L’istruzione stragiudiziale affidata agli avvocati: una buona idea al momento tutta da disciplinare

Di Giuliano Scarselli -

Sommario: 1 L’istruzione stragiudiziale introdotta dalla riforma Cartabia con gli artt. 2, comma 2 bis, 2 bis, 4 bis e 4 ter nel d.l. 132/2014. 2. I limiti della nuova disciplina. 3. Le integrazioni e i correttivi che possono essere apportati per far decollare questo nuovo istituto.

1.La riforma Cartabia del processo civile ha pensato di intervenire, oltreché sul codice di rito, anche sul decreto legge che regola la c.d. negoziazione assistita (d.l. 12 settembre 2014 n. 132 convertito in legge 10 novembre 2014 n. 162), inserendo in tale normativa i nuovi artt. 2, comma 2 bis, 2 bis, 4 bis e 4 ter .[2]

Con essi si è consentito agli avvocati, per la prima volta, di assumere dichiarazioni aventi potenziale valore di prova prima dell’inizio del processo e nel corso della negoziazione assistita.

L’istituto merita di essere conosciuto e diffuso, e qui ricordo che in base alla nuova disciplina:

a) nella convenzione di negoziazione assistita le parti, con i loro difensori, possono prevedere la possibilità di acquisire dichiarazioni di terzi su fatti rilevanti in relazione all’oggetto della controversia, nonché la possibilità di acquisire dichiarazioni della controparte sulla verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli alla parte nel cui interesse sono richieste (art. 2, comma 2 bisl. 132/2014);

b) in questi casi ciascun avvocato può invitare un terzo a rendere dichiarazioni su fatti specificamente individuati e rilevanti oppure può invitare la controparte a rendere per iscritto dichiarazioni su fatti ad essa sfavorevoli (artt. 4 bis e ter l. 132/2014);

c) le domande rivolte all’informatore e le dichiarazioni da lui rese sono verbalizzate in un documento, redatto dagli avvocati e sottoscritto tanto dall’informatore quanto dagli avvocati, e il documento fa piena prova di quanto gli avvocati attestano essere avvenuto in loro presenza (art. 4 bis, 4° e 5° comma d.l. 132/2014); cosa analoga è prevista per le dichiarazioni della parte aventi natura confessoria (art. 4, ter, 2° comma d.l. 132/2014);

d) il documento, infine, può essere prodotto nel giudizio tra le parti della convenzione di negoziazione assistita ed è valutato dal giudice ai sensi dell’articolo 116, primo comma c.p.c.; il giudice può sempre disporre che l’informatore sia escusso come testimone (art. 4 bis, 6° comma d.l. 132/2014), e il documento avente valore confessorio soggiace alle regole di cui all’art. 2735 c.c. (art. 4, ter, 2° comma d.l. 132/2014)[3].

Che dire?

Si tratta di una buona idea, poiché la possibilità di dar corso ad una sorta di istruzione stragiudiziale dei fatti rilevanti e controversi avanti la lite, ha, a mio sommesso parere, più di un effetto benefico: a) può favorire la soluzione preliminare e stragiudiziale della causa evitando inutile contenzioso; b) può ancora, nell’ipotesi in cui al contrario il processo si inizi egualmente, ridurre i suoi tempi, e ciò con lo sfruttamento dell’istruzione stragiudiziale già assunta; c) infine assegna un ruolo non solo difensivo agli avvocati, così valorizzando la loro funzione nelle dinamiche giudiziarie.

Sono talmente convinto di ciò che anni addietro, con il coordinamento dell’avv. Sergio Paparo, partecipai anch’io a delle riunioni per presentare un progetto di riforma avente, fra le sue parti, proprio anche un nuova disciplina dell’istruzione stragiudiziale, progetto che trovò altresì pubblicazione sul Foro italiano (Foro it., 2017, V, 208 e ss.).

Il problema, allo stato attuale, è che, se l’idea di avere una istruzione stragiudiziale è buona, la nuova disciplina di cui agli artt. 2, comma 2 bis, 2 bis, 4 bis e 4 ter lascia però a desiderare in più di un aspetto.

Può essere tuttavia comprensibile che il legislatore, trovandosi per la prima volta a disciplinare un istituto del tutto nuovo, abbia scelto di essere misurato e prudente.

Qui, però, corre il compito di indicare i limiti che questa nuova disciplina ha, e ciò al fine di far fare all’istituto un passo in avanti, incoraggiandone lo sviluppo[4].

Tra questi limiti io ne ho individuati ben sette, che qui sommessamente vado ad esporre[5].

2.Esattamente, i punti critici possono essere così riassunti:

2.1. Il primo limite è dato dal fatto che l’attuale istruzione stragiudiziale non trova la sua disciplina nel codice di procedura civile bensì in una legge speciale, ed esattamente, e come abbiamo già rilevato, nel d.l. 12 settembre 2014 n. 132 convertito in legge 10 novembre 2014 n. 162, ovvero nel decreto legge che regole gli interventi di degiurisdizionalizzazione, tra i quali la negoziazione assistita.

Se i nuovi artt. 2, comma 2 bis, 2 bis, 4 bis e 4 ter, previsti dalla riforma del processo civile c.d. Cartabia d. lgs. 149/2022, invece di trovarsi in questa normativa speciale si trovassero direttamente nel codice di rito, probabilmente più operatori si accorgerebbero meglio della loro esistenza, e attribuirebbero maggior ruolo e valore a questa nuova opportunità che il rito civile offre.

2.2. Il secondo limite dell’attuale disciplina dell’istruzione stragiudiziale è quello di poter aver luogo solo in seno alla negoziazione assistita e solo se le parti, nello stipulare la convenzione di negoziazione assistita, espressamente lo prevedono.

Ciò è dettato in modo chiaro dall’art. 4 bis e ter del d.l. 132/2014, i quali statuiscono che l’acquisizione delle dichiarazioni previste da questa nuova normativa è possibile solo: “Quando la convenzione di negoziazione assistita lo prevede….”.

Se si pensa che la negoziazione assistita costituisce condizione di procedibilità della domanda, ai sensi dell’art. 3 d.l. 132/2014, solo con riguardo alle controversie aventi ad oggetto somme non eccedenti € 50.000,00, oppure in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, e quindi solo in ipotesi ben circoscritte, e se poi ancora si pensa che anche in quei casi le parti possono benissimo non prevedere nella convenzione la possibilità di accedere agli atti di istruzione stragiudiziale di cui agli artt. 4 bis e ter del d.l. 132/2014, e se infine si aggiunge che la negoziazione assistita non può durare più di tre mesi (art. 2, 2° comma d.l. 132/2014), va da sé che la possibilità di dar corso a questo nuovo strumento è molto limitata.

Al contrario, se in futuro l’istruzione stragiudiziale fosse immaginata come strumento generale del processo civile, affatto circoscritta al fenomeno della negoziazione assistita, essa, evidentemente, avrebbe spazi che oggi le sono preclusi.

2.3. Il terzo limite dell’attuale istruzione stragiudiziale è quello di non avere una adeguata regolamentazione.

Ed infatti l’art. 4 bis del d.l. 132/2014 si limita a disporre che: “ciascun avvocato può invitare un terzo a rendere dichiarazioni su fatti specificamente individuati e rilevanti in relazione all’oggetto della controversia”, ma il funzionamento in concreto di questa acquisizione non è poi disciplinato.

– Come si convoca l’informatore?

– Come si coinvolge l’avvocato avversario?

– L’informatore viene liberamente interrogato o le domande (e/o le questioni) devono essere previamente concordate con l’avvocato (o gli avvocati) avversari?

– All’informatore possono essere rivolte altre domande a chiarimenti oltre quelle previste?

– Come si esercita il diritto alla controprova?

– Può essere fatto verbale con riguardo alle ipotesi nelle quali l’informatore non si presenti o rifiuti di rispondere?

– Chi stabilisce se l’incontro si svolge presso lo studio professionale dell’avvocato che prende l’iniziativa o presso il Consiglio dell’Ordine degli avvocati?

– L’avvocato avversario che assiste l’altra parte può rifiutarsi di partecipare all’acquisizione delle dichiarazioni dopo che abbia sottoscritto la convenzione contenente tale possibilità? E se sì, in quali casi?

– L’avvocato può rifiutarsi di sottoscrivere il verbale? E se sì, in quali casi?

– Qual è l’effetto giuridico della mancata sottoscrizione del verbale da parte di un avvocato?

Le domande potrebbero continuare.

Si dirà che l’istituto si fonda sul consenso e la buona armonia delle parti, cosicché la disciplina articolata di tutte queste possibilità non ha bisogno di essere data.

In verità, però, se si prende atto che tutto può procedere solo se non vi siano contrasti tra le parti, si deve parimenti concludere che l’istruzione stragiudiziale può funzionare solo in quelle rarissime ipotesi nelle quali tra gli avvocati tutto fili liscio senza divergenze alcuna.

2.4. Il quarto limite è dato dal fatto che l’informatore non è tenuto a rendere le dichiarazioni che gli sono richieste.

L’art. 4 bis d.l. 132/2014, al 2° comma, lettera b) è infatti chiaro nello statuire che l’informatore ha: “la facoltà di non rendere dichiarazioni”.

E’ chiaro che se tutto è rimesso non solo alla condivisione di ogni passaggio da parte degli avvocati ma anche al consenso dell’informatore, ben difficilmente si potrà dar corso alla procedura prevista dall’art. 4 bis d.l. 132/2014.

E qui, se si vuole, si potrebbe scorgere anche una contraddizione nella disciplina: poiché questa, infatti, da una parte assoggetta l’informatore alle regole proprie del testimone, ad esempio escludendo l’assunzione delle informazioni quando l’informatore, ai sensi dell’art. 246 c.p.c., abbia un interesse alla controversia che potrebbe legittimare al sua partecipazione al giudizio, oppure quando prevede che anche l’informatore, al pari del teste, abbia l’obbligo di dire la verità e soggiaccia “alle responsabilità penali conseguenti alle false dichiarazioni”, o ancora quando prevede che l’informatore abbia le stesse facoltà di astenersi del teste ai sensi dell’art. 249 c.p.c., ecc……, e poi, però, dall’altra parte, consente all’informatore, diversamente dal teste, di poter evitare la deposizione.

E’ ovvio che in tanto l’istituto può funzionare, in quanto l’informatore sia tenuto a rendere le dichiarazioni.

Se l’informatore non ha invece questo dovere, e ha la libertà di non rispondere, la possibilità di assumere tali acquisizioni istruttorie si renderà del tutto ipotetica, anche perché non si vedono le ragioni per le quali l’informatore dovrebbe, senza obbligo, assoggettarsi ai rischi, anche penali, della deposizione stessa.

2.5. Un ulteriore e quinto limite dell’istituto è quello di non prevedere l’esistenza di un soggetto terzo, super partes, che dirima eventuali contrasti che possano sorgere tra gli avvocati.

Ad esempio:

– le dichiarazioni devono avere ad oggetto “fatti specificamente individuati e rilevati”, ma in caso di disaccordo, chi decide?

– L’informatore non deve avere un interesse in causa per deporre ai sensi dell’art. 246 c.p.c., ma in caso di disaccordo, chi decide?

– Le risposte dell’informatore devono essere verbalizzate, ma in caso di disaccordo sulla verbalizzazione, chi decide?

– All’informatore si potranno rivolgere ulteriori domande a chiarimento e a controprova in base alle risposte da questi fornite (?), ma in caso di disaccordo su queste ulteriori domande da formulare, chi decide?

– Il luogo di assunzione delle dichiarazioni può essere lo studio di un avvocato oppure i locali del consiglio dell’Ordine, ma in caso di disaccordo, chi decide? ecc……….

E’ evidente che l’assenza di un soggetto super partes non consente il superamento degli ostacoli che l’acquisizione delle dichiarazioni possa presentare, così costituendo tale assenza un limite al suo effettivo svolgimento.

E’ infatti del tutto scolastica e irrealistica un’ipotesi di assunzione del mezzo istruttorio che non abbia mai un qualche contrasto tra le parti.

2.6. Un sesto limite appare quello di aver attribuito agli avvocati che utilizzano questo strumento la qualifica di pubblico ufficiale; tale qualifica sembra attribuita non solo all’avvocato che prenda l’iniziativa ma anche all’avvocato che accetti di partecipare all’iniziativa avversaria, in quanto  il 6° comma  dell’art. 4 bis d.l. 132/2014 espressamente recita che: “Il documento di cui al 4° comma (ovvero il verbale), sottoscritto ai sensi del comma 5 (ovvero sottoscritto dall’informatore e da tutti gli avvocati) fa piena prova di quanto gli avvocati attestano essere avvenuto in loro presenza”.

Direi che è pacifico che in tanto un documento possa fare piena prova, in quanto chi lo sottoscriva sia un pubblico ufficiale.

Tuttavia assegnare questo ruolo agli avvocati può costituire ulteriore limite all’utilizzazione del nuovo strumento di istruzione stragiudiziale.

2.7. Infine un settimo limite è quello di aver dato una disciplina ibrida alla possibilità di sfruttare il processo telematico per le acquisizioni istruttorie di cui agli artt. 4 bis e ter del d.l. 132/2014.

Esattamente, ciò è escluso per le acquisizioni di cui all’art. 4 bis d.l. 132/2014, ma è ammesso per le acquisizioni di cui all’art. 4 ter d.l. 132/2014.

Infatti l’art. 2 bis, 3° comma, d.l. 132/2014, dispone che: “Non può essere svolta con modalità telematiche ne’ con collegamenti audiovisivi da remoto l’acquisizione delle dichiarazioni del terzo di cui all’art. 4 bis”.

Dal che si ricava che, al contrario, dette modalità telematiche sono invece consentite per le ipotesi di cui all’art. 4 ter d.l. 132/2014.

Probabilmente, queste differenze dipendono dalla circostanza che una cosa è sentire un terzo per dichiarazioni che poi possono equivalere a quelle rese da un teste, altra cosa sentire una parte al solo fine di valutare se la dichiarazione abbia (o non abbia) carattere confessorio.

In ogni caso l’esclusione radicale degli strumenti telematici per le attività di cui all’art. all’art. 4 bis d.l. 132/2014 può costituire disincentivo all’impiego dello strumento.

3. Se un domani, viceversa, l’istruzione stragiudiziale potrà uscire dagli stretti limiti della negoziazione assistita e essere invece utilizzata in un maggior numero di controversie civili a prescindere da essa, se la sua disciplina si potrà conseguentemente trovare direttamente nel codice di procedura civile e non già in una legge speciale, se ancora il suo svolgersi potrà essere disciplinato in modo più puntuale dalla legge, e soprattutto la legge affiderà l’assunzione delle dichiarazioni di un terzo o delle parti ad un professionista estraneo alla lite e super partes e non agli avvocati difensori, e se, infine, si prevedrà che l’informatore sia obbligato a rendere le dichiarazioni che gli sono richieste, così portando a compimento l’equiparazione tra informatore e teste (allo stato già presente nella normativa ma in modo incompleto), allora in futuro questo strumento potrà davvero avere un ruolo effettivo nelle dinamiche della giustizia civile[6].

Ed anzi, anche l’istruzione stragiudiziale, come già la mediazione, potrebbe essere un domani demandata dal giudice, ovvero il giudice, in taluni casi, da determinare ex lege, ad istanza di parte oppure d’ufficio, potrebbe nominare questo professionista super partes al fine di acquisire le dichiarazioni di terzi o delle parti.

Ai posteri l’ardua sentenza!

[1] Relazione tenuta presso l’Università di Firenze il 24 ottobre 2024, in un convegno organizzato dai proff. Ilaria Pagni, Beatrice Gambineri e Beatrice Ficcarelli dal titolo: “La riforma del processo civile. L’istruzione stragiudiziale nella negoziazione assistita: una nuova opportunità per i professionisti”.

[2] V. ampiamente in argomento C. ASPRELLA, La negoziazione assistita, Milano, 2024; G. DOSI, La negoziazione assistita da avvocati, Torino, 2024.

[3] v. L.R. LUONGO, L’istruttoria stragiudiziale nel procedimento di negoziazione assistita, in questa rivista, 20 febbraio 2024.

[4] Le modifiche e le integrazioni qui proposte non possono poi essere considerate incostituzionali ai sensi dell’art. 102 Cost., in quanto la mera assunzione di dichiarazioni non può assurgere ad attività giurisdizionale in senso stretto.

E così come infatti già la legge ha consentito al giudice di delegare a professionisti parte delle attività dell’esecuzione forzata, e così come la stessa riforma Cartabia d. lgs. 149/2022 ha consentito di delegare al notaio parte delle attività che fino ad ieri erano di giurisdizione volontaria, e così come il giudice può rimettere le parti dinanzi ad un mediatore, non sarebbe fuori dai principi costituzionali immaginare che il giudice, su istanza di parte o anche d’ufficio, possa altresì rimettere le parti dinanzi ad un soggetto terzo per l’assunzione di dichiarazione che possano poi avere effetti ai sensi dell’art. 116, 1° comma c.p.c.

[5] Il tema è già stato studiato da MICCOLIS, Le nuove norme in tema di mediazione e di negoziazione assistita, Riv dir. proc., 2023, 1085; FICCARELLI, L’istruzione stragiudiziale nella negoziazione assistita da avvocati, Riv. trim. dir. proc. civ., 2023, 529; DALMOTTO, La negoziazione assistita nell’ultima riforma della giustizia civile, Giur. it., 2023, 744.

[6] Per questa soluzione v. infatti ancora PAPARO – MONNINI – PROTO PISANI – ZAMPETTI, Intervento di pronto soccorso per un processo…..un po’ più….civile, Foro it., 2017, V, 208.

Il progetto prevedeva in generale “l’accertamento, prima che inizi il processo, e indipendentemente dall’esistenza di ragioni di urgenza, dei fatti incerti tramite l’acquisizione di dichiarazioni testimoniali di terzi, di consulenze tecniche stragiudiziali e di esibizione stragiudiziale di documenti”.

Si immaginava un articolo 162 bis c.p.c. che così disponesse: “Su richiesta di parte, assistita dall’avvocato, contenente la mera prospettazione di un futuro giudizio, il giudice nomina un notaio o un avvocato del circondario, sulla base di elenchi formati dai rispettivi ordini professionali, per l’acquisizione di dichiarazioni di terzi di conoscenza di fatti indicati dalla parte istante nella richiesta stessa, delegandogli il giuramento previsto nell’art. 251”.