La modificazione della domanda del creditore opposto nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

Di Alessandro Renda -

1.Con l’ordinanza interlocutoria n. 20476 del 17 luglio 2023 la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ha disposto la rimessione degli atti al Primo Presidente, ai sensi dell’art. 374 c.p.c., sulla questione di massima di particolare importanza avente ad oggetto la possibilità, per il convenuto opposto nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, di proporre una domanda nuova, diversa da quella avanzata in fase monitoria, anche nel caso in cui l’opponente non abbia proposto una domanda o un’eccezione riconvenzionale e si sia limitato a sollevare eccezioni chiedendo la revoca del decreto opposto e, più in particolare, se ed entro quali limiti possa considerarsi ammissibile la modificazione della domanda di adempimento contrattuale avanzata con il ricorso per decreto ingiuntivo, attraverso la proposizione di una domanda d’indennizzo per l’ingiustificato arricchimento o di una domanda di risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale. La questione prende le mosse da un giudizio di opposizione nel corso del quale il convenuto opposto aveva scelto di non insistere più per l’accoglimento della domanda di adempimento del contratto già proposta nel giudizio monitorio e ragione dell’ingiunzione di pagamento, ed aveva invece modificato la domanda chiedendo un indennizzo per l’ingiustificato arricchimento maturato dalla controparte, nonché un risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale, nonostante l’opponente si fosse limitato a sollevare eccezioni strettamente funzionali alla revoca del decreto ingiuntivo.

La rimessione è avvenuta sul presupposto dell’importanza della questione che, per la sua idoneità a porsi in un numero rilevante di casi, dovrebbe dar luogo ad un principio di diritto atto a definire il perimetro di ammissibilità – in assenza di domande o eccezioni riconvenzionali dell’opponente – di una modificazione della domanda del convenuto opposto. Nel caso di specie, la Corte d’Appello, aveva ritenuto inammissibili le domande avanzate dall’opposto – che fondavano la pretesa su una responsabilità precontrattuale e su un ingiustificato arricchimento – considerandole non conseguenti ad alcuna domanda riconvenzionale proposta dall’opponente, ed aveva confermato il rigetto della domanda originaria da parte del primo giudice.

Il pronunciando principio di diritto deve evidentemente fare i conti con la posizione di un opponente che, pur non avendo in alcun modo ampliato il perimento della materia del contendere, si trova a fronteggiare una diversa pretesa del convenuto opposto e a dover così ristrutturare la propria opposizione. Occorre pertanto comprendere se la modificazione della domanda dell’opposto (attore in senso sostanziale) rientri nei limiti che il codice pone alla modificabilità della domanda. In proposito l’ordinanza interlocutoria rammenta due diversi orientamenti, che alternativamente ammettono ovvero negano la possibilità per il convenuto opposto di modificare nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo la domanda già avanzata nel monitorio, orientamenti idonei ad ingenerare un contrasto su di una questione astrattamente meritevole dello scrutinio delle Sezioni Unite.

2.La sentenza impugnata in Cassazione ha richiamato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui, nell’ordinario giudizio di cognizione che si instaura a seguito della opposizione a decreto ingiuntivo, l’opposto, rivestendo la posizione sostanziale di attore, non può avanzare domande diverse da quelle fatte valere con il ricorso monitorio. Unica eccezione al suddetto principio sarebbe costituita dall’ipotesi in cui, per effetto di una domanda riconvenzionale formulata dall’opponente, il convenuto opposto si venga a trovare a sua volta in una posizione processuale di convenuto (anche in senso sostanziale), che a quel punto non potrebbe vedersi negato il diritto di difesa rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte, mediante la proposizione di una reconventio reconventionis([1]). Tale principio trovava giustificazione, per quanto riguarda in particolare la domanda d’indennizzo per l’ingiustificato arricchimento, nella diversità strutturale e tipologica delle stesse rispetto a quella di adempimento contrattuale in quanto tali azioni, attinenti entrambe a diritti eterodeterminati, si differenziano sia per il petitum, costituito nel primo caso dal pagamento del corrispettivo pattuito e nel secondo dal riconoscimento di un indennizzo pari alla diminuzione patrimoniale subita dall’impoverito, sia per la causa petendi, identificata rispettivamente nel fatto costitutivo dell’obbligazione e nell’ingiustificata locupletazione di una delle parti a detrimento dell’altra([2]).

Si hanno peraltro pronunce della Suprema Corte che hanno ritenuto che il dato della novità di petitum e di causa petendi, conferisca una portata ampia al suddetto principio, che non sarebbe da circoscriversi alle azioni di cui agli artt. 1337 e 2041 c.c., ma sarebbe riferibile a qualsiasi domanda diversa da quella avanzata con il ricorso per decreto ingiuntivo. Questa linea è così giunta ad escludere la proponibilità di ogni domanda non coincidente con quella originaria a fronte di una condotta difensiva del convenuto articolatasi nella mera proposizione di eccezioni([3]). Nella sostanza, l’orientamento descritto riposa sul presupposto che il convenuto opposto in realtà sia l’attore in senso sostanziale, ed in quanto tale ha già formulato nel ricorso monitorio le proprie domande, domande che hanno già dettato la linea dell’atto di opposizione; la modificazione della domanda del convenuto opposto eccederebbe quindi i limiti previsti dal codice di procedura, che ammette sì la modificazione della domanda originaria, ma non anche la possibilità di sostituire quella stessa domanda con una domanda nuova in assenza di domande o eccezioni riconvenzionali avversarie.

Si tratta di limiti che sottintendono, da un lato, il principio di autoresponsabilità, afferente alla scelta della via di tutela del diritto asseritamente leso, e costituiscono, dall’altro, il presidio del diritto di difesa del convenuto (attore opponente, convenuto sostanziale) che non può certo trovarsi costretto a rinnovare le proprie difese ad arbitrio dell’attore in monitorio.

3.Tale orientamento, per anni predominante, ha tuttavia incontrato di recente pronunce non incompatibili con un orientamento foriero di più ampi margini di movimento per l’opposto.

Un’apertura in questa direzione può certamente vedersi nella nota pronuncia delle Sezioni Unite che ha riconosciuto la possibilità di modificare, nelle memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c., la domanda originariamente proposta (Cass. Sez. Un., 15/06/2015, n. 12310).([4]) La sentenza giunge ad affermare che la modificazione della domanda è consentita dall’art. 183 c.p.c. purché la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio, e purché non si determini compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero allungamento dei tempi processuali([5]). L’ampia messe di argomenti spesi dalle richiamate Sezioni Unite, ha consentito poi alla Corte Suprema di estendere la facoltà di modificazione al caso della domanda d’indennizzo per l’ingiustificato arricchimento sostitutiva di un’originaria domanda di adempimento contrattuale; tanto sulla scorta del rilievo che le due domande si riferiscono alla medesima vicenda sostanziale, attengono al medesimo bene della vita – tendenzialmente inquadrabile in una pretesa di contenuto patrimoniale – e sono legate da un rapporto di connessione per incompatibilità non solo logica, ma addirittura normativamente prevista, stante il carattere sussidiario dell’azione di arricchimento([6]).

La Cassazione è così giunta ad ammettere non solo che la modificazione della domanda ex art. 183 c.p.c. possa riguardare entrambi gli elementi identificativi della domanda, ma anche che la modificazione possa parimenti avvenire nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo: il convenuto opposto potrebbe proporre con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata una domanda nuova, diversa da quella posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo, anche nel caso in cui l’opponente non abbia proposto una domanda o un’eccezione riconvenzionale e si sia limitato a proporre eccezioni chiedendo la revoca del decreto opposto, allorché tale domanda si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, attenga allo stesso sostanziale bene della vita e sia connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta, ciò rispondendo a finalità di economia processuale e di ragionevole durata del processo, e dovendosi riconoscere all’opposto, quale attore in senso sostanziale, la possibilità di avvalersi delle stesse facoltà di modifica della domanda riconosciute, nel giudizio ordinario, all’attore formale e sostanziale dall’art. 183 c.p.c.([7]).

La chiave della soluzione estensiva andrebbe dunque identificata nella “medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio” e nello “stesso sostanziale bene della vita”: una contestuale mutazione contestuale della causa petendi e del petitum sarebbe dunque possibile allorquando il convenuto opposto, pur spiegando domande nuove nel giudizio di opposizione (inevitabilmente strutturate su di elementi di fatto e di diritto almeno parzialmente nuovi), riferisca le medesime alla fattispecie sostanziale originariamente dedotta nella fase monitoria e perduri nella ricerca del medesimo bene della vita.

4.Le Sezioni Unite sono quindi chiamate a tracciare il confine del diritto del convenuto opposto a modificare la propria domanda nel giudizio di opposizione, in assenza di ogni domanda o eccezione riconvenzionale avanzata dall’opponente.

Va peraltro rimarcato che, se è vero, da un lato, che l’art. 183 c.p.c. (nella precedente formulazione) non prevedeva espressamente alcun divieto di domande nuove, dall’altro non può trascurarsi che il dettato normativo disponeva che nel corso della prima udienza, l’attore potesse “proporre” le domande che fossero conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto e “precisare” e “modificare” le domande già formulate. La scelta del lessico da parte del legislatore pare lasciar intendere che domande nuove fossero ammissibili solo quale conseguenza delle domande e delle eccezioni del convenuto, altrimenti l’attore stesso avrebbe dovuto limitarsi a precisazioni e modificazioni, continuando dunque a percorrere la via già tracciata nel proprio atto introduttivo. Tali dati potrebbero certamente indebolire i cardini su cui si fonda l’orientamento esegetico estensivo.

In ogni caso resta fondamentale chiarire se la modifica da parte dell’opposto creditore, non si scontri con le legittime facoltà dell’opponente e non comprima indebitamente una linea difensiva imposta e giustificata dall’azione esperita con il ricorso per decreto. La linea difensiva di questi è stata già tracciata, sicché occorre comprendere se e come il procedimento di opposizione possa garantire un pieno contraddittorio; pieno contraddittorio possibile solo se l’opponente sia ammesso a controdedurre tempestivamente ed efficacemente nei confronti delle nuove domande spiegate nei suoi confronti.

[1] In tal senso cfr. Cass. Civ., Sez. III, 10/03/2021, n. 6579; Cass. Civ., Sez. II, 25/02/2019, n. 5415; Cass. Civ., Sez. I, 22/06/2018, n. 16564.

[2] Sul punto v. Cass. Civ., Sez. Un., 27/12/2010, n. 26128; Cass. Civ., Sez. II, 4/07/2018, n. 17482.

[3] A tal proposito cfr. Cass. Civ., Sez. I, 19/10/2016, n. 21190; 2/08/2007, n. 17007; Cass. Civ., Sez. III, 15/04/2010, n. 9042.

[4] La Sentenza richiama l’art. 183 c.p.c. in quanto emessa all’esito di una causa introdotta prima dell’entrata in vigore della riforma apportata con il d.lgs. n. 149/2022. Tuttavia, le memorie di cui al comma 6, ora sostituite dalle memorie ex art. 171 ter c.p.c., non sembrano differire da quelle del vecchio regime quanto ai limiti posti alla modificazione della domanda originaria.

[5] Nel medesimo senso, successivamente, Cass. Civ., Sez. III, 14/02/2019, n. 4322; Cass. Civ., Sez. VI, 25/ 05/2018, n. 13091.

[6] In tal senso v. Cass. Civ., Sez. Un., 13/09/2018, n. 22404; negli stessi termini, successivamente, Cass., Sez. III, 3/12/2020, n. 27620.

[7] Principio affermato nella Sentenza Cass. Civ., Sez. I, 24/03/2022, n. 9633.