Informativa sul trattamento dei dati personali (ai sensi dell’art. 13 Regolamento UE 2016/679)
La vigente normativa in materia di trattamento dei dati personali definita in conformità alle previsioni contenute nel Regolamento UE 2016/679 del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (Regolamento generale sulla protezione dei dati, di seguito “Regolamento Privacy UE”) contiene disposizioni dirette a garantire che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche, con particolare riguardo al diritto alla protezione dei dati personali.
Finalità del Trattamento e base giuridica
Il trattamento dei dati personali è finalizzato a:
– fornire il servizio e/o prodotto richiesto dall’utente, per rispondere ad una richiesta dell’utente, e per assicurare e gestire la partecipazione a manifestazioni e/o promozioni a cui l’utente ha scelto di aderire (richiesta e acquisto abbonamento periodici; richiesta e acquisto libri; servizio di fatturazione; invio periodici in abbonamento postale, invio newsletter rivolte a studiosi e professionisti).
– inviare newsletter promozionale di pubblicazioni a chi ne ha fatto richiesta; ferma restando la possibilità per l’utente di opporsi all’invio di tali invii in qualsiasi momento.
– inviare all’utente informazioni promozionali riguardanti servizi e/o prodotti della Società di specifico interesse professionale ed a mandare inviti ad eventi della Società e/o di terzi; resta ferma la possibilità per l’utente di opporsi all’invio di tali comunicazioni in qualsiasi momento.
– gestire dati indispensabili per espletare l’attività della società: clienti, fornitori, dipendenti, autori. Pacini Editore srl tratta i dati personali dell’utente per adempiere a obblighi derivanti da legge, regolamenti e/o normativa comunitaria.
– gestire i siti web e le segreterie scientifiche per le pubblicazioni periodiche in ambito medico-giuridico rivolte a studiosi e professionisti;
Conservazione dei dati
Tutti i dati di cui al successivo punto 2 verranno conservati per il tempo necessario al fine di fornire servizi e comunque per il raggiungimento delle finalità per le quali i dati sono stati raccolti, e in ottemperanza a obblighi di legge. L’eventuale trattamento di dati sensibili da parte del Titolare si fonda sui presupposti di cui all’art. 9.2 lett. a) del GDPR.
Il consenso dell’utente potrà essere revocato in ogni momento senza pregiudicare la liceità dei trattamenti effettuati prima della revoca.
Tipologie di dati personali trattati
La Società può raccogliere i seguenti dati personali forniti volontariamente dall’utente:
nome e cognome dell’utente,
il suo indirizzo di domicilio o residenza,
il suo indirizzo email, il numero di telefono,
la sua data di nascita,
i dettagli dei servizi e/o prodotti acquistati.
La raccolta può avvenire quando l’utente acquista un nostro prodotto o servizio, quando l’utente contatta la Società per informazioni su servizi e/o prodotti, crea un account, partecipa ad un sondaggio/indagine. Qualora l’utente fornisse dati personali di terzi, l’utente dovrà fare quanto necessario perchè la comunicazione dei dati a Pacini Editore srl e il successivo trattamento per le finalità specificate nella presente Privacy Policy avvengano nel rispetto della normativa applicabile, (l’utente prima di dare i dati personali deve informare i terzi e deve ottenere il consenso al trattamento).
La Società può utilizzare i dati di navigazione, ovvero i dati raccolti automaticamente tramite i Siti della Società. Pacini editore srl può registrare l’indirizzo IP (indirizzo che identifica il dispositivo dell’utente su internet), che viene automaticamente riconosciuto dal nostro server, pe tali dati di navigazione sono utilizzati al solo fine di ottenere informazioni statistiche anonime sull’utilizzo del Sito .
La società utilizza i dati resi pubblici (ad esempio albi professionali) solo ed esclusivamente per informare e promuovere attività e prodotti/servizi strettamente inerenti ed attinenti alla professione degli utenti, garantendo sempre una forte affinità tra il messaggio e l’interesse dell’utente.
Trattamento dei dati
A fini di trasparenza e nel rispetto dei principi enucleati dall’art. 12 del GDPR, si ricorda che per “trattamento di dati personali” si intende qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute con o senza l’ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali o insiemi di dati personali, come la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la strutturazione, la conservazione, l’adattamento o la modifica, l’estrazione, la consultazione, l’uso, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l’interconnessione, la limitazione, la cancellazione o la distruzione. Il trattamento dei dati personali potrà effettuarsi con o senza l’ausilio di mezzi elettronici o comunque automatizzati e comprenderà, nel rispetto dei limiti e delle condizioni posti dal GDPR, anche la comunicazione nei confronti dei soggetti di cui al successivo punto 7.
Modalità del trattamento dei dati: I dati personali oggetto di trattamento sono:
trattati in modo lecito e secondo correttezza da soggetti autorizzati all’assolvimento di tali compiti, soggetti identificati e resi edotti dei vincoli imposti dal GDPR;
raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, e utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi;
esatti e, se necessario, aggiornati;
pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o successivamente trattati;
conservati in una forma che consenta l’identificazione dell’interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati;
trattati con il supporto di mezzi cartacei, informatici o telematici e con l’impiego di misure di sicurezza atte a garantire la riservatezza del soggetto interessato cui i dati si riferiscono e ad evitare l’indebito accesso a soggetti terzi o a personale non autorizzato.
Natura del conferimento
Il conferimento di alcuni dati personali è necessario. In caso di mancato conferimento dei dati personali richiesti o in caso di opposizione al trattamento dei dati personali conferiti, potrebbe non essere possibile dar corso alla richiesta e/o alla gestione del servizio richiesto e/o alla la gestione del relativo contratto.
Comunicazione dei dati
I dati personali raccolti sono trattati dal personale incaricato che abbia necessità di averne conoscenza nell’espletamento delle proprie attività. I dati non verranno diffusi.
Diritti dell’interessato.
Ai sensi degli articoli 15-20 del GDPR l’utente potrà esercitare specifici diritti, tra cui quello di ottenere l’accesso ai dati personali in forma intelligibile, la rettifica, l’aggiornamento o la cancellazione degli stessi. L’utente avrà inoltre diritto ad ottenere dalla Società la limitazione del trattamento, potrà inoltre opporsi per motivi legittimi al trattamento dei dati. Nel caso in cui ritenga che i trattamenti che Lo riguardano violino le norme del GDPR, ha diritto a proporre reclamo all’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali ai sensi dell’art. 77 del GDPR.
Titolare e Responsabile per la protezione dei dati personali (DPO)
Titolare del trattamento dei dati, ai sensi dell’art. 4.1.7 del GDPR è Pacini Editore Srl., con sede legale in 56121 Pisa, Via A Gherardesca n. 1.
Per esercitare i diritti ai sensi del GDPR di cui al punto 6 della presente informativa l’utente potrà contattare il Titolare e potrà effettuare ogni richiesta di informazione in merito all’individuazione dei Responsabili del trattamento, Incaricati del trattamento agenti per conto del Titolare al seguente indirizzo di posta elettronica: privacy@pacinieditore.it. L’elenco completo dei Responsabili e le categorie di incaricati del trattamento sono disponibili su richiesta.
Ai sensi dell’art. 13 Decreto Legislativo 196/03 (di seguito D.Lgs.), si informano gli utenti del nostro sito in materia di trattamento dei dati personali.
Quanto sotto non è valido per altri siti web eventualmente consultabili attraverso i link presenti sul nostro sito.
Il Titolare del trattamento
Il Titolare del trattamento dei dati personali, relativi a persone identificate o identificabili trattati a seguito della consultazione del nostro sito, è Pacini Editore Srl, che ha sede legale in via Gherardesca 1, 56121 Pisa.
Luogo e finalità di trattamento dei dati
I trattamenti connessi ai servizi web di questo sito hanno luogo prevalentemente presso la predetta sede della Società e sono curati solo da dipendenti e collaboratori di Pacini Editore Srl nominati incaricati del trattamento al fine di espletare i servizi richiesti (fornitura di volumi, riviste, abbonamenti, ebook, ecc.).
I dati personali forniti dagli utenti che inoltrano richieste di servizi sono utilizzati al solo fine di eseguire il servizio o la prestazione richiesta.
L’inserimento dei dati personali dell’utente all’interno di eventuali maling list, al fine di invio di messaggi promozionali occasionali o periodici, avviene soltanto dietro esplicita accettazione e autorizzazione dell’utente stesso.
Comunicazione dei dati
I dati forniti dagli utenti non saranno comunicati a soggetti terzi salvo che la comunicazione sia imposta da obblighi di legge o sia strettamente necessario per l’adempimento delle richieste e di eventuali obblighi contrattuali.
Gli incaricati del trattamento che si occupano della gestione delle richieste, potranno venire a conoscenza dei suoi dati personali esclusivamente per le finalità sopra menzionate.
Nessun dato raccolto sul sito è oggetto di diffusione.
Tipi di dati trattati
Dati forniti volontariamente dagli utenti
L’invio facoltativo, esplicito e volontario di posta elettronica agli indirizzi indicati su questo sito comporta la successiva acquisizione dell’indirizzo del mittente, necessario per rispondere alle richieste, nonché degli eventuali altri dati personali inseriti nella missiva.
Facoltatività del conferimento dei dati
Salvo quanto specificato per i dati di navigazione, l’utente è libero di fornire i dati personali per richiedere i servizi offerti dalla società. Il loro mancato conferimento può comportare l’impossibilità di ottenere il servizio richiesto.
Modalità di trattamento dei dati
I dati personali sono trattati con strumenti manuali e automatizzati, per il tempo necessario a conseguire lo scopo per il quale sono stati raccolti e, comunque per il periodo imposto da eventuali obblighi contrattuali o di legge.
I dati personali oggetto di trattamento saranno custoditi in modo da ridurre al minimo, mediante l’adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di distruzione o perdita, anche accidentale, dei dati stessi, di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta.
Diritti degli interessati
Ai soggetti cui si riferiscono i dati spettano i diritti previsti dall’art. 7 del D.Lgs. 196/2003 che riportiamo di seguito:
1. L’interessato ha diritto di ottenere la conferma dell’esistenza o meno di dati personali che lo riguardano, anche se non ancora registrati, e la loro comunicazione in forma intelligibile.
2. L’interessato ha diritto di ottenere informazioni:
a) sull’origine dei dati personali;
b) sulle finalità e modalità del trattamento;
c) sulla logica applicata in caso di trattamento effettuato con l’ausilio di strumenti elettronici;
d) sugli estremi identificativi del titolare, dei responsabili e del rappresentante designato ai sensi dell’articolo 5, comma 2;
e) sui soggetti o delle categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di rappresentante designato nel territorio dello Stato, di responsabili o incaricati.
3. L’interessato ha diritto di ottenere:
a) l’aggiornamento, la rettificazione ovvero, quando vi ha interesse, l’integrazione dei dati;
b) la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge, compresi quelli di cui non è necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente trattati;
c) l’attestazione che le operazioni di cui alle lettere a) e b) sono state portate a conoscenza, anche per quanto riguarda il loro contenuto, di coloro ai quali i dati sono stati comunicati o diffusi, eccettuato il caso in cui tale adempimento si rivela impossibile o comporta un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato rispetto al diritto tutelato.
4. L’interessato ha diritto di opporsi, in tutto o in parte:
a) per motivi legittimi al trattamento dei dati personali che lo riguardano, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta;
b) al trattamento di dati personali che lo riguardano a fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale.
Dati degli abbonati
I dati relativi agli abbonati sono trattati nel rispetto delle disposizioni contenute nel D.Lgs. del 30 giugno 2003 n. 196 e adeguamenti al Regolamento UE GDPR 2016 (General Data Protection Regulation) a mezzo di elaboratori elettronici ad opera di soggetti appositamente incaricati. I dati sono utilizzati dall’editore per la spedizione della presente pubblicazione. Ai sensi dell’articolo 7 del D.Lgs. 196/2003, in qualsiasi momento è possibile consultare, modificare o cancellare i dati o opporsi al loro utilizzo scrivendo al Titolare del Trattamento: Pacini Editore Srl – Via A. Gherardesca 1 – 56121 Pisa. Per ulteriori approfondimenti fare riferimento al sito web http://www.pacinieditore.it/privacy/
Subscriber data
Subscriber data are treated according to Italian law in DLgs, 30 June 2003, n. 196 as updated with the UE General Data Protection Regulation 2016 – by means of computers operated by specifically responsible personnel. These data are used by the Publisher to mail this publication. In accordance with Art. 7 of the above mentioned DLgs, 30 June 2003, n. 196, subscribers can, at any time, view, change or delete their personal data or withdraw their use by writing to Pacini Editore S.r.L. – Via A. Gherardesca 1, 56121 Ospedaletto (Pisa), Italy. For further information refer to the website: http://www.pacinieditore.it/privacy/
Cookie
Che cos’è un cookie e a cosa serve?
Un cookie e una piccola stringa di testo che un sito invia al browser e salva sul tuo computer quando visiti dei siti internet. I cookie sono utilizzati per far funzionare i siti web in maniera più efficiente, per migliorarne le prestazioni, ma anche per fornire informazioni ai proprietari del sito.
Che tipo di cookie utilizza il nostro sito e a quale scopo? Il nostro sito utilizza diversi tipi di cookie ognuno dei quali ha una funzione specifica, come indicato di seguito:
TIPI DI COOKIE
Cookie di navigazione
Questi cookie permettono al sito di funzionare correttamente sono usati per raccogliere informazioni su come i visitatori usano il sito. Questa informazione viene usata per compilare report e aiutarci a migliorare il sito. I cookie raccolgono informazioni in maniera anonima, incluso il numero di visitatori del sito, da dove i visitatori sono arrivati e le pagine che hanno visitato.
Cookie Analitici
Questi cookie sono utilizzati ad esempio da Google Analytics per elaborare analisi statistiche sulle modalità di navigazione degli utenti sul sito attraverso i computer o le applicazioni mobile, sul numero di pagine visitate o il numero di click effettuati su una pagina durante la navigazione di un sito.
Questi cookie sono utilizzati da società terze. L’uso di questi cookie normalmente non implica il trattamento di dati personali. I cookie di terze parti derivano da annunci di altri siti, ad esempio messaggi pubblicitari, presenti nel sito Web visualizzato. Possono essere utilizzati per registrare l’utilizzo del sito Web a scopo di marketing.
Come posso disabilitare i cookie?
La maggior parte dei browser (Internet Explorer, Firefox, etc.) sono configurati per accettare i cookie. Tuttavia, la maggior parte dei browser permette di controllare e anche disabilitare i cookie attraverso le impostazioni del browser. Ti ricordiamo però che disabilitare i cookie di navigazione o quelli funzionali può causare il malfunzionamento del sito e/o limitare il servizio offerto.
Per avere maggiori informazioni
l titolare del trattamento è Pacini Editore Srl con sede in via della Gherardesca n 1 – Pisa.
Potete scrivere al responsabile del trattamento Responsabile Privacy, al seguente indirizzo email rlenzini@pacinieditore.it per avere maggiori informazioni e per esercitare i seguenti diritti stabiliti dall’art. 7, D. lgs 196/2003: (i) diritto di ottenere la conferma dell’esistenza o meno di dati personali riguardanti l’interessato e la loro comunicazione, l’aggiornamento, la rettificazione e l’integrazione dei dati, la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge; (ii) diritto di ottenere gli estremi identificativi del titolare nonché l’elenco aggiornato dei responsabili e di tutti i soggetti cui i suoi dati sono comunicati; (iii) diritto di opporsi, in tutto o in parte, per motivi legittimi, al trattamento dei dati relativi all’interessato, a fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazioni commerciali.
Per modificare le impostazioni, segui il procedimento indicato dai vari browser che trovi alle voci “Opzioni” o “Preferenze”.
Per saperne di più riguardo ai cookie leggi la normativa.
La mediazione obbligatoria: conciliazione o giurisdizione surrogata? brevi riflessioni critiche.
Di Girolamo Monteleone -
Sommario: 1) Introduzione. 2) “Il futuro ha un cuore antico”. 3) Il codice di procedura civile del 1940/42. 4) Reali caratteristiche della mediazione preventiva ed affini. 4) Metodi inaccettabili per ottenere risultati scadenti. 6) Ragioni ispiratrici della mediazione e/o negoziazione preventive.
1) Introduzione.
Ormai da qualche anno sono stati introdotti nel nostro ordinamento, anche su direttive provenienti dalla comunità europea, degli strumenti giuridici aventi lo scopo di indurre, o piuttosto costringere, i soggetti protagonisti di una disputa giuridica, preludio di una futura controversia giudiziaria, a tentare una conciliazione prima di agire in giudizio. Si cerca attraverso questo espediente di diminuire il carico giudiziario in modo da accelerare lo svolgimento del processo civile e cominciare a smaltire il notevole arretrato accumulatosi ormai da decenni in ogni grado di giudizio. Naturalmente, gli istituti di conciliazione preventiva, che hanno oggi assunto per legge la forma della mediazione[1] e/o della negoziazione assistita[2], hanno attratto l’attenzione degli studiosi e dei pratici, suscitando ampi dibattiti e diffusi commenti fino a giungere ad una sorta di teorizzazione in termini generali ed astratti dei c.d. A.D.R.[3], che si rispecchia nella costruzione concettuale della “giustizia conciliativa”. Espressione, questa, quanto mai significativa perché postula uno sdoppiamento del concetto di “giustizia” civile e quindi della tutela giurisdizionale dei diritti: non esisterebbe solo quella fornita in base alla Costituzione dalla magistratura appositamente costituita nell’ordine giudiziario, ma ad essa si affiancherebbe in via sostitutiva anche quella equivalente fornita da privati cittadini, quali mediatori, avvocati, conciliatori e/o arbitri.
2) “Il futuro ha un cuore antico”.
Così uno storico del diritto intitolava il suo commento al codice di procedura civile francese del 1806[4]. Infatti, l’idea di conciliare le parti prima che esse si rivolgano ad un magistrato per ottenere giustizia non è affatto quella dirompente novità oggi esaltata dagli anglofili cultori delle c.d. A.D.R., ma è vecchia di qualche secolo.
In epoca moderna ritroviamo il tentativo obbligatorio di conciliazione preventiva già nell’art. 48 del c.p.c. francese del 1806, il cui primo comma della versione destinata al napoleonico Regno di Italia recita testualmente: “prima di promuoversi una domanda principale con cui si introduce un’istanza davanti ai tribunali civili tra persone capaci di transigere, e sopra oggetti che possono essere materia di transazione, l’attore deve far citare il reo alla conciliazione davanti il giudice di pace, quando ambo le parti non si fossero presentate volontariamente; senza di che l’istanza non è ammessa”[5].
Ovviamente, ben diverso dall’attuale era il terreno politico-culturale da cui scaturì la riportata disposizione del codice francese: in quel frangente storico essa era figlia dell’utopia illuministico-rivoluzionaria della legge onnicomprensiva ed autosufficiente, che non bisognava di alcuna mediazione interpretativa, che permetteva ai cittadini di regolare da sè le proprie vertenze senza necessità di rivolgersi ad un giudice ed agli avvocati, ec. ec. E’ la stessa matrice ideologica da cui nacque il tribunale (prima) e la corte (poi) di cassazione in Francia, istituita allo scopo di controllare l’operato dei giudici, impedire loro di sostituirsi di fatto al legislatore con la scusa dell’interpretazione, e distruggere le sentenze contrarie alla legge.
L’anzidetto tentativo preliminare ed obbligatorio di conciliazione non ebbe, però, lo sperato successo in Francia e si trasformò rapidamente in una vuota formalità, da superare obtorto collo e senza alcuna prospettiva di successo solo per aprire la strada alla vera e propria giustizia[6].
Passavano pochi anni, e nel 1819 veniva emanato su impulso di Ferdinando I nel neonato Regno unitario delle due Sicilie (comprendente i territori al di qua e al di là del faro: prima vi erano due regni distinti ed il menzionato Ferdinando era III° di Sicilia e IV° di Napoli), il nuovo “codice per lo Regno delle due Sicilie”, che comprendeva il codice civile e di procedura civile ed il codice penale e di procedura penale[7]. Il re di Napoli, rimesso sul trono nel 1815 grazie alle decisioni del Congresso di Vienna dopo l’occupazione decennale francese della parte peninsulare del suo Regno, a differenza di tutti gli altri sovrani “restaurati” ebbe l’accortezza e l’acume politico di resistere alla ben comprensibile tentazione di abrogare di netto la legislazione sostanziale e processuale napoleonica, che vi era stata introdotta. Ordinò, invece, nel 1815 la compilazione di un corpo completo del “diritto patrio”, che finì con recepire molte delle utili innovazioni contenute nelle leggi francesi. Fu così emanato con editto del 21 maggio 1819, pubblicato il 29 maggio successivo, il nuovo codice “delle leggi della procedura nei giudizi civili”, e contemporaneamente abrogata la vetusta e caotica legislazione precedente.
Il nuovo codice di procedura si apriva proprio con l’istituzione dei giudici conciliatori e con l’istituto della conciliazione preventiva delle liti. Fù, però, molto opportunamente evitato l’errore di matrice ideologica del codice francese, in quanto il preliminare tentativo di conciliazione non fu imposto a pena di improcedibilità della domanda, ma rimesso alla libera scelta delle parti ed agevolato con opportune disposizioni incentivanti. Ed infatti la conciliazione ebbe nel Regno delle due Sicilie, a differenza che in Francia, un notevole successo tanto da assorbire e prevenire buona parte del contenzioso civile.
Con il R.D. 25 giugno 1865 n. 2366 veniva emanato anche nel Regno d’Italia, da poco costituito, un nuovo ed unitario codice di procedura civile, in vigore dal 1 gennaio 1866, destinato a sostituire la variegata legislazione processuale esistente negli Stati preunitari[8]. Questo codice, facendo tesoro della positiva esperienza avutasi nel Regno delle due Sicilie, si apriva anch’esso con la conciliazione preventiva delle liti innanzi al giudice conciliatore, costituito in ogni Comune del Regno. Anch’esso non imponeva il tentativo di conciliazione a pena di improcedibilità, ma si affidava alla libera scelta delle parti[9]. Ed anche questo istituto ebbe un notevole successo pratico, tanto che le statistiche giudiziarie mostrano che esso riusciva ad assorbire ed a prevenire una notevole percentuale del contenzioso civile[10].
Pertanto, alla vigilia dell’emanazione del nuovo codice di procedura civile del 1940/42 nella cultura giuridica italiana, nella prassi forense e nel nostro ordinamento processuale erano ben presenti e radicate da oltre un secolo, specie nelle province meridionali, l’idea della conciliazione preventiva delle controversie insorte tra i cittadini e la figura di un magistrato onorario, capillarmente presente in tutto il territorio dello Stato, al quale veniva attribuita istituzionalmente tale funzione.
3) Il codice di procedura civile del 1940/42.
La situazione cambia, però, radicalmente con il R.D. 26 ottobre 1940 n. 1443 recante approvazione di un nuovo codice di procedura civile, la cui entrata in vigore fu stabilita per il 21 aprile 1942. Si tratta di un complesso normativo che aveva consapevolmente capovolto il sistema del precedente codice del 1865 e si era basato sul principio di autorità, affermandosi esplicitamente negli scritti di accompagnamento (discorso del Ministro guardasigilli al Senato e relazione ufficiale illustrativa del codice) che “l’aumentato potere del giudice è il solo mezzo efficace per liberare il processo dal suo male peggiore, e cioè l’esasperante lentezza che ha intaccato nella coscienza del popolo la fiducia nelle forme della nostra giustizia civile”[11].
Esso non si apriva più con la conciliazione ed il giudice conciliatore, che venivano emarginati e sostanzialmente sterilizzati. Ed infatti si assiste nelle statistiche giudiziarie ad una caduta verticale delle controversie civili portati all’esame del conciliatore. Le cose, però, non sono andate nel senso previsto dal legislatore del 1940. Infatti la pratica eliminazione della conciliazione e del conciliatore e massimamente l’aumentato potere del giudice non solo non hanno eliminato, e neppure ridotto, l’esasperante lentezza del processo civile, ma si sono ben presto rivelati come i principali fattori, o cause, di essa.
Non sembra opportuno ripetere ancora una volta la cronistoria della miriade di riforme, generali parziali e settoriali, apportate al nuovo codice a dimostrazione, ove ce ne fosse bisogno, dell’insufficienza e della debolezza della sua impostazione originaria ed attuale: l’ultima di tali riforme palingenetiche è stata attuata con il recente D. Leg.vo 149/2022. Fatto sta che con L. 21-11-1991 n. 374 il conciliatore, che era già stato messo da parte, è stato definitivamente soppresso. Al suo posto è stato creato il “giudice di pace”, un magistrato onorario che a mala pena riesce a smaltire un limitato contenzioso di modesto rilievo.
Nel 2010 il legislatore, posto di fronte alla perdurante e mai attenuata crisi di efficienza della giustizia civile, perennemente tardiva e deludente, ha rispolverato l’idea della conciliazione preventiva. Con il D. Leg,vo 4-3-2010 n.28, in attuazione della delega legislativa contenuta nell’art. 60 della L. 18-6-2009 n. 69, ha introdotto la “mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali”. Con il successivo D.L. 12-9-2014, convertito in L. 10-11-2014 n. 162, ha rincarato la dose introducendo la c.d. negoziazione assistita. Entrambi gli istituti di presunta conciliazione preventiva sono imposti a pena di improcedibilità dell’azione giudiziaria. Anche queste leggi sono state sottoposte nel giro di pochi anni a varie riforme e cambiamenti a testimonianza dei loro vizi di origine.
4) Reali caratteristiche della mediazione preventiva ed affini.
L’esame delle norme regolatrici della mediazione e della negoziazione assistita suscita, però, notevoli dubbi sulla loro reale funzione, che sembra essere molto diversa dal genuino e lodevole ambito della conciliazione preventiva tendente a preservare la pace sociale, ad evitare liti costose che suscitano odio ed eccitano gli animi, e quindi (come ulteriore conseguenza e non come scopo principale) a diminuire il carico giudiziario per consapevole volontà degli interessati che dispongono in tal modo dei loro diritti, e non per un ostacolo artificioso frapposto dal legislatore.
Un eloquente indizio nel senso anzidetto si rinviene proprio nell’intitolazione del D.L. 132/2014, istitutivo della negoziazione assistita, che recita: “misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile”. Qui traspare chiaramente l’intento legislativo di eliminare o restringere la funzione della giurisdizione civile, e quindi il paradossale fine di abbattere l’arretrato giudiziario, del quale i cittadini non hanno alcuna responsabilità, impedendo loro di agire in giudizio nonostante l’art. 24 Cost. E’ come se si volesse eliminare la malattia uccidendo il paziente, anziché curarlo nei modi più appropriati affidandolo a medici esperti e ad ospedali ben attrezzati.
Le norme regolatrici della mediazione preventiva, imposta a pena di temporanea improcedibilità della domanda giudiziale, ci mostrano all’evidenza una parodia, se non una caricatura, della giurisdizione e del processo civili. La competenza dell’organismo, il mediatore terzo e imparziale (in realtà un illustre sconosciuto scelto da un c.d. organismo, per lo più creato da associazioni private a fini speculativi), le acquisizioni istruttorie ed infine anche una proposta di risoluzione della controversia, qualora le parti non si siano accordate. Cosa abbia a vedere tutto questo con la vera ed auspicabile conciliazione, come prodotto dell’autonomia negoziale dei soggetti in litigio, non è facile comprendere.
Vi sono quindi elementi più che sufficienti per ritenere che gli istituti in questione siano in realtà volti a realizzare una forma occulta o surrettizia di giurisdizione, una giurisdizione surrogata, che sostituisca quella elargita per dettato costituzionale e per sua intrinseca funzione dallo Stato attraverso l’ordine giudiziario.
5) Metodi inaccettabili per ottenere risultati scadenti
Il metodo seguito dal nostro legislatore per imporre la mediazione preventiva (ed anche la negoziazione assistita) non si può condividere perché appare scorretto sia giuridicamente che moralmente. Non è ammissibile che la legge, massima espressione del diritto e della civiltà di un popolo, introduca ai danni del cittadino bisognoso di tutela giuridica delle trappole ed un pesante sistema coercitivo, che ha i caratteri di una inutile e costosa vessazione, per allontanarlo dalla giustizia dispensata dallo Stato.
Non è solo l’ostacolo artificioso dell’improcedibilità della domanda, comunque limitata nel tempo, che depone in questo senso, ma ancor più tutto il suo contorno sanzionatorio. Ad esempio, l’art. 5 bis del D. Leg.vo 28/2010, recentemente introdotto con il D. Leg.vo 149/2022, costringe il creditore, che abbia già ottenuto un decreto ingiuntivo contro il debitore inadempiente ed abbia avuto concessa l’efficacia esecutiva, a richiedere la mediazione a fronte dell’opposizione da costui proposta; se non lo fa, il giudice “dichiara l’improcedibilità della domanda giudiziale proposta con il ricorso per decreto ingiuntivo, revoca il decreto opposto e provvede sulle spese”. Egli, quindi, rischia di perdere tutto quanto già ottenuto per il soddisfacimento del suo diritto sull’altare di una c.d. mediazione, che nel caso di specie è assolutamente inutile, essendo già sufficientemente delineato l’esito della controversia.
In base all’art. 12 bis, la parte, che non abbia partecipato personalmente al primo incontro di mediazione, subisce una serie di pesanti e dannose conseguenze giuridiche, probatorie ed economiche. Essa, cioè, viene punita sol perché preferisce affidarsi ai giudici dello Stato, come suo preciso diritto in base all’art. 24 Cost., anziché ad un soggetto sconosciuto designato in molti casi da un organismo altrettanto sconosciuto. Lo stesso prevede l’art. 13 quando la parte rifiuti la proposta di risoluzione avanzata di ufficio dal mediatore.
Nonostante tale deplorevole sistema coercitivo, non sembra proprio che la mediazione (come anche la negoziazione assistita) abbia prodotto buoni risultati sul piano della diminuzione del carico giudiziario. Dalle statistiche ministeriali, che sono confuse e manipolate[12], risulta che la percentuale di controversie conciliate si aggiri intorno al 10/15% delle domande di mediazione che le parti sono costrette a depositare nei casi in cui è imposta a pena di improcedibilità con il corredo delle menzionate sanzioni. Dunque, ancora una volta si rivelano profetiche le parole della Relazione Pisanelli al c.p.c. del 1865, secondo cui quando la conciliazione si vuole imporre per legge essa rapidamente scade in un vuoto ed inutile formalismo.
6) Ragioni ispiratrici della mediazione e/o negoziazione preventive
Da quanto precede e dal sistema della legge si capisce perfettamente che il legislatore non ha in realtà perseguito lo scopo di mettere a disposizione dei soggetti, titolari di diritti disponibili, una consapevole e conveniente alternativa al processo di cognizione che sia veramente espressione di autonomia negoziale, cioè della libera facoltà di disporre dei propri diritti.
Questo tipo di legislazione, che cerca di allontanare forzatamente il cittadino dalla giustizia statale senza per altro ottenere buoni risultati, ha una ben precisa matrice ideologica di c.d. politica del diritto, che si può svelare e spiegare facilmente. E’ da tempo chiarissimo che il cattivo andamento della giurisdizione civile in termini di durata dei processi, di efficienza e di vertiginoso arretrato non dipende solo dalla legislazione processuale (la cui impostazione di fondo è rimasta, comunque, immutata nonostante la miriade di cambiamenti di superficie), ma dipende essenzialmente dal numero del tutto insufficiente di giudici (e di personale ausiliario) e dalla loro inappropriata gestione, affidata – come è noto – al Consiglio superiore della magistratura. Pertanto il migliore e più immediato rimedio per eliminare i cennati difetti è quello di assumere un numero di magistrati adeguato rispetto al carico dei procedimenti. Se a partire dal 1990, anziché perdere tempo nell’emanazione di periodiche ed inutili riforme processuali, si fosse programmato ed attuato anche con gradualità un opportuno ampliamento dei ruoli della magistratura, la c.d. crisi sarebbe stata da tempo risolta.
Il punto è, però, che per volontà politica si è impedito, e si continua ad impedire con mille espedienti, che venga adeguatamente accresciuto il numero dei giudici reclutati per concorso, e quindi per merito e capacità, come vuole la Costituzione. In ossequio a tale intendimento si è cercato di costruire una giurisdizione surrogata o parallela, una pallida imitazione del processo civile, in evidente contrasto con la fondamentale garanzia costituzionale prevista dall’art. 24 Cost., il cui primo comma assicura che: “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi”.
Al danno si è aggiunta anche la beffa, perché come dimostrato dalle statistiche ministeriali né la mediazione né la negoziazione hanno raggiunto l’obbiettivo di ridurre in modo significativo il carico giudiziario. L’interessato, malgrado la minaccia delle sanzioni e dell’improcedibilità, continua a preferire la giustizia vera a quella falsa o surrogata.
Nella descritta situazione quali i possibili rimedi?
Sarebbe molto semplice e proficuo rifarsi alla nostra secolare esperienza giuridica per reintrodurre un valido e conveniente sistema di autentica conciliazione preventiva. Ciò si otterrebbe facilmente, ripristinando in ogni Comune dello Stato gli uffici di conciliazione da affidare a magistrati onorari; stabilendo che i verbali di conciliazione in materia di diritti disponibili siano soggetti solo ad imposta di registro a tassa fissa e costituiscano titolo esecutivo stragiudiziale.
Qualora non si voglia ritornare puramente e semplicemente all’antico, anche per non passare come laudatores temporis acti, sarebbe anzitutto opportuno unificare in unico contesto normativo la mediazione e la negoziazione assistita. E’ fondamentale, inoltre, eliminare la previsione dell’improcedibilità della domanda giudiziale con tutto il corredo di inutili e vessatorie sanzioni, che creano soltanto problemi, mantenendo ben ferme adeguate agevolazioni fiscali, che spingano i cittadini a preferire una vera conciliazione ad una vera giurisdizione.
[1] V. il D. Leg.vo 4-3-2010 n. 28, che in breve volgere di tempo ha già subito una dichiarazione di illegittimità costituzionale con sentenza 272/2012 per eccesso di delega, e numerose modifiche normative da ultimo introdotte con il D. Leg.vo 149/2022 sulla ennesima riforma del processo civile. Su questa legge si rinvia all’ampio commento di SANTAGADA, La mediazione, Torino 2012. Cfr., pure, TROCKER-DE LUCA (a cura di), La mediazione civile alla luce della direttiva 2008/52/CE, Firenze 2011; in precedenza SANTAGADA, La conciliazione delle controversie civili, Bari 2008; PICARDI, Conciliatore, in Enciclopedia giuridica Treccani, Roma 1988.
[2] V. D.L. 12-9-2014 n. 132, convertito in L 10-11-2014 n. 162. Anche queste norme hanno subito ulteriori modifiche.
[3]Alternative Dispute Resolution. Con acronimo anglofono vengono oggi indicati istituti noti da molto tempo.
[4] Cfr. U. PETRONIO, Il futuro ha un cuore antico: considerazioni sul codice di procedura civile del 1806, in testi e documenti per la storia del processo, collana a cura di N. Picardi e A. Giuliani, I codici napoleonici, Codice di procedura civile del 1806, Milano 2000.
[6] Così., PISANELLI, Relazione al libro I del codice di procedura civile del 1865, in Raccolta dei lavori preparatori del codice civile del Regno d’Italia, Vol. VII, procedura civile, Palermo 1868, pg. 2: “Quando lo sperimento della conciliazione si volle rendere obbligatorio, come preliminare necessario del giudizio, non corrispose all’aspettativa e degenerò in una vana formalità”.
[7] Cfr. CIPRIANI, Introduzione alle leggi di procedura nei giudizi civili del Regno delle due Sicilie, nella citata collana di testi e documenti per la storia del processo, Milano 2004.
[8] Sul codice del 1865 v. G. MONTELEONE, Introduzione al codice di procedura civile del Regno d’Italia, nella medesima collana di Testi e documenti per la storia del processo, Milano 2004.
[9] Per una minuziosa informazione sul funzionamento della conciliazione nel c.p.c. del 1865, cfr., per tutti, MORTARA , Commentario del codice e delle leggi di procedura civile, III, Milano s.d., pg. 1 e ss.
[10] Sul punto si rinvia a CECCHI, Analisi statistica dei procedimenti civili di cognizione in Italia, Bari 1975, da cui risulta ad esempio, pg. 14, che nel decennio 1931-1940 su un complesso di 1.213.800 procedimenti sopravvenuti in media annualmente innanzi ai vari organi giudiziari, ben 823.200 pendevano ed erano esauriti negli uffici di conciliazione.
[11] Così il discorso di presentazione del nuovo codice al Senato da parte del Guardasigilli Dino Grandi, in Codice di procedura civile. Relazione-Indici, Roma, Libreria dello Stato, 1940, pg. XXXII-XXXIII.
[12] Nelle statistiche approntate dal Ministero della Giustizia, reperibili facilmente si internet, manca il dato più importante, e cioè il numero dei casi conciliati rispetto a quello delle domande, che devono depositarsi obbligatoriamente a pena di improcedibilità. Tale numero lo si può ricostruire solo con grande difficoltà. E’, invece, un dato facilmente ritraibile che nei casi di conciliazione volontaria, non imposta dalla legge, la percentuale di successo è massima.