La nuova, limitata, ipotesi di revocazione straordinaria di decisioni contrarie alla CEDU.

Di Antonio Mondini -

1.In attuazione dell’art.1, comma 10, della legge 26 novembre 2021, n. 206, con il d.lgs. 10 ottobre 2022 n.149, all’art.362 c.p.c. è stato aggiunto un ulteriore comma in forza del quale le decisioni dei giudici ordinari passate in giudicato possono essere impugnate per revocazione, ai sensi del nuovo art.391 quater c.p.c., quando il loro contenuto è stato dichiarato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo contrario alla Convenzione ovvero ad uno dei suoi Protocolli ([1]) ([2]).

2.L’introduzione di una simile ipotesi di revocazione al fine di assicurare una effettiva restitutio in integrum in caso di violazione dei diritti garantiti dalla Cedu era stata sollecitata, come ricordato nella relazione illustrativa della legge delega, sia dalla Corte Costituzionale, con le sentenze n.123 del 26 maggio 2017 e n. 93 del 27 aprile 2018, con le quali la Corte aveva ritenuto di non intervenire direttamente in senso additivo sugli artt. 395 e 396 c.p.c., non essendovi, nelle materie diverse da quella penale, un obbligo generale di riapertura del processo su richiesta dei soggetti che hanno adito vittoriosamente la Corte EDU, sia dalla Corte di Strasburgo, con la sentenza 20 agosto 2021, Beg s.p.a c. Italia (in particolare parr. 162 e 163 della motivazione).

3.La sollecitazione è stata raccolta. Il legislatore ha tuttavia definito l’ambito della nuova ipotesi di revocazione entro limiti notevoli dietro ai quali traspaiono la volontà di salvaguardare l’esigenza di certezza data dal giudicato, contrapposta alla esigenza di ristabilimento della giustizia sostanziale, e l’attenzione ad evitare un significativo aumento del numero dei processi.

4. E’ stato così previsto che sono revocabili solo le decisioni che abbiano pregiudicato un “diritto di stato della persona”([3]).

Il termine “stato” esprime la “condizione personale del soggetto in quanto inserito in una societas più o meno estesa (esempio Stato, famiglia) e costituisce pertanto l’indice di situazioni e degli interesse che a tale condizione si riallacciano così fungendo al tempo stesso da presupposto per il loro acquisto e da criterio riassuntivo di essi” ([4]).

L’espressione “diritti di stato della persona”, a stretto rigore vuota data la mancanza dell’indicazione dello stato di riferimento, di certo non riferibile ai diritti di stato di cittadino giacché il contenzioso afferisce alla giurisdizione amministrativa e le sentenze amministrative non sono revocabili ai sensi del nuovo art.391 quater, pare in sostanza riferibile ai diritti -o meglio le situazioni giuridiche- connessi(e) allo stato di famiglia ([5]).

Restano escluse le decisioni violative di diritti patrimoniali quantunque le violazioni non siano state interamente risarcite per equivalente dalla Corte di Strasburgo (come può accadere anche per difficoltà di quest’ultima di stimare in modo compiuto le conseguenze della violazione accertata), le violazioni di diritti processuali (diritto di accesso al giudice, diritto al contraddittorio, diritto al giusto processo riconducibili all’art.6 della Convenzione)([6]), le violazioni di diritti personalissimi ([7]) dato che questi ultimi spettano alla persona in quanto individuo e non in quanto parte di una societas.

La legge delega, con il prevedere che il rimedio avrebbe dovuto essere   introdotto quando “non sia possibile rimuovere la violazione tramite tutela per equivalente”, avrebbe consentito al legislatore delegato soluzioni di maggior ampiezza includenti finanche le ipotesi di accertata violazione di diritti patrimoniali laddove “l’impossibilità di rimuovere la violazione tramite tutela per equivalente” fosse stata recepita come impossibilità da valutarsi alla luce del contenuto concreto della decisione europea. In altri termini sarebbe stato possibile dare attuazione alla legge delega condizionando l’esperibilità del rimedio a quella che, nel testo dell’art. 391 quater, costituisce condizione di esperibilità aggiuntiva: “l’equa indennità eventualmente accordata dalla Corte europea ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione” deve non essere stata “idonea a compensare le conseguenze della violazione”.

5.In secondo luogo, il legislatore delegato, in aderenza alla legge delega, ha stabilito che “l’accoglimento della revocazione non pregiudica i diritti acquisiti dai terzi di buona fede che non hanno partecipato al processo svoltosi innanzi alla Corte Europea” (ultimo comma dell’art. 391 quater).

Premesso che la disposizione non può essere intesa nel senso che l’accoglimento della revocazione non trova ostacolo nei diritti, e consente di recuperare diritti acquistati da terzi non in buona fede -ossia in mala fede o colpevolmente ignoranti della lesione dell’altrui diritto convenzionale- e che abbiano partecipato al processo innanzi alla Corte di Strasburgo perché così intesa non avrebbe senso dato che nessun terzo non in buona fede farà mai istanza di partecipare al processo suddetto sapendo di poter essere pregiudicato nel successivo processo interno, e va intesa invece nel senso che l’accoglimento della revocazione, da un lato, non trova ostacolo nei diritti e consente di recuperare diritti acquistati da terzi di buona fede e che abbiano partecipato al processo innanzi alla Corte di Strasburgo -salvo peraltro il disposto della nuova previsione dell’art.2652, numero 9 bis. c.c. ([8])- e, dall’altro lato, non trova ostacolo nei diritti e consente di recuperare diritti acquistati da terzi non di buona fede (a prescindere dal fatto che non abbiano partecipato al processo innanzi alla Corte di Strasburgo), tuttavia, anche così intesa, la norma pone un limite stringente all’esperibilità della revocazione in ogni caso i cui un terzo abbia acquistato un diritto direttamente in forza della decisione ingiusta o sulla base di un atto che trovi il proprio antecedente nella decisione ingiusta.

Per quanto concerne i terzi di buona fede occorre infatti osservare che i terzi non hanno diritto di partecipare al processo innanzi alla Corte Europea; possono solo chiedere di essere al Presidente della Corte di essere ammessi a partecipare (art. 36, par. 2, Cedu e 44. par.3 lett. a del regolamento della Corte) e di fatto vengono ammessi eccezionalmente.

Rispetto ai terzi di mala fede, vi è da notare che difficilmente può immaginarsi una situazione di mala fede o anche solo di colpevole ignoranza della lesione dell’altrui diritto convenzionale da parte del “terzo” inteso come controparte nel giudizio interno di chi ha successivamente agito davanti alla Corte Europea ([9]), visto che l’ingiustizia della sentenza attributiva del diritto non è percepita neppure dai giudici dello Stato. In base al disposto dell’art.2652, numero 9 bis, c.c. il “terzo” di riferimento può essere identificato nell’avente causa dalla controparte del soggetto leso. Il che aprirebbe uno spazio di concreta configurabilità della situazione di mala fede al momento dell’acquisto del diritto, sopravvenuta rispetto alla sentenza revocanda ([10]).

6. In conclusione, tenuto conto dei limiti sopra esaminati, la revocazione ex art.391 quater c.p.c. è in concreto utile quando la decisione revocanda abbia leso situazioni giuridiche connesse alla vita familiare, protette dall’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, nel suo duplice profilo di protezione da ingerenze arbitrarie nella vita familiare e di protezione positiva mediante azioni da parte dello Stato finalizzate ad assicurare il rispetto di situazioni rientranti nella sfera delle relazioni familiari.

[1] Il decreto attua le previsioni dell’art. 1, comma 10, della legge delega 206/2021 con cui erano stati stabiliti i seguenti criteri direttivi: a) la revocazione ex art. 395 c.p.c. sarà esperibile, una volta formatosi il giudicato, quando il contenuto della sentenza sia successivamente dichiarato dalla Corte EDU contrario, in tutto o in parte, alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ovvero a uno dei suoi Protocolli e non sia possibile rimuovere la violazione «tramite tutela per equivalente»; b) devono sempre essere fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede, che non abbiano partecipato al processo svoltosi innanzi alla Corte; c) la legittimazione attiva a promuovere l’azione di revocazione spetta alle parti del processo svoltosi innanzi alla Corte EDU, ai loro eredi o aventi causa, nonché al pubblico ministero;d) l’azione di revocazione potrà essere esperita entro il termine di novanta giorni, che decorre dalla comunicazione o, in mancanza, dalla pubblicazione della sentenza della Corte; e) l’Agente del Governo presso la Corte EDU avrà l’onere di comunicare a tutte le parti del processo che ha dato luogo alla sentenza sottoposta all’esame della Corte, nonché al pubblico ministero, la pendenza del procedimento davanti alla Corte stessa, al fine di consentire loro di fornire elementi informativi o, nei limiti consentiti dal regolamento della Corte, di richiedere di essere autorizzati all’intervento.

[2] Le decisioni soggette alla nuova ipotesi di revocazione sono sentenze dei giudici ordinari. Restano escluse le sentenze dei giudici amministrativi, contabili, tributari. Questo perché sebbene l’art.391 quater parli di decisioni passate in giudicato, l’art. 362 parla di invece di “decisioni dei giudici ordinari passate in giudicato”. La lettura sistematica impedisce di ipotizzare che l’introduzione del nuovo motivo di revocazione straordinaria nel contesto dell’art.395 c.p.c. possa comportare l’ammissibilità della revocazione del giudicato dichiarato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo in contrasto con la Convenzione anche nel processo amministrativo attraverso il richiamo fatto all’art. 395 c.p.c. dall’ art. 106 c.p.a.  Aggiungasi che ai sensi dell’art. 395 quater la Corte, salvo che per i casi in cui vi sia necessità di accertamenti in fatto, è anche giudice della fase rescissoria e non potrebbe esserlo per materie attratte alla giurisdizione dei giudici speciali.

[3].Nella Relazione illustrativa al decreto legislativo si legge che il riferimento ai diritti di stato della persona trova spiegazione nel fatto che per tali diritti il rimedio risarcitorio “è tendenzialmente inidoneo a rimuovere le conseguenze della violazione convenzionale … si rivela non del tutto satisfattivo”.

[4] L. Bigliazzi Geri. U. Breccia, F.D. Busnelli, U. Natoli, “Diritto civile 1* Norme, soggetti e rapporto giuridico”, Torino, Utet, 1986, p. 946

[5] E’ coerente con questa limitazione di carattere oggettivo, la scelta del legislatore delegato di restringere la legittimazione attiva alla parte del processo svoltosi davanti alla CEDU escludendo “eredi o aventi causa” della parte danneggiata -inclusi invece tra i soggetti legittimati in base al criterio di cui alla lettera c) dell’art.10 della l. delega- dato che i diritti di stato della persona, proprio perché “di stato”, non sono trasmissibili agli eredi o aventi causa. La legittimazione è riconosciuta, ai sensi del nuovo secondo comma dell’art.397 c.p.c., al procuratore generale presso la Corte di cassazione in considerazione del superiore interesse dell’ordinamento alla rimozione delle violazioni alla Convenzione da parte di una decisione giurisdizionale, accertata dalla Cedu.

[6] La sollecitazione contenuta nella sentenza del 20 agosto 2021 nella causa Beg s.p.a. contro Italia, come già ricordato richiamata dalla relazione illustrativa del d.lgs. 149/2021, si riferiva proprio alla constata violazione delle garanzie di un equo processo offerte dall’articolo 6.

[7] Secondo la definizione di Bianca, diritto civile 6, p.33, Giuffré, Milano 1999, “diritti che tutelano la persona umana nei suoi valori essenziali”.

[8]. La disposizione, introdotta dal d.lgs. 149/2022, stabilisce che sono trascrivibili «le domande di revocazione contro le sentenze soggette a trascrizione per le cause previste dall’articolo 391-quater del codice di procedura civile” e che “la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda”.

[9]. Su questo modo di intendere il riferimento ai terzi, v. Corte costituzionale, nella sentenza n.123 del 2017 e nella sentenza n.93 del 2018, laddove si dice che la “Corte EDU, infatti, nell’interpretare l’art. 46, paragrafo 1, si limita ad incoraggiare l’introduzione della misura ripristinatoria della riapertura dei processi non penali, lasciando, tuttavia, la relativa decisione agli Stati contraenti, e ciò in considerazione della necessità di tutelare i soggetti, diversi dal ricorrente a Strasburgo e dallo Stato, che, pur avendo preso parte al giudizio interno, non sono parti necessarie del giudizio convenzionale”.

[10]. Al riguardo uno spunto è offerto dalla Relazione di accompagnamento della legge delega laddove si legge che “la buona fede dovrà valutarsi anche con riferimento al comportamento dei terzi rispetto al processo convenzionale, dovendosi escludere in presenza di indici che facciano presumere negligenza o deliberata intenzione di sottrarsi alle conseguenze dell’eventuale successiva fase di revocazione del giudicato nazionale”. I