovvero, in alternativa, dall’Ufficio del Massimario e del Ruolo, restando poi ferma l’adozione del decreto da parte del primo presidente. Il secondo modello consente maggior rapidità e garantisce maggior uniformità rispetto al primo.