Informativa sul trattamento dei dati personali (ai sensi dell’art. 13 Regolamento UE 2016/679)
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Noterella sulla disciplina transitoria del decreto legislativo 31 ottobre 2024, n. 164 (g.u. n. 264 dell’11 novembre 2024)
Di Bruno Capponi -
L’art. 7 del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164, recante Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, prevede che «ove non diversamente previsto, le disposizioni del presente decreto si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023» (comma 1). I sei commi successivi recano limitate eccezioni alla regola generale, e tutti sono raggruppati sotto la comune rubrica «disposizioni transitorie».
Per comprendere la portata della regola generale del comma 1 è utile notare che il decreto integrato e corretto (n. 149/2022), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (art. 52, comma 1), prevedeva inizialmente che «Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 30 giugno 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 30 giugno 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti» (art. 35, comma 1, sotto la rubrica «disciplina transitoria»). La legge finanziaria per il 2023 (29 dicembre 2022, n. 197) ha poi sostituito la data del 30 giugno con quella, anticipata, del 28 febbraio 2022. Ne risulta che il riferimento temporale delle disposizioni integrative e correttive è lo stesso delle disposizioni integrate e corrette, con la differenza che il d.lgs. n. 149/2022 è stato pubblicato nella G.U. Serie Generale n. 243 del 17 ottobre 2022, mentre il d.lgs. n. 164/2024 è stato pubblicato nella G.U. Serie Generale n. 264 dell’11 novembre 2024. Inoltre, mentre il d.lgs. n. 149 regolava la propria entrata in vigore («Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale»: art. 52, comma 1), il d.lgs. n. 164 non reca una disposizione espressa circa la sua entrata in vigore, e quindi occorre far capo alla vacatio ordinaria (art. 10 Preleggi).
Occorre interrogarsi su quale sia l’esatta portata del d.lgs. n. 164, laddove ha scelto, per identificare il riferimento temporale delle norme integrative e correttive, quello stesso del d.lgs. n. 149: con la differenza che in relazione a quest’ultimo decreto la data del 28 febbraio 2023 era collocata nel futuro, mentre in relazione al decreto n. 164 essa si rivolge verso il passato.
Dire che le norme correttive e integrative «si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023» non significa certo attribuire ad esse efficacia retroattiva. La formula utilizzata significa soltanto che quelle norme non troveranno applicazione soltanto per l’avvenire, cioè nei giudizi introdotti dopo l’entrata in vigore del decreto n. 164, ma si riferiscono – come le norme integrate e corrette – ai giudizi introdotti dopo la data di efficacia delle norme portate dal decreto n. 149. Con la differenza che le norme del decreto n. 149 saranno entrate in vigore il 18 ottobre 2022, quelle del decreto n. 164 oltre un anno dopo. In conseguenza, nei giudizi iniziati dopo il 28 febbraio 2023 trovano applicazione, fino all’entrata in vigore del decreto n. 164, le norme da integrare e correggere portate dal decreto n. 149, e dopo quella data le norme integrate e corrette dallo stesso decreto n. 164.
Siamo dinanzi a quello che gli studiosi chiamano “conflitto di leggi nel tempo”, che si ravvisa allorché lo stesso fenomeno (nel nostro caso, il processo) risulti soggetto a normative successive, che debbono tra loro integrarsi in modo da garantire l’unità e la coerenza interna del procedimento. In casi siffatti, il problema non è quello dell’identificazione del diritto vigente, dandosi per scontato che due diversi diritti sono o sono stati vigenti in relazione allo stesso fenomeno; il problema è quello di garantire il passaggio armonico dall’uno all’altro diritto, e ciò di norma avviene grazie a norme transitorie che costituiscono un “diritto terzo”, di raccordo tra il vecchio e il nuovo.
In altri termini, la norma transitoria non si occupa (o non si occupa soltanto) di identificare il diritto vigente ma, sul presupposto che i diritti vigenti in relazione allo stesso fenomeno sono più d’uno, deve preoccuparsi di garantire unità e coerenza interna del singolo procedimento, specie allorché – come nel nostro caso – i due diritti hanno una data di efficacia esattamente corrispondente.
Ciò vale in generale e anche per le disposizioni più di dettaglio. Ad esempio, il comma 3 dell’art. 7 del decreto n. 164 prevede che «In deroga all’articolo 35, comma 1, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, le disposizioni di cui agli articoli 183-ter e 183-quater e quelle di cui all’articolo 281-sexies del codice di procedura civile, come modificato (leggi: modificate) dal decreto legislativo n. 149 del 2022 e dal presente decreto, si applicano anche ai procedimenti già pendenti alla data del 28 febbraio 2023». Qui la correzione riguarda l’efficacia delle nuove norme (tanto nel testo originario quanto in quello modificato), che il decreto n. 149 aveva inteso limitare ai giudizi introdotti dopo il 28 febbraio 2023, e il successivo decreto n. 164 ha inteso estendere ai giudizi che risultavano già pendenti a quella stessa data. Le differenze, però, sono destinate a emergere ove si consideri che il decreto n. 149 ha disposto per il futuro, mentre il decreto n. 164 ha disposto per il passato.
Un esempio chiarirà la portata del problema: l’art. 3, comma 2, lettera o) del decreto n. 164 ha modificato l’articolo 183-ter, quarto comma, c.p.c., nel senso che le parole «definisce il giudizio e non è ulteriormente impugnabile» sono state sostituite dalle seguenti: «definisce il giudizio, non è ulteriormente impugnabile e costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale». Allo stato attuale, questa modifica si applica ai giudizi che erano già pendenti alla data del 28 febbraio 2023, e a maggior ragione ai giudizi introdotti dopo quella data, ma la sua efficacia è limitata ai provvedimenti ex art. 183-ter pubblicati dopo l’entrata in vigore del decreto n. 164. Ciò perché la norma transitoria generale (art. 7, comma 1) individua il luogo in cui le nuove norme trovano applicazione (i «procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023») ma non deroga il loro tempo di efficacia, che, abbiamo detto, deriva dalla vacatio ordinaria non avendo il decreto n. 164 disposto circa la sua stessa entrata in vigore. Una disciplina transitoria “diritto terzo” avrebbe dovuto risolvere il seguente problema: posto che l’efficacia delle norme integrative e correttive viene proiettata nel passato, quale dovrà essere il regime del provvedimento ex art. 183-ter emesso in un giudizio introdotto successivamente al 28 febbraio 2023 (in base al decreto n. 149) quanto alla sua idoneità a costituire titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale? Diverse soluzioni sono prospettabili: a) in base alla regola del “fatto compiuto” e dell’atto processuale come elemento autonomo di una fattispecie complessa e spalmata nel tempo, il provvedimento pubblicato prima dell’entrata in vigore del decreto n. 164 resta inidoneo ai fini dell’iscrizione, essendo già tale al momento della sua formazione; b) giacché il decreto n. 164 regola diversamente gli effetti del provvedimento, e lo fa con riferimento alla data del 28 febbraio 2023, quegli effetti sono destinati a espandersi secondo la nuova norma, e dunque anche il provvedimento già pubblicato al momento dell’entrata in vigore del decreto n. 164 costituirà titolo per l’iscrizione; c) in contrario, potrebbe ritenersi che l’art. 7, comma 1, del decreto n. 164 non può avere efficacia retroattiva, che dev’essere espressamente prevista dal legislatore, né può averla il comma 3 dello stesso art. 7 (che si limita a porre il problema senza indicare alcuna soluzione) e pertanto in difetto di una norma ad hoc – appunto, la norma transitoria che serviva – la maggior efficacia introdotta dal decreto correttivo non può riferirsi a provvedimenti già venuti ad esistenza e dunque “esauriti” nella vigenza di una diversa normativa; e che anche una norma retroattiva generale incontra il limite dell’“atto già compiuto”, che non può non restare soggetto al regime che esso aveva al tempo della sua venuta ad esistenza.
L’esempio, che abbiamo appena fatto, potrebbe moltiplicarsi per i vari istituti interessati dalle norme integrative e correttive: ma ciò che conta è registrare le differenze tra il decreto n. 149 e il decreto n. 164, l’uno rivolto verso il futuro e l’altro verso il passato; perché mentre il primo non doveva misurarsi col problema degli atti già compiuti nei procedimenti instaurati dopo il 28 febbraio 2023 (e, come subito diremo, anche degli atti da compiersi), il secondo, avendo scelto di retrodatare la propria efficacia alla medesima data, avrebbe dovuto dettare specifiche norme transitorie per regolare gli effetti non soltanto di atti già venuti ad esistenza, ma anche di atti successivi alla pubblicazione in G.U. del decreto correttivo: si pensi, ad esempio, a un giudice che sia in riserva sulla concessione del provvedimento ex art. 183-ter alla data dell’11 novembre 2024. Egli saprà che in caso di scioglimento della riserva e di pubblicazione dell’ordinanza entro i quindici giorni successivi alla pubblicazione in G.U. del decreto n. 164, essa non sarà titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale; invece, in caso di scioglimento della riserva e di pubblicazione dopo l’entrata in vigore di quello stesso decreto, l’ordinanza sarà titolo idoneo per l’iscrizione.
Questi problemi, che possono apparire di dettaglio ma che di dettaglio non sono, sono quelli propri e tipici di una disciplina transitoria quale “diritto terzo”; ma il nostro recente legislatore ha dimostrato in più di un’occasione di non saper distinguere il diritto intertemporale (identificazione della disciplina applicabile) dal diritto transitorio (“diritto terzo” volto a garantire unità e coerenza del procedimento), con gli effetti che, purtroppo, sono sotto i nostri occhi.