La revocazione delle sentenze civili per condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di diritti di stato della persona

Di Giovanna Chiappetta e Gianpaolo Caruso -

Sommario: 1. Presentazione; – 2. L’introduzione della revocatoria straordinaria a seguito della procedura di infrazione ex art. 46 CEDU; – 3. Aspetti procedurali della revocazione delle sentenze per contrarietà alla CEDU;- 4. Le Réexamen en matière civile dell’ordinamento processuale Francese; – 5. Individuazione del potenziale ambito applicativo della riforma; – 6. I diritti fondamentali dello statuto della persona-figlio ex artt. 2, 24 e 30 cost. e la categoria della filiazione dallo status incerto; – 7. L’esperienza francese della revisione del giudicato in materia di diritti di stato delle persone; – 8. Potenzialità applicative della revocatoria per violazioni dell’art. 8 CEDU incidenti su diritti della persona-figlio.

Abstract Il saggio indaga sulle potenzialità applicative dell’ipotesi di revocazione per contrarietà alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo ex art. 391 quater c.p.c. in materia di ‘status personae’.

 

Abstract The essay analyzes the potential applications of the revision of a final judgment on violation of the European Convention on Human Rights provided by Art. 391 quater of the Italian Code of Civil Procedure in the field of ‘status personae’.

 

 1.Presentazione

 

Le sentenze di condanna della Corte di Strasburgo possono incidere su questioni decise con sentenze nazionali (civili, penali o amministrative) passate in giudicato. In tali ambiti si è delineata un’antinomia tra gli obblighi convenzionali da rispettare e l’autorità del giudicato nazionale da conservare.

Nel processo penale è prevalsa l’istanza di giustizia del caso concreto rispetto alla immutabilità del precedente interno, stante l’incidenza della sentenza su diritti e libertà personali. Pertanto, si è ammessa la possibilità di revisione del giudicato interno fondata sulla sopravvenienza di una pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo[1]. La Corte costituzionale con la sentenza n. 113 del 2011 ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 630 c.p.p., nella parte in cui non prevedeva un diverso caso di revisione della sentenza o del decreto penale di condanna al fine di conseguire la riapertura del processo e conformarsi alla sentenza definitiva della Corte europea.

Nel silenzio del legislatore, la Consulta (n. 123 del 2017, n. 19 del 2018 e n. 93 del 2018) ha escluso che per l’esecuzione del sopravvenuto “giudicato” della Corte di Strasburgo si potesse estendere l’istituto della revisione delle sentenze penali a quelle amministrative e civili[2]. La questione di legittimità costituzionale riguardava gli artt. 395 e 396 c.p.c. nella parte in cui «non prevedono tra i casi di revocazione l’ipotesi in cui la revocazione si renda necessaria per consentire il riesame del merito della sentenza impugnata per la necessità di uniformarsi alle statuizioni vincolanti rese dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, per contrasto con l’art. 117 della Costituzione della Repubblica». L’ordinanza di rimessione riteneva potersi traslare al processo civile la soluzione adottata con la sentenza n. 113 del 2011 al processo penale con l’addizione di un’ulteriore ipotesi di revocazione per ottemperare al giudicato convenzionale.

La Consulta escludeva che l’art. 46, par. 1, CEDU ponesse l’obbligo di riapertura dei processi civili e amministrativi a seguito di sentenze di accertamento della violazione di diritti garantiti dalla CEDU. La soluzione spettava al legislatore, in considerazione della differenza tra processi penali e civili e della necessità, con riferimento a questi ultimi, di tutelare i soggetti, diversi dal ricorrente a Strasburgo e dallo Stato, che, pur avendo preso parte al giudizio interno, non sono parti necessarie del giudizio convenzionale.

Data l’importanza del tema dell’esecuzione delle sentenze della Corte EDU anche al di fuori della materia penale, la Corte costituzionale auspicava l’intervento del legislatore conciliativo del diritto di azione delle parti vittoriose a Strasburgo con quello di difesa dei terzi.

Il d. lgs. 10 ottobre 2022 n. 149 (contenente la riforma del processo civile) ha introdotto la revocatoria straordinaria del giudicato civile per contrarietà alla CEDU.

In linea con l’intervento legislativo francese del 2016 (legge di modernizzazione della giustizia del XXI secolo[3]), la revisione non ha portata generale ma è ammessa soltanto per le sentenze convenzionali rese sui diritti di stato delle persone.

Le disposizioni di rito (artt. 391 quater e 397 c.p.c.) stabiliscono le condizioni per poter richiedere la revisione di una sentenza civile definitiva. Possono essere impugnate per revocazione le sentenze passate in giudicato, sia esso formale o sostanziale[4] se: 1) la violazione accertata dalla Corte europea ha pregiudicato un diritto di stato della persona; 2) l’equa indennità eventualmente accordata dalla Corte europea ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione non è idonea a compensare le conseguenze della violazione.

Il ricorso può essere proposto nel termine di 60 giorni decorrenti dalla comunicazione o dalla pubblicazione della sentenza della Corte di Strasburgo. Legittimato attivo è anche il procuratore generale presso la Corte di Cassazione (art. 397 c.p.c.).

Inoltre, l’accoglimento della revocazione non pregiudica i diritti dei terzi in buona fede che non hanno partecipato al giudizio dinnanzi alla Corte europea. La riforma ha novellato la disciplina degli artt. 2652 e 2690, primo comma, c.c. sugli effetti prenotativi della trascrizione delle domande di revocazione. In particolare, sono stati aggiunti il punto 9 bis all’art. 2652 c.c. ed il 6 bis all’art. 2690 c.c. in relazione agli acquisti a titolo derivativo di beni immobili, di diritti reali immobiliari (e altre analoghe situazioni) e di beni mobili registrati. La tutela dei terzi rispetto agli effetti della sentenza di revocazione che l’accoglie nel merito richiede la priorità della trascrizione e la buona fede.

2.L’introduzione della revocatoria straordinaria a seguito della procedura di infrazione ex art. 46 CEDU

 

Giova ricordare che l’ipotesi di revocatoria in esame non era contemplata nei lavori della Commissione ma è d’iniziativa parlamentare[5]. L’introduzione della disciplina nell’ordinamento interno è la risposta alle violazioni riscontrate nella procedura di esecuzione ex art. 46 CEDU. Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha dato l’avvio alla procedura (ex art. 46 CEDU) contro l’Italia per mancata attuazione di talune sentenze definitive della Corte di Strasburgo in violazione dell’art. 8 CEDU.

Nella riunione dei diritti umani di marzo 2022[6] il Comitato ha esaminato sentenze in corso di esecuzione riguardanti diversi profili della vita dei minorenni e dei loro genitori: l’adozione piena. il diritto di visita dei genitori in caso di separazione o divorzio; le misure di affidamento extrafamiliare.

È relativamente alle sentenze di adozione piena dei minorenni in corso di esecuzione[7] che l’organo di controllo europeo ha sostenuto che le autorità nazionali non hanno messo in atto le misure necessarie per preservare il legame tra i ricorrenti e i loro figli. In particolare, le infrazioni rilevate riguardano profili fondamentali della procedura nazionale: la valutazione delle circostanze alla base della dichiarazione dello stato di abbandono dei minori di età, la condizione di vulnerabilità del genitore biologico, le differenze culturali nell’interpretazione del ruolo parentale dei genitori.

Un dato comune riscontrato nella maggior parte dei casi è la tempistica dei procedimenti. Il protrarsi per molti anni dei procedimenti di adozione ‘piena’ ed il mancato esperimento di misure volte a favorire il ricongiungimento dei minori ai genitori biologici avevano consolidato una situazione di fatto sorta sulla base di provvedimenti giudiziari nazionali sproporzionati in ordine all’accertamento dei presupposti per la dichiarazione dello stato di abbandono e all’interruzione del diritto di visita. Tale restrizione ulteriore ha comportato il rischio di troncare le relazioni familiari che «con il passare del tempo può avere conseguenze irrimediabili sui rapporti tra il minore e il genitore che non vive con lui»[8].

Tra le sentenze in esecuzione vi è quella resa dalla Corte di Strasburgo nel caso Zhou c. Italia (ricorso n. 33773/11, del 21 gennaio 2014), sentenza che ha consentito di sollevare la questione di legittimità costituzionale degli artt. 395 e 396 c.p.c. di cui alla decisione della Consulta n. 93 del 2018[9]. Nella specie, la parte ricorrente lamentava di aver subito la sospensione dei rapporti con il figlio e la perdita dello status (di madre) a seguito di una dichiarazione dello stato di abbandono in violazione dell’art. 8 CEDU[10]. La Corte rilevava che i motivi addotti dai giudici italiani per dichiarare lo stato di adottabilità del minore non corrispondessero alle circostanze «del tutto eccezionali» che avrebbero potuto giustificare la rottura del legame familiare. Inoltre, le autorità italiane, non avevano adottato le misure idonee e ragionevoli per mantenere i legami tra la ricorrente ed il figlio e garantire un giusto equilibrio tra gli interessi in gioco. La Corte condannava per violazione dell’art. 8 CEDU il Governo al risarcimento dei danni morali a favore della parte ricorrente.

All’esito del giudizio europeo la sig. Zhou chiedeva ai giudici nazionali che venissero presi contatti con i genitori adottivi e con i servizi sociali perché e, nel rispetto dell’interesse del minore, si valutassero le possibili forme di attuazione della sentenza definitiva della Corte EDU contro l’Italia. La Corte di appello di Venezia adita, con ordinanza del 18 luglio 2016, n. 55, sollevava la questione di legittimità costituzionale relativa agli artt. 395 e 396 cpc in relazione all’art. 117, comma 1, cost., nella parte nella quale non consentivano la revocazione di una sentenza civile per contrasto con una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. La Consulta con la pronunzia di inammissibilità n. 93 del 2018 ribadiva quanto affermato nel precedente n. 123/2017 ossia l’inesistenza di un diritto alla riapertura del processo civile in base alla giurisprudenza della CEDU.

Le autorità italiane, in sede della precitata procedura di esecuzione ed in relazione ai casi di adozione piena suindicate, hanno fornito le informazioni riguardanti le misure da adottare per la soluzione del problema alla base delle violazioni riscontrate dalla Corte dei diritti dell’uomo. Nel bilancio d’azione[11] il governo ha indicato l’introduzione della revocatoria per rimediare alle violazioni di un diritto di status personale e familiare.

La novella così introdotta converge con le indicazioni fornite dalla Corte di Strasburgo[12] in analoghe sentenze di adozione piena con la perdita dello status familiare (e del diritto ad avere rapporti affettivi tra figlio e genitrice biologica) nelle quali il giudice europeo ha indicato, in base alle circostanze concrete, la misura del riesame come la più adeguata per porre fine alla violazione dell’art. 8 CEDU. Come è facile intuire, il punto di forza della procedura di infrazione è l’aver instaurato il dialogo tra gli organi del Consiglio d’Europa ed il governo italiano che ha consentito l’individuazione delle misure da adottare per affrontare le criticità rilevate.

La necessità di procedere in tale direzione di riforma è emersa nei casi di adozione piena in violazione dell’art. 8 CEDU nei quali la parte ricorrente continuava a subire gravi conseguenze per il passaggio in giudicato della sentenza di adozione non sanate dall’equa soddisfazione. Il riesame o la riapertura della procedura in tempi brevi può rappresentare, valutate le circostanze del caso concreto, il rimedio adeguato per garantire la restitutio in integrum alla situazione violata della parte ricorrente. La misura generale così introdotta potrà evitare ulteriori simili violazioni, ed assicurare alla parte ricorrente, per quanto possibile, il ripristino dello status quo ante eliminando le conseguenze delle violazioni della CEDU. I diritti lesi godranno così di una protezione «non teorica o illusoria, ma concreta ed effettiva»[13].

Le tutele introdotte dalla riforma appaiono costituzionalmente e convenzionalmente ‘necessarie’ poiché dirette a rendere effettivo un diritto fondamentale della persona[14].

3.Aspetti procedurali della revocazione delle sentenze per contrarietà alla CEDU

Con formula ampia[15], la lettera a) dell’art. 1, comma 10° della L. 206/2021 ha dato delega al governo di prevedere nel codice di rito che “ferma restando l’esigenza di evitare duplicità di ristori, sia esperibile il rimedio della revocazione previsto dall’articolo 395 del codice di procedura civile nel caso in cui, una volta formatosi il giudicato, il contenuto della sentenza sia successivamente dichiarato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo contrario, in tutto o in parte, alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ovvero a uno dei suoi Protocolli e non sia possibile rimuovere la violazione tramite tutela per equivalente”.

Cosi, dopo oltre un decennio dalla pronuncia della Corte Costituzionale, e a un lungo dibattito della dottrina[16], con la Legge di riforma del processo civile n. 149/2022 il Legislatore ha introdotto, all’art. 391 quater c.p.c., una nuova ipotesi di revocazione delle sentenze; quella per contrarietà alla Cedu.

Il meccanismo di revisione processuale de quo, che andrà a minare l’autorità della res judicata, basato sino ad oggi su una presunzione di verità[17],  adottato dal legislatore delegato con il d.lgs. 149 del 2022, prevede ex art 391 quater c.p.c., due condizioni, assai stringenti, di ammissibilità dell’azione di revocazione in parola.

In particolare, per poter avvalersi del rimedio di cui all’art. 391 quater c.p.c., il legislatore delegato ha previsto che: i) la violazione accertata deve aver leso un diritto di stato della persona; ii) l’eventuale equa riparazione concessa dalla CEDU non può essere sufficiente a compensare adeguatamente le conseguenze della violazione.

Deve evidenziarsi, infatti, che il legislatore della novella ha indicato nell’art. 391 quater c.p.c. i diritti di stato della persona quale condizione di ammissibilità, senza però definire i contorni della materia, risultando di conseguenza il primo requisito previsto dalla norma non di facile comprensione (considerando, oltretutto, che il diritto è nozione diversa dallo status) [18].

La tematica dell’interpretazione dei diritti di stato si fa ancora più complessa dal momento che il legislatore della riforma ha inteso modificare, in funzione dell’art. 391 quater cpc, anche l’art. 2652 comma 1 n 9 bis c.c., estendendo il meccanismo pubblicitario anche alle domande di revocazione contro le sentenze soggette a trascrizione per le cause previste dall’articolo 391 quater cpc, con l’intenzione, forse, di ampliare ( o circoscrivere) l’applicazione dell’istituto anche a casi diversi dai casi di stabilire la filiazione.

Infatti il presupposto dell’art. 2653 c.c. è riconducibile alla lite su un trasferimento a titolo derivativo di un diritto reale o di altra situazione equiparabile in via interpretativa, ex art 2643 e 2646 cod. civ., che però non riguardano la trascrizione di uno status personale.

Parte della dottrina è concorde nel ritenere escluse le decisioni violative di diritti patrimoniali anche nei casi in cui non siano stati risarciti per equivalente dalla Corte Edu, nonché le violazioni di diritti processuali, e le violazioni di diritti personalissimi dato che questi ultimi spettano alla persona in quanto individuo e non in quanto parte di una societas[19].

Di conseguenza in considerazione del fatto che la revocazione ex art 391 quater  è ammissibile solo per la lesione di un diritto di stato della persona è arduo immaginare le  ipotesi in cui questa disciplina possa essere applicata in concreto, poiché non esistono[20]casi di trascrizione di sentenze relative ad uno status[21].

Tuttavia, è giustificabile focalizzare l’attenzione sui diritti fondamentali della persona sul presupposto che per tali diritti il ricorso al rimedio di natura economica spesso si dimostra insufficiente, venendo così in rilevo il secondo requisito di ammissibilità previsto dal Legislatore delegato, ovvero che la parte vittoriosa a Strasburgo non ha ricevuto un pieno ristoro in quella sede con il riconoscimento dell’equo indennizzo[22], avendo come punto di riferimento l’art. 70, comma,1 n. 3 c.p.c.[23]

Alla Corte di legittimità spetterà quindi verificare se la Corte abbia attribuito al ricorrente un equo indennizzo idoneo a compensare le conseguenze della violazione.

Il riferimento all’indennizzo stabilito dalla CEDU ha il chiaro obiettivo di evitare duplicazioni nei risarcimenti.

La formulazione letterale dell’art. 391-quater c.p.c. rende poi l’istituto processuale potenzialmente idoneo a essere invocato contro le decisioni passate in giudicato che abbiano a oggetto un diritto di stato della persona la cui violazione sia stata accertata nel successivo giudizio dinanzi la Corte EDU.

Il rimedio della revocazione, che si atteggia a impugnazione straordinaria, è potenzialmente proponibile contro la decisione passata formalmente in giudicato nel giudizio interno ex art. 324 c.p.c., dunque non limitata ai casi previsti dall’art. 395 c.p.c. Tuttavia, posto che la Corte EDU non può essere adita se non dopo che le vie di ricorso nazionali siano state esaurite, è di conseguenza prevedibile che l’istituto sarà applicato prevalentemente contro le sentenze delle Corte di cassazione.

Contrariamente alla possibilità di revoca contemplata nell’art. 391-ter c.p.c., il nuovo strumento introdotto può essere impiegato anche per impugnare la sentenza di rigetto emessa dalla Corte di cassazione, nonostante il giudicato si vada a formare sulla sentenza di merito impugnata[24], nonché quando la Corte di cassazione abbia disposto ai sensi dell’art. 384 comma 2, primo periodo, c.p.c. posto che la pronuncia dal giudice di  Strasburgo è determinante in relazione al principio di diritto precedentemente assunto[25].

Il comma 2° dell’art. 391-quater c.p.c. detta alcune regole procedurali, stabilendo che il ricorso in revocazione per contrarietà alla CEDU si propone nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione o, in mancanza, dalla pubblicazione della sentenza della Corte EDU ai sensi del regolamento della Corte stessa.

In forza dell’espresso richiamo all’art. 391-ter, comma 2° c.p.c., all’esito del giudizio rescindente che dichiara la revocazione della sentenza, la Corte di cassazione deciderà la causa nel merito (con conseguente attribuzione anche della fase rescissoria) qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto; altrimenti la fase rescissoria verrà trattata dal giudice di merito che ha pronunciato la sentenza cassata ai sensi dell’art. 391 quater c.p.c..

Inoltre, all’art. 362 c.p.c. è stato aggiunto un ulteriore comma, il 3°, in forza del quale è possibile impugnare innanzi alla Corte di cassazione le decisioni dei giudici ordinari passate in giudicato con il rimedio della revocazione in esame.

È previsto che tale procedimento si svolga in pubblica udienza in ragione della particolare rilevanza del nuovo istituto, ai sensi del nuovo comma 1° dell’art. 375 c.p.c., confermandosi quindi la materia di un alto livello qualitativo, in cui è fondamentale la funzione nomofilattica della Corte di legittimità.

Va poi precisato che il rimedio della revocazione ex art. 391-quater c.p.c. dovrebbe estendersi anche a quelle decisioni che non sono suscettibili di passare in giudicato in senso formale, ma che si pongono in ogni caso come decisioni di ultima istanza, rilevando dunque i provvedimenti di volontaria giurisdizione dove, di regola, le decisioni assunte in quella sede mancano del carattere di definitività e irreversibilità[26].

 

4.Le Réexamen en matière civile dell’ordinamento processuale Francese

 

Invero sembra che il nuovo strumento della revocazione ex art. 391 quater cpc sia stato scritto mutuando dall’esperienza francese l’istituto del “ reexamen en matiere civile” introdotto dall’art. 42 della legge 2016-1547 del 18 novembre 2016, che ha modificato il codice “de l’organisation judiciaire” introducendo gli articoli L.452-l-2-3-4-5 e 6, a cui è seguito il decreto n. 2017-396 del 24 marzo 2017 che ha modificato con l’art. 4, le disposizioni procedurali  agli articoli  1031-8 e ss del Codice di procedura civile francese, in vigore dal 15 maggio 2017.

Innanzi tutto l’articolo L452-1 COJ dispone che, del tutto conformemente all’art. 391 quater cpc: 1) l’istituto può essere utilmente azionato solo in “matiere d’etat des personne”; 2) la decisione deve essere definitiva; 3)  l’equo compenso ex articolo 41 della Convenzione risulti essere insufficiente[27] a riparare il pregiudizio accertato dalla Corte EDU.

Con espresso riferimento all’etat de personne anche la dottrina francese ha avuto modo di osservare che lo status personale è un concetto variabile. A ben vedere infatti se da un lato vi è uniformità di vedute nel ritenere che elementi come il cognome, il nome, l’età o il sesso di una persona fisica, così come la sua condizione di celibe/nubile, coniugato/a, unito/a civilmente o divorziato/a, o il suo rapporto di parentela, rientrano nell’alveo “d’etat des personne”, non altrettanta uniformità di vedute[28] si hanno ad esempio, in materia di domicilio, residenza, cittadinanza o capacità[29].

La dottrina francese ha già avuto modo segnalare che è possibile prevedere un campo di applicazione molto più ampio del meccanismo di revisione, immaginando che l’état des personnes potrebbe in futuro essere assimilato a tutte le questioni attualmente sussunte dalla CEDU nel diritto al rispetto della vita privata e familiare, restando escluse le questioni patrimoniali che riguarderebbe l’ avoir e non l’ être (libertà individuale e status personale)[30]

L’esperienza consolidata francese[31] ci suggerisce, in ogni caso, ad oggi, che il campo di elezione dell’istituto del réexamen, cosi come disciplinato, è limitato alla filiazione[32]. A riprova si evidenzia che la disposizione, frutto di un emendamento governativo inizialmente respinto dal Senato e poi ripristinato dall’Assemblea nazionale durante la lettura finale della legge, era nota come “emendamento Mennesson[33]”.

Di talchè trattandosi di questioni eminentemente personali, quale ad esempio stabilire la filiazione, verrebbe meno ogni interesse di tutela dei terzi: “L’établissement de la filiation d’un enfant né d’une gestation pour autrui ne léserait donc personne[34]”.

Ai sensi dell’art. L. 452-2 COJ, sono poi espressamente individuati i legittimati ad agire, prevedendo che l’ipotesi di revocazione in parola ( rectius reexamen) possa essere richiesta “par la partie intéressée[35], o in caso di incapacità o di morte dal rappresentante legale, o dal coniuge, dal partner legato a lui da un pacte civile de solidaritè, dal convivente, o dai figli, genitori, nipoti, pronipoti o dai legatari universali entro un anno ( ex L. 451-1 COJ) dal momento in cui la decisione resa dalla corte EDU è stata emessa[36].

In ogni caso l’istituto del reexamen è contemperato da parte dei giudici della Corte di Cassazione Francese[37] dal controllo di adeguatezza e proporzionalità[38] , tradizionalmente utilizzato dalla sola Corte EDU, e non più da un mero controllo di legalità, che consiste nel verificare se il rifiuto di trascrivere un determinato atto ( di status personale)  sia previsto o meno dalla legge.

Tale controllo di adeguatezza e proporzionalità dovrebbe di conseguenza essere svolto dai nostri Giudici di legittimità dal momento che “ caso per caso” dovrebbero riempire di contenuto il concetto “di diritti di stato della persona” e verificare i casi in cui l’equa indennità non è idonea a compensare le conseguenze della violazione accertata dalla Corte EDU.

E’ chiaro che la tutela dei diritti fondamentali non si esaurisce nella mera declamazione del diritto in sede sovranazionale, ma si accompagna ad una precisa richiesta di tutela, non astratta, e riferita in senso lato ad una prestazione in favore di chi spetta: la soddisfazione di un’esigenza concreta funzionale all’acquisizione o alla fruizione di una posizione giuridica o del bene della vita azionato mediante il processo.

In tal senso assume rilevanza l’ istituto processuale che rende possibile il riconoscimento e la realizzazione di quel diritto in concreto da parte dell’ordinamento e dei terzi a tutti gli effetti.

5.Individuazione del potenziale ambito applicativo della riforma

 

Per la proponibilità della revocatoria in esame le decisioni nazionali passate in giudicato devono aver pregiudicato un ‘diritto di stato della persona’ tutelato dalla CEDU o dai suoi Protocolli.

L’espressione (‘diritti di stato delle persone’) per il Consiglio Superiore della Magistratura «non può dirsi …di significato sufficientemente univoco e determinato, tale da poter essere propriamente utilizzata in una disposizione del Codice di rito. Altro infatti sono gli stati, altro i diritti»[39].

I commentatori della novella, con diverse argomentazioni, ne forniscono delle possibili interpretazioni: vi è chi propone di estendere la nozione ai diritti allo status familiae e civitatis «(di famiglia, quale il matrimonio, la filiazione, l’unione civile, ovvero di cittadinanza)»[40], collegandola all’art. 70, comma,1 n. 3 c.p.c. sull’intervento obbligatorio del PM; chi mette in luce che l’espressione «di certo non è riferibile ai diritti di stato di cittadino giacché il contenzioso afferisce alla giurisdizione amministrativa e le sentenze non sono revocabili ai sensi del nuovo art. 391 quater» ma alle situazioni giuridiche connesse allo stato di famiglia[41]; chi, ancora, lascia all’interprete l’individuazione della portata dell’espressione se con essa possa farsi riferimento alla lesione di tutti i diritti non patrimoniali protetti dalla CEDU o se il riferimento «individui uno specifico sottoinsieme della medesima area»[42].

La locuzione “diritti di stato delle persone” è ritenuta ambigua secondo le categorie di diritto sostanziale tradizionali[43]. Le interpretazioni offerte dalla dottrina intendono la condizione come riferita, innanzitutto, allo status personae e familiae e in via di interpretazione estensiva, anche allo status civitatis (delineato dalla Corte dei diritti dell’uomo nozioni di rifugiato, migrante e detenuto) [44].

Tuttavia, la nozione potrà comprendere i diritti di stato di «altro familiare» di cui all’art. 3, della direttiva 2004/38[45] nella quale rientra, secondo la giurisprudenza della Corte del Lussemburgo[46] il minorenne in Kafala presso cittadini dell’Unione i quali si fanno carico del mantenimento, dell’istruzione e della protezione, in forza di un impegno assunto sulla base del diritto del Paese d’origine del minore[47].

La locuzione diritti di stato può avere il significato di diritti della persona allo stato che descrive le situazioni soggettive inviolabili, complesse, a statuto normativo variabile riconosciute alla persona in considerazione della loro meritevolezza da valutarsi in via evolutiva nel tempo[48]. Statuto normativo personale, sintesi dei diritti inviolabili e dei doveri inderogabili di solidarietà, che possono godere nel tempo di una differente giustiziabilità ed azionabilità. Nel sistema italo-europeo, la nozione, a contenuto variabile, continua ad arricchirsi di nuove situazioni. Si può pensare, allo statuto del figlio nato da parto anonimo il quale non ha il diritto all’accertamento della maternità biologica. Al momento del parto e per consentire anche la tutela del neonato, si privilegia la scelta di anonimato della genitrice. Successivamente il bambino adottato può acquisire il diritto di conoscere la propria condizione, ed ancora, a tutela della sua identità genetica potrà chiedere la reversibilità del segreto nei confronti della famiglia di origine[49]. La situazione muta in caso di morte della partoriente rimasta anonima: il diritto di conoscere la condizione di figlio adottato si trasforma in diritto a conoscere le proprie origini genetiche nel rispetto delle situazioni vantate dai terzi. La Corte costituzionale (sentenza n. 278 del 2013) nel pronunciarsi sul diritto alla reversibilità del segreto, ha seguito il monito della Corte di Strasburgo (Caso Godelli c. Italia) ed ora il diritto alla conoscenza delle proprie origini è esteso al nato da tecniche di procreazioni eterologhe nei confronti dei donatori di gameti (Corte cost., n. 162 del 2014).

In considerazione delle possibili sopravvenienze meritevoli (come una sentenza di condanna della Corte di Strasburgo per contrarietà alla CEDU), la situazione personale potrà subire modifiche in termini di prescrittibilità e/o giustiziabilità[50]. I diritti inviolabili dell’uomo ex art. 2 cost. così come la nozione di vita privata e familiare ex art. 8 CEDU beneficiano di una interpretazione ‘evolutiva’ ad opera della giurisprudenza nazionale ed europea. La Corte di Strasburgo ha, infatti, adottato il c.d. metodo dell’autonomia delle nozioni convenzionali e dell’interpretazione evolutiva delle medesime nozioni[51]. Pertanto, la nozione ‘diritti di stato delle persone’ è dotata di un peculiare coefficiente di vaghezza o indeterminatezza per adattarsi all’evoluzione del sistema

6. I diritti fondamentali dello statuto della persona-figlio ex artt. 2, 24 e 30 cost. e la categoria della filiazione dallo status incerto

 

È opinione condivisa in dottrina che l’espressione comprenda i diritti di status personali e familiari. In relazione allo status filiationis, statuto normativo riconosciuto alla persona-figlio a prescindere dal vincolo familiare[52] giova ricordare che nel sistema integrato dalle fonti e dalle giurisdizioni europee l’interpretazione dell’art. 30, comma 1, cost. è mutata.

La Consulta ha messo in luce che i diritti del figlio (diritti di status) possono fondarsi sulla realtà biologica della procreazione o sulla solidarietà e sull’affetto consolidato con il genitore di fatto[53]. Conformemente le giurisdizioni europee configurano la responsabilità genitoriale anche sulla base di un rapporto familiare de facto (Corte di Strasburgo[54] e Corte del Lussemburgo[55]).

In particolare, la Consulta (sentenza n. 33 del 2021)[56], ha rilevato che, accertata l’esistenza del rapporto familiare di fatto consolidato tra il bambino nato da gestazione per altri con il genitore d’intenzione, è necessario «far valere i diritti delle minori: il mantenimento, la cura, l’educazione, l’istruzione, la successione e, più semplicemente, la continuità e il conforto di abitudini condivise».

Sulla gestazione per altri la Grande Camera della Corte di Strasburgo ha emanato il primo parere consultivo non vincolante ai sensi del Protocollo n. 16 della CEDU. Su richiesta della Cassazione francese[57] ed in relazione alla prima domanda di revocatoria in materia di stato a seguito della sentenza convenzionale Mennesson (Corte EDU 26 giugno 2014, ricorso n. 65192/11) il giudice europeo si esprime sulle questioni di principio relative all’interpretazione e all’applicazione dell’art. 8 CEDU (come sancito dall’art. 1, § 1 del Protocollo n. 16). Come richiesto dall’art. 1, § 2, del Protocollo n. 16 addizionale alla CEDU, le questioni interpretative poste dalla Cassazione francese si inseriscono nel contesto della procedura riguardante i coniugi Mennesson. I quesiti hanno riguardato il rifiuto del riconoscimento del legame di filiazione di fatto tra il nato da surrogazione di maternità e la sig.ra Mennesson genitrice d’intenzione, designata nell’atto di nascita straniero come madre «legale». La questione del riconoscimento è stata sollevata in relazione dell’art. 8 CEDU a tutela del diritto al rispetto della vita privata del bambino. La Corte europea in data 10 aprile 2019 ha reso il primo parere considerando l’interesse superiore in concreto del bambino e l’estensione del margine di apprezzamento degli Stati membri.

Relativamente al primo aspetto, ha affermato che l’art. 8 della Convenzione non impone un’obbligazione generale per gli Stati di riconoscere ab initio un legame di filiazione tra il bambino ed il genitore d’intenzione. L’interesse superiore del bambino deve essere apprezzato in concreto e sulla base del legame affettivo ed effettivo che si è instaurato. Le autorità nazionali devono, quindi, valutare, alla luce delle circostanze particolari del caso «si et quand ce lien s’est concrétisé». È pertanto necessario esaminare la qualità dei legami, il ruolo rivestito dai genitori nei confronti del minore e la durata della convivenza tra loro ed il minore. I giudici di Strasburgo non definiscono una durata minima della convivenza necessaria per costituire una vita familiare de facto, visto che la valutazione di ogni situazione deve tenere conto della ‘qualità’ del legame e delle circostanze di ciascun caso.

In breve, gli Stati sono obbligati ad offrire una possibilità «d’un lien de filiation» qualora, come nell’affaire Mennesson, si configuri un rapporto effettivo che richieda un riconoscimento nell’interesse del bambino. Sempre nell’interesse del bambino e stante il margine di apprezzamento in questa materia ‘sensibile’ e sulla quale manca il consenso europeo, lo Stato può scegliere lo strumento adeguato. Sarà l’autorità nazionale ad individuarlo e potrà essere la trascrizione dell’atto di nascita, l’adozione da parte del genitore d’intenzione, un provvedimento ad hoc che soddisfi l’interesse concreto del figlio a garantire i rapporti affettivi (art. 333 c.c.) o altra misura prevista dal diritto interno ritenuta idonea allo scopo in quanto efficace e di rapida attuazione.

La Corte di Strasburgo parla della possibilità di un rapporto di filiazione che deve essere riconosciuto al genitore di fatto, cioè dopo che si è instaurato un rapporto affettivo stabile. Tale “lien” non corrisponde ad un concetto giuridico ben definito, per come esso viene inteso nei Paesi di Civil law. La Corte adopera concetti autonomi e che mirano al riconoscimento dei diritti fondamentali propri dello status personae anche senza l’attribuzione formale dello status filiationis (rectius, non occorre riconoscere un altro status filiationis).

In questa prospettiva, ha ritenuto sussistente tale riconoscimento senza la costituzione di un legame giuridico di filiazione, ad esempio considerando adeguato l’affidamento familiare temporaneo del bambino nato da surrogazione e i genitori d’intenzione (v. Valdis Fiolnisdottir e altri /Islanda)[58] o attraverso misure ex art. 333 c.c. volte a preservare il legame di fatto senza la costituzione giuridica del rapporto genitoriale (v. Corte EDU, decisioni Sophie Anouk Aspisi /Italia del 9 marzo 2023; Vittorio Carbonai/Italia del 12 gennaio 2023 e Valentina Bortolato/Italia del 2 febbraio 2023).

La Corte di Strasburgo ha, quindi, riconosciuto le relazioni ‘familiari’ de facto tra uno o più adulti ed un minore in assenza di legami biologici (ex art. 8 CEDU), lasciando al margine di discrezionalità nazionale la scelta della misura adeguata all’interesse di ciascun ‘figlio’, in base a tutte le circostanze concrete. Nel legame di fatto c’è il valore tutelato del diritto fondamentale del figlio, quindi, il riconoscimento del diritto inviolabile ha non ha bisogno di una norma fattispecie.

L’interpretazione convenzionale indica quale momento imprescindibile del riconoscimento di una relazione a tutela dei bambini, l’instaurazione della vita familiare effettiva. Lo strumento nazionale dovrà garantire al bambino i diritti di stato «contre un refus ou une renonciation de la mère d’intention de le prende en charge».

In sintesi, è necessario garantire al figlio uno strumento giuridico che può esperire per la continuazione dell’esercizio dei doveri di cura da parte di chi se ne sia assunto volontariamente la responsabilità.

L’interesse del minore va valutato in concreto e può attuarsi in diversi modi: con la riconoscibilità del rapporto di filiazione d’intenzione, oppure con l’irriconoscibilità di tale rapporto e la conseguente dichiarazione dello stato di abbandono e l’apertura della procedura di adozione. Ciò sta a significare che occorre valutare se l’interesse integra o no la soglia minima di tutela del diritto inviolabile dello status personae. L’interesse del bambino potrà altresì essere tutelato anche con la responsabilità genitoriale ex art. 279, 580 e 594 c.c.[59] o con il ricorso ad altri strumenti. In ogni caso dovrà essere garantito al bambino il diritto a conoscere le proprie origini genetiche. La soluzione adeguata a ciascun caso concreto richiede la valutazione del rapporto genitoriale di fatto (che di fatto non è se si considera che nel fatto può essere contenuto il valore giuridico tale per cui esso stesso integra il diritto inviolabile), la condizione di ciascun bambino e degli altri interessi contrapposti.

Al fine di prevenire o limitare i danni derivanti dalla negata tutela delle relazioni genitoriali di fatto e pervenire ad una concreta tutela dei minori, è necessario ipotizzare un riconoscimento giuridico dei diritti inviolabili allo stato di persona-figlio derivati dal rapporto con il genitore intenzionale.

La Corte europea lascia alla discrezionalità degli Stati la scelta della misura adeguata alla tutela di un legame familiare, da valutarsi caso per caso a seconda dell’intensità del legame stesso. L’autorità nazionale non deve prevedere una misura volta necessariamente alla costituzione formale dello stato di figlio, ma può anche garantire la continuazione dell’esercizio della responsabilità genitoriale senza l’attribuzione del rapporto genitoriale. Ciò risponde alla necessità di offrire una possibilità di riconoscimento di un legame (diritti di stato) tra il bambino e chi ha esercitato la responsabilità o ha assunto volontariamente la medesima.

In questa direzione, come si è accennato, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto adeguata finanche la misura dell’affidamento ai genitori d’intenzione della bambina nata da maternità surrogata nell’ipotesi di insussistenza di legame biologico con i medesimi.

Per la Corte la misura nazionale deve essere idonea a creare un legame idoneo a tutelare, nell’interesse del minorenne, il diritto ad un rapporto genitoriale e, in questo caso, lo Stato convenuto ha «agito a sua discrezione in questa materia, con l’obiettivo di proteggere il suo divieto di maternità surrogata». Qualora la misura statuale contenuta in una sentenza passata in giudicato dovesse essere giudicata dalla Corte di Strasburgo sproporzionata, lesiva dei diritti di stato personale, la parte lesa potrebbe agire con la revocatoria.

La Consulta[60] ha invitato il legislatore ad intervenire per regolamentare le questioni relative all’accertamento della verità biologica o al riconoscimento del rapporto affettivo familiare consolidato, e più in generale, dei diritti connessi a tali accertamenti, senza limitare in maniera sproporzionata gli altri diritti elevati al rango costituzionale. Essa ha ammesso che il processo che si svolge per la persona che desidera far accertare la propria identità, sia essa biologica[61] o de facto[62] rischia di comportare non soltanto una violazione del principio della durata ragionevole del processo, ma anche un ostacolo «all’esercizio del diritto di azione sancito dall’articolo 24 della Costituzione italiana», e ciò a maggior ragione nel caso di azioni volte alla protezione dei diritti fondamentali relativi allo status e all’identità personale. Emerge la potenziale portata plurioffensiva della violazione dei diritti di stato in relazione all’art. 8 CEDU quali quello di azione (24 cost.), all’identità personale (art. 2 cost.) e i diritti ex art. 30 cost.[63] (comprendente il diritto al mantenimento e quelli successori). Portata plurioffensiva che dipende dalla effettiva lesione che la violazione ha determinato ad interessi integranti diritti inviolabili della persona. È dato acquisito che tra essi possano esservi anche diritti patrimoniali (e successori[64]). Violazione che potrà ledere contestualmente sia i diritti di stato della parte ricorrente sia di chi ne subisce direttamente gli effetti della violazione, pur non essendo parte processuale a Strasburgo. A titolo esemplificativo, l’accertamento dello stato di abbandono in violazione dell’art. 8 CEDU determinerà la cessazione del rapporto giuridico-formale di filiazione e con esso la recisione delle relazioni parentali con la famiglia d’origine. Pur se parte ricorrente a Strasburgo è il genitore, la cessazione di tale rapporto potrà ledere i diritti personali e patrimoniali del figlio in stato di adozione, quelli del genitore e di altre persone.

 

 

7.L’esperienza francese della revisione del giudicato in materia di diritti di stato delle persone

 

Con riferimento ai casi convenzionali idonei a dare luogo alla richiesta di revocazione si può esaminare quanto è avvenuto in Francia.

Il legislatore francese (art. 42 code de l’organitation judiciare novellato dalla legge n. 2016-1546 del 18 novembre 2016 legge di modernizzazione della giustizia del XXI secolo), come visto, ha introdotto la revocatoria delle sentenze in materia di stato delle persone contrastanti con una decisione di condanna della Corte di Strasburgo. Nel 2018 la disciplina ha avuto la prima applicazione in casi di gestazione per altri. Le sentenze riesaminate riguardano i casi Mennesson[65] e Bouvet[66] per i quali la Francia era stata condannata dalla Corte europea per violazione dell’art. 8 CEDU avendo impedito il riconoscimento del rapporto di filiazione dei bambini nati da gestazione per altri nei confronti del padre biologico. Il rifiuto delle autorità interne, per scoraggiare il ricorso alla pratica vietata, è ritenuto dal giudice convenzionale sproporzionato ed incompatibile con il preminente interesse del figlio al rispetto della vita privata e familiare. Gli studiosi d’oltralpe hanno sottolineato che “contrairement à une simple satisfaction équitable, le réexamen offre un remède aux enfants d’établir leur identité et les prémunir contre certains risques, notamment en matière successorale[67].

Di recente l’Italia è stata condannata per la stessa violazione riscontrata nei casi Mennesson e Bouvet. Nella sentenza (del 31 agosto 2023 nella causa C. c. Italia)[68] la Corte di Strasburgo ha affermato che l’art. 8 CEDU «richiede che il diritto interno offra una possibilità di riconoscimento del legame tra un minore nato da una GPA praticata all’estero e il padre intenzionale quando quest’ultimo è il padre biologico». La Corte ha concluso che vi è stata violazione del diritto al rispetto della vita privata della ricorrente ex art. 8 CEDU e che non vi è stata violazione dell’art. 8 nei confronti del padre genetico (§ 53). La ricorrente vincitrice a Strasburgo è la bambina apolide, nata nel 2019 da gestazione per altri. Il ricorso era stato presentato da coloro che nell’atto di nascita sono indicati come genitori.

Segnatamente, l’esperimento della revocatoria potrà riferirsi a tali sentenze nelle quali è stato negato il riconoscimento dello status conforme alla verità biologica. Il riesame potrà concludersi con una sentenza di accertamento dello status[69] che ha natura dichiarativa ed effetti legali retroattivi ex tunc, con decorrenza dalla nascita del figlio. Con la conseguenza che il figlio o eventualmente il genitore che abbia assunto il mantenimento in via esclusiva, hanno diritto di ricevere quanto dovuto dal genitore per il mantenimento non effettuato. In caso di premorienza del genitore biologico l’accertamento dello status farà acquisire al figlio i diritti successori[70].

8.Potenzialità applicative della revocatoria per violazioni dell’art. 8 CEDU incidenti su diritti della persona-figlio

 

I casi Mennesson e Bouvet esaminati in via revocatoria dal giudice francese hanno riguardato i nati da gestazione per altri privati dello status filiationis. Tale c.d. categoria non comprende esclusivamente i nati dal ricorso alla tecnica vietata dalla l. 40 del 2004.

In passato la situazione ha riguardato i nati da relazione incestuose. La riforma del diritto di famiglia del ’75 aveva mantenuto la scelta originaria del codice civile che li escludeva, salvi limitati casi, dal riconoscimento e dalla dichiarazione giudiziale di genitorialità. Dalla disciplina codicistica derivava una capitis deminutio perpetua ed irrimediabile, come conseguenza di comportamenti di terzi soggetti; una discriminazione compendiata nel lessico del legislatore, nell’espressione ‘figli incestuosi’ (punto 5 del considerato in diritto sentenza n. 494 del 2002). La Corte costituzionale (sentenza n. 494 del 2002) affermava che la Costituzione conosce all’art. 30, primo e terzo comma, solo due categorie di figli: quelli nati entro e quelli nati fuori del matrimonio, senza ulteriori distinzioni tra questi ultimi. Nella specie la Consulta attribuiva l’azione per la dichiarazione di paternità e maternità riconoscendo il diritto di azione del figlio, elemento costitutivo dell’identità della persona protetta dall’art. 2 cost. e dal principio personalistico che esso proclama. La declaratoria di illegittimità costituzionale degli artt. 278, comma 1, c.c. e 251, comma, 1, c.c. riconduceva all’art. 2 cost. il diritto di poter esperire l’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità. Allo status filiationis è riconosciuta la natura di diritto inviolabile ex art. 2 cost., salvo ragioni contrarie al suo stesso interesse. Ciò comprova che i diritti inviolabili sono della persona, in quanto persona, non in quanto figlio nato da relazione incestuosa, nato dentro o fuori del matrimonio. La non azionabilità e l’irriconoscibilità ledeva il diritto inviolabile della persona-figlio.

Anche la necessità di un doppio processo può costituire un ostacolo di fatto per il riconoscimento della genitorialità biologica quando i procedimenti sono lunghi e costosi. La Corte di Strasburgo, nel caso Scalzo c. Italia[71], ha esaminato la situazione della ricorrente la quale, per un problema di incompatibilità dei rapporti di filiazione avendo lo status di figlia del marito della madre, si è trovata nell’impossibilità di ottenere il riconoscimento dello status filiationis nei confronti del genitore biologico mediante l’azione per la dichiarazione di paternità. L’art. 253 c.c. subordina l’azione per la dichiarazione della paternità biologica al passaggio in giudicato della sentenza che dichiara il disconoscimento della paternità. La necessità di un doppio giudizio e la pendenza da oltre 12 anni del procedimento disconoscimento della paternità hanno determinato la lesione del diritto di azione (24 cost.) e contestualmente dell’identità personale e dei diritti successori della ricorrente. Infatti, la situazione di incertezza sulla identità personale rischia, nelle more dell’accertamento dello status filiationis, che gli eredi del padre biologico deceduto nel corso del lungo procedimento possano dissipare l’eredità[72]. La Corte considera che, nel caso di specie, l’interessata è mantenuta in uno stato di incertezza prolungata per quanto riguarda la sua identità personale. Lo svolgimento del procedimento lede in maniera sproporzionata il diritto al rispetto della sua vita privata. Essa ritiene, nelle circostanze del caso di specie, che le autorità italiane si siano sottratte all’obbligo positivo di garantire il diritto della ricorrente al ‘rispetto’ della sua vita privata. Di conseguenza rileva che vi è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.

Se si condividono le indicazioni desumibili dalla giurisprudenza della Consulta, convergenti con quelle della Corte dei diritti dell’uomo, talune sentenze interne passate in giudicato in violazione dell’art. 8 CEDU possono attribuire un potenziale ambito applicativo dell’art. 391 quater c.p.c.

Qualora dovesse condividersi l’interpretazione in questa sede proposta, la trascrizione della domanda di revocazione di tali sentenze potrebbe svolgere una funzione cautelare, prenotativa rispetto agli effetti della sentenza di revocazione che l’accoglie nel merito. L’art. 391 quater, ult. comma, c.p.c. stabilisce che l’accoglimento della revocatoria non può pregiudicare i diritti acquisiti dai terzi di buona fede. Dovrà trattarsi di terzi «che, in buona fede, abbiano acquistato un diritto sulla base della decisione oggetto di impugnazione per revocazione». Così ad esempio, la sentenza interna potrà, mediante un’adozione piena ‘sproporzionata’, attribuire un nuovo status filiationis e recidere il rapporto giuridico con il genitore biologico[73]; la durata e la complessità della procedura interna potranno di fatto ostacolare il diritto di azione, ledere quello all’identità personale e determinare un’incertezza sullo stato familiare[74], o ancora, la sentenza interna potrà non riconoscere i diritti anche successori discendenti dall’esistenza del rapporto familiare de facto[75]. In questi casi la persona titolare dei diritti di stato, trovandosi nell’incertezza sulla identità personale e familiare, rischierebbe, nelle more della sentenza conclusiva della fase rescissoria del giudizio di impugnazione, che gli altri eredi del genitore (biologico o di fatto) deceduto possano trasferire a terzi i beni ereditari. La trascrizione della domanda di revocazione potrebbe tutelare, da un lato, i diritti di stato (anche successori) ex art. 8 CEDU e, dall’altro, i terzi potenziali acquirenti dagli eredi. I terzi dopo la trascrizione della domanda di revocazione potranno decidere di acquistare i beni sub condizione risolutiva dell’accoglimento dell’impugnazione che accerterà lo status personale e familiare.

Il giudice del riesame dovrà valutare la situazione sostanziale lesa in conflitto con quella vantata dai terzi. Una valutazione di prevalenza e compatibilità da effettuare secondo ragionevolezza e proporzionalità per l’adozione di misure che siano fattibili, tempestive, adeguate e sufficienti per garantire la riparazione proporzionata in relazione agli interessi coinvolti[76].

*La redazione dei paragrafi 1-2- 5- 6- 7 e 8 è da attribuire a Giovanna Chiappetta e la redazione dei paragrafi 3 e 4 a Gianpaolo Caruso

[1]Corte cost. n. 113 del 2011.

[2] Corte cost. n. 93 del 2018.

[3] L. n. 2016-1547 del 18 novembre 2016.

[4] A. Merone, Revocatoria a seguito di sentenze emesse dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (artt. 391 quater, 397 c.p.c.; 2652, 2690 c.c,), in La riforma Cartabia del processo civile. Commento al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, R. Tiscini (cur.), Pisa, 2023, p, 613.

[5] Per gli approfondimenti v. E. D’Alessandro, Revocazione della sentenza civile e Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Riv. dir. proc., 2022, 1, p. 217 ss.

[6] La procedura di infrazione di cui alle riunioni del Comitato dei Ministri n. 1428° dell’8-9 marzo 2022 (DH), H46-17 Gruppo Terna (Richiesta n. 21052/18) e R.V. e altri (Richiesta n. 37748/13) c. Italia sono reperibili in www.coe.int/fr/web/cm/execution-judgments e in Hudoc.exec.coe.int.

[7] Zhou c. Italia, n. 33773/11, 21 gennaio 2014, S.H. c. Italia, n. 52557/14, 13 ottobre 2015 e Akinnibosun c. Italia, n. 9056/14, 16 luglio 2015; A.I. c. Italia n. 70896/17, 1° aprile 2022; D.M. e N. c. Italia, n. 60083/19, 20 gennaio 2022.

[8] A.I. c. Italia n. 70896/17, cit., § 65.

[9] Zhou c. Italia, cit.

[10] La Corte cost. con la sentenza di inammissibilità n. 183 del 2023 ha offerto un’interpretazione adeguatrice alla Costituzione dell’art. 27, terzo comma, della legge n. 184 del 1983, che consente, al giudice di valutare in concreto la sussistenza del preminente interesse del minore a mantenere talune positive relazioni socio-affettive con componenti della famiglia di origine. La cessazione dei rapporti con la famiglia biologica attiene di necessità e inderogabilmente al piano delle relazioni giuridico-formali. Quanto, invece, alla interruzione dei rapporti di natura socio-affettiva, la norma racchiude una presunzione solo iuris tantum che il distacco di fatto dalla famiglia d’origine realizzi l’interesse del minore.

[11] Il piano d’azione è la relazione dello Stato sottoposto ad una procedura di esecuzione che espone le misure adottate per dare attuazione alle sentenze della Corte di Strasburgo.

[12] D.M. e N. c. Italia, ricorso n. 60083/19, sentenza definitiva del 20 aprile 2022, § 101.

[13] Corte EDU 9 ottobre 1979, caso Airey c. Irlanda, ricorso n. 6289/73. Sul principio di effettività delineato dalla Corte di Strasburgo, v. Corte EDU, 18 dicembre 1996, Loizidou c. Turchia, ricorso n. 15381/89, § 50.

[14] La Consulta qualifica talune leggi come costituzionalmente necessarie (sentenze nn. 16/1978; 35/1997; 49/2000; 45/2005). Si tratta di «leggi ordinarie la cui eliminazione determinerebbe la soppressione di per situazioni che tale tutela esigono secondo la Costituzione». La Corte di Strasburgo ha eretto l’effettività a principio tacito della CEDU. V. Raccomandazione R(2000) 2 sul riesame o la riapertura di alcuni casi a livello nazionale a seguito di sentenze della Corte europea dei diritti umani.

[15] Cfr D’Alessandro Revocazione della sentenza civile e convenzione europea dei diritti dell’uomo, in riv dir proc. 2022, p. 217 e ss

[16] Cfr. D’Alessandro, L’attuazione delle pronunce della Corte Europea dei diritti dell’uomo accertanti violazioni convenzionali perpetrate da un giudicato civile, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2018, p. 711 ss.; Auletta, Uno stress test per la revocazione, in Giusto proc. civ., 2020, p. 83 ss.

[17] Pothier: “L’autorité de la chose jugée fait présumer vrai et équitable fout ce qui est contenu dans le jugement” (Œuvres. Bruxelles, Tarlier, 1884, t. 8. p. 42).

[18] Graziosi, Le nuove norme sul giudizio di cassazione e sulla revocazione, in riv. dir. proc. 2023, p. 695

[19] Cfr ancora Mondini La nuova, limitata, ipotesi di revocazione straordinaria di decisioni contrarie alla CEDU, op. cit.

[20] Frezza “Diritti di stato della persona”, trascrizione della domanda di revocazione ex art. 2652, comma 1, n. 9-bis e inapplicabilità della relativa disciplina,  2023,

[21]  Salvo che non si voglia fare riferimento alle questioni ereditare o di successione del diritto a titolo particolare o con atto inter vivos susseguenti all’identità personale del soggetto. Tale ultima conclusione ricondurrebbe l’istituto esattamente, in ordine al suo ambito di azione, a quello francese. contrairement à une simple satisfaction équitable, le réexamen permet aux enfants d’établir leur identité et les prémunit contre certains risques, notamment en matière successorale. Cfr Caire Vers un reexamen des decisions civiles definitivement rendues en matiere d’etat del personnes apres une condemnation de la Cour europeenne des droits de l’homme? Recueil Dalloz, 2016, p. 2152. Cfr infra § 4.

[22] Menchini, Osservazioni sulla revocazione per ( accertate) violazioni della CEDU, in judicium.it 13 aprile 2023, par 5

[23] A ben vedere, però, stante ancora la formulazione letterale di cui all’art. 2907 cc secondo cui l’autorità giudiziaria provvede alla tutela giurisdizionale dei diritti anche su istanza del pubblico ministero ma solo quando la legge lo dispone, pone la figura del PM in chiave eccezionale rispetto al generale principio del parallelismo tra titolarità del diritto e titolarità dell’azione, che non consente di operare alcuna estensione in chiave analogica.

[24] Menchini, ult. op. cit. par 3

[25] Sembra potersi utilmente richiamare Cass., 2023, n. 7758 in materia di ammissibilità del ricorso per revocazione ex art 391 bis c.p.c. delle pronunce di cassazione con rinvio.

[26] Ad ogni modo, sull’esperibilità e i limiti del ricorso straordinario per Cassazione ex art. 111 Cost., cfr. Cass. SS.UU., 2018, n. 11849,  da ultimo Cass. SS.UU., 2021, n.10107.

[27] Sulla discutibile limitazione della procedura di revocazione in Francia al solo settore dello status personale cfr anche Vial, Le réexamen des décisions civiles rendues en matière de gestation pour autrui – Procédure, enjeux et perspectives , in Les mutations contemporaines du droit de la famille, PUG 2020.

[28] “Tant qu’à introduire unetelle procédure en droit privé, on aurait pu éviter d’établir implicitement une hiérarchie

entre les droits garantis par la Convention européenne des droits de l’homme et seprotocoles additionnels, et comme on peine à croire qu’une procédure de réexamen serait moins justifiée ou moins utile en matière patrimoniale qu’en matière d’état des personnes, on regrettera que l’article 42 n’ait pas été étendu à tout le droit privé”. cfr Le Bars T.,  Convention européenne des droits de l’homme et état des personnes : instauration d’une procédure de réexamen des décisions de justice en matière civile , Dir. fam. 2017, dossier 12.

[29] Ancora Le Bars che esclude la capacità da l’état des personnes in forza dell’articolo 3 del Code civil il quale dispone che  Les lois concernant l’état et la capacité des personnes régissent les Français […] . Le Bars, « Convention européenne des droits de l’homme et état des personnes, op. cit. p 23.

[30] sul punto cfr Chénedé Rèexamen d’une decisio civile aprè condamnation par la CEDH, in AJ Famille, 2016, p. 595 secondo l’A. De proche en proche, l’état des personnes pourrait être assimilé demain à l’ensemble des questions aujourd’hui subsumées par la Cour européenne des droits de l’homme sous le droit au respect de la vie privée et familiale

[31] Caire, Vers un réexamen des décisions civiles définitives rendues en matière d’état des personnes après une condamnation de la CEDH ?, D. 2016 p 2152; si veda anche Gouttenoire, Le statut sur mesure des enfants nés de GPA à l’étranger, JCP 2017 p1691

[32] Diversamente, invece da quanto previsto invece in Spagna dove ai sensi dell’art. 510.2 è: se podrá interponer recurso de revisión contra una resolución judicial firme cuando el Tribunal Europeo de Derechos Humanos haya declarado que dicha resolución ha sido dictada en violación de alguno de los derechos reconocidos en el Convenio Europeo para la Protección de los Derechos Humanos y Libertades Fundamentales y sus Protocolos, siempre que la violación, por su naturaleza y gravedad, entrañe efectos que persistan y no puedan cesar de ningún otro modo que no sea mediante esta revisión, sin que la misma pueda perjudicar los derechos adquiridos de buena fe por terceras personas.

[33] Cfr Corte EDU 26 giugno 2014, n. 65192/11, Mennensson/ Francia. Il caso riguarda  un contratto di maternità surrogata negli Stati Uniti da cittadini francesi. Gli embrioni sono stati concepiti mediante fecondazione in vitro utilizzando lo sperma del marito e gli ovociti donati da un amico della coppia. Nel 2000, la madre surrogata ha dato alla luce due bambine. A seguito di una sentenza della Corte Suprema della California, che ha stabilito che il marito e la moglie erano rispettivamente “padre e madre dei nascituri” della madre surrogata, i certificati di nascita delle gemelle hanno indicato i Mennesson come genitori delle bambine. La Corte di  Cassazione Francese ha impedito ai coniugi di trascrivere gli atti di nascita stranieri dei figli nei registri dello stato civile francese. Invocando una violazione dei loro diritti fondamentali, i coniugi Mennesson hanno quindi presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo.  Cfr infra § 7.

[34] Merchadier L’execution des arrets de la Cour europenne des droits de l’homme en matiere civile,  RTD H, 2015, n. 104, p 877

[35] Il nuovo art. 391-quater c.p.c. per come introdotto dal d.lgs. 149/22 non ha espressamente delineato i soggetti legittimati ad agire.  Di conseguenza, dalla lettura complessiva della norma, si potrebbero ipotizzare due distinte soluzioni interpretative che alternativamente ristringono o ampliano l’ambito della platea di chi può utilmente coltivare l’azione in revocazione di una sentenza passata in giudicato per contrarietà alla Convenzione ovvero ai suoi protocolli.

La prima soluzione interpretativa, restrittiva, non dovrebbe attribuire la legittimazione ad agire in giudizio con lo strumento della revocazione ex art. 391-quater c.p.c. a chi, pur essendo stato parte del giudizio interno e nonostante versi nella stessa situazione del ricorrente dinanzi la Corte EDU, non abbia proposto parimenti ricorso a Strasburgo. Assume rilievo qui la formulazione del primo comma dell’art. 391-quater c.p.c., il quale fa riferimento alle decisioni assunte dalla Corte ed evocando dunque il relativo processo in quella sede celebrato.

Rilevato che il giudizio a Strasburgo prevede solitamente due parti – il ricorrente e lo Stato nei confronti del quale si ritiene di far valere la violazione di un diritto protetto in quella sede –, aderire a tale soluzione interpretativa significherebbe limitare la legittimazione ad agire esclusivamente alla parte (ovvero ai suoi eredi e aventi causa) che abbia fatto ricorso alla Corte EDU e che abbia ottenuto una sentenza favorevole nei confronti dello Stato responsabile della violazione. (Cfr. Buffa, Rel. n. 112 del 7.6.2012 dell’Ufficio del massimario della Corte di cassazione, p. 32 contra Sciarabba, Il giudicato e la CEDU, Padova, 2013; AA.VV., La CEDU e il ruolo delle Corti, a cura di Gianniti, Bologna, 2015, favorevole alla possibilità di estendere il vincolo ai privati controparti del ricorrente, che potrebbero essere invitati a intervenire in quanto “persona interessata” ai sensi dell’art. 36, par. 2, CEDU).

La seconda, più permissiva, in linea con la genericità testuale del n. 1 dell’art. 391-quater c.p.c., attribuirebbe la legittimazione a chiunque, parte del giudizio interno, abbia subito un pregiudizio del “diritto di stato della persona” accertato dalla Corte EDU, avendo sempre riguardo alle condizioni di ammissibilità di cui infra.

Dunque, la legittimazione attiva spetterebbe non solo a colui che abbia partecipato al processo avanti alla Corte EDU, ma anche a tutti coloro che, in quanto parti del giudizio interno, affermino, nel rispetto del rapporto processuale originario, di essere stati pregiudicati dalla violazione del diritto convenzionale accertata dalla Corte sovranazionaleCfr. Graziosi, Note sulla riforma del giudizio in cassazione nell’anno 2022, par. 5.

Nessun dubbio invece insiste sulla legittimazione attiva del PM, attesa la riforma dell’art. 397 ult. cpv. c.p.c.  che prevede espressamente il potere del Procuratore generale presso la Corte di cassazione di promuovere revocazione ex art. 391-quater c.p.c.

Va certamente esclusa, poi, la legittimazione di coloro che siano estranei al giudizio nazionale oggetto di esame da parte della Corte EDU e non abbiano fatto autonomo ricorso a quest’ultima nei termini previsti dalla Convenzione, benché si trovino in posizione analoga a quella del ricorrente vittorioso. E ciò anche nei casi in cui la sentenza della Corte metta in evidenza vizi presenti nell’ordinamento interno, obbligando lo Stato all’adozione di misure generali di esecuzione (che dunque potranno essere di natura normativa o interessare i rapporti non ancora esauriti)Cfr Explanatory Memorandum alla Raccomandazione 2002 (2), che lascia agli Stati il potere di regolare discrezionalmente queste ipotesi: «14. The recommendation does not address the special problem of “mass cases”, i.e. cases in which a certain structural deficiency leads to a great number of violations of the Convention. In such cases it is in principle best left to the State concerned to decide whether or not reopening or re-examination are realistic solutions or, whether other measures are appropriate».

Nel silenzio dell’articolo devono ritenersi soggetti legittimati passivi le parti originarie del giudizio interno.( cfr Menchini, Osservazioni sulla revocazione per (accertate) violazioni della CEDU, disponibile sul sito judicium.it, 2023).

[36] Tale disposizione ha evidentemente il fine di evitare il ricorso massivo all’istituto

[37] Cfr Corte di Cassazione Francese n. 12-26.066 del 4 dicembre 2023, n. 14-20.790 del 10 giugno 2015; n. 14-22.095 del 17 dicembre 2015

[38] Il principio di proporzionalità viene utilizzato nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo per valutare il corretto bilanciamento nel rapporto tra le libertà fondamentali della CEDU e gli interessi pubblici che i singoli Stati vogliono perseguire. Si richiede una verifica giurisprudenziale di tipo oggettivo, in quanto esso tiene in considerazione il rapporto tra la limitazione del diritto o della libertà fondamentale e l’interesse pubblico da perseguire, verificando la fattispecie con riferimento alla circostanza specifica riscontrata concretamente. In questo modo quindi i  diritti e le libertà fondamentali sanciti dalla CEDU vengono maggiormente tutelati.

Il principio di proporzionalità viene utilizzato inoltre come criterio per stabilire il limite di restrizione delle libertà fondamentali anche a livello dei singoli stati membri e, pertanto, per verificare l’idoneità della normativa nazionale che regolamenta i suddetti diritti fondamentali sanciti dalla CEDU., tende così a configurarsi quale criterio determinante per la generale protezione dei diritti fondamentali sanciti dalla CEDU. Lo stesso rappresenta così il principale punto di riferimento per la Corte europea dei diritti dell’uomo, capace di indirizzare quest’ultima a scelte decisive ed importanti per il bilanciamento dei diritti fondamentali con gli obiettivi di rilevanza generale.  Cfr D.U. Galetta, Il principio di proporzionalità nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, fra principio di necessarietà e dottrina del margine di apprezzamento statale: riflessioni generali su contenuti e rilevanza effettiva del principio, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 1999, 743 ss.

[39] V. Parere del CSM sul disegno di legge governativo n. 1662/2020 e sullo schema di decreto legislativo di riforma del processo civile, www.csm.it/web/csm-internet/-/parere-sul-disegno-di-legge-governativo-n-1662-2020-di-riforma-del-processo-civile, p. 30 e 31. Frezza, “Diritti di stato della persona”, trascrizione della domanda di revocazione ex art. 2652, comma 1, n. 9-bis e inapplicabilità della relativa disciplina, in Judicium, 2023.

[40] Così testualmente, Menchini, Osservazioni sulla revocazione per (accertate) violazioni della CEDU, in Judicium, 2023, § 3; Caruso, La nuova ipotesi di revocazione ex art. 391 quater c.p.c., in corso di pubblicazione in Riv. trim. dir. proc. civ.

[41]Mondini, La nuova, limitata, ipotesi di revocazione straordinaria di decisioni contrarie alla CEDU, in Judicium, 2023.

[42] Meroni, Revocatoria a seguito di sentenze emesse dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, cit., p, 611 e M. Pagnotta, La nuova ipotesi di revocazione della sentenza civile, in Judicium, 2023.

[43] Frezza, “Diritti di stato della persona”, cit.

[44] Frezza, “Diritti di stato della persona”, cit.

[45] Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, p. 77, e rettifica in GU 2004, L 229, p. 35), reperibile in curia.europa.eu.

[46] Grande Sezione della Corte di giustizia nel caso SM c. Entry Clearance Officer, UK Visa Section, Causa C-129/18, CGUE, sentenza del 26 marzo 2021.

[46] In particolare, al punto 27 della sentenza si legge che ai sensi del provvedimento giudiziario di Kafala algerina i coniugi si erano impegnati a «impartire alla minore…un’educazione secondo i precetti della religione islamica …trattarla come se fossero i genitori naturale». La Corte afferma che l’obiettivo della direttiva consiste nel «preservare l’unità della famiglia in senso più ampio», agevolando l’ingresso e il soggiorno delle persone che presentano vincoli familiari stretti e stabili con un cittadino dell’Unione in ragione di circostanze di fatto specifiche, quali una dipendenza economica, un’appartenenza al nucleo familiare o gravi motivi di salute.

[47] La Corte conclude che è compito delle autorità nazionali agevolare l’ingresso ed il soggiorno di un minore posto sotto la tutela di cittadini dell’Unione a titolo della kafala algerina in quanto ‘altro familiare’ di un cittadino dell’Unione, procedendo ad una valutazione equilibrata e ragionevole di tutte le circostanze attuali e pertinenti del caso di specie, che tenga conto dei diversi interessi presenti e, in particolare, dell’interesse superiore del minore in questione. Tale valutazione deve prendere in considerazione anche gli eventuali rischi concreti e individualizzati che il minore interessato sia vittima di abuso, sfruttamento o tratta dei minori.

[48] Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-europeo delle fonti, I, Metodi e tecniche, 4a ed., Napoli, 2020, p. 247 ss.

[49] V., per l’adozione internazionale, l’art. 30 Convenzione Aja sull’adozione internazionale, che richiede alle autorità di ciascuno stato contraente di conservare le informazioni sulle origini del minorenne adottato.

[50] Ibid., p. 2.

[51] Sui criteri interpretativi della Corte di Strasburgo, v. Chiappetta, Famiglie e minori nella leale collaborazione tra le Corti, Napoli, 2011, p. 1 ss. Sul metodo della Corte di Strasburgo delle nozioni autonome si v. anche De Bernardinis, B. Juges ordinaires et droit européen, in Revue générale du droit on line, 2021, numéro 55540 (revuegeneraledudroit.eu).

[52] Lo status filiationis è lo statuto normativo che riconosce o diritti e doveri di figlio a prescindere dal vincolo familiare, è uno statuto della persona-figlio, non uno status familiae.

[53] Corte cost. 26 settembre 1998, n. 347. Si tratta di tutelare anche la persona nata a seguito di fecondazione assistita eterologa, venendo inevitabilmente in gioco plurime esigenze costituzionali: «è interesse del minore non vedersi privato del nome, dell’identità personale e della stessa possibilità di avere un padre; risponde a fondamentali principi costituzionali che ogni figlio abbia diritto ad essere mantenuto, istruito ed educato dai propri genitori, tali dovendosi considerare quelli che hanno preso la decisione della sua procreazione (di intenzione); mentre nessun rapporto di paternità potrebbe essere instaurato col padre biologico».

[54] Definita «vita familiare di fatto» dalla Corte di Strasburgo a far data dalla sentenza del 27 aprile 2010, nel caso Moretti e Benedetti c. Italia, ricorso n. 16318/07. La Corte accoglie il ricorso presentato da due cittadini italiani per la tutela del legame instaurato con una bambina a seguito di un affidamento temporaneo. La Corte, considerando il forte legame stabilitosi tra i ricorrenti e la bambina, ha statuito, nonostante l’assenza di un rapporto giuridico di parentela, che esso potesse rientrare nella nozione di vita familiare ai sensi dell’articolo 8 CEDU. Nel caso di specie i giudici rilevano in concreto la stabilità dei legami, tenendo conto del tempo vissuto dai ricorrenti con il bambino, la qualità delle relazioni affettive instaurate ed il ruolo da loro assunto nei confronti del minore. La Corte di Strasburgo ha riconosciuto le relazioni ‘familiari’ de facto tra uno o più adulti ed un minore in assenza di legami biologici. La Corte EDU (Grande Camera) nella sentenza Paradiso e Campanelli c. Italia del 24 gennaio 2017 ha, difatti, affermato che: «140. […] Il concetto di “famiglia” di cui all’articolo 8 riguarda le relazioni basate sul matrimonio ed anche altri legami “familiari” de facto». 148. La Corte deve accertare se, nelle circostanze di causa, la relazione tra i ricorrenti ed il minore rientri nella sfera della vita familiare ai sensi dell’articolo 8. La Corte accetta, in determinate situazioni, l’esistenza di una vita familiare de facto tra un adulto o degli adulti ed un minore in assenza di legami biologici o di un legame riconosciuto giuridicamente, a condizione che vi siano legami personali effettivi. 151. È pertanto necessario, nel caso di specie, esaminare la qualità dei legami, il ruolo rivestito dai ricorrenti nei confronti del minore e la durata della convivenza tra loro ed il minore. 153. Sarebbe certamente poco opportuno definire una durata minima della convivenza necessaria per costituire una vita familiare de facto, visto che la valutazione di ogni situazione deve tenere conto della “qualità” del legame e delle circostanze di ciascun caso».

[55] La Corte di giustizia, nel caso O. e S. del 6 dicembre 2012 C 357/11, ha riconosciuto il diritto al permesso di soggiorno al genitore sociale (extracomunitario) di un minore, cittadino europeo, al fine di salvaguardare l’unità familiare e di garantire al minore i diritti rilevanti dalla cittadinanza europea.

[56] Analogamente nella sentenza n. 32 del 2021 (§ 2.4.1.3): «La condizione di nati a seguito di PMA eterologa praticata in un altro paese, in conformità alla legge dello stesso, da una donna, che aveva intenzionalmente condiviso il progetto genitoriale con un’altra donna e, per un lasso di tempo sufficientemente ampio, esercitato le funzioni genitoriali congiuntamente, dando vita con le figlie minori a una comunità di affetti e di cure. La circostanza che ha indotto la madre biologica a recidere un tale legame nei confronti della madre intenzionale, coincidente con il manifestarsi di situazioni conflittuali all’interno della coppia, ha reso affatto evidente un vuoto di tutela»; altresì rilevando che pur «in presenza di un rapporto di filiazione effettivo, consolidatosi nella pratica della vita quotidiana con la medesima madre intenzionale, nessuno strumento [di quelli indicati nell’ordinanza di remissione] può essere utilmente adoperato per far valere i diritti delle minori: il mantenimento, la cura, l’educazione, l’istruzione, la successione e, più semplicemente, la continuità e il conforto di abitudini condivise».

[57] V. la domanda di parere della Cassazione francese n. 638 del 5 ottobre 2018, in www.courdecassation.fr.

[58] In particolare, non ha condannato l’operato delle autorità islandesi, che hanno rifiutato il riconoscimento di un bambino nato in California con la maternità surrogata e senza alcun legame genetico con la coppia di cittadine richiedenti. Le due donne, rientrate in Islanda con il neonato tre settimane dopo la nascita, avevano chiesto la cittadinanza islandese per il minore e il riconoscimento del rapporto di filiazione della coppia. Il bambino, essendo nato da madre americana e vigendo in Islanda il divieto di ricorrere alla maternità surrogata, è stato considerato minore non accompagnato e dato in affidamento alle due donne.

Il bambino è cresciuto con le due donne, che nel frattempo avevano entrambe un nuovo legame. Secondo la Corte europea, la sentenza della Corte islandese, avendo riconosciuto l’affidamento del minore alla coppia, ha adottato le misure necessarie «per salvaguardare la vita familiare delle ricorrenti».

[59] Sul punto, sia consentito il rinvio a Chiappetta, L’applicabilità dell’art. 279 c.c. alla filiazione “incerta e/o sospesa”, in Dir. succ. fam., 2022, 1, p. 37 ss.; Ead., Filiazione incerta o sospesa e l’applicabilità dell’art. 279 c.c., in Teoria e Prassi del Diritto, 2022, 2, p. 511 ss.; Ead., La sentenza della Corte di Strasburgo nel caso Scalzo c. Italia del 6 dicembre 2022 e l’applicabilità degli artt. 279, 580 e 594 c.c. italiano, in LCE online, 2023, 1 (www.lceonline.eu); Ead., Le genitorialità sospese o incerte. La Kafala e la responsabilità dell’art. 279 c.c., in Nuovi paradigmi della filiazione. Atti del Primo Congresso Internazionale di Diritto delle Famiglie e delle Successioni, V. Barba, E.W. Di Mauro, B. Concas e V. Ravagnani (cur.), Roma, 2023, p. 841 ss., spec. p. 857 ss.

[60] Corte cost. sentenze nn. 32 e 33 del 2021, n. 177 del 2022. Corte edu, sentenza del 6 dicembre 2022, caso Scalzo c. Italia, ricorso n. 8790/21.

[61] Caso di chi ha acquisito uno status mediante la presunzione di paternità e per poter far accertare la paternità biologica deve agire con l’azione di disconoscimento di paternità e successivamente quella per la dichiarazione di paternità. Accertamento che rappresenta per la Consulta un fardello troppo pesante per i tempi ed i costi di un doppio processo; Corte cost., n. 177 del 2022, cit.

[62] Corte cost. 26 settembre 1998, n. 347, cit.

[63] Corte cost. 26 settembre 1998, n. 347, cit., nella quale Consulta ha riconosciuto al nato da procreazione eterologa nei confronti «di chi si sia liberamente impegnato ad accoglierlo assumendone le relative responsabilità … non solo i diritti e doveri previsti per la sua formazione, in particolare dagli artt. 30 e 31 della Costituzione, ma ancor prima – in base all’art. 2 della Costituzione».

Sullo status sostanziale di figlio, v. i lavori citati supra, alla nota n. 33.

[64] Ciò dovrebbe comportare, però, che non tutti i diritti successori sono diritti fondamentali!

[65] Corte EDU, Mennesson c. Francia, sentenza del 26 giugno 2014, ricorso n. 65192/11.

[66] Corte EDU, Foulon e Bouvet c. Francia, sentenza del 21 giugno 2016, ricorsi nn. 9063/14 e 10410/14.

[67] Caire, Vers un réexamen des décisions civiles définitivement rendues en matiére d’etat des personnes après une condamnation de la Court européenne des droits de l’homme?, Recueil Dalloz, 2016, p. 2152; Delahas, Le réexamen des affaires civiles à la suite d’une condamnation de la Cour européenne des droits de l’homme en matiére d’etat des personnes dans la loi “justice du XXIe siècle”, in Revue juridique de l’Ouest, 2017-4, p. 56.

[68] Ricorso n. 47196/21.

[69] Cass. 4 novembre 2010, n. 22506; Cass. ordinanza 13 giugno 2022, n. 19009; Cass. 19 febbraio 2020, n. 3991. Allo status genitoriale si collega, con decorrenza dalla nascita del figlio, l’obbligazione di mantenimento, con la conseguenza che il figlio o eventualmente il genitore che abbiano assunto il mantenimento in via esclusiva, hanno diritto di ricevere la somma dovuta dal genitore per il mantenimento non effettuato.

[70] I diritti spettano alla persona-figlio anche qualora l’accertamento della filiazione avvenga a seguito della dichiarazione giudiziale di paternità o maternità dopo la morte del testatore. La Cassazione, con la sentenza 21 maggio 2019, n. 13680, ha affermato in relazione all’art. 687 c.c.: la sopravvenienza di figli, idonea a giustificare la revoca del testamento, ricorre «anche quando venga esperita vittoriosamente nei confronti del testatore l’azione di accertamento della filiazione … senza che abbia alcun rilievo che la dichiarazione di paternità o la proposizione della relativa azione intervenga dopo la morte del de cuius, né che quest’ultimo, quando era in vita, non abbia voluto riconoscere il figlio, pur essendo a conoscenza della sua esistenza».

[71] Corte Edu, sentenza del 6 dicembre 2022, cit.

[72] Così si legge al paragrafo 53 della sentenza: La ricorrente rammenta inoltre che, quando il suo status di figlia naturale sarà accertato, gli eredi del suo padre biologico avranno già dissipato tutto il patrimonio e venduto tutti i beni che le sarebbero dovuti.

[73] V. Corte cost. n. 177 del 2022; Corte EDU, C. c. Italia, sentenza del 31 agosto 2023, ricorso n. 47196/21.

[74] Corte EDU, caso Scalzo c. Italia, cit.

[75] Corte cost. nn. 32 e 33 del 2021; Corte cost. n. 183 del 2023. Cass. 4 novembre 2010, n. 22506; Cass. ordinanza 13 giugno 2022, n. 19009; Cass. 19 febbraio 2020, n. 3991.

[76] Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-europeo delle fonti, V, Tutela e giurisdizione, 4a ed., cit., p. 116 ss.; Perlingieri, Profili applicativi della ragionevolezza nel diritto civile, Napoli, 2015, passim, ma spec. p. 86 ss; Id., Ragionevolezza e bilanciamento nell’interpretazione recente della Corte costituzionale, in Riv. dir. civ., 2018, 3, pp. 716-719 e 732 ss. Il giudice nazionale dovrà valutare se l’interessato sia stato insufficientemente protetto con l’equo indennizzo della Corte di Strasburgo, se la violazione costatata sia grave da giustificare un riesame della decisione interna definitiva, se il tempo di svolgimento del processo interno abbia reso impossibile la reductio in pristino della situazione dell’interessato, se vi sia un terzo in buona fede da tutelare. L’eventuale rigetto dell’impugnativa che se in violazione degli artt. 6, 8 e 13 CEDU potrà nuovamente dar via al ricorso a Strasburgo.