Non è solo un videogioco! Il lavoro dei pro-players nell’ecosistema degli e-sports

Di Carmen Di Carluccio -

Sommario: 1. L’ecosistema degli e-sports. – 2. La fragile condizione del pro-player nelle catene di lavoro generate dall’industria e-sportiva. – 3. I rischi per la salute e la sicurezza dei pro-players. – 4. Le tutele applicabili ex art. 2087 cod. civ. e d.lgs. n. 81/2008. – 5. Uno sguardo oltre la siepe: la normativa sul lavoro sportivo.

1. L’utilizzo di videogiochi, singolarmente o in squadra, in un contesto competitivo organizzato, racchiuso nella discussa “etichetta” e-sports[1], è una realtà emergente, dal rilevante impatto economico. Solo nel nostro Paese il giro d’affari complessivo stimato è di 45 milioni di euro, con circa 9 milioni di persone coinvolte, pari al 24% della popolazione[2].

Questo ecosistema, in cui la componente ludica si combina variamente con quella sportiva e commerciale, è esploso nel nuovo millennio per effetto della crescita delle competizioni di videogiochi e della loro spettacolarizzazione, oltre che dell’evoluzione delle reti internet e della diffusione massiccia e capillare dei dispositivi mobili, che hanno favorito il coinvolgimento diretto di utenti minorenni.

Alle finalità meramente ricreative, cui è associata la nascita e lo sviluppo dei primi videogiochi, sono state presto affiancate finalità commerciali e, poi, competitive[3]: i produttori dei videogiochi hanno cominciato a organizzare eventi di gaming con l’obiettivo di intercettare una fetta più ampia di potenziali acquirenti dei titoli, per trasformare nel tempo tali manifestazioni in competizioni sempre più spettacolari e agonistiche, funzionali pure al nuovo ruolo assunto dagli spettatori quali veri e propri consumatori d’intrattenimento[4].

È cambiata anche la percezione sociale del fenomeno e dei videogiocatori, un tempo “ghettizzati” in ragione dell’enorme quantità di tempo trascorsa dinanzi a una consolle e ora considerati dai giovanissimi come delle vere e proprie celebrità. È cresciuto in misura vertiginosa l’interesse sia del pubblico che segue i tornei e le competizioni di e-sports via streaming[5] o in impianti sportivi dedicati[6] sia di investitori e sponsor che riservano ai migliori e-atleti in circolazione o, comunque, a quelli che hanno più seguito, il ruolo di brand ambassador di servizi e/o prodotti.

Le dinamiche qui accennate hanno dato vita a un fenomeno complesso e multiforme dalle molteplici implicazioni di interesse anche giuslavoristico.

In questo microcosmo nuove figure professionali trovano spazio e figure consolidate si proiettano in una dimensione digitale: pro-players (giocatori professionisti), componenti di e-sports team, sviluppatori di videogiochi, editori di videogiochi[7], commentatori delle partite, allenatori, mental coach, streamer, content creator, organizzatori di tornei, formatori di e-sports accademy, sponsor, influencer, solo per citarne alcune[8].

Le catene di lavoro generate dall’industria degli e-sports connettono lavoro industriale e lavoro digitale in un mercato florido e prospero, privo di barriere territoriali e destinato a crescere e a sviluppare ulteriori potenzialità, anche grazie alla diffusione dell’IA. Si tratta, tuttavia, di un mercato ancora altamente frammentato, informale e per molti profili fragile, ricondotto, nel caso dell’Italia, a una regolamentazione giuridica inadeguata, quella del gioco d’azzardo – oscillante tra la normativa sulle manifestazioni a premio e la normativa sui giochi di abilità a distanza con vincita in denaro[9] – chiamata a interfacciarsi con le regole in materia di tassazione dei redditi, copyright, privacy, minori, lavoro.

2.Il motore della game industry è rappresentato dai pro-players, giocatori di punta di uno o più titoli, che si allenano e competono via streaming su piattaforme on line (da Twitch a YouTube) o in eventi e-sportivi di portata nazionale e internazionale, guadagnando somme apprezzabili dalle “squadre” cui sono collegati, anche sotto forma di premi per la vittoria delle competizioni o il buon posizionamento in classifica, nonché da visualizzazioni, sponsorizzazioni e, finanche, da “donazioni” offerte dalla propria community (ossia dai fan e dagli utenti interessati al topic e coinvolti nei forum e nelle discussioni on line attive sulle varie piattaforme di social media e di live streaming).

Più in particolare, il cachet è influenzato da fattori quali tipologia di gioco in cui si concorre, livello di abilità del giocatore, compenso erogato dalla società dalla quale l’atleta è eventualmente contrattualizzato, numero di sponsorship personali e contratti pubblicitari, premi vinti durante i tornei, introiti derivanti dal numero e dalle ore di visualizzazione delle live-streaming delle performance sportive sulle varie piattaforme. I migliori pro-players possono arrivare a guadagnare milioni di dollari l’anno: tra i giocatori più pagati al mondo, secondo le ultime stime, il danese Johan Sundstein, noto come “N0tail”, ha incassato oltre 7 milioni di dollari giocando a Dota 2[10]. In Italia, a fronte di un mercato ancora acerbo, siamo ben lontani da queste cifre, salvo che per un ristretto numero di pro-players, ma il trend è in forte crescita[11].

Benché la catena occupazionale dell’industria e-sportiva ruoti attorno alla figura nevralgica dei pro-players, a ben vedere, proprio quest’ultimi ne rappresentano l’anello debole. Basti considerare che l’inquadramento giuridico della loro attività e, conseguentemente, la relazione che li lega al club (ma anche all’editore di titoli, agli sponsor, alla piattaforma di live streaming) costituiscono un fatto negoziale rimesso esclusivamente all’autonomia privata.

Allo stato, esclusa la possibilità di ricondurre il fenomeno degli sport elettronici all’interno dello sport “tradizionale” e, conseguentemente, di estendere a chi pratica l’attività e-sportiva le regole dell’ordinamento sportivo[12], la condizione lavorativa del pro-player sfugge alle tutele disposte in materia di lavoro sportivo, oggi contenute nel d.lgs. n. 36/2021, come modificato dal d.lgs. n. 163/2022 e, da ultimo, dal d.lgs.  n. 120/2023[13].

Come si specificherà più avanti (cfr. par. 4, relativamente ai profili che attengono alla normativa prevenzionistica), ai fini della individuazione della disciplina applicabile alla fattispecie concreta occorrerà verificare la sussistenza o meno di un di “ingaggio” da parte di un eteam (o di una società di riferimento) e, nel primo caso, tenere conto della tipologia contrattuale che ne definisce il contenuto. Ciò in uno scenario in cui i giocatori, per lo più minorenni, hanno una carriera lavorativa media molto breve (ben al di sotto dei 30 anni), legata a doppio filo alla vita dei titoli per cui competono. A differenza di quanto accade per gli sport “tradizionali”, nel caso degli e-sports è, infatti, un fattore esogeno a condizionare la durata della carriera dell’e-atleta: i giochi su cui i pro-players hanno costruito l’intera carriera potrebbero cessare di essere un e-sport praticabile o, ancora, essere soggetti improvvisamente a “regole” nuove per scelta delle società produttrici, scelta condizionata da dinamiche di mercato e profitto. Tale situazione causa enormi difficoltà a trovare una nuova collocazione dopo la fuoriuscita dal mercato come professionisti, persino per i pochi che riescono a raggiungere il vertice della piramide.

L’ineguale distribuzione del potere attraverso i – e all’interno dei – rapporti di lavoro nell’industria di e-sport rende la posizione del pro-player precaria, con scarsa forza contrattuale rispetto alle altre figure professionali del settore, a partire dagli editori di videogiochi («che godono del pieno controllo giuridico e di tutti i diritti esclusivi ed incondizionati sui videogiochi stessi»[14]), e con ricadute negative in termini di condizioni d’impego (orario di lavoro, pari opportunità, remunerazione, ecc.).

3.La condizione del pro-player, oltre che dalla debolezza sul piano contrattuale e su quello previdenziale, è caratterizzata anche da criticità rilevanti sotto il profilo della tutela della salute e della sicurezza.

L’attività del proplayer prevede, infatti, in ragione delle sue caratteristiche intrinseche, concernenti la dimensione quantitativa e qualitativa della prestazione, l’esposizione a una molteplicità di rischi per la salute fisica e mentale.

I professionisti, per competere ai massimi livelli, devono essere in grado di eseguire azioni composite e laboriose per un lungo periodo (come compiere 300-400 azioni al minuto), con tempi di risposta paragonabili addirittura a quelli dei piloti di caccia più esperti[15]. Ritmi di lavoro intensi, durata e flessibilità oraria smisurate, carichi di lavoro eccessivi, oltre a richiedere un notevole sforzo fisico, presentano significative implicazioni in termini fisici e psicologici: la capacità di innovare ed esplorare le possibilità delle meccaniche di gioco, di assumere decisioni tattiche e strategiche complesse, di prevedere o valutare le mosse del proprio avversario, unitamente alla dinamica competitiva propria della prestazione e-sportiva possono costituire fattori di rischio per la salute, anche mentale.Un’ulteriore fonte di rischi è insita negli strumenti di lavoro e nell’ambiente (fisico e virtuale) in cui il player svolge l’attività. Ci si riferisce ai “tradizionali” rischi di un videoterminalista, amplificati da un uso intenso dello strumento digitale e dalle caratteristiche dei software installati[16], possibile causa di disturbi muscoloscheletrici, problemi al sistema cardiovascolare, affaticamento visivo e mentale. Ma non solo. Si profilano “nuovi” rischi legati sia all’utilizzo dei dispositivi tecnologici necessari per accedere e operare nell’ambiente digitale sia alla permanenza del player nel mondo virtuale[17]. Sempre più preoccupante è l’incidenza dei pericoli derivanti dalle “sollecitazioni” che provoca la realtà virtuale e/o aumentata sulla psiche e sul fisico della persona, come rivelano gli studi sul metaverso[18]. La condizione immersiva, specialmente se prolungata e multisensoriale, oltre a impattare sulla configurazione neurologica del soggetto agente nel mondo reale, produce conseguenze sul piano della sua salute. A valle della stessa, la persona sperimenta una condizione di malessere generalizzato – noto come virtual reality sickness o nausea da realtà virtuale – accompagnato da nausea, vertigini, mal di testa, sudorazione, disorientamento, instabilità posturale, affaticamento[19].

La lunga permanenza nella realtà virtuale è altresì potenzialmente capace di generare delle vere e proprie patologie, o meglio “tecno-patologie”, disturbi fisici, psicologici, comportamentali e relazionali direttamente o indirettamente connessi all’(ab)uso della tecnologia. Si tratta di malattie allo stato non riconosciute nel contesto clinico internazionale: solo la dipendenza da videogames è stata collocata dal 2013 nel Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali dall’American Psychiatric Association e, a partire dal 2022, inclusa dall’OMS tra le malattie mentali.

Eppure numerosi sono gli studi che registrano un nesso tra salute, soprattutto psichica, del lavoratore e fattori di contesto e di contenuto del lavoro digitale, evidenziando i rischi derivanti da un cattivo uso/abuso della tecnologia, ancora più critico considerato che si tratta spesso di lavoratori minori[20]: da patologie fisiche (dolori alla schiena, tendiniti, sindrome del tunnel carpale, alterazioni posturali, cefalee, deficit visivi, problematiche metaboliche, ipertensione, ecc.) a disfunzioni sul versante psicosociale[21]. Ne sono testimonianza le evidenze emerse da ultimo in relazione allo smart working, che segnalano come sempre più frequenti fenomeni di isolamento sociale e di depressione, ma anche abitudini dannose per la salute, dalle dipendenze da sostanze e comportamentali all’impiego di violenza[22].

L’(ab)uso delle tecnologie digitali, associato alla cultura del working everytime and everywhere, costituisce, infatti, terreno di cultura di fenomeni disfunzionali come il technostress[23] e/o di vere e proprie dipendenze patologiche di tipo comportamentale come il workaholism[24] con effetti pure in termini di disequilibrio tra tempi di lavoro e tempi di vita. Peraltro, soprattutto nel caso degli e-atleti giovanissimi, non può trascurarsi il rischio per la salute derivante dal sempre più diffuso uso di sostanze dopanti o dall’abuso di energy drink e farmaci psicostimolanti per prevenire o ridurre i deficit di attenzione, migliorare le abilità cognitive e la gestione dello stress[25]; pratiche, queste, talora assunte non solo dai players ma anche dagli spettatori al fine di poter assistere alle lunghissime sessioni di gioco. Neppure si può sottovalutare il pericolo legato al ricorso a metodi di frode riconducibili al doping c.d. digitale, come potrebbe essere l’impiego di meccanismi di stimolazione transcranica continua, già utilizzati per i training dei piloti di formula 1[26].Analogamente, possono proliferare situazioni potenzialmente dannose per l’integrità psicofisica del proplayer dalla qualità e dalla quantità delle relazioni e interazioni con gli altri soggetti (reali e virtuali) che operano nello spazio tridimensionale, dagli altri giocatori agli spettatori. In quest’ambiente si possono materializzare condotte sociali negative[27] (aggressioni, prevaricazioni, abusi, molestie, discriminazioni) probabilmente più violente rispetto a quelle che si rilevano nei luoghi di lavoro tradizionali, esacerbate dalla possibilità di celarsi dietro la maschera tecnologica dell’identità digitale.

L’ambiente virtuale espone, inoltre, il lavoratore sotto l’occhio di una macchina panottica digitale capace di realizzare un controllo continuo, invasivo e penetrante da parte dell’infrastruttura che ne regge il funzionamento: la consapevolezza di tale sorveglianza e dell’opacità dei meccanismi decisionali sottesi, spesso frutto dell’elaborazione algoritmica, può generare una reale preoccupazione per i lavoratori, con la conseguente manifestazione di disturbi psicosomatici fortemente pregiudizievoli per la loro salute[28].

Infine, i fattori di contesto di lavoro possono assumere un peso specifico nel caso dell’attività e-sportiva, ancor più di quanto accade negli sport fisici: principalmente la precarietà e l’incertezza che caratterizza la carriera del player professionista, a cui si è fatto cenno in apertura di questo lavoro[29].

4. Dinanzi ai rischi – “vecchi” e “nuovi” – cui sono esposti i pro-players, l’interprete è sollecitato a interrogarsi rispetto agli strumenti di prevenzione e gestione utilizzabili.

Là dove sia applicabile la legge italiana (dato non scontato vista la sostanziale a-territorialità della prestazione erogata nel mondo virtuale)[30],  atteso che non si tratta di un’attività di mero svago, ma dell’esercizio di una prestazione di lavoro – che, come segnalato supra, si inserisce in un microcosmo popolato da una molteplicità di figure professionali –, il riferimento obbligato è alla normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro nascente dalla reciproca integrazione tra l’art. 2087 c.c. e il d.lgs. n. 81/2008. Proprio questa integrazione garantisce la natura dinamica del vincolo di sicurezza che, appunto, deve modellarsi in ragione delle caratteristiche della prestazione lavorativa e del contesto in cui la stessa si svolge.

La prima questione che si pone concerne la possibilità di includere il proplayer nell’ampia nozione di lavoratore delineata all’art. 2, lett. a, del d.lgs. n. 81/2008. La definizione è in grado di assorbire la condizione di chiunque si trovi inserito funzionalmente all’interno di un’organizzazione lavorativa, prescindendo dalla tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione e dalla natura onerosa della stessa. Ne consegue in astratto l’operatività del d.lgs. n. 81/2008 nei riguardi di tutti i lavoratori, subordinati e autonomi (nonché dei soggetti ad essi equiparati), compresi i pro-players e, più in generale, i lavoratori e-sportivi impiegati nelle varie attività che prendono forma nel mondo degli e-sports.

La configurazione della condizione occupazionale dei players professionisti, legata al tipo di rapporto che si instaura con il team o la società di riferimento, definisce la tutela applicabile alla fattispecie concreta.

È evidente che la soluzione più protettiva è quella dell’inquadramento nell’area del lavoro subordinato, seppure si tratti di un’opzione poco praticata, sia per intuibili ragioni di scarsa convenienza economica sia per indubbie criticità legate al contenuto e alle peculiari modalità di svolgimento della prestazione e-sportiva (che, per esempio, rendono problematico l’esercizio dei poteri datoriali, come pure l’individuazione della “giusta” retribuzione[31]); criticità, queste, difficilmente superabili in assenza di una regolamentazione ah hoc.

In ogni caso, nell’ipotesi di lavoro subordinato troverà applicazione in toto la normativa prevenzionistica, il cui principale strumento operativo, com’è noto, è rappresentato dalla valutazione dei rischi: gli artt. 17 e 28, co. 1, obbligano il datore a valutare «tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori», sia in una dimensione oggettiva sia in una dimensione soggettiva, dovendo la valutazione avere riguardo anche a «gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari»[32] tra cui si annoverano lo stress lavoro-correlato e (implicitamente) tutti i rischi psicosociali[33].

La valutazione dovrà essere, quindi, modellata in funzione delle peculiarità dell’attività e-sportiva, delle attrezzature utilizzate, contemplando, tra l’altro, anche i rischi potenzialmente presenti negli impianti che ospitano le competizioni e-sportive, compresa la partecipazione del pubblico (nella duplice opzione in presenza e on line).

In sede di valutazione dovrà riservarsi adeguata considerazione ai fattori di matrice psicosociale e organizzativa che, come sottolineato supra, costituiscono rischi propri di questo tipo di industria. Una gestione complessiva di tali rischi – sollecitata con sempre più insistenza dall’U.E.[34] e dalle organizzazioni internazionali[35] – è una strategia obbligata per la tutela piena della salute della persona nell’ambito del complesso ecosistema e-sport, ancor più se si considera la presenza significativa di soggetti di minore età.

Siffatta strategia deve incorporare e valorizzare pure gli altri strumenti chiave su cui si fonda la logica prevenzionistica ovvero la sorveglianza sanitaria e gli obblighi di formazione, informazione e addestramento; obblighi che dovranno essere modulati tenendo conto dei rischi particolari connessi alle prestazioni e-sportive, valutati a monte, con la consapevolezza che proprio la formazione e la disconnessione forzata dagli strumenti digitali possono rappresentare le tutele principali per una effettiva protezione contro le prospettate situazioni rischiose presenti nell’ambiente di lavoro digitale e immersivo.

Del resto, una garanzia rafforzata (pur se non assistita da sanzioni) è prevista a favore dei lavoratori che effettuano una prestazione continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico e telematico, tra i quali rientra certamente il pro-player[36]. Il co. 10 dell’art. 3 del d.lgs. 81/2008 dispone l’applicabilità delle disposizioni del titolo VII “Attrezzature munite di videoterminali”, indipendentemente dall’ambito in cui si svolge la prestazione, e specifica che, laddove il datore fornisca attrezzature proprie o per il tramite di terzi, tali attrezzature debbano essere conformi alle disposizioni dettate al titolo III “Uso delle attrezzature di lavoro e dei dispostivi di protezione individuale”. In più, tali lavoratori sono informati dal datore circa le politiche aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro; al datore di lavoro, alle rappresentanze dei lavoratori e alle autorità competenti è riconosciuto un potere di accesso al luogo in cui viene svolto il lavoro (subordinato al preavviso e al consenso del lavoratore qualora la prestazione sia svolta presso il suo domicilio), proprio per controllare la corretta attuazione delle misure di prevenzione. Inoltre, il datore garantisce l’adozione di misure dirette a prevenire l’isolamento del lavoratore (a distanza) rispetto agli altri lavoratori interni all’azienda, permettendogli di incontrarsi con i colleghi e di accedere alle informazioni dell’azienda, nel rispetto di regolamenti o accordi aziendali.

Quando l’attività resta al di fuori della casella della subordinazione opera una tutela differenziata, che si plasma in base all’inserimento o meno del lavoratore nel contesto organizzativo aziendale. Le eccezioni e limitazioni, ammesse ex art. 3, co. 4, d.lgs. n. 81/2008, trovano larga applicazione nel caso dei pro-players che per lo più svolgono la propria attività in maniera autonoma e/o con formule ibride mediante collaborazioni, più o meno stabili, e prestazioni occasionali con team e società.

Al riguardo il co. 7 dell’art. 3 specifica che ai rapporti di lavoro parasubordinato ovvero alle collaborazioni, coordinate e continuative di cui all’art. 409 c.p.c. si applica integralmente il d.lgs. n. 81/2008 solo ove la prestazione si dispieghi all’interno dei locali del committente. Per quanto concerne l’ecosistema degli e-sports, per luoghi del committente possono intendersi, ad esempio, gli impianti e-sportivi, ma anche le sale di gaming per gli allenamenti da gioco, le “case delle squadre”[37] ovvero una parte (seppur minima) dei luoghi in cui nella prassi la prestazione del collaboratore e-sportivo si svolge. Restano, invece, esclusi dall’ambito applicativo del d.lgs. n. 81/2008 i collaboratori che svolgono l’attività (completamente) in locali non di pertinenza del committente: situazione questa che potrebbe riguardare la figura del pro-player, che per lo più opera dalla propria abitazione, almeno nel contesto italiano. In quest’ipotesi, una tutela (non piena) può derivare dall’applicazione dell’art. 2087 c.c., nonché degli artt. 21 e 26 del d.lgs. n. 81/2008 dettati per il lavoro autonomo (art. 3, co. 11).

Quanto alle prestazioni occasionali di cui all’art. 54-bis del d.l. n. 50/2017, che pure potenzialmente interessano una fetta di professionisti del mondo degli e-sports, compresi i pro-players, si prescrive l’operatività integrale del d.lgs. n. 81/2008 solo se la prestazione sia svolta a favore di un committente imprenditore o professionista; diversamente trova spazio la tutela ridotta assicurata dall’art. 21 del d.lgs. n. 81/2008. Quest’ultima, a garanzia dei lavoratori autonomi che si trovino a svolgere la prestazione nel contesto aziendale, impone oneri informativi a carico del datore-committente in merito ai rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui devono operare e alle misure di prevenzione e protezione predisposte; mentre sugli stessi lavoratori autonomi ricadono gli obblighi di prevenzione relativi alle attrezzature di lavoro e ai dispositivi di protezione individuali. Inoltre, relativamente ai rischi tipici delle attività svolte, gli stessi – con oneri a proprio carico – hanno facoltà di beneficiare della sorveglianza sanitaria e di partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

5. Viene ora da chiedersi se i vantaggi, da più parti prospettati, derivanti dall’inclusione del fenomeno e-sportivo in quello sportivo[38], siano riscontrabili (anche) rispetto alle tutele prevenzionistiche[39].

Nel caso dei lavoratori sportivi la normativa speciale rimette a una discutibile soglia, di carattere meramente economico – un corrispettivo pari ad euro cinquemila – l’applicazione della disciplina generale in materia di salute e sicurezza, riservando a tutti i lavoratori al di sotto del “tetto” solo le tutele – o meglio le autotutele – disposte dall’art. 21, co. 2 per gli autonomi[40].

Non è chiaro se la previsione operi rispetto all’area del lavoro autonomo occasionale o – come sembra emergere dal dato letterale – anche a quella del lavoro subordinato: in questa seconda ipotesi, potrebbe configurarsi un vizio di legittimità costituzionale della stessa in ragione della disparità di trattamento a danno dei lavoratori subordinati sportivi e della violazione dei principi della direttiva quadro europea n. 391/1989[41].

Invero pure circoscrivendone l’operatività ai soli lavoratori autonomi occasionali la norma manterrebbe un effetto pregiudizievole perché si applicherebbe a tutti i lavoratori autonomi, inclusi i collaboratori coordinati e continuativi, pure quando operanti all’interno del contesto dell’organizzazione lavorativa (ovvero e-sportiva) datoriale, in deroga all’art. 3, commi 7 e 11, del d.lgs. n. 81/2008.

Ai lavoratori che si collocano sotto la “soglia” predefinita viene riconosciuta una tutela debole, inferiore persino rispetto a quella riconosciuta agli sportivi volontari, in applicazione di un criterio puramente economico, del tutto slegato dal grado di rischio cui tali lavoratori sono soggetti.

È questa una stortura evidente rispetto a cui occorrerà porre rimedio.

Diversamente, nella stessa normativa si può scorgere una previsione assai rilevante che si occupa dei fattori di rischio di violenza o discriminatori e del contrasto della violenza di genere nello sport[42], disponendo che le Federazioni sportive nazionali, le Discipline sportive associate, gli Enti di promozione sportiva e le Associazioni e benemerite, sentito il parere del CONI, redigano le linee guida per la predisposizione dei modelli organizzativi e di controllo dell’attività sportiva e dei codici di condotta a tutela dei minori e per la prevenzione delle molestie, della violenza di genere e di ogni altra condizione di discriminazione (art. 16, d.lgs. n. 39/2021, co.1). Le associazioni e le società sportive dilettantistiche, nonché le società sportive professionistiche, dovranno poi definire e adottare, entro i successivi dodici mesi, modelli organizzativi e di controllo dell’attività sportiva, oltre che codici di condotta ad esse conformi e, qualora ne siano già provviste, farsi carico di integrarli opportunamente (co. 2). A fronte del mancato adempimento di siffatto vincolo, si impongono a carico delle associazioni o società sportive vere e proprie sanzioni di carattere disciplinare previste nel relativo ambito sportivo (co. 3).

La disposizione configura come obbligatoria l’adozione e l’efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione aventi efficacia esimente della responsabilità amministrativa da reato degli enti – che è invece volontaria ai sensi della normativa generale – con indubbie ricadute positive per una gestione sistemica della salute e sicurezza sul lavoro.

Pur con i necessari adattamenti, l’introduzione di un vincolo di questo tipo all’ecosistema e-sportivo potrebbe consentire di rispondere in maniera più efficace alle sfide che lo stesso impone e ai connessi “nuovi” bisogni di tutela mediante la costruzione di un sistema prevenzionistico taylor made, sagomato sui rischi specifici.

Allo stato, le tutele in materia di salute e sicurezza applicabili al pro-player scontano comunque aree di scopertura dovute alla mobile qualificazione della fattispecie negoziale. E, allora, pure per mettere al riparo dal rischio precarietà che interessa questo segmento del mercato, sarebbe auspicabile definire un assetto unitario delle tutele, che le ricolleghi alla persona che lavora più che alla forma contrattuale[43], così da assicurare la piena protezione (e promozione) della salute.

*Questo lavoro è frutto della ricerca realizzata nell’ambito dei progetti: UPSIDE: Urban Playground for masSIve Digital Experiences, finanziato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (CUP B63D23000820004, con capofila il Dipartimento di Ingegneria dell’Ateneo Vanvitelli e partner il Politecnico di Bari, il Consorzio Meditech, la Wind Tre S.p.A., la Mkers S.p.a.); PRIN 2022 Health, security and human rights in e-sports: plural approaches towards legal solutions – SECHURESPORTS (CUP B53D23010440006, con capofila l’Università di Parma). Con riguardo a entrambi i progetti l’Autrice è membro dell’Unità di ricerca del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli.

[1] Quella di e-sport è una nozione «solo fenomenologica ed in quanto tale in continua evoluzione»: F. Santini, Il microcosmo videoludico: gli esports, in M. Biasi (a cura di), Diritto del lavoro e intelligenza artificiale, Giuffrè, 2024, p. 689 ss., cui si rinvia anche per la bibliografia sul tema.

[2] Nelle classifiche europee, l’Italia si colloca dopo la Spagna e la Polonia, con un mercato globale che dovrebbe crescere – si stima – sino a 4,921 miliardi di dollari nel 2027, con un fatturato complessivo di 45 milioni di euro. Cfr. il Rapporto Ecosistema degli esports in Italia. Inquadramento normativo, scenari e prospettive di crescita per il settore, presentato presso il Ministero della Cultura il 28 settembre 2023; il documento Developing the video games and e sports sector in the EU, Parlamento europeo, giugno 2023; il Rapporto Deloitte, Let’s Play! 2022. The European esports market; il report IIDEA, Rapporto sugli esports 2022.

[3] Sull’evoluzione di questo fenomeno v. P. Chaloner, This is esports (and How to Spell it). Longlisted for the william hill sports book award 2020: An Insider’s Guide to the World of Pro Gaming, Londra, Bloomsbury Publishing PLC, 2020; P. Raimondo, Sport vs. esports. Una difficile convivenza, in federalsmi.it, 2022, 1, p. 127 ss.; G. Scarchillo, A.M. Quondamstefano, E-sport tra Francia e Repubblica di San Marino: un modello per l’Italia? Ipotesi e prospettive di diritto comparato, in Riv. dir. sport., 2023, 2, p. 573 ss.

[4] V. K. Hallmann, A. Zehrer, J. Rietz, Sport events as experiencescapes: the spectator’s perspective, in Intern. Jour. of Sports Marketing and Sponsorship, 2021, IV.

[5] Nel 2023 il totale di ore di trasmissione fruito dagli spettatori è stato pari a 2,76 miliardi, di cui un terzo dei contenuti di e-sports proviene da canali di co-streaming appartenenti ai creators, secondo il report pubblicato da GameSquare Holdings. League of Legends è stato il gioco più trasmesso in diretta con 1,6 miliardi di ore guardate.

[6] In diversi Paesi stadi e palazzi dello sport sono stati riadattati o, addirittura, costruiti ex novo, per ospitare le sempre più numerose competizioni di e-sports. Si possono citare, a titolo esemplificativo, l’esports stadium Arlington, in Texas, il network statunitense eSports Arena (che conta 18 spazi di vario tipo compresa la prima arena a Santa Ana, in California, aperta nel 2015), la Spodek Arena di Katowice, in Polonia, e, ancora, la Lanxess Arena in Germania, una delle più grandi arene d’Europa; aree, queste, che però in diversi casi sono multifunzionali. Sulla situazione italiana v. L’Egame Sport Fund ha intenzione di investire 100 milioni di euro nel gaming con l’apertura di un’arena e-sports a Milano, 31 maggio 2024, in https://www.esportsmag.it/a-milano-unarena-esports-da-3500-posti; In Italia si inizia a investire nelle arene per gli esport, 26 aprile 2022, in https://www.wired.it/article/esport-arena-italia-dove-crowdfunding/; L. Forte, Arrivano gli stadi per gli eSport: gli esempi di Dallas e Londra, 16 marzo 2018, in www. esports.gazzetta. Invero, in molti mercati (soprattutto sudcoreano, cinese, giapponese e taiwanese) da anni si stanno sperimentando nuovi format per le competizioni di e-sports con eventi fisici (e non solo virtuali) all’interno di varie strutture, dai centri commerciali agli stadi, dai palasport ai teatri e, persino, alle navi da crociera.

[7] Tale espressione si usa per indicare l’azienda che pubblica videogiochi sviluppati internamente oppure da società esterne o, ancora, da singoli sviluppatori.  Gli editori di videogiochi si occupano anche della commercializzazione e della distribuzione degli stessi, oltre che, talora di altre attività connesse all’uso delle licenze, alla definizione e composizione grafica del manuale utente, ecc.

[8] Cfr. i diversi studi commissionati dalle istituzioni europee a monte dell’adozione della Risoluzione del Parlamento europeo del 10 novembre 2022 su sport elettronici e videogiochi (2022/2027 (INI)). Gli studi si soffermano, tra l’altro, sulle opportunità lavorative offerte dal fenomeno nel contesto di una digital society e sulle nuove professioni che si vanno affermando nell’industria e-sportiva (disponibili in https://www.europarl.europa.eu).

[9] Sul c.d. LAN Gate – che sfociò in un’interrogazione parlamentare – v. F. Santini, R. Pettinelli, Technological evolution and labour law. Between “sport” and “entertainment”: the e-sports, in E. Menegatti (edited by), Law, Technology and Labour, Italian Labour Law e-Studies, 2023, p. 207 ss. Alcuni Paesi hanno regolamentato il fenomeno degli e-sports: su queste esperienze interessanti, oltre ai contributi citati nelle note che seguono, v. il Report Esports Laws of the world, 2021, in dlapiper.com; G. Scarchillo, A.M. Quondamstefano, E-sport tra Francia e Repubblica di San Marino: un modello per l’Italia? cit., p. 594 ss.

[10] V. i dati riportati nell’articolo di ExpressVPN, Quanto guadagna un giocatore professionista di E-Sports, 24 novembre 2023, che richiama anche gli enormi importi dei montepremi dei tornei internazionali: il gioco Dota2 supera i 340 milioni di dollari, seguito da Fortnite, con 174 milioni di dollari, Counter-Strike, con 162 milioni di dollari, League of Legends, con 105 milioni di dollari.

[11] Gli importi percepiti dal singolo pro-player arrivano a toccare i 73.000 euro annui in Italia. L’italiano Reynor, in cima alla classifica degli e-atleti più ricchi, ha registrato introiti che complessivamente superano i 730.000 euro vinti individualmente, tutti nei tornei di StarCraft II, mentre Mengucci e Stermy (rispettivamente secondo e terzo in graduatoria) hanno raggiunto 332.000 euro e 238.000 euro, seguiti da Ettorito97 e Obrun2002, entrambi con oltre 200.000 euro di incassi.

[12] Sul controverso rapporto tra e-sport e sport e sulla possibilità di estendere al primo le regole dell’ordinamento sportivo, in modo da fruire di un sistema maturo di tutele e di strumenti v., ex multis, J. Ierussi, C. Rombolà, Esports: cosa sono?, in Riv. dir. sport., 2018, p. 307 ss.; S. Bastianon, Dal bridge agli esports: semplici giochi o vere attività sportive? Prime riflessioni e spunti per un dibattito, in Riv. dir. sport., 2020, p. 182 ss.; A. Adamo, Gli sport elettronici e gli sport tradizionali. Spunti di regolamentazione del settore videoludico, in Rass. dir. econ. sport, 2022, p. 246 ss.; A. Lepore, Persona, sport e metaverso, in Riv. dir. sport., 2023, 2, p. 439 ss. Il principale ostacolo sembra essere costituito dall’assenza di un soggetto, che al pari delle Federazioni sportive o delle regole ordinamentali associate, possa rappresentare l’ente di governo di un (sotto)ordinamento e-sportivo: su tali aspetti, da ultimo, v. E. Rocchini, Esports e diritto del lavoro: osservazioni sul rapporto di lavoro dei proplayers, in Mass. giur. lav., 2024, 1, p. 108 ss., spec. p. 111 ss.

[13] Sulla riforma del lavoro sportivo v., ex multis, M Biasi, Causa e tipo nella riforma del lavoro sportivo. Brevi osservazioni sulle figure del lavoratore sportivo e dello sportivo amatore nel d.lgs. n. 36/2021, in Lav. dir. eur., 2021, 3; C. Zoli, L. Zoppoli, Lavoratori, volontari e amatori tra sport e terzo settore, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT, n. 443, 2021; A.L. Fraioli, La riforma del lavoro sportivo di cui al d.lgs. n. 36/2021, in Mass. giur. lav., 2023, p. 55 ss.; T. Vettor, La nuova riforma del lavoro sportivo: prime analisi alle disposizioni integrative e correttive al d.lgs. n. 36/2021 (d.lgs. n. 163/2022), in Mass. giur. lav., 2023, p. 129 ss.; M Biasi, Qualificazione e tutele nel lavoro sportivo: dalla L. n. 91/1981 al D.Lgs. n. 36/2021…e ritorno?, in Lav. dir. eur., 2024, 3; P. Lambertucci, Il lavoro sportivo subordinato tra disciplina speciale e normativa generale di tutela: prime considerazioni sulla riforma del 2021, in Arg. dir. lav., 2024, 1, p. 1 ss.; A. Trojsi, La riforma del lavoro sportivo nel sistema delle fonti, in Lav. Dir. Eur., 2024, 2. V. altresì i contributi pubblicati sul numero monografico di Variaz. Temi Dir. Lav., 2024, 2, a cura di R. Nunin.

[14] Così la Risoluzione del Parlamento europeo su sport elettronici e videogiochi, cit., che rimarca le differenze tra esport e sport, ritenendoli «settori diversi», pur tuttavia reputando che possono «integrarsi e imparare gli uni dagli altri e promuovere valori e competenze positivi simili, quali il fair play, la non discriminazione, il lavoro di squadra, la leadership, la solidarietà, l’integrità, l’antirazzismo, l’inclusione sociale e la parità di genere».

[15] M.R. Johnson, J. Woodcock, Work, play, and precariousness: An overview of the labour ecosystem of esports, in Media, Culture & Society, 2021, 43(8), p. 1449 ss., cui si rinvia per la bibliografia in relazione ai numerosi studi della sociologia e psicologia sul tema.

[16] Cfr. la ricerca svolta da H. Zwibel del NYIT Center for Sports Medicine e pubblicata sul British Journal of Medicine.

[17] Si pensi ai pericoli conseguenti all’esposizione a onde elettromagnetiche emesse dai dispositivi di connessione wireless o, ancora, ai rischi derivanti dall’interazione con robot e macchine (con o senza AI) e/o con nuovi materiali.

[18] Molteplici sono le questioni che la sfida del metaverso pone al giuslavorista. Con specifico riguardo ai profili di salute e sicurezza sul lavoro, per una prima valutazione sull’adeguatezza dello strumentario lavoristico a governare il cambiamento epocale che si profila all’orizzonte, sia consentito il rinvio a C. Di Carluccio, Quando a stressarsi è l’avatar. Tecnologie immersive e nuove sfide per la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, in AmbienteDiritto.it, 2024, 1, p. 1 ss.

[19] Aa. Vv., Demographic and Behavioral Correlates of Cybersickness: A Large Lab-in-the-Field Study of 837 Participants, 2022, in https://siplab.org/papers/ismar2022-cybersickness_study.pd.

[20] V. A. Lepore, Persona, sport e metaverso, cit., p. 442 s.

[21] Eu Osha, New forms of work in the digital era: implications for psychosocial risks and Musculoskeletal Disorders, 2021.

[22] Eu-Osha, Teleworking during the COVID-19 pandemic: risks and prevention strategies, 2021; ILO, Healthy and safe telework, Technical Brief, 2021.

[23] M. Tarafdar, Q. Tu, T.S. Ragu-Nathan, Impact of Technostress on End-User Satisfaction and Performance, in Jour. of Management Information Systems, 2010, 27(3), p. 303 ss. Per le ricadute sul diritto del lavoro, tra i contributi più recenti, C. Di Carluccio, Tecno-invasión y trabajo (in)seguro. Notas sobre seguridad y salud en el trabajo en Italia, in Aa. Vv., Las transformaciones de la seguridad social ante los retos de la era digital. Por una salud y seguridad social digna e inclusiva, Ediciones Laborum, 2023, p. 741 ss.; E. Dagnino, Diritto del lavoro e nuove tecnologie, Adapt University Press, 2022, spec. p. 85 ss.; V. Pasquarella, (Iper)digitalizzazione del lavoro e tecnostress lavoro-correlato: la necessità di un approccio multidisciplinare, in Arg. dir. lav., 2022, 1, p. 50 ss.

[24] Il termine è stato coniato negli anni settanta da Oates che, nell’assimilare la dipendenza da lavoro alla dipendenza da alcool, ha ricavato l’analogia fonetica combinando la parola work con alcoholism, letteralmente “ubriacatura da lavoro”: W.E. Oates, Confessions of a workaholic. The facts about work addition, World Publishing Company, 1971.

[25] Nel 2015 Kory Friesen, giocatore di Counter Strike, in un’intervista ha ammesso che durante le finali dell’Intel Extreme Masters tenutesi in Polonia tutta la squadra era sotto l’effetto di un farmaco a base di anfetamine solitamente prescritto per favorire la concentrazione nei soggetti con sindrome da deficit di attenzione e iperattività. Tale vicenda ha indotto la Elettronic Esports League a definire una politica di contrasto al doping, in collaborazione con l’agenzia anti-doping tedesca e la World Anti-Doping Agency, redigendo una lista di sostanze vietate e introducendo misure come controlli a campione, uso di software c.d. “antimbroglio” e sanzioni severe per i players inadempienti. Sul punto C. Stivers, The first competitive video gaming antidoping policy and its deficiencies under European union law, in San Diego Inter. Law Jour., 2017, p. 264 ss.

[26] Sul punto v. D. Holgado, A. Vadillo E D. Sanabria, “Brain-Doping,” Is It a Real Threat?, in Front. physiol., 2019, 10, p. 483 ss. Per un’analisi delle differenze tra farmaci, meri integratori, stimolazioni elettriche e terapie geniche, v. P. Raimondi, L. Zambelli, Profili generali della lotta al doping. Evoluzione normativa e connessione con gli aspetti farmacologici, in Dir. sport, 2020, 2, p. 7 ss.

[27] Con riguardo ai profili del lavoro digitale v., ex multis S. Farley, I. Coyne, P. D’Cruz, Cyberbullying at work: Understanding the influence of technology, in Concepts, Approaches and Methods, 2021, p. 233 ss.; R.M. Kowalski, C.E. Robbins, The Meaning, Prevalence, and Outcomes of Cyberbullying in the Workplace, in Handbook of Research on Cyberbullying and Online Harassment in the Workplace, 2021, p. 1 ss.

[28] Eu-Osha, Surveillance and monitoring of remote workers: implications for occupational safety and health, 2023; European Parliament, Metaverse Opportunities, risks and policy implications, Briefing, 24 giugno 2022.

[29] M.R. Johnson, J. Woodcock, Work, play, and precariousness cit., spec. p. 10 ss.

[30] M. Biasi, M. Murgo, The virtual space of the Metaverse and the fiddly identification of the applicable labor law, in Italian Labour Law e-Journal, 2023, vol. 16, 1, p. 5 ss.

[31] A. Tampieri, G. Fioriglio, Working in the e-sports: a juridical analysis, in E. Menegatti (edited by), Law, Technology and Labour, cit., p. 232 ss., spec. p. 239 s.

[32] L. Angelini, La valutazione di tutti i rischi, in P. Pascucci (a cura di), Salute e sicurezza sul lavoro. Tutele universali e nuovi strumenti regolativi a dieci anni dal d.lgs. n. 81/2008, Franco Angeli, 2019, p. 95 ss.

[33] Lo stress “incarna” l’effetto lesivo che ogni rischio psicosociale può determinare sulle condizioni di salute dei prestatori di lavoro: L. Angelini, Dalle species al genus (e viceversa). Note sull’obbligo di valutazione dello stress lavoro-correlato e dei rischi psico-sociali, in L. Angelini (a cura di), La prevenzione dei rischi da stress lavoro correlato, W.P. Olympus, 2014, 31, p. 78 s.; M. Peruzzi, Il rapporto tra stress lavoro correlato e rischi psicosociali nelle fonti unieuropee e interne, in L. Angelini (a cura di), La prevenzione dei rischi da stress cit., p. 89 ss.

[34] La salute mentale costituisce una preoccupazione crescente a livello dell’UE. Basti richiamare il Quadro strategico dell’UE 2021-2027 “Salute e sicurezza sul lavoro in un mondo del lavoro in evoluzione”; la Risoluzione del Parlamento europeo del 5 luglio 2022 sulla salute mentale nel mondo del lavoro digitale 2021/2098 INI; il parere sul tema del lavoro precario e della salute mentale adottato il 27 aprile 2023 dal Comitato economico e sociale europeo, in cui si propongono misure di prevenzione dei rischi psicosociali a livello dell’UE, compresa l’adozione di una normativa specifica; la Comunicazione su un approccio globale alla salute mentale adottata dalla Commissione europea il 7 giugno 2023, la quale contiene un capitolo dedicato ai rischi psicosociali sul lavoro in cui sono enunciate varie importanti iniziative per affrontarne la gestione e prevenzione; la dichiarazione del Consiglio d’Europa di ottobre 2023 su salute mentale e lavoro precario.

[35] Cfr., ex multis, la Convenzione OIL n. 190/2019, ratificata in Italia con la l. n. 4/2021 che include la protezione della violenza e delle molestie nella gestione della salute e della sicurezza sul lavoro; la norma ISO 45003: 2021 Occupational health and safety management-Psychological health and safety at work. Guidelines for managing psychosocial risks; le linee guida globali dell’OMS sulla salute mentale sul lavoro, rafforzate da strategie pratiche delineate in una nota informativa congiunta dell’OMS e dell’OIL, settembre 2022. Del resto, come noto, uno degli obiettivi chiave di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite comprende proprio la protezione del diritto al lavoro e la promozione di un ambiente lavorativo sicuro e protetto per tutti i lavoratori.

[36] Nei giorni/orari in cui l’attività è svolta all’ “esterno” la normativa di cui al d.lgs. n. 81/2008 deve integrarsi con quella che regola il lavoro agile ossia la l. n. 81/2017.

[37] Le gaming house sono piuttosto diffuse. In Italia, a Roma, con la sponsorizzazione di Mercedes-Benz, la società Mkers ha inaugurato a novembre 2021 la sua Mkers Gaming House, uno spazio fisico e, al contempo, virtuale a disposizione dei pro-players del team la cui funzione va ben oltre il training, essendo i giocatori coinvolti nella creazione e narrazione di contenuti digitali per i canali social e in tante altre attività extra sportive (in https://www.mkers.gg/news/gaming-house-mkers).

[38] Cfr. A. Coni, Who owns the esports? The multiple creative factors of a digital work of intellect and the complex ways of globally appying the copyright law, in Riv. dir. econ. sport, 2017, 3, p. 67 ss.; L. Zambelli, A. Strinati, Analisi sistemica del fenomeno eSport. I videogames come sport e la necessità una governance, in federalismi.it, 2021, p. 204 ss.; nonché gli autori citati alla nota 12 di questo contributo.

[39] V. M.L. Picunio, Salute, sicurezza e tutela previdenziale nel lavoro sportivo, in Mass. giur. lav., 2024, n. 2, p. 306 ss., nonché i contributi citati nelle note che seguono.

[40] Art. 33, co. 1, quarto periodo, d.lgs. n. 36/2021, introdotto dall’art. 1, co. 26, lett. a, d.lgs. 29 agosto 2023, n. 120.

[41] Criticamente su questa disposizione A. Delogu, Alcune annotazioni sulla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nella riforma del lavoro sportivo, in Dir. Sic. Lav., 2024, 1, p. 21 ss., spec. p. 33 s.; F. Ferraro, Collaborazione coordinata e obbligo di sicurezza del committente, in AmbienteDiritto.it, 2023, 4, p. 1 ss., spec. p. 22 s.

[42] Sul punto G. Mulè, G. Gagliardi, Riforma dello sport: i modelli organizzativi per la prevenzione e il contrasto di abusi, discriminazioni e violenze, in Euroconference News, 15 novembre 2023.

[43] L. Montuschi, L’incerto cammino della sicurezza del lavoro fra esigenze di tutela, onerosità e disordine normativo, in Riv. Giur. Lav., 2001, p. 525. Più di recente P. Tullini, Quali regole per il lavoratore – utente del web? Scambio economico e tutele, in P. Tullini (a cura di), Web e lavoro. Profili evolutivi e di tutela, Giappichelli, 2017, p. 141 ss., secondo cui, piuttosto che «forzare i confini tra statuti o riformulare gli elementi strutturali della subordinazione o alimentare l’area grigia della para-subordinazione, si può pensare di ricollegare i diritti e le tutele direttamente alla persona che entra nel mercato del lavoro digitale, ammettendo la loro portabilità nei percorsi frammentati, nelle transizioni e nell’evoluzione delle traiettorie professionali» (p. 153); A. Perulli, Oltre la subordinazione. La nuova tendenza espansiva del diritto del lavoro, Giappichelli, 2021.