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L’annoso dibattito sull’impugnazione incidentale tardiva: il “nuovo” intervento delle Sezioni Unite su un problema “sempreverde”
Di Beatrice De Santis -
Cass. Sez. Un. 28/03/2024, n. 8486
L’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile anche quando rivesta le forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte destinataria dell’impugnazione principale, in ragione del fatto che l’interesse alla sua proposizione può sorgere dall’impugnazione principale.
Il principio secondo cui l’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile pure quando rivesta le forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte destinataria dell’impugnazione principale è applicabile anche con riferimento all’interesse insorto a seguito di un’impugnazione incidentale tardiva.
Il principio di consumazione dell’impugnazione non esclude che, fino a quando non intervenga una declaratoria di inammissibilità, possa essere proposto un secondo atto di impugnazione, immune dai vizi del precedente, destinato a sostituirlo e relativo anche a capi della sentenza diversi da quelli oggetto del precedente atto di impugnazione.
1.La vicenda – Cass., Sez. Un., 28/03/2024, n. 8486, si pronuncia, e lo fa nell’interesse della legge[1], sulla questione dell’impugnazione incidentale tardiva[2]. In particolare, le Sezioni Unite intervengono sulla seguente questione di diritto: se sia ammissibile una impugnazione incidentale tardiva nelle forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell’impugnazione principale, in ragione del fatto che l’interesse alla sua proposizione sorge dall’impugnazione principale, oppure se la stessa possa essere esperita – tenuto conto del tenore letterale dell’art. 334, comma 1, c.p.c. – soltanto dalla parte “contro” la quale è stata proposta l’impugnazione principale o da quella chiamata ad integrare il contraddittorio a norma dell’art. 331 c.p.c..
Il caso concreto ha offerto, poi, lo spunto per affrontare un’ulteriore questione sul concetto di esaurimento del diritto di impugnazione: la possibilità di presentare una nuova impugnazione, precisano le Sezioni Unite, resta aperta fino a che non si manifesti una dichiarazione di inammissibilità e/o di improcedibilità dell’impugnazione precedente.
L’intervento delle Sezioni Unite si è reso necessario a seguito della ordinanza di rimessione della Prima Sezione civile (Cass., ord. int., 17 luglio 2023, n. 20588), per contrasto all’interno della giurisprudenza delle Sezioni della Suprema Corte[3].
E’ bene muovere dal caso concreto all’esame della Corte: in un giudizio di responsabilità promosso ex art. 146 l. fall. nei confronti di più amministratori di una società, tre soggetti erano condannati in solido dal Tribunale al pagamento di una somma di denaro nei confronti del fallimento della società. Per quello che qui interessa, i tre coobbligati solidali impugnavano la sentenza di condanna: il primo proponeva appello principale; il secondo avanzava appello incidentale adesivo con comparsa di risposta depositata entro il termine stabilito per la costituzione, ma quando ormai erano decorsi oltre trenta giorni dalla notifica dell’appello principale; il terzo, infine, si costitutiva in udienza con comparsa “contenente di fatto” un’impugnazione incidentale tardiva adesiva a quella principale, per di più instaurando, contemporaneamente, con atto di citazione, un secondo giudizio di appello avverso la sentenza, poi riunito al primo ai sensi dell’art. 335 c.p.c..
La Corte d’Appello di Milano, per quel che qui interessa, riteneva l’appello da ultimo proposto alla stregua di una impugnazione incidentale tardiva adesiva alla impugnazione incidentale proposta da altro coobbligato, primo impugnante in via incidentale, ritenendo, per l’effetto, che essa potesse valere quale impugnazione incidentale tardiva ex art. 333, comma 2, c.p.c.. Ciò sulla scorta del fatto che era stata l’impugnazione del coobbligato a determinare l’insorgere, in capo a tale soggetto, di un nuovo ed autonomo interesse ad impugnare la sentenza nei confronti dell’appellante principale.
La società assuntrice del fallimento presentava, allora, ricorso contro la sentenza della Corte d’appello[4], facendo valere tre distinti motivi: con il primo motivo di ricorso si contestava la violazione degli artt. 343, 334 e 100 c.p.c. da parte della Corte d’appello per aver questa ritenuto ammissibile l’appello incidentale tardivo, nonostante le modalità di proposizione non rispettassero i termini previsti dall’articolo 343, comma 1, c.p.c., con conseguente decadenza dal diritto di impugnazione; con il secondo motivo di ricorso veniva contestata, più nello specifico, la violazione degli artt. 333, 334 e 343 c.p.c. da parte della Corte territoriale, in virtù della tardiva presentazione dell’appello incidentale che, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto essere inoltrato mediante atto di citazione entro il tempo prescritto, e non semplicemente depositato durante l’udienza.
Deduceva, in particolare, la ricorrente che la distinzione tra il rispetto dei termini procedurali e la forma di presentazione dell’appello, per come operata dalla Corte d’appello, fosse da considerarsi illegittima, sussistendo, in ogni caso, la necessità che la notifica fosse eseguita entro il limite temporale fissato dall’art. 343 c.p.c..
Infine, con il terzo motivo di ricorso veniva contestata l’applicabilità dell’art. 334 c.p.c. all’impugnazione incidentale tardiva, in particolare se considerato l’errore materiale commesso dalla Corte d’appello nel riferirsi a tale articolo anziché all’art. 343 c.p.c. per la proposizione dell’appello incidentale. La ricorrente sosteneva, difatti, che l’art. 334 c.p.c. non prevedrebbe termini per la proposizione dell’appello incidentale, limitandosi a regolarne la possibilità, e, dunque, avrebbe errato la Corte d’appello nel ritenere ammissibile l’appello incidentale tardivo.
2.L’ordinanza di rimessione – L’ordinanza di rimessione, la n. 20588 del 17.07.2023, prendendo le mosse da Cass., sez. un., 27 novembre 2017, n. 25627, segnala la necessità del “superamento della distonia tuttora persistente nella giurisprudenza di questa Corte”, rispetto alla quale ritiene necessario un intervento delle Sezioni Unite.[5]
In particolare, nell’ordinanza si rileva che la decisione della Corte d’Appello di Milano, che ha ritenuto ammissibile il ricorso incidentale tardivo proposto dal coobbligato in solido, si è fondata sui principi contenuti nella pronuncia a Sezioni Unite del 2007 (il riferimento è a Cass., Sez. Un., n. 24627/2007[6]), nonché sulla considerazione secondo cui i principi in essa affermati siano applicabili non solo con riferimento all’appello principale di un coobbligato, ma anche all’appello incidentale di un diverso coobbligato, che avrebbe determinato l’insorgere in capo al terzo coobbligato di un nuovo e autonomo interesse ad impugnare, in conseguenza della possibile ulteriore restrizione del novero degli obbligati in solido.
L’ordinanza di rimessione ha sottolineato, tuttavia, che, nonostante i principi affermati dalle Sezioni Unite nel 2007, si sono in seguito registrate sentenze contrastanti sul tema, evidenziando, dunque, l’esigenza di chiarire la portata e le conseguenze applicative della questione, soprattutto per quanto concerne la possibilità di esperire l’impugnazione incidentale tardiva in risposta a impugnazioni principali proposte da altri coobbligati solidali.
Osserva l’ordinanza, che il principio affermato dalle Sezioni Unite del 2007 si riferirebbe alla ipotesi di impugnazione principale idonea a mettere in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza – ossia, alla ipotesi di cui all’art. 343, comma 1, c.p.c., in cui un coobbligato aderisca, con impugnazione incidentale, all’appello principale di un altro coobbligato – laddove, diversamente, la Corte d’appello di Milano avrebbe applicato tale principio anche alla ipotesi, differente appunto, in cui un terzo coobbligato aderisca, mediante impugnazione incidentale tardiva – peraltro, introdotta con autonomo atto di citazione – all’appello incidentale del secondo coobbligato, adesivo – a sua volta – all’appello principale del primo coobbligato, rientrandosi, per l’effetto, nel comma 2 dell’art. 343 c.p.c..
Infine, l’ordinanza ha considerato il problema se, una volta dichiarata inammissibile un’impugnazione incidentale tardiva proposta in risposta all’impugnazione principale, debba essere considerata inammissibile una seconda impugnazione incidentale presentata dalla stessa parte in relazione all’impugnazione incidentale di un diverso coobbligato solidale.
L’impugnazione incidentale, come noto, è regolata dall’art. 343 c.p.c., il cui comma 2 si riferisce ad “altra parte che non sia l’appellante principale”, quindi necessariamente ad un appellante incidentale. Nell’impianto della norma, quel che rileva, per articolare i termini di proposizione dell’appello incidentale, è la parte all’atto della quale si reagisce, se principale o diversa da quella principale.
Bisogna pertanto stabilire se il principio fissato dal giudice della nomofilachia nel 2007 possa essere confermato, ma anche se lo stesso possa essere applicato con riferimento all’interesse insorto a seguito di un’impugnazione non principale, ma incidentale tardiva. Pare necessario, inoltre, considerare se una simile impugnazione incidentale tardiva, ove ammissibile, possa essere introdotta non solo “nella prima udienza successiva alla proposizione dell’impugnazione stessa”, come prevede la norma, ma anche con autonomo atto di citazione, come avvenuto nel caso di specie.
Dalla necessità del superamento del contrasto persistente nella giurisprudenza della Corte[7] sulla disciplina delle impugnazioni incidentali tardive prevista dall’art. 334 c.p.c., anche in relazione agli artt. 331 e 332 c.p.c. prende le mosse l’intervento alle Sezioni Unite.
3.I due orientamenti preesistenti (e persistenti anche dopo le Sez. Un. 2007) – Preso atto della (per quanto scontata) evocazione dell’ordinanza di rimessione ai principi sanciti sulla questione dalle Sezioni Unite del 2007– la stessa ordinanza mette in luce come, nel successivo sviluppo giurisprudenziale, la giurisprudenza abbia, in alcuni casi, aderito ad indirizzi differenti, tali da implicare una esigenza, non differibile, di tornare sulla questione controversa.[8]
E’ opportuno dare conto dei termini del contrasto.
3.1 Un primo orientamento, in applicazione dei principi espressi dalle Sezioni Unite del 2007, ritiene sempre ammissibile l’impugnazione incidentale tardiva, sia che rivesta la forma della contro impugnazione, sia che rivesta quella, diversa, dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dall’impugnazione principale, a tutela della reale utilità della parte.[9]
Per tale orientamento l’impugnazione incidentale tardiva – sia quella proposta nei confronti del ricorrente principale con riguardo ad un capo della sentenza diverso da quello investito dall’impugnazione principale, sia quella proposta nei confronti di eventuali altre parti processuali diverse dall’impugnante principale nelle forme dell’impugnazione adesiva – sarebbe da ritenersi ammissibile “tutte le volte che quella principale metta in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza”.
Peraltro, la giurisprudenza di legittimità ha rilevato che, in base al combinato disposto di cui agli artt. 334, 343 e 371 c.p.c., è ammessa l’impugnazione incidentale tardiva (da proporsi con l’atto di costituzione dell’appellato o con il controricorso nel giudizio di cassazione) anche quando sia scaduto il termine per l’impugnazione principale, e persino se la parte abbia prestato acquiescenza alla sentenza, indipendentemente dal fatto che si tratti di un capo autonomo della sentenza stessa e che, quindi, l’interesse ad impugnare fosse preesistente, dato che nessuna distinzione in proposito è contenuta nelle citate disposizioni, dovendosi individuare, quale unica conseguenza sfavorevole dell’impugnazione cosiddetta tardiva, che essa perde efficacia se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile[10].
Ciò, peraltro, al fine di evitare la “corsa” alla impugnazione, consentendo, davvero, alla parte parzialmente soccombente, e che sarebbe probabilmente ed in linea teorica disposta ad accettare l’esito complessivo della lite, di stare “alla finestra”, non lasciandosi sfuggire la possibilità di impugnare comunque il provvedimento sfavorevole (e solo quando si abbia davvero contezza di quanto esso sarebbe sfavorevole).
3.2 Diversamente, per un secondo orientamento, il campo di ammissibilità dell’impugnazione tardiva dovrebbe essere ristretto alla sola impugnazione in senso stretto, vale a dire quella proveniente dalla parte “contro” la quale è stata proposta l’impugnazione principale, o da quella chiamata ad integrare il contraddittorio a norma dell’art. 331 c.p.c..[11]
Si osserva, che pur essendo pacifico che l’art. 334 c.p.c. sia pensato per concedere la possibilità dell’impugnazione tardiva alle parti assoggettate al gravame (nonché, a quelle chiamate ad integrare il contraddittorio) nell’intento di scongiurare impugnazioni meramente precauzionali in ipotesi di soccombenze parziali, ciò non oblitera il principio in base al quale il ricorso di una parte con contenuto adesivo a quello principale (e inoltre ogni ricorso incidentale che investe un capo della sentenza non impugnato o comunque lo stesso capo impugnato ma per motivi diversi da quelli evidenziati con il ricorso principale) debba essere presentato osservando la disciplina dell’art. 325 c.p.c. per evitare conseguenze procedurali indesiderate, quali l’allungamento dei tempi di risoluzione delle controversie e la certezza del diritto.
Secondo questa prospettiva alternativa, l’impugnazione incidentale tardiva dovrebbe essere consentita solo nei casi espressamente previsti dalla legge e cioè quando sussista un legame diretto tra l’oggetto dell’impugnazione principale e quello dell’impugnazione incidentale. In altre parole, tale orientamento propone di circoscrivere l’uso dell’impugnazione incidentale tardiva ai casi in cui l’interesse a impugnare emerga in modo diretto e immediato dalla sentenza di primo grado. Il rischio della diversa ricostruzione sarebbe quello di finire per prestare eccessiva attenzione alla posizione dei coobbligati (in vista di un solo potenziale rischio di regresso) a scapito del creditore che per essere certo della propria vittoria, si troverebbe costretto ad aspettare oltre i normali termini brevi o lunghi previsti per appellare, e a sperare che non sorgano potenziali pregiudizi, sia pure di mero fatto, che spingano chi era rimasto inerte ad impugnare, aderendo all’altrui impugnazione.
4. Il percorso seguito dalle Sezioni Unite – Nell’aderire alla prima delle due ricostruzioni prospettate, le Sezioni Unite si cimentano in uno sforzo ricostruttivo sui limiti oggettivi[12] e soggettivi della impugnazione incidentale tardiva. Concentrando l’attenzione sulla seconda categoria – oggetto specifico dell’ordinanza di rimessione –, e, dunque alle questioni che attengono all’esame del rapporto tra obbligazione solidale “paritaria” e impugnazione incidentale tardiva, le Sezioni Unite ritengono che non si abbia motivo per discostarsi dall’assunto per il quale la pluralità di cause cumulate e poi decise con sentenza sia riconducibile alla disciplina delle cause scindibili prevista dall’art. 332 c.p.c., la quale, peraltro, è corollario dello stesso ambito applicativo dell’art. 1306, comma 1, c.c..
Sulla scorta del presupposto per cui la sentenza che abbia condannato in solido i coobbligati sia sottoposta alla disciplina delle cause scindibili, dal fatto che il disposto dell’art. 334 comma 1 c.p.c. attribuisce il potere di impugnare in via incidentale tardiva a colui che riceve l’impugnazione o a coloro che sono chiamati ad integrare il contraddittorio ai sensi dell’art. 331 c.p.c., non si può ricavare che la previsione di cui all’art. 334 c.p.c. sia di per sé da sola in grado di impedire – con riguardo alle obbligazioni solidali “ad interesse comune” – la possibilità per il coobbligato non impugnante, a cui venga notificata l’impugnazione principale, di proporre appello incidentale tardivo e ciò in quanto detto soggetto gode di un interesse qualificato che lo legittima a servirsi di detto rimedio anche in via tardiva.
Le Sezioni Unite richiamano il proprio precedente del 2007, affermando che diverse conclusioni porterebbero con sé il rischio di giudicati contrastanti scaturenti da un medesimo rapporto.
È, questa, la prospettiva dell’interesse ad impugnare – interesse qualificato e concreto – che legittima il coobbligato solidale a cui venga notificata l’impugnazione principale a proporre impugnazione incidentale tardiva ex art. 334 comma 1 c.p.c..
In tal modo, osservano le Sez. Un., “si ottiene non solo una semplificazione del quadro che le Sezioni unite del 2007 hanno inteso tracciare nel contesto ispirato da un intento teleologico, ma anche una tutela maggiormenteeffettiva e garantistica nonché un’efficace economia processuale, evitando la moltiplicazione di processi a causa di sentenze che producano effetti soltanto tra alcune parti, a seguito di scissioni intervenute nello svolgersi delle impugnazioni, pur essendo il giudizio iniziato ab origine nei confronti di una pluralità di parti e pur risentendo queste, quantomeno in via riflessa o indiretta (ma pur sempre giuridicamente apprezzabile), dei pregiudizi che si originano dalla formazioni di giudicati interni o soggettivamente parziali”. Così, da garantire una tutela effettiva delle situazioni sostanziali e degli interessi in gioco.
In conseguenza, le Sezioni Unite rispondono anche agli ulteriori interrogativi, sorti logicamente dal primo. E così, quanto al secondo motivo si osserva che, mantenendo il principio stabilito dalle Sezioni Unite nel 2007, esso si applicherà anche quando l’interesse ad impugnare emerge in seguito ad un’impugnazione incidentale tardiva, presentata mediante un atto di citazione autonomo.
Infine, sulla terza questione, la Corte di Cassazione ha spiegato che il principio di preclusione dell’impugnazione non impedisce la proposizione di un secondo atto impugnatorio che, fino alla dichiarazione di inammissibilità, può sostituire il primo, libero da eventuali vizi e che può riferirsi a parti della sentenza diverse rispetto all’atto impugnatorio originario.
5. Conclusione – La sentenza è indubbiamente da salutare con favore, in quanto ribadisce principi condivisibili che, ci si augura, saranno d’ora in avanti considerati pacifici. Nonostante i precedenti interventi (anche delle stesse Sez. Un.), la tematica ha, infatti, continuato ad infiammare il dibattito, soprattutto giurisprudenziale. Alla luce delle rinnovate incertezze interpretative, allora, la rimessione fatta dalla Prima Sezione era auspicabile in quanto sollecitata dall’inesaurito tema della genesi dell’interesse ai fini dell’impugnazione incidentale tardiva.
Tutto è bene quel che finisce bene, dunque, anche se potrebbe sorgere il dubbio se l’intervento delle Sezioni Unite, reso, come già osservato, nell’interesse della legge, fosse davvero ‘necessario’. Se da un lato, infatti, già le (più volte ricordate) Sezioni Unite del 2007 avevano tentato di risolvere in via definitiva la questione, evidentemente le stesse non avevano colto lo scopo che si erano prefissate, dato che gli operatori del diritto avevano continuato a confrontarsi sul tema ancora percepito come irrisolto.[13]
Sembra, allora, che la Suprema Corte abbia voluto fare il punto…su un problema che, a ben guardare, si sarebbe potuto risolvere molto prima, utilizzando un po’ di buon senso, processuale e non.
[1] In conseguenza della estinzione del giudizio a seguito di rinuncia al ricorso del ricorrente, accettata dal controricorrente.
[2] Per una trattazione sul tema, si rinvia alle considerazioni di ATTARDI, Limiti di applicazione del gravame incidentale tardivo, in Riv. di dir. proc., 1965, 185; LIEBMAN, Arbitrarie limitazioni all’impugnazione incidentale tardiva, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1969, 575; CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale civile, II, Giappichelli, 2019, 162. E ancora, si veda GRASSO, Le impugnazioni incidentali, Giuffrè, 1973, 104-107; RICCI, Il litisconsorzio nelle fasi di impugnazione, Giuffrè 2005, 81; PERAGO, Cumulo soggettivo e processo di impugnazione, Jovene, 2002, 103 ss.; GAMBINERI, Appello, in Commentario del codice di procedura civile, a cura di CHIARLONI, Utet, 2018, 308 ss..
[3] AGNINO, Impugnazione incidentale tardiva e coobbligati: la parola alle sezioni unite (Nota a Corte di cassazione civile, sez. I, 17/07/2023, n. 20588), in Foro news, 2023.
[4] Corte d’Appello Milano, sent. n. 2346/2016, consultabile in OneLegale it.
[5] Peraltro, che la questione fosse oggetto di un contrasto non è una novità, ed era già stato segnalato, da ultimo, da Cass., Sez. VI, 19 maggio 2022, n. 16139, richiamata nella pronuncia in commento.
[6] In Corriere giur., 2008, 1701 ss., con nota di CONSOLO, Condebito solidale fra artt. 332 e 334 c.p.c.: una collocazione sempre ardua (con tentazione di ritorno all’art. 471, comma 2, n. 3 c.p.c. 1865); in Rivista di diritto processuale, 2008, 1423 ss., con nota di CORRADO, Riflessioni a margine degli artt. 334 e 331 c.p.c.; in Giusto processo civ. 2009, 437 ss., con nota di BALENA, Cause scindibili e impugnazione incidentale tardiva. In quella occasione, le Sez. Un. avevano affermato il seguente principio di diritto “Sulla base del principio dell’interesse all’impugnazione, l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza; conseguentemente, è ammissibile, sia quando rivesta la forma della controimpugnazione rivolta contro il ricorrente principale, sia quando rivesta le forme della impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell’impugnazione principale, anche se fondata sugli stessi motivi fatti valere dal ricorrente principale, atteso che, anche nelle cause scindibili, il suddetto interesse sorge dall’impugnazione principale, la quale, se accolta, comporterebbe una modifica dell’assetto delle situazioni giuridiche originariamente accettate dal coobbligato solidale”.
[7] Di cui – come si rammenta nella sentenza in commento – ha già dato atto Cass., Sez. III, n. 26139 del 5.09.2022.
[8] Per una ricostruzione dei termini del contrasto interno alla giurisprudenza di legittimità, v. MAZZAFERRO, L’andirivieni della Cassazione sul tema dell’interesse all’impugnazione incidentale tardiva, in questa Rivista, 2020, e, ancora, MAZZAFERRO, Ancora in tema di impugnazioni incidentali tardive: l’ennesimo arresto che alimenta il contrasto interno alla Suprema Corte, sempre in questa Rivista, 2020.
[9] In questo senso, Cass., Sez. V, 16.11.2018, n. 29593, ma v. anche Cass. n. 4640 del 07.11.1989, leggibile in Giust. civ., 1990, I, 83, principio ribadito dalla già richiamata Cass. civ. Sez. Un., sent. 27.11.2007, n. 24627; Cass. civ. sent. 09.07.2020, n. 14596.
[11] Sulla teoria più restrittiva si veda Cass. civ., Sez. III, ord. 24.08.2020, n. 17614, che ha statuito che “Ai sensi dell’art. 334 c.p.c. e del combinato disposto di cui agli artt. 370 e 371 c.p.c., sono inammissibili le impugnazioni incidentali tardive che hanno contenuto adesivo al ricorso principale, quelle che investono un capo della sentenza non impugnato ed inoltre quelle che investono lo stesso capo impugnato ma per motivi diversi da quelli fatti valere con il ricorso principale: in tali casi, infatti, essendo l’interesse ad impugnare già sorto in conseguenza dell’emanazione della sentenza di appello, l’impugnazione deve essere proposta nei termini di cui all’art. 325 c.p.c.”, ma v. anche Cass. n. 1610/2008; Cass. n. 9369/2014; Cass. n. 16787/2914; Cass. n. 1120/2014; Cass. n. 20040/2015.
[12] La Corte, con il fine di fare chiarezza, ripercorre anche i limiti oggettivi esistenti in tema di impugnazioni incidentali tardive. In particolare, si ricorda che, dopo un lungo periodo in cui si imponevano rigorosi confini oggettivi alla possibilità di esperire l’impugnazione incidentale tardiva, ritenendola ammissibile solo in quanto rimanesse nell’ambito del capo della sentenza investita dall’impugnazione principale o riguardasse un capo connesso con quest’ultimo o da questo dipendente – a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, la giurisprudenza della Corte di Cassazione aveva avviato un percorso di ripensamento, consacrato dalla sentenza delle Sez. Un. n. 4640 del 7.11.1989, con la quale venne affermato il seguente principio di diritto: “l’art. 334 cod. proc. civ., che consente alla parte, contro cui è stata proposta impugnazione (o chiamata ad integrare il contraddittorio a norma dell’art. 331 cod. proc. civ.), di esperire impugnazione incidentale tardiva, senza subire gli effetti dello spirare del termine ordinario o della propria acquiescenza, è rivolto a rendere possibile l’accettazione della sentenza, in situazione di reciproca soccombenza, solo quando anche l’avversario tenga analogo comportamento, e, pertanto, in difetto di limitazioni oggettive, trova applicazione con riguardo a qualsiasi capo della sentenza medesima, ancorché autonomo rispetto a quello investito dall’impugnazione principale“.
[13] Tanto che appare più che legittimo l’interrogativo posto da MAZZAFERRO, L’andirivieni della Cassazione, cit., che si domanda se la discordanza tra decisioni sia dovuta ad una precisa volontà di resistenza di una parte della Corte alle affermazioni rese dal Supremo Consesso oppure sia frutto di un mancato coordinamento tra collegi giudicanti.