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Obbligazioni solidali e litisconsorzio
Di Laura Mancini -
Sommario. 1. La struttura soggettiva del processo avente ad oggetto l’obbligazione solidale. – 2. La controversa natura delle obbligazioni in solido. – 3. L’elaborazione dottrinale sull’art. 1306 cod. civ. – 3.1. La giurisprudenza di legittimità. – 4. Le premesse sostanziali per una rilettura delle teorie sul processo avente ad oggetto obbligazioni in solido. La solidarietà come mera modalità attuativa dell’obbligazione. – 5. Le domande non ricadenti nel perimetro dell’art. 1306 cod. civ. Le azioni costitutive. – 5.1. L’eccezione di impugnativa contrattuale del condebitore solidale. – 6. Le domande di accertamento. La nullità e la simulazione del contratto fonte dell’obbligazione. – 6.1. Pregiudizialità logica e pregiudizialità tecnica. – 6.1.1. Le questioni pregiudiziali dedotte mediante eccezione. – 7. Il problema dell’accertamento pregiudiziale facente capo anche al condebitore estraneo al giudizio. Le soluzioni della dottrina. – 8. La composizione soggettiva del processo in cui sorga una questione pregiudiziale in senso logico. I destinatari dell’accertamento della validità, dell’efficacia o del modo di essere del titolo del rapporto solidale. – 9. La pregiudizialità tecnica nei giudizi sulle obbligazioni solidali. La solidarietà diseguale e la responsabilità alternativa degli obbligati. – 10. Obbligazioni solidali e litisconsorzio.
1. La struttura soggettiva del processo avente ad oggetto l’obbligazione solidale.
Secondo una definizione[1] largamente accolta[2], la solidarietà indica il meccanismo in base al quale, in un’obbligazione a composizione soggettiva plurima, dal lato passivo, ciascuno dei più debitori può essere costretto ad adempiere per la totalità e l’adempimento dell’uno libera anche gli altri, ovvero, dal lato attivo, ciascuno dei più creditori ha diritto di richiedere l’intera prestazione e l’adempimento conseguito da uno di essi libera il debitore verso tutti.
In entrambe le varianti dell’istituto, la finalità di rendere più agevole e sicura l’attuazione del credito[3] è affidata alla facoltà, da taluni ritenuta «requisito consustanziale»[4], della libera scelta del debitore al quale richiedere l’adempimento (nella solidarietà passiva) o del creditore in favore del quale adempiere (nella solidarietà attiva)[5].
La centralità della libera electio nel funzionamento del congegno solidale ha indotto la dottrina classica a escludere «perentoriamente»[6] che, sul versante processuale, alla struttura soggettivamente plurima dell’obbligazione – pur idonea a generare un cumulo soggettivo di cause – corrisponda la forma necessariamente litisconsortile del processo.
Per quanto concerne, in particolare, la solidarietà passiva[7], si osserva che il favor creditoris, sotteso alla facoltà del creditore di richiedere, a proprio piacimento, la totalità della prestazione all’uno o all’altro dei debitori, risulterebbe vanificato se lo stesso creditore, nell’azionare la sua pretesa, fosse costretto a evocare in giudizio tutti i condebitori[8].
In tale prospettiva, primario rilievo sistematico assume, dunque, l’art. 1306 cod. civ., il quale, ammettendo la legittimazione – ad agire e a contraddire – disgiunta dei singoli condebitori e concreditori e riconoscendo al consorte rimasto estraneo al giudizio la facoltà di profittare della decisione resa inter pauciores, se a sé favorevole, consente di perpetuare nel processo i vantaggi della libera electio.
Secondo l’interpretazione prevalente, detta previsione, presupponendo la scindibilità delle posizioni dei singoli condebitori o concreditori – e, dunque, tollerando il possibile conflitto di giudicati –, esclude la necessità di un loro coinvolgimento sincronico anche quando l’accertamento investa la fonte del comune debito solidale e, secondo le posizioni più radicali, finanche nel caso in cui sia richiesta una pronuncia caducatoria del vincolo[9].
Un’analisi casistica delle «eterogenee aree di incidenza»[10] della solidarietà passiva mostra, tuttavia, come le indicazioni ricostruttive ricavabili dalle norme del codice civile – ivi comprese quelle aventi una vocazione eminentemente processuale – non forniscano una soluzione appagante in un numero non trascurabile di ipotesi[11]. Alla congerie delle fattispecie nelle quali opera il dispositivo della solidarietà si correlano, infatti, registri processuali differenti, la cui disciplina non può essere attinta dalle sole regole semplificatorie compendiate nell’art. 1306 cod. civ., ma deve essere individuata attraverso una più complessa opera ricostruttiva che, pur muovendo dalla configurazione sostanziale dell’obbligazione, interseca temi centrali del processo civile come il litisconsorzio e il giudicato.
La disciplina del giudizio inter pauciores ha, infatti, una precisa area di applicazione e non esclude che, al ricorrere di determinate condizioni, alla pluralità soggettiva dell’obbligazione solidale possa corrispondere, secondo graduazioni diverse, la configurazione litisconsortile del processo[12].
Accogliendo la premessa secondo cui la composizione soggettiva del giudizio, e quindi del giudicato, si determina in base al suo specifico oggetto[13] – il quale, a propria volta, risente della struttura del rapporto controverso –, per individuare i legittimi contraddittori nel processo avente ad oggetto un’obbligazione in solido, occorre, anzitutto, avere riguardo alla conformazione sostanziale di tale istituto.
Non sembra, infatti, persuasiva l’opinione che tende a ridimensionare l’utilità pratica della ricerca sulla natura del vincolo solidale, assumendo che la regolamentazione del codice civile[14] fornisca una risposta tendenzialmente esaustiva alle questioni interpretative, anche di ordine processuale, da esso suscitate[15].
Pare, all’opposto, che l’indagine sulla natura delle obbligazioni solidali e dei nessi che intercorrono tra le singole posizioni debitorie rappresenti un punto di partenza imprescindibile per verificare se l’assetto di interessi delineato dalla disciplina sostanziale tolleri la disarticolazione dell’accertamento giudiziale o se, invece, esiga il coinvolgimento in giudizio di tutti i titolari del rapporto da cui l’obbligazione trae origine.
Dagli studi sulla natura delle obbligazioni solidali affiorano, però, significative dissonanze, essendo maturate nel tempo ricostruzioni diversificate[16], ancorché riconducibili a due fondamentali approcci ermeneutici[17]. Alla dottrina tradizionale, incline ad inquadrare il fenomeno in un’autonoma fattispecie munita di caratteri strutturali propri – coincidenti con la pluralità soggettiva, dal lato passivo o attivo, e con l’identità del titolo[18] e della prestazione dovuta –, si sono, infatti, contrapposte le teorie funzionali, tendenti, da un lato, a valorizzare l’interesse tanto del creditore, quanto dei condebitori solidali all’assunzione dell’idem debitum e, dall’altro, a disconoscere l’autonomia strutturale dell’obbligazione in solido scorgendovi esclusivamente un dispositivo effettuale operante in molteplici e variegate fattispecie.
Per individuare la composizione soggettiva del processo sulle obbligazioni solidali occorre, poi, avere riguardo al petitum e, dunque, al tipo di pronuncia richiesta e all’oggetto della domanda.
Deve, in particolare, tenersi conto dell’estensione dell’accertamento domandato, verificando, cioè, se esso sia limitato all’esistenza del singolo effetto costituito dalla relazione di debito-credito nella sua struttura elementare, ovvero se investa il modo di essere del più ampio rapporto in cui la singola obbligazione si inserisce[19].
Nel primo caso, anche se i coobbligati siano convenuti in un simultaneus processus, l’accertamento del modo di essere del fatto generatore delle obbligazioni o della relazione che intercorre tra le singole posizioni debitorie non ha ragion d’essere, in quanto l’affermazione o la negazione dell’esistenza del debito dell’uno non coinvolge la verifica della sussistenza del debito dell’altro[20].
Nel secondo caso, invece, attesa la maggiore ampiezza del petitum, e quindi dell’accertamento giudiziale, assume rilevanza la configurazione della fonte dell’obbligazione solidale – ovvero se si sia al cospetto di un’unica causa obligandi o di fatti costitutivi distinti, ancorché connessi –, e il tipo di nesso che avvince le singole posizioni debitorie nell’assetto sostanziale.
A tale varietà contenutistica corrisponde una pluralità di scenari processuali nei quali opera – in alternativa all’ordinario regime del litisconsorzio facoltativo[21] proprio del giudizio inter pauciores[22], in base al quale le parti sono autonome nel compimento degli atti processuali, così come autonome sono le pronunce adottate in relazione a ciascuna posizione – il litisconsorzio necessario[23], nel caso in cui venga richiesta una pronuncia che, per le sue caratteristiche effettuali, può essere utilmente resa solo nei confronti di tutti i coobbligati, e il litisconsorzio cosiddetto unitario, là dove l’accertamento domandato si estenda al modo di essere dell’unico rapporto fonte dell’obbligazione o involga più rapporti connessi da un vincolo di pregiudizialità-dipendenza o di incompatibilità[24].
A ciascuno dei modelli processuali indicati corrispondono regole di svolgimento differenziate, contraddistinte, rispettivamente, dall’autonomia delle posizioni processuali dei litisconsorti e della stessa decisione, nel litisconsorzio facoltativo, e dal coordinamento delle prerogative processuali delle parti, dall’unitarietà della trattazione e della decisione, nonché dalla inscindibilità, anche in fase di impugnazione, nelle altre forme litisconsortili.
2. La controversa natura delle obbligazioni in solido.
L’approccio prescelto suggerisce di impostare la ricognizione dei regimi processuali delle obbligazioni solidali sulla disciplina sostanziale dell’istituto.
A tal fine, è, quindi, utile ripercorrere gli esiti della ricerca sul fondamento del meccanismo in forza del quale, nella solidarietà passiva – che, a mente dell’art. 1294 cod. civ., si presume, se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente[25] –, l’adempimento di uno dei condebitori libera tutti per l’intero debito[26] e, nella solidarietà attiva, l’adempimento conseguito da uno dei concreditori libera il debitore verso tutti.
Il funzionamento di tali dispositivi ha indotto una parte cospicua della dottrina a individuare nell’obbligazione solidale una pluralità di rapporti facenti capo a ciascun condebitore o concreditore[27]: l’obbligazione viene, in particolare, configurata come «un fascio di obbligazioni convergenti, tra esse saldamente unite dalla identità della prestazione e dalla interdipendenza dei vincoli»[28].
Secondo tale prospettiva, ciascun creditore o debitore è titolare di una propria posizione di credito o di debito e, quindi, di un rapporto obbligatorio autonomo, ancorché connesso con quello facente capo agli altri condebitori o concreditori in ragione dell’identità della fonte dell’obbligazione e della prestazione[29]. Di ciò si avrebbe conferma nel rilievo assegnato alle singole posizioni debitorie dalla disciplina delle vicende estintive dell’obbligazione dettata dagli artt. 1300 e seguenti cod. civ.[30]
La preoccupazione di non contraddire la conformazione pluralistica del rapporto obbligatorio solidale traspare, poi, dall’affermazione secondo cui ciascun condebitore deve una prestazione che è pur identica a quella degli altri, ma contenutisticamente autonoma[31].
Un diverso indirizzo ha tratto il carattere unitario dell’obbligazione in solido dalla generalità dell’effetto liberatorio scaturente dall’adempimento eseguito da uno dei coobbligati[32].
L’efficacia estintiva unitaria deriverebbe dal fatto che ciascuno dei debitori assume l’intero debito («la medesima prestazione» di cui discorre l’art. 1292 cod. civ.), così che l’adempimento ad opera di uno di essi produce un effetto liberatorio anche in favore degli altri[33]. I titolari dell’obbligazione sono, infatti, «collegati tra loro da un vincolo di comunione che, dal punto di vista strutturale, si traduce in una contitolarità della posizione debitoria (‘condebito’) e/o della posizione creditoria (‘concredito’)»[34].
Secondo tale impostazione, la nozione di solidarietà indica, al contempo, una modalità di esecuzione di un’obbligazione soggettivamente complessa e un vincolo attuativo di rapporti distinti, caratterizzati da cause differenti, ma connessi dalla identità della prestazione.
La ricostruzione in esame poggia sull’assunto secondo cui nel diritto di credito è possibile distinguere tra titolarità ed esercizio[35]. Nelle obbligazioni solidali paritarie, dunque, il diritto è unico e in contitolarità di più soggetti, ma può essere esercitato disgiuntamente dai singoli titolari. La scissione tra titolarità ed esercizio riuscirebbe, quindi, a coniugare i due aspetti del fenomeno, ossia l’unicità del diritto in contitolarità e l’esercizio disgiunto dello stesso[36].
Per le tesi funzionali, invece, la solidarietà non costituisce un autonomo tipo di obbligazione munito di propria struttura, ma piuttosto un regime effettuale ricollegabile ad una variegata serie di fattispecie strutturalmente eterogenee, anche se accomunate dall’identità della prestazione dovuta.
La neutralità strutturale dell’obbligazione solidale troverebbe conferma nella previsione, in aggiunta alle ipotesi di solidarietà connotate dalla «comunione di interessi»[37], di altre forme di solidarietà in cui il dispositivo solidale opera pur in presenza di un interesse esclusivo.
Rientrano in quest’ultima categoria le obbligazioni solidali a interesse unisoggettivo (solidarietà diseguale)[38], assunte, cioè, nell’interesse di alcuno soltanto dei debitori o dei creditori[39], il cui modello tipico è quello dell’obbligazione fideiussoria[40].
Secondo l’approccio funzionale, dalla regola della liberazione di tutti i debitori mediante l’esecuzione, da parte di uno di essi, della prestazione si ricava che «quando nel programma negoziale più soggetti si impegnino a realizzare integralmente, ed alternativamente, il complessivo interesse creditorio, la solidarietà si manifesta come lo strumento ordinariamente idoneo a regolare l’esecuzione dell’obbligazione in coerenza con il quadro degli interessi inferibile dal titolo»[41].
Il criterio di collegamento tra i diversi obblighi in grado di giustificare la solidarietà viene, dunque, rintracciato nell’interesse del creditore alla prestazione comune, così come trasfuso nel regolamento negoziale[42], e non anche nell’essere detta prestazione generata da una medesima fonte[43].
In particolare, la solidarietà opera – anzi, si presume – tutte le volte in cui una pluralità di debitori si impegna ad eseguire una prestazione che soddisfi integralmente l’interesse unitario del creditore attraverso l’esecuzione della medesima prestazione[44].
Si sarebbe, in definitiva, al cospetto non di un’autonoma tipologia di obbligazione, ma di un meccanismo di composizione di un conflitto di interessi operante in fase di attuazione del rapporto obbligatorio[45].
L’art. 1306 cod. civ. stabilisce che la sentenza pronunciata tra il creditore e uno dei debitori in solido o tra il debitore e uno dei creditori in solido non ha effetto contro gli altri debitori o contro gli altri creditori, ma, da un lato, gli altri debitori possono opporla al creditore, salvo che sia fondata su ragioni personali al condebitore; dall’altro, gli altri creditori possono farla valere contro il debitore, salve le eccezioni personali che questi può opporre a ciascuno di essi.
Da questo enunciato normativo si ricavano le seguenti regole: a) la legittimazione del singolo creditore o debitore è disgiunta e, quindi, il creditore può agire in giudizio nei confronti di ciascun condebitore e ciascun concreditore può agire in giudizio nei confronti del debitore, così che si è al di fuori dello schema del litisconsorzio necessario; b) soltanto il giudicato favorevole ottenuto da uno dei concreditori o dei condebitori si estende ai consorti che non hanno partecipato al processo; c) è necessaria una dichiarazione del contitolare del credito o del debito che non ha partecipato al giudizio di voler profittare della pronuncia inter alios; d) l’ordinamento consente il contrasto tra le decisioni che eventualmente definiscano in modo difforme le più cause promosse disgiuntamente e diacronicamente.
Le teorie pluraliste rinvengono in tali precetti una evidente conferma della strutturazione dell’obbligazione solidale in un fascio di rapporti – intercorrenti, rispettivamente, tra il creditore e ciascun condebitore, e tra il debitore e ciascun concreditore – connessi, ma autonomi[46]. Sarebbe, infatti, l’autonomia dei vincoli a giustificare la legittimazione disgiunta dei singoli debitori o creditori e la scindibilità delle relative posizioni e a delimitare l’efficacia soggettiva del giudicato inter pauciores.
In particolare, nella solidarietà passiva, la regola secondo cui, instaurato il giudizio tra il creditore e uno dei debitori, non è necessario estenderlo agli altri condebitori, rappresenterebbe la proiezione processuale del meccanismo in forza del quale ciascuno di tali rapporti ha ad oggetto la medesima prestazione, così che l’adempimento di questa da parte di uno dei condebitori determina l’estinzione dell’obbligazione rispetto a tutti gli altri.
Nell’ambito dell’orientamento pluralista, alla tesi che assume che la prestazione oggetto dei singoli rapporti obbligatori sia non solo identica, ma comune, si contrappone quella che, invece, dalla diversità del contenuto della prestazione trae l’estensione del meccanismo di legittimazione disgiunta di cui all’art. 1306 cod. civ. non solo alle azioni di condanna, ma anche a quelle caducatorie del vincolo per vizio genetico o funzionale del rapporto fonte dell’obbligazione solidale[47].
La dottrina che configura l’obbligazione in solido come fascio di rapporti distinti, ma aventi ad oggetto la medesima prestazione tende, invece, a ridurre l’ambito di operatività dell’art. 1306 cod. civ., escludendone le azioni di accertamento e costitutive riguardanti il rapporto da cui sorge la stessa obbligazione in solido[48].
Si precisa, però, che, in questo caso, non necessariamente trova applicazione il litisconsorzio necessario, dal momento che ciò che rende necessaria la partecipazione di più soggetti al giudizio non è l’esigenza di far coincidere le parti del processo con i soggetti del rapporto, ma il bisogno concreto di garantire all’attore un risultato utile[49]. L’unicità della causa e l’adesione al medesimo programma di tutte le parti non sono, pertanto, sufficienti per affermare che gli effetti del contratto siano infrazionabili.
In alcuni casi, infatti, l’ordinamento ammette la rimozione parziale degli effetti del contratto, mentre in altri non tollera un simile esito: l’elemento di discrimine è costituito dal regolamento di interessi che residua alla caducazione parziale, dovendo verificarsi se esso risulti diverso rispetto a quello originariamente pattuito[50]. Nell’ipotesi in cui la realizzazione dell’assetto di interessi divisato non subisca alterazioni, la risoluzione o l’annullamento parziale del contratto sono praticabili senza la necessità di integrare il contraddittorio, ma non certo in forza dell’art. 1306 cod. civ.
Nei casi, invece, in cui la nullità, l’annullamento, la risoluzione o la rescissione non possono essere pronunciate che nei confronti di tutti occorre verificare come una statuizione di questo tipo si concili con la sentenza ottenuta inter pauciores ai sensi dell’art. 1306 cod. civ.
Secondo la prospettiva unitaria, invece, poiché l’obbligazione solidale costituisce una comunione nel debito da attuarsi in via solidale, il regime processuale confacente a tale istituto è quello del litisconsorzio necessario, mentre, la norma sulla legittimazione disgiunta dettata dall’art. 1306 cod. civ. introduce una deroga ex positivo iure alla regola generale della legittimazione congiunta, che rappresenta la proiezione processuale della legittimazione del creditore ad agire nei confronti di ciascun condebitore e riguarda il solo caso della domanda di condanna all’adempimento[51].
Pur tuttavia, si precisa, ogni volta che la domanda del creditore abbia ad oggetto un petitum diverso dalla condanna all’adempimento e, in particolare, una pronuncia di accertamento o costitutiva che investa il rapporto plurisoggettivo, la disciplina dettata dall’art. 1306 cod. civ. dovrebbe cedere il passo al litisconsorzio necessario.
La dottrina in esame spiega l’efficacia della sentenza resa inter pauciores avvalendosi della concettualizzazione dell’autorità della sentenza non ancora passata in giudicato di marca liebmaniana[52]: alla stregua dell’art. 1306 cod. civ., la sentenza, nell’arco temporale anteriore alla formazione del giudicato, produce esclusivamente effetti inter partes e quindi è vincolante per il solo condebitore che è parte del giudizio. Dopo il passaggio in giudicato, invece, essa vincola tutti i condebitori e non può essere rimessa in discussione se non per far valere le eccezioni personali di cui non si è potuto tenere conto alla stregua di quanto disposto dall’art. 1297 cod. civ. In ogni caso, al consorte investito dall’efficacia di giudicato inter alios è consentito il ricorso all’opposizione di terzo ex art. 404 cod. proc. civ.
Secondo un’altra opinione, le disposizioni di cui agli artt. 1300 e seguenti cod. civ. presuppongono che il rapporto obbligatorio dedotto in giudizio sia valido e si riferiscono, quindi, al solo caso in cui si agisce per l’adempimento della prestazione[53]. Pertanto, se nel corso di tale giudizio sorgono contestazioni sull’esistenza o sulla validità del titolo del credito, il relativo accertamento è effettuato incidenter tantum, senza, cioè, che si formi, neanche tra le parti, il giudicato, ma la pronuncia resa inter pauciores è destinata a soccombere se successivamente il gruppo solidale ottiene un giudicato nel contraddittorio di tutti i consorti[54].
Una dottrina, valorizzando l’unitarietà del fondamento del rapporto solidale e l’unicità del petitum e della causa petendi delle cause in cui esso viene azionato, ha individuato i casi in cui il giudizio sull’obbligazione solidale richiede il litisconsorzio cosiddetto unitario[55].
Per una diversa ricostruzione, posto che non ogni rapporto plurisoggettivo genera il litisconsorzio necessario e che le obbligazioni solidali non sono riconducibili a nessuno dei modelli per i quali l’ordinamento impone la partecipazione necessaria di tutti i consorti, la regola del litisconsorzio facoltativo che si ricava dall’art. 1306 cod. civ. opera nonostante gli esiti delle varie cause «non possano dirsi fra loro sempre autonomi, come invece avviene per solito nelle normali ipotesi di cumulo ex art. 103 c.p.c. e, in particolare, nelle ipotesi di obbligazioni parziarie»[56].
Una dottrina ha, poi, evidenziato che l’art. 1306 cod. civ. ha introdotto un principio generale che opera ogni qual volta sia dedotto in giudizio un rapporto plurisoggettivo, a meno che non ricorrano in concreto i presupposti del litisconsorzio necessario. Per effetto di tale previsione della sentenza che, all’esito del giudizio iniziato da o contro uno solo dei contitolari del rapporto, accerti il credito solidale può fruire anche il terzo contitolare rimasto estraneo al giudizio[57].
Un’altra impostazione distingue, invece, tra obbligazioni nascenti da un rapporto obbligatorio, rispettivamente, semplice o complesso per evidenziare che, nel primo caso, l’obbligazione solidale rappresenta l’unico effetto giuridico del medesimo rapporto obbligatorio da cui promana, nel senso che vi è una sola coppia di diritto e obbligo; nel secondo, l’obbligazione solidale nasce da un più ampio e oggettivamente complesso rapporto contrattuale in cui molteplici sono le coppie di diritto e di obbligo[58].
Tale distinzione rileva al fine di stabilire l’efficacia di giudicato e dei suoi limiti oggettivi e soggettivi.
Quando viene dedotta un’obbligazione semplice[59] non vi è mai litisconsorzio necessario e l’art. 1306 cod. civ. opera anche per le azioni diverse da quelle di condanna, non essendovi alcuna controindicazione a che si formino giudicati contrastanti in relazione ai diversi contitolari dell’obbligazione, non configurandosi un’incompatibilità pratica tra le decisioni. Inoltre, in caso di cumulo di domande verso i più coobbligati, il processo litisconsortile deve ritenersi semplice e, pertanto, le cause cumulate sono suscettibili di separazione e scindibili in fase di impugnazione ai sensi dell’art. 332 cod. proc. civ.
Diversa è, invece, la situazione nel processo in cui sia dedotta un’obbligazione solidale nascente da un rapporto contrattuale complesso dal punto di vista soggettivo e oggettivo e, in particolare, da un contratto sinallagmatico[60].
In questo caso, si osserva, la possibilità di accertamenti confliggenti deve essere apprezzata alla stregua non della singola obbligazione dedotta in giudizio, ma del rapporto fondamentale, onde verificare se il conflitto sia soltanto logico o anche pratico[61]. La sentenza che statuisce sulla domanda di accertamento o di condanna relativamente a uno dei diritti o degli obblighi dichiara in modo autoritativo il modo di essere del rapporto fondamentale, con ripercussioni automatiche sulle prestazioni sinallagmatiche da esso nascenti. Da ciò consegue che eventuali decisioni divergenti potrebbero avere ad oggetto non solo il credito o il debito solidale fatto valere, ma anche il rapporto oggettivamente complesso. Tuttavia, l’ordinamento consente pronunce divergenti solamente in caso di rapporto scindibile, cioè suscettibile di essere scomposto in segmenti e rapporti indipendenti, e non anche per i rapporti indivisibili, i quali, invece, devono esistere, essere risolti o annullati rispetto a tutte le loro parti.
Ad analoghe conclusioni la dottrina in parola perviene riguardo all’ipotesi in cui l’obbligazione derivi da titoli diversi e connessi per pregiudizialità[62] ovvero nel caso in cui, con riferimento ad una fattispecie di responsabilità solidale ai sensi dell’art. 2055 cod. civ., venga richiesto l’accertamento del modo di essere del rapporto attraverso una domanda di graduazione delle colpe dei corresponsabili.
Si sostiene che, nelle ipotesi considerate, il contrasto pratico tra giudicati può essere evitato attraverso il litisconsorzio unitario, istituto il cui scopo è, infatti, quello di garantire un accertamento uniforme dell’unitario rapporto giuridico controverso nei confronti di tutte le parti[63].
Un diverso orientamento precisa che l’art. 1306 cod. civ. non reca una norma sulla struttura dell’obbligazione in solido, ma si limita a descrivere la sua modalità di attuazione nella prospettiva processuale: come il creditore può chiedere l’intero a ciascun condebitore, così può proporre domanda di condanna all’adempimento nei confronti di ciascun debitore singolarmente[64].
Il dispositivo dell’art. 1306 cod. civ., per effetto del quale il processo inter pauciores approda ad un accertamento dell’obbligazione limitato alle parti del giudizio e potenzialmente contrastante con la sentenza di segno contrario resa tra il creditore ed altro condebitore, può generare un conflitto tra giudicati, il quale è, tuttavia, tollerato dall’ordinamento, in quanto ha, di norma, carattere logico e non pratico[65].
Da parte di altri si osserva che, nei giudizi aventi ad oggetto la caducazione del rapporto fondamentale o l’accertamento della sua esistenza e del suo modo di essere, non si discute dell’attuazione dell’obbligazione isolata dal suo titolo esecutivo, ma della posizione complessiva delle parti contrattuali[66].
Si argomenta che, poiché ciascuna posizione cumula in sé la qualità di debitore e di creditore, lo scioglimento del vincolo negoziale rispetto ad una di esse determina il venir meno non solo del diritto alla prestazione, ma anche del corrispondente obbligo[67].
Pertanto, la disciplina posta dall’art. 1306 cod. civ., nella quale la legittimazione disgiunta è il riflesso processuale del dispositivo solutorio solidale, non trova applicazione in caso di caducazione del rapporto da cui originano le obbligazioni in solido, neanche nel caso in cui si aderisca alla tesi che predica la caducazione del contratto pro parte, dipendendo l’ammissibilità di tale esito applicativo dal modo in cui si concepisce il nesso tra il rapporto fonte dell’obbligazione e l’obbligazione medesima e non certo dal citato art. 1306 cod. civ.
Da parte di altri, si è notato come detta disposizione munisca la sentenza inter pauciores di una «particolarissima efficacia secundum eventum litis»[68], nel senso che il creditore che abbia ottenuto la pronuncia di condanna nei confronti di un condebitore e intenda perseguirne un altro deve promuovere un autonomo giudizio e dotarsi di un distinto titolo esecutivo nei confronti di quest’ultimo.
In tale evenienza, il secondo giudizio non è condizionato dalla sentenza che ha definito il primo e, quindi, in seguito ad un’autonoma istruttoria, potrebbe giungere ad un esito di segno opposto.
La regola di inefficacia della sentenza inter pauciores opera anche, nei rapporti interni, nel giudizio di regresso[69], potendo i condebitori ivi convenuti sollevare tutte le eccezioni personali oltre che quelle fatte valere dal solvens nel precedente giudizio e non accolte.
Una questione che ha impegnato la riflessione scientifica è quella se tale meccanismo effettuale riguardi anche il giudizio di impugnazione e, in particolare, se la pronuncia di riforma ottenuta all’esito dell’impugnazione promossa da uno dei condebitori possa giovare anche agli altri condebitori che hanno prestato acquiescenza al dictum di primo grado. Questa soluzione era codificata nell’art. 471, n. 3, del codice di procedura civile del 1865, ma non è stata riprodotta nel codice vigente, i cui artt. 331 e 332 sono orientati in diversa direzione[70].
Alla soluzione che intravede nella formazione del giudicato un ostacolo insuperabile alla operatività dell’art. 1306 cod. civ. in fase di gravame è stato, tuttavia, obiettato che essa contrasta con l’esigenza di garantire uniformità di disciplina al rapporto[71].
3.1 La giurisprudenza di legittimità.
La giurisprudenza di legittimità, con indirizzo ormai sedimentato, afferma che l’obbligazione solidale passiva, di regola, non dà luogo a litisconsorzio necessario, nemmeno in sede di impugnazione, in quanto non fa sorgere un rapporto unico e inscindibile, neppure sotto il profilo della dipendenza di cause, bensì rapporti giuridici distinti, anche se connessi, in virtù dei quali è sempre possibile la scissione del rapporto processuale, potendo il creditore ripetere da ciascuno dei condebitori l’intero suo credito[72].
Pertanto, nell’ipotesi in cui più cause aventi ad oggetto lo stesso rapporto obbligatorio solidale vengano promosse congiuntamente – come nel caso in cui la domanda di adempimento venga proposta nei confronti dei più coobbligati in un unico processo, o comunque i più concreditori o condebitori ne divengano parte o perché chiamati in causa o perché intervenuti volontariamente, oppure perché le più cause disgiunte pendenti contemporaneamente siano state riunite – il litisconsorzio è semplice[73] e, attesa la scindibilità delle cause, in fase di gravame trova applicazione l’art. 332 cod. proc. civ.[74]
Se, dunque, non si pone un’esigenza di regolamentazione uniforme di tutte le posizioni debitorie o creditorie implicate dal vincolo obbligatorio, eventuali pronunce divergenti, rese ai sensi dell’art. 1306 cod. civ.[75], determinano un conflitto meramente logico, in quanto tale tollerato dall’ordinamento[76].
Per la Corte di cassazione, tale conclusione scaturisce, appunto, dalla struttura plurima dell’obbligazione, la quale si risolve in una molteplicità di rapporti obbligatori distinti e connessi per l’identità della prestazione e del fatto generatore.
In linea con la ricostruzione pluralista, cui i Giudici di legittimità mostrano scopertamente di aderire[77], diverse pronunce hanno sottolineato che, poiché l’obbligazione solidale determina la costituzione, non già di un unico rapporto obbligatorio con pluralità di soggetti dal lato attivo o dal lato passivo, bensì di tanti rapporti obbligatori distinti quanti sono i condebitori in solido, qualora il creditore comune convenga in giudizio tutti i condebitori, non si configura un litisconsorzio necessario e, in sede di impugnazione, una situazione di inscindibilità delle cause, in quanto, avendo il creditore titolo per rivalersi per intero nei confronti di ogni debitore, è sempre possibile la scissione del rapporto processuale, il quale può utilmente svolgersi anche nei confronti di uno solo dei coobbligati[78]. Da ciò consegue che, nel caso di giudizio di impugnazione promosso da uno solo dei debitori solidali, la sentenza passa in giudicato nei confronti dei condebitori riguardo ai quali l’impugnazione non è stata svolta e che, qualora l’impugnazione sia stata esperita da tutti i condebitori, con la deduzione, però, da parte di ciascuno, di specifici motivi diversi da quelli addotti dagli altri, i motivi dedotti dal condebitore non si comunicano agli altri[79].
La solidarietà, anche ex art. 2055 cod. civ., ha precisato la Suprema Corte, non comporta inscindibilità delle cause in fase di impugnazione e non dà luogo all’applicazione dell’art. 331 cod. proc. civ., in quanto «ogni danneggiato, come può agire separatamente dagli altri danneggiati e nei confronti di ciascuno dei danneggianti per ottenere l’integrale risarcimento, così può proseguire il giudizio senza gli ulteriori danneggiati o contro uno solo dei danneggianti, omettendo di proporre impugnazione con riguardo agli altri, con l’effetto di scindere il rapporto processuale»[80].
Su tale specifico tema sono recentemente intervenute le Sezioni unite[81] per confermare il principio di diritto[82] secondo cui, in assenza di domande di regresso tra coobbligati solidali, il cumulo litisconsortile di domande di condanna introdotto dal creditore comporta, in sede di gravame, l’applicazione della disciplina delle cause scindibili e per ribadire che il coobbligato soccombente è titolare del potere di impugnazione incidentale tardiva, a fronte del gravame proposto da un altro condebitore.
4.Le premesse sostanziali per una rilettura delle teorie sul processo avente ad oggetto obbligazioni in solido. La solidarietà come mera modalità attuativa dell’obbligazione.
La concezione che, muovendo dal presupposto della reciproca indipendenza dei rapporti intercorrenti tra i condebitori solidali e il creditore, rinviene nell’art. 1306 cod. civ. il fondamento della facoltatività del litisconsorzio in tutti i giudizi aventi ad oggetto obbligazioni in solido e della possibilità, tollerata dall’ordinamento, che essi sfocino in giudicati contrastanti non sembra fornire una spiegazione esaustiva della complessità del fenomeno e degli scenari processuali per esso prefigurabili.
Appare, invece, più persuasivo un approccio ricostruttivo analitico, che tenga conto, cioè, da un lato, della molteplicità ed eterogeneità delle fattispecie dalle quali può originare l’obbligazione in solido e, dall’altro, delle complicazioni che, sul piano processuale, possono derivare dal tipo di azione esperita e dall’oggetto dell’accertamento richiesto.
Sul versante sostanziale, la soluzione ermeneutica più rispettosa della varietà contenutistica delle obbligazioni alle quali si applica la disciplina della solidarietà appare quella che intravede in tale istituto non un attributo strutturale – e quindi intrinseco – del rapporto obbligatorio, bensì una «modalità dell’obbligazione», la quale, appunto, «istituzionalmente si pone come conseguenza di una molteplicità di fatti o atti giuridici»[83].
Secondo tale prospettiva, la solidarietà si atteggia a mera qualità del rapporto obbligatorio, il quale è «istituzionalmente proteiforme»[84], nel senso che l’obbligazione solidale non ha una sua autonoma fisionomia, ma la trae dal fatto o atto che di volta in volta ne costituisce la fonte.
Se, dunque, dalla disciplina positiva non è possibile ricavare una struttura intrinseca dell’obbligazione in solido, dallo stesso tessuto normativo può, comunque, enuclearsi un concetto unitario di solidarietà valevole per tutte le declinazioni applicative dell’istituto.
Spostando l’angolo prospettico dalla fattispecie al piano effettuale, è, infatti, possibile rilevare che la solidarietà integra un dispositivo di attuazione dell’obbligazione caratterizzata, sotto il profilo soggettivo, da una pluralità di debitori (o di creditori), i quali, per le ragioni più varie, vengono a trovarsi in posizione di fungibilità rispetto al soddisfacimento dell’interesse creditorio.
Ciò che, infatti, vale ad accomunare le eterogenee fattispecie in cui opera l’istituto in esame, in via presuntiva o per espressa previsione legislativa, non è l’identità fenomenica della prestazione[85], ma, piuttosto, l’idoneità di questa a soddisfare l’unitario interesse del creditore, di modo che l’atto solutorio liberi tutti i consorti senza la necessità di un contributo cumulativo all’adempimento[86] e senza che gli interessi interni al gruppo debitorio – e con essi la eventuale graduazione degli obblighi facenti capo ai singoli coobbligati – possano essere trasposti all’esterno.
In definitiva, secondo la ricostruzione che appare più convincente, la solidarietà è un effetto legale, istituito dall’art. 1292 cod. civ., che si produce tutte le volte in cui più debitori, per le ragioni più varie, sono chiamati alternativamente alla realizzazione di un unitario interesse creditorio, di modo che l’adempimento di uno dei consorti produce l’estinzione dell’obbligazione e la liberazione di tutti gli altri.
L’inerenza di tale congegno al momento attuativo dell’obbligazione si ricava dalla disciplina positiva[87] e, anzitutto, dalle regole, contenute nell’art. 1306 cod. civ., della legittimazione disgiunta, della relatività degli effetti della pronuncia e della opponibilità in utilibus di questa.
Detta previsione, così come quelle concernenti il riconoscimento del debito, la confessione e il giuramento, è ispirata ad una logica atomistica, nel senso che riguarda il momento esecutivo della singola obbligazione, senza incidere sul titolo che ne costituisce la fonte[88].
Di ciò si ha conferma nel dato positivo per cui, rispetto ai predetti atti di accertamento, soltanto gli effetti favorevoli si propagano ai consorti[89].
È, inoltre, significativa la precisazione contenuta nell’art. 1305 cod. civ., secondo cui il giuramento può vertere sul debito, ma non sul vincolo solidale, ossia sulla partecipazione, o meno, di uno o più condebitori al rapporto solidale[90].
Alla stregua della ricostruzione prescelta, la solidarietà è, dunque, espressione esteriore – e non connotato immanente – di un fenomeno complesso e proteiforme, rispetto al quale il dispositivo di cui all’art. 1292 cod. civ. indica una mera modalità di attuazione dell’obbligazione plurisoggettiva e la disciplina di cui all’art. 1306 cod. civ. ne costituisce la proiezione processuale.
In tale prospettiva, l’individuazione del regime processuale dell’obbligazione in solido – e, segnatamente, degli strumenti di coordinamento della posizione processuale dei singoli membri del gruppo solidale – non è condizionata dalla configurazione strutturale, plurima o unitaria, del rapporto obbligatorio, sulla base della quale, rispettivamente, le tesi pluraliste e moniste delineano il raggio di applicazione, più o meno esteso, del modello di giudizio ex art. 1306 cod. civ.
La portata di questa disposizione viene, così, ad essere ridimensionata, dovendo il relativo ambito circoscriversi alla specifica ipotesi in cui la domanda giudiziale riguardi la singola obbligazione in solido, senza investire le posizioni degli altri condebitori né il rapporto fondamentale da cui essa trae origine.
Se, dunque, viene posto in discussione un aspetto dell’obbligazione diverso da quello prettamente solutorio o estintivo, non possono che riespandersi le regole generali sulla determinazione della struttura soggettiva del processo, per la cui individuazione assumono rilevanza la specifica azione esperita e le caratteristiche della fonte dell’obbligazione dedotta in giudizio[91].
Nella ricerca della disciplina applicabile occorre considerare una serie di fattori determinanti: la tipologia di pronuncia richiesta; in caso di domanda di accertamento, l’oggetto della domanda, ossia se questa concerna la singola obbligazione o si estenda al rapporto fondamentale nel suo complesso; lo strumento processuale impiegato, ovvero la domanda o l’eccezione.
Altro, dunque, è domandare l’adempimento dell’obbligazione solidale, altro è richiedere l’accertamento del modo di essere o la caducazione del rapporto da cui essa origina.
Se, nel primo caso, il meccanismo esecutivo proprio della solidarietà rende ragione dell’esclusione del litisconsorzio – posto che, in caso contrario, verrebbe ad essere obliterato lo speciale dispositivo di tutela del creditore compendiato nella libera electio –, diversa è l’ipotesi in cui il giudice sia chiamato a rendere una pronuncia sulla fonte, specie su quella contrattuale, dell’obbligazione solidale e, segnatamente, sul suo modo di essere, sulla sua validità e sulla sua efficacia.
In caso di domanda involgente il modo di essere del rapporto fondamentale o di nullità o di annullamento o di risoluzione del contratto da cui sorge l’obbligazione solidale torna, dunque, ad assumere rilevanza il «vincolo funzionale»[92] intercorrente tra i condebitori, non avendo più ragion d’essere la disciplina semplificatoria del giudizio inter pauciores[93].
5.Le domande non ricadenti nel perimetro dell’art. 1306 cod. civ. Le azioni costitutive.
La regola della legittimazione disgiunta di cui all’art. 1306 cod. civ. deve cedere il passo al cumulo necessario innanzitutto quando nel giudizio avente ad oggetto il debito solidale il coobbligato convenuto per l’adempimento richieda l’annullamento, la risoluzione o la rescissione del titolo negoziale fonte dell’obbligazione.
In questo caso, però, non è la natura costitutiva della pronuncia a giustificare, di per sé sola, l’operatività del litisconsorzio necessario.
Come evidenziato da una nota elaborazione teorica, ciò che, infatti, rende necessaria la partecipazione di più soggetti al giudizio non è l’esigenza di far coincidere le parti del processo con quelle del rapporto, ma il bisogno concreto di consentire a chi richiede la pronuncia caducatoria di ottenere un risultato utile[94].
Occorre, dunque, verificare, da un lato, se il contratto possa essere risolto limitatamente alla posizione di uno dei contraenti, di modo che gli altri possano chiedere la condanna all’esecuzione della restante parte, e, dall’altro, se, assumendo, per contro, la indivisibilità dell’azione di risoluzione, sia configurabile, rispetto ad essa, la legittimazione disgiunta di ciascun contraente[95].
Una parte della dottrina ritiene che la risoluzione parziale sia ammissibile se la prestazione e la controprestazione sono divisibili. In tal caso si configurano tanti parziali rapporti di credito e di debito autonomi, di modo che è possibile che alcuni contraenti agiscano per la risoluzione pro parte e altri per l’adempimento[96].
Si precisa che, nel caso in cui anche una soltanto delle prestazioni dedotte in contratto sia indivisibile, da un lato, la risoluzione parziale non è praticabile e, dall’altro, ciascun contraente può agire sia per l’adempimento, ai sensi degli artt. 1296 e 1319 cod. civ., sia per la risoluzione dell’intero contratto[97].
A tale impostazione è stato, tuttavia, obiettato che la legittimazione disgiunta all’azione di risoluzione del contratto non può trovare fondamento nelle anzidette disposizioni, in quanto esse si riferiscono esclusivamente alla «facoltà di pretesa» e non anche alla domanda di caducazione del contratto, la quale, invece, integra un atto di disposizione del diritto di credito al cui esercizio individuale ostano le stesse previsioni degli artt. 1300, secondo comma, e 1301, secondo comma, cod. civ.[98]
Secondo una diversa ricostruzione, il singolo contraente non è legittimato all’azione di risoluzione del contratto per intero, neanche in caso di divisibilità delle prestazioni, dal momento che, in questo modo, sarebbe pregiudicato l’interesse di altri contraenti componenti la parte soggettivamente complessa[99]. Pertanto, la risoluzione del contratto deve necessariamente essere richiesta da tutti i partecipanti oppure da ciascuno di essi, ma limitatamente alla propria quota.
Un altro orientamento è incline a ritenere che la risoluzione non possa incidere parzialmente sul contratto, neanche nel caso in cui le prestazioni siano divisibili. Ciò in quanto la struttura unitaria del credito che spetta a più soggetti in comunione fa sì che il rapporto contrattuale non possa che essere eseguito o estinto per tutti[100].
In questa prospettiva è stato rimarcato che l’infrazionabilità degli effetti della domanda di risoluzione si ricava anche dall’art. 1459 cod. civ., in tema di risoluzione parziale del contratto plurilaterale, nel quale si scorge una deroga giustificata dalla particolarità di tale fattispecie, al di fuori della quale, però, opera il principio della indefettibile eliminazione totale del rapporto in seguito alla sua risoluzione[101].
La risolubilità parziale si addice, dunque, ai soli contratti con comunione di scopo in quanto, se, da un lato, essa è espressamente prevista soltanto per questa tipologia di contratto, dall’altro lato, nei contratti sinallagmatici «lo scopo del contratto si identifica nella sua stessa concreta funzione, irrealizzabile nella sua integrità quando si ammettesse una sua risoluzione parziale che ne modificherebbe il contenuto, incidendo sulla misura di corrispettività delle obbligazioni solidali»[102].
A ciò si aggiunge che, risolvendosi il rapporto tra un creditore e il debitore comune, quest’ultimo resterebbe obbligato ad eseguire la prestazione decurtata della quota spettante al creditore agente in risoluzione, vantando, per contro, la pretesa ad una controprestazione diminuita della quota gravante su chi ha ottenuto la risoluzione e dovuta, sia pure con vincolo solidale, dai rimanenti componenti la parte soggettivamente complessa; situazione, questa, che contrasta con la funzione stessa della solidarietà, in quanto riduce il rapporto ad un coacervo di debiti e di crediti parziari secondo la diversa fattispecie di cui all’art. 1314 cod. civ.[103]
La giurisprudenza ha aderito a tale impostazione, affermando che, quando il contratto ha anche solo da un lato una pluralità di soggetti, il rapporto sostanziale che ne scaturisce è unico e quindi non può sopravvivere soltanto per alcune delle parti e venire meno per le altre. Pertanto, la domanda diretta ad ottenere la risoluzione per inadempimento deve essere proposta nei confronti di tutti i contraenti, non potendo un contratto unico essere risolto nei confronti soltanto di uno dei soggetti che vi hanno partecipato e rimanere in vita per l’altro o gli altri stipulanti[104].
Alla medesima conclusione la Corte di cassazione è pervenuta con riguardo all’azione di annullamento del contratto, osservando che la pronuncia che definisce tale giudizio deve investire l’atto negoziale non limitatamente ad un soggetto, ma nella sua interezza, posto che esso non può essere contemporaneamente valido per un soggetto e invalido per un altro[105].
Non di meno, la stessa giurisprudenza di legittimità[106] ha anche precisato che il litisconsorzio necessario ricorre, oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, allorquando la situazione sostanziale plurisoggettiva dedotta in giudizio debba essere necessariamente decisa in maniera unitaria nei confronti di tutti i soggetti che ne sono partecipi, onde non privare la decisione della utilità connessa all’esperimento dell’azione proposta, e ciò indipendentemente dalla natura del provvedimento richiesto, non rilevando di per sé il fatto che la parte istante abbia domandato una pronuncia costitutiva, di condanna o meramente dichiarativa. Pertanto, ove sia dedotta la nullità di un contratto con pluralità di parti, il litisconsorzio suddetto non è configurabile quando la domanda di nullità sia stata proposta da uno dei contraenti nei confronti di uno solo degli altri, mentre è ravvisabile se la medesima azione sia stata esercitata da un terzo che assuma la invalidità o la inefficacia del contratto stipulato inter alios.
Tale enunciazione sembra ammettere la configurabilità di un giudicato ad efficacia relativa, valido, cioè, esclusivamente per le parti del giudizio e non opponibile alle altre parti del rapporto sostanziale. Una pronuncia, questa, che si distingue, quindi, dalla statuizione meramente incidentale che, per definizione, è del tutto priva di efficacia di giudicato[107].
Un’altra parte della dottrina ha evidenziato che, al fine di stabilire se un contratto plurilaterale o con parte complessa[108] sia caducabile soltanto parzialmente, occorre avere riguardo agli effetti del medesimo contratto, posto che solo in taluni casi l’ordinamento ne ammette la rimozione parziale, essendo necessario verificare se per le parti che restano vincolate venga a configurarsi un regolamento di interessi diverso da quello programmato[109].
Il problema si pone soprattutto per i contratti a prestazioni corrispettive e ad effetti reali e nei contratti sinallagmatici ad effetti obbligatori con prestazione ad esecuzione congiunta. In questi casi la caducazione parziale del vincolo comporterebbe la soggezione dei contraenti non ancora liberati da vincolo obbligatorio ad un regolamento negoziale diverso da quello pattuito[110].
Vi sono, invece, casi in cui il venir meno del vincolo relativamente ad uno solo degli stipulanti lascia inalterata la posizione delle altre, perché il contratto può comunque essere realizzato nonostante l’annullamento o la risoluzione parziale[111].
5.1 L’eccezione di impugnativa contrattuale del condebitore solidale.
A conclusioni diverse deve, invece, pervenirsi per l’ipotesi in cui, nel giudizio vertente sull’obbligazione in solido, i presupposti dell’azione costitutiva vengano dedotti mediante eccezione[112].
Una parte della dottrina concepisce l’eccezione di annullamento, di rescissione e di risoluzione come una sorta di “microazione” che caduca soltanto un effetto del contratto, ossia quello che forma oggetto del petitum della parte attrice[113]. La decisione costitutiva interviene, quindi, nei limiti della domanda alla quale si contrappone l’eccezione e ha ad oggetto il fatto costitutivo di un potere giudiziale di invalidazione[114].
Da parte di altri si assume, invece, che le eccezioni di annullabilità e di rescindibilità, la cui ammissibilità riceve espresso riconoscimento ad opera degli artt. 1442 e 1449 cod. civ., tendono ad una pronuncia costitutiva[115].
Secondo una diversa impostazione, l’eccezione di impugnativa, a differenza della corrispondente azione, impedisce le sole situazioni soggettive fatte valere in giudizio dall’attore e non anche tutte le situazioni soggettive nascenti dal rapporto dedotto in giudizio[116].
Le ricostruzioni propense ad annettere all’eccezione di impugnativa un effetto caducatorio, sia pure limitato alla singola obbligazione, obiettano, tuttavia, che, per un verso, i motivi di annullamento o di rescissione attengono all’intero contratto, come confermato dall’art. 1446 cod. civ.; per un altro verso, l’eccezione non può dare luogo ad una pronuncia costitutiva, ma serve proprio ad evitare alla parte di attivarsi con l’azione costitutiva, come è reso evidente dalla imprescrittibilità dell’istanza difensiva avente ad oggetto l’annullabilità del contratto (art. 1442, quarto comma, cod. civ.).
L’eccezione, si osserva, introduce in giudizio materia di «mera cognizione» e quindi non può provocare una vera e propria pronuncia giudiziale. Per ottenere un effetto demolitorio è, infatti, necessaria una sentenza resa su un’apposita domanda[117].
Nel caso in cui venga proposta un’eccezione, invece, il giudice deve verificare se sussistano le condizioni per l’annullamento non per pronunciarlo, ma soltanto per rigettare la domanda dell’attore e in relazione al diritto da questi azionato.
Per un’altra tesi, l’eccezione è estranea all’effetto demolitorio, nel senso che nell’eccezione di annullabilità e di rescindibilità il legislatore conferisce eccezionale rilevanza agli elementi di fatto delle fattispecie estintive sottese all’azione di annullamento e di rescissione, annettendovi portata impeditiva, modificativa o estintiva della singola obbligazione[118], ma la pronuncia che accoglie siffatte eccezioni ha natura dichiarativa.
Per quanto concerne, invece la risoluzione del contratto, la corrispondente eccezione non riceve un espresso riconoscimento di portata generale al pari di quelle di annullabilità e di risolubilità del contratto.
Il silenzio del codice ha indotto una parte degli interpreti ad escluderne l’ammissibilità, sul presupposto che, in generale, i diritti potestativi ad esercizio giudiziale tendenti ad una pronuncia costitutiva non si prestano ad essere veicolati mediante un’eccezione, a meno che non sia espressamente previsto dalla legge. Per tale ragione, le eccezioni di annullabilità e di rescindibilità hanno carattere eccezionale[119].
In giurisprudenza, alcune pronunce hanno accolto tale impostazione, evidenziando che la risoluzione deve formare oggetto di una vera e propria domanda, e non di una eccezione, atteso che, esclusi i casi di risoluzione di diritto del contratto, la pronuncia risolutoria ha carattere costitutivo[120].
In senso contrario, a sostegno dell’ammissibilità dell’eccezione di risolubilità, si è, invece, espressa un’altra parte della giurisprudenza di legittimità, evidenziando che la categoria dell’accertamento costitutivo in via incidentale ha portata generale, in quanto le norme contenute negli artt. 1442, quarto comma, e 1449, secondo comma, cod. civ., che espressamente la prevedono, sono suscettibili di applicazione analogica, non potendo qualificarsi come eccezionali. Ne consegue che, in tema di azione costitutiva non necessaria – quale deve ritenersi quella avanzata ai sensi dell’art. 1453 cod. civ. – in relazione alla quale l’effetto giuridico della risoluzione del rapporto negoziale non necessariamente deve verificarsi per via giudiziale, potendo trovare realizzazione anche attraverso un accordo di scioglimento del contratto –, l’effetto giuridico della risolubilità del contratto per inadempimento può essere invocato anche in via di eccezione dalla parte non inadempiente che sia stata convenuta in giudizio dall’altra per la tutela di un qualche effetto giuridico che debba ricollegarsi alla vigenza attuale o pregressa del contratto. In questo modo verrebbe a realizzarsi un fenomeno per cui l’accertamento incidentale della risolubilità per via di eccezione è funzionale alla elisione dell’effetto giuridico del negozio[121].
Diverso è il caso in cui oggetto dell’eccezione sia l’intervenuta risoluzione di diritto del contratto.
Tale eccezione è generalmente ammessa, in quanto l’effetto di risoluzione si produce direttamente sul piano sostanziale, senza la necessità di una pronuncia giudiziale, così che costituisce oggetto di eccezione non è l’astratta modificabilità del rapporto negoziale, ma la concreta modificazione ormai intervenuta sul piano sostanziale[122].
Alla luce di quanto premesso, l’eccezione di annullabilità, di rescindibilità e di avvenuta risoluzione, sfociando in una pronuncia ad efficacia soggettivamente relativa, si coniuga perfettamente con la struttura soggettiva del giudizio inter paucioresex art. 1306 cod. civ., né, come si dirà meglio più avanti[123], la relativa proposizione impone una trattazione e una decisione unitarie delle cause cumulate.
6. Le domande di accertamento. La nullità e la simulazione del contratto fonte dell’obbligazione.
Alla stregua della ricostruzione che si ritiene più persuasiva, le norme espresse dagli artt. 1300 e seguenti cod. civ. sono ritagliate sul solo effetto del contratto, o di altra fattispecie generatrice, costituito dalla coppia elementare diritto-obbligo.
La parzialità oggettiva e la relatività soggettiva di tale disciplina si desume, anzitutto, dal dispositivo, comune a molte delle previsioni che la compongono, della incomunicabilità delle vicende pregiudizievoli e della comunicabilità di quelle favorevoli. Tale regola ha, infatti, ragion d’essere solo se riferita ad un effetto isolato, ossia alla singola obbligazione intercorrente tra il creditore e il debitore attinto dalla libera electio.
Il modello processuale desumibile dall’art. 1306 cod. civ. non tollera, pertanto, accertamenti che, esulando dalla sfera soggettiva dei titolari della singola obbligazione sulla quale è ritagliato, investano il rapporto fondamentale da cui detta obbligazione origina, se non nei limiti di una cognizione meramente incidentale.
Coerente con tale assunto è la risalente e sedimentata affermazione della giurisprudenza di legittimità secondo la quale la pronuncia di nullità[124] o di simulazione inter pauciores è ammessa solamente incidenter tantum[125].
La nullità negoziale[126], inerendo al fatto costitutivo del diritto dedotto in giudizio, integra, infatti, una questione pregiudiziale in senso logico avente vocazione al giudicato[127] e, nel caso in cui affetti un negozio funzionalmente collegato a quello dedotto in giudizio, una questione pregiudiziale in senso tecnico[128].
Ciò posto, considerato che l’obbligazione solidale di fonte negoziale discende da un contratto plurisoggettivo perché a parte complessa[129], il principio di diritto sopra richiamato racchiude, sia pure senza esplicitarne compiutamente l’apparato argomentativo, la soluzione ad uno tra i più controversi quesiti del diritto processuale civile, ossia quello dell’accertamento incidentale facente capo anche al terzo – nella specie, il condebitore solidale – estraneo giudizio.
All’analisi di tale specifica questione è opportuno premettere una ricognizione dei punti salienti della disputa sul tema, che ne costituisce la base concettuale, dell’accertamento avente ad oggetto questioni pregiudiziali.
6.1 Pregiudizialità logica e pregiudizialità tecnica.
Secondo un consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, le questioni pregiudiziali in senso tecnico concernono circostanze distinte e indipendenti dal fatto costitutivo del diritto dedotto in giudizio, del quale, tuttavia, rappresentano un presupposto giuridico, e possono formare oggetto di un giudizio autonomo, con la conseguenza che la formazione della cosa giudicata sulla questione pregiudiziale può aversi – unitamente a quella sul diritto dedotto in lite – solo se la parte ne abbia espressamente domandato la soluzione[130].
La pregiudizialità tecnica ricorre, infatti, quando la questione pregiudiziale, oltre a investire un punto costituente un antecedente logico necessario, di fatto o di diritto, rispetto alla decisione principale, assume rilievo autonomo, trasformandosi da mera questione pregiudiziale in causa pregiudiziale[131], il cui accertamento proietta le sue conseguenze, oltre che sul rapporto controverso, su altri rapporti al di fuori del giudizio, a tutela di un interesse che trascende quello inerente alla soluzione della controversia nel cui ambito la questione è stata sollevata.
Da un lato, dunque, sul piano soggettivo, deve sussistere l’interesse dell’istante a far valere l’accertamento con efficacia autonoma, anche al di fuori del giudizio in corso; dall’altro lato, sul piano oggettivo, la formazione della cosa giudicata può investire un rapporto che, sebbene pregiudiziale, rimane distinto ed autonomo – sebbene dipendente – rispetto a quello che forma oggetto della causa principale, con conseguente pericolo di contrasto tra giudicati[132].
Ricorre, invece, la pregiudizialità logica quando la questione pregiudiziale investe circostanze che rientrano nel fatto costitutivo del diritto dedotto in giudizio, ma non assume rilievo autonomo al di fuori dello stesso. Ciò, in particolare, avviene nelle ipotesi in cui la questione dell’esistenza e della validità di un rapporto giuridico intercetta una circostanza che costituisce il presupposto del diritto azionato[133].
È risaputo come la costruzione messa a punto dalla giurisprudenza di legittimità si inserisca in una articolata e risalente disputa teorica, la quale si è alimentata dei contributi dei massimi esponenti della dottrina italiana.
Tra questi un ruolo fondamentale ha avuto, come noto, l’elaborazione di Giuseppe Chiovenda[134], secondo la quale la questione pregiudiziale, concernente un rapporto giuridico diverso, pregiudiziale o incompatibile, o uno status rientrante nella fattispecie costitutiva del diritto azionato, può essere conosciuta dal giudice soltanto incidenter tantum, ai soli fini preparatori della decisione della causa principale e con effetti non trascendenti il processo[135], con la sola eccezione delle ipotesi di accertamenti incidentali per volontà della legge richiesti attraverso una apposita domanda che comporta la trasformazione della questione pregiudiziale in causa pregiudiziale[136].
Nella concezione chiovendiana l’eccezione, anche se diretta ad opporre un diritto o rapporto diverso e non un mero fatto impeditivo, modificativo o estintivo, è inidonea ad estendere l’oggetto del giudicato. Per potere ampliare l’estensione del giudicato occorre, infatti, una specifica domanda di accertamento incidentale con efficacia di giudicato[137].
Secondo l’insegnamento di Salvatore Satta, invece, il nesso che avvince la questione pregiudiziale alla situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio si estrinseca in due diverse forme: la pregiudizialità in senso logico e in senso tecnico[138].
La prima relazione unisce situazioni giuridiche distinte ed autonome, che attribuiscono al titolare una posizione di preminenza rispetto ad un bene della vita[139], e si estrinseca nella duplice forma della pregiudizialità-dipendenza e della pregiudizialità per incompatibilità.
La pregiudizialità-dipendenza ricorre, in particolare, quando una situazione giuridica o un rapporto giuridico entrano a far parte della fattispecie costitutiva di una diversa situazione giuridica o di un diverso rapporto giuridico, di modo che l’esistenza, l’inesistenza e il modo di essere di questi ultimi dipende dall’esistenza, inesistenza e modo di essere dei primi[140].
Un’altra forma di pregiudizialità in senso tecnico è l’incompatibilità, o pregiudizialità negativa, la quale ricorre nel caso in cui l’esistenza della situazione giuridica fatta valere da una parte dipenda dall’inesistenza di un fatto impeditivo, modificativo o estintivo incompatibile, vantato dalla controparte.
Concettualmente distinta dalla pregiudizialità tecnica è la pregiudizialità in senso logico, la quale intercorre non tra situazioni giuridiche distinte ed autonome, ma tra un singolo effetto e il rapporto giuridico complesso dal quale esso trae origine. Si tratta pur sempre di un nesso di dipendenza, posto che il rapporto fondamentale entra nella fattispecie costitutiva dell’effetto e, tuttavia, a differenza della fattispecie pregiudiziale in senso tecnico, quella logica non attribuisce alcun bene, in via diretta, al titolare.
La pregiudizialità logica si presenta, dunque, «come una relazione tra una parte e il tutto, tra l’organismo e “le singole membra che da esso ricavano la propria forza vitale”»[141].
Sul problema dell’estensione del giudicato sull’accertamento della questione pregiudiziale in senso logico, una prima posizione ha osservato che, se il contenuto della decisione sul singolo effetto presuppone necessariamente un determinato modo di essere del rapporto giuridico fondamentale, il giudicato copre anche l’esistenza (o l’inesistenza), la validità (o l’invalidità) e l’efficacia (o l’inefficacia) di quest’ultimo, nonostante tali profili non abbiano costituito punti, questioni o cause pregiudiziali[142].
Ad avviso di altra dottrina, l’oggetto del giudizio non è costituito dal singolo diritto, ma dall’intero rapporto contrattuale, dal quale sorgono diritti interdipendenti il cui accertamento esige unitarietà e coerenza.
In detta prospettiva, il modo di essere del contratto è, quindi, sempre coperto dal giudicato, anche nel caso in cui l’accertamento del medesimo non costituisca un passaggio logico della decisione sul singolo diritto azionato in giudizio[143].
In ogni caso, ha ricevuto diffusi consensi la soluzione che, muovendo dal presupposto secondo cui le questioni pregiudiziali in senso logico, al pari di quelle in senso tecnico, sono suscettibili di autonomo accertamento[144], applica il regime delineato dall’art. 34 cod. proc. civ. anche alle questioni pregiudiziali di natura logica[145]
Emblematica è, al riguardo, la questione di nullità del contratto, la cui deducibilità anche in via di azione trova espresso riconoscimento nell’art. 1421 cod. civ.
6.1.1. Le questioni pregiudiziali dedotte mediante eccezione.
L’ampiezza oggettiva e, per quanto di specifico interesse in questa sede, l’efficacia soggettiva del giudicato sulle questioni pregiudiziali sono condizionate anche dallo strumento difensivo – la domanda o l’eccezione – con il quale ne venga sollecitato l’accertamento.
Non pare ozioso rammentare che l’eccezione viene proposta al solo fine di ottenere il rigetto della domanda della controparte, essendo volta non ad ottenere una pronuncia che accerti in modo vincolante l’esistenza del fatto eccepito, ma a conseguire la dichiarazione dell’inesistenza della situazione giuridica soggettiva azionata dalla controparte[146].
Ed è per tale ragione che le eccezioni non ampliano l’oggetto del giudizio – che rimane delimitato dalla domanda – e, quindi, del giudicato, pur espandendo la materia logica della cognizione del giudice[147].
Tutto ciò premesso, la fattispecie in cui le riflessioni di cui si è dato finora conto hanno trovato maggiore applicazione è quella della deduzione in giudizio di diritti nascenti dal contratto del quale venga eccepita – o rilevata d’ufficio – la nullità.
L’elaborazione dottrinale sul tema è caratterizzata da significative divergenze.
Secondo un primo orientamento, quando la nullità del contratto viene dedotta mediante eccezione, l’oggetto del giudizio non si estende a tale questione, ma rimane delimitato dall’oggetto della domanda. Da ciò consegue che della nullità il giudice può conoscere soltanto incidenter tantum. Quando, invece, l’invalidità del contratto viene fatta valere con una domanda riconvenzionale o con domanda di accertamento incidentale, anche tale questione viene decisa con efficacia di giudicato.
Lo stesso vale allorché il giudice eserciti il suo potere-dovere di rilevare d’ufficio la nullità del contratto.
In assenza di domanda di accertamento della nullità, il giudice, se considera l’eccezione fondata, si limita al rigetto della domanda avente ad oggetto il singolo effetto. Per converso, ove al rilievo segua la proposizione di una domanda di accertamento della nullità del contratto, lo stesso giudice statuisce anche tale domanda in modo incontrovertibile[148].
In un diverso ordine di idee, seguendo un approccio restrittivo[149] si è sostenuto che il giudicato sostanziale sia limitato all’accertamento del diritto dedotto con la domanda[150].
In posizione intermedia si collocano gli autori che, muovendo dalla distinzione tra pregiudizialità tecnica e logica, assumono, invece, che solo in quest’ultimo caso il giudicato investa l’intero rapporto complesso[151].
Ai sostenitori della tesi estensiva si deve l’elaborazione della nozione di giudicato implicito, secondo la quale il giudicato si forma non solo su ciò che la sentenza espressamente afferma o nega, ma anche sulle questioni e sugli accertamenti che, in quanto rappresentano le premesse necessarie alla decisione, devono ritenersi essere state esaminate dal giudice anche se non risultano menzionate nel percorso motivazionale.
Si afferma che nell’art. 34 cod. proc. civ. rientrano le sole questioni pregiudiziali in senso tecnico e non anche quelle in senso logico, posto che queste ultime, sostanziandosi in antecedenti logico giuridici necessari a pervenire alla statuizione finale, sono investite dal giudicato anche in assenza di domanda[152].
Nell’ambito di tale variegata cornice interpretativa si collocano le sentenze delle Sezioni unite civili n. 26242 e 26243 del 2014, le quali, attraverso un’imponente opera di ricostruzione sistematica, hanno escogitato una soluzione capace di coniugare le opposte istanze di celerità ed economia processuale e di certezza giuridica sottese alle tesi in campo.
Le decisioni nomofilattiche hanno, tra l’altro, affrontato le ipotesi in cui il giudice, in difetto della domanda ex art. 34 cod. proc. civ. sulla questione pregiudiziale di nullità del contratto indicata dal giudice alle parti, si pronunci sulla sola domanda originaria di adempimento, di risoluzione, di rescissione o di annullamento rigettandola o accogliendola.
Se la domanda originaria viene respinta a causa della rilevata nullità del contratto e tale ragione viene esplicitata nella motivazione, la statuizione sull’invalidità è idonea al giudicato tra le parti, nel senso che tale dictum sarà tra le stesse vincolante anche in successivi giudizi in cui si faccia ancora questione di diritti nascenti dal contratto nullo, ma non anche nei rapporti con i terzi, per lo meno con riferimento ai contratti aventi ad oggetto diritti soggetti a trascrizione[153].
Come dichiarato dalle stesse Sezioni unite, tale ricostruzione è ispirata alla teoria, elaborata dalla dottrina tedesca, del vincolo al motivo portante[154].
In dottrina è stato evidenziato che la tesi patrocinata pronunce nomofilattiche in esame «postula il vincolo al motivo portante del precedente giudicato di rigetto in ogni successivo processo nel quale si controverta di diritti ed effetti strettamente collegati al primo da nessi funzionali di “senso giuridico” – uno (forse il più forte) dei quali è la corrispettività delle prestazioni contrattuali – che lo strumento processuale non può né spezzare né disarticolare, ma è chiamato a “rispecchiare”» [155].
La stessa opinione ha precisato che la ricorrenza di tale nesso funzionale è «di stretto diritto positivo (c.d. rechtliche Sinnzusammenhang)» e «dipende dall’atteggiarsi del sottostante rapporto sostanziale, ed è dunque più concretamente selettivo rispetto a quello adottato dalla vecchia, e soprattutto ingombrante, dottrina della c.d. pregiudizialità logico-giuridica di cui è eco nella figura (nota solo al codice italiano) degli accertamenti incidentali ex lege»[156]. Il rechtliche Sinnzusammenhang – si rimarca – ricorre soprattutto nei contratti sinallagmatici, nei quali si ravvisa l’esigenza «che le diverse statuizioni di diversi giudici aventi ad oggetto le controprestazioni che trovano titolo nel contratto non solo non si pongano in contrasto tra loro, ma anzi concorrano a dare attuazione allo scambio»[157].
Quando, invece, il rigetto della domanda sia stato pronunciato senza che la nullità sia stata rilevata d’ufficio e, quindi, neanche dichiarata, si forma il giudicato implicito sulla validità del negozio, salvo che la decisione risulti fondata sulla ragione più liquida, non potendosi in tale ultimo caso ritenere che la validità sia stata, neanche implicitamente, scrutinata.
Attraverso tale significativa precisazione la Corte di cassazione dimostra di non aderire incondizionatamente all’elaborazione del giudicato implicito sul dedotto e sul deducibile.
L’argomento logico secondo cui, il giudice, se si è pronunciato su un determinato punto, ha evidentemente risolto in senso non ostativo tutti quelli il cui esame doveva ritenersi preliminare a quello esplicitamente deciso, deve essere, secondo le Sezioni unite, opportunamente temperato.
È vero che l’oggetto della domanda e del processo è il petitum sostanziale e processuale dedotto dall’attore e riferito alla sua causa petendi, così che il giudice è obbligato, anche in assenza di eccezione di parte, a rilevare ex officio eventuali profili di nullità della situazione giuridica sostanziale sottesa alla domanda valutata nella sua interezza (e cioè del negozio o del rapporto sottostante).
Non di meno, non può escludersi che, in forza dei principi di speditezza, economia e celerità delle decisioni, il processo possa essere definito, senza che la nullità sia dichiarata nel provvedimento decisorio finale, con una pronuncia fondata sulla ragione più liquida di rigetto della domanda (prescrizione, adempimento, mancata scadenza dell’obbligazione), nella consapevolezza di non dovere affrontare, nell’esplicitare le ragioni della decisione, il più vasto tema della validità del negozio, che avrebbe eventualmente imposto una troppo lunga e incerta attività istruttoria.
In caso di accoglimento della domanda, preceduto o meno dal rilievo d’ufficio della nullità, si forma, invece, il giudicato implicito sulla non nullità del contratto, che le parti non potranno più rimettere in discussione.
Si forma, infine, il giudicato implicito sulla validità del contratto quando il giudice, che sia stato investito ab origine da una domanda di nullità, la rigetti senza rilevare altra causa di nullità.
7.Il problema dell’accertamento pregiudiziale facente capo anche al condebitore estraneo al giudizio. Le soluzioni della dottrina.
Da quanto fin qui premesso può trarsi ulteriore conferma della inidoneità della regola semplificatoria dettata dall’art. 1306 cod. civ. a sussumere il fenomeno, complesso e proteiforme, dell’accertamento giudiziale della solidarietà e della necessità di ricercare altrove la disciplina processuale dei casi diversi da quello in cui il giudizio si concentri sull’esistenza o sull’atteggiarsi della singola obbligazione solidale, senza involgere il rapporto fondamentale.
Oltre che nelle ipotesi, sopra esaminate, in cui venga domandata in via riconvenzionale la caducazione, mediante pronuncia costitutiva, del titolo negoziale fonte delle obbligazioni in solido[158], la composizione soggettiva del processo non può combaciare con quella disegnata dall’art. 1306 cod. civ. neanche nel caso in cui, nel giudizio instaurato inter pauciores, sia domandato, in via principale, incidentale o riconvenzionale, un accertamento sul modo di essere o sulla validità del fatto o dell’atto all’origine del rapporto obbligatorio solidale.
Tale affermazione poggia sulla premessa concettuale e sistematica secondo la quale, poiché l’accertamento giudiziale mira a conseguire la certezza giuridica attraverso il giudicato, la relativa domanda deve necessariamente essere proposta nei confronti del soggetto rispetto al quale è necessario che si formi la res iudicata.
Pertanto, se viene richiesto l’accertamento con efficacia di giudicato di un rapporto pregiudiziale a quello dedotto in giudizio e facente capo anche a un soggetto terzo, la sentenza dovrebbe avere come parti quelle degli stessi rapporti in questione, così che l’accertamento che involga anche una parte di essi non evocata in giudizio dovrebbe ritenersi inutile. Di qui l’affermazione secondo la quale, nel caso indicato, affinché si formi il giudicato, è necessario evocare anche il terzo parte del rapporto pregiudiziale o del rapporto plurisoggettivo di cui si richiede l’accertamento.
La questione dell’accertamento pregiudiziale del rapporto facente capo al terzo non riguarda la sola ipotesi in cui la fattispecie costitutiva del diritto fatto valere dall’attore o della eccezione del convenuto presenti fra i suoi elementi un rapporto giuridico corrente, appunto, tra una delle parti ed un terzo.
Alla luce di quanto rammentato in ordine alla condivisa applicabilità dell’art. 34 cod. proc. civ. anche alle questioni pregiudiziali in senso logico, tra le quali si inscrive la stessa nullità negoziale[159], deve, infatti, ritenersi che il problema dell’accertamento pregiudiziale coinvolgente il terzo si ponga anche per l’ipotesi in cui nel processo incardinato nei confronti di alcuni soltanto dei condebitori solidali si chieda di accertare, con efficacia di giudicato, anche la validità o il modo di essere del rapporto da cui discende lo specifico effetto oggetto del giudizio.
Tanto premesso, è utile ricordare che, nel vigore del codice abrogato, la dottrina era divisa tra coloro che sostenevano che la domanda di accertamento incidentale dovesse necessariamente provenire dai legittimi contraddittori rispetto alla questione pregiudiziale, ossia gli affermati titolari del rapporto pregiudiziale contestato, e i fautori della tesi secondo la quale l’accertamento incidentale della questione pregiudiziale facente capo al terzo potesse essere richiesto anche in assenza di quest’ultimo, purché la parte richiedente vi avesse interesse[160].
Sotto il codice vigente il tema della pregiudizialità-dipendenza tra rapporti giuridici soggettivamente diversi è stato variamente risolto dalla dottrina e dalla giurisprudenza.
Secondo una prima linea interpretativa, il rapporto pregiudicante facente capo al terzo può essere accertato, sia incidentalmente sia incidenter tantum, senza evocare quest’ultimo. In entrambi i casi la decisione non è opponibile al terzo, ma è efficace esclusivamente tra le parti. Tale ricostruzione si impernia proprio su quanto stabilito dall’art. 1306 cod. civ., dal quale si ricava un precetto espressivo di un principio di carattere generale[161]. Si argomenta che «la dimostrazione ex positivo iure della possibilità di discutere con efficacia di giudicato tra le parti della intera situazione di un terzo senza la sua partecipazione al processo […] è data […] dalla disciplina delle obbligazioni solidali»[162].
In una diversa prospettiva, si è affermato che l’accertamento sul rapporto facente capo (anche) al terzo, condotto senza l’evocazione di quest’ultimo, è ammissibile, ma solamente incidenter tantum[163].
In termini non dissimili si è espressa la dottrina secondo la quale, nel caso in cui il giudizio riguardi esclusivamente il rapporto dipendente, la cognizione sul rapporto pregiudicante, facente capo anche al terzo, può avvenire tra le sole parti del rapporto dipendente e con efficacia limitata a queste ultime. Nell’ipotesi indicata, infatti, il rapporto pregiudicante è oggetto di mera cognizione[164]. A sostegno di tale assunto è stato evidenziato che, è vero che nella fattispecie del rapporto condizionato rientra anche quella del rapporto condizionante, ma, posto che i limiti soggettivi del giudicato si desumono dall’ambito oggettivo dello stesso e che l’oggetto del secondo giudizio riguarda unicamente il rapporto condizionato, l’accertamento pregiudiziale non può che investire solamente i titolari di quest’ultimo rapporto[165].
Secondo un diverso orientamento, nella situazione in esame, se non viene coinvolto il terzo, è sempre possibile un accertamento meramente incidentale della situazione soggettiva oggetto della questione pregiudiziale. Se, invece, se ne richiede l’accertamento con efficacia di giudicato, il terzo può essere chiamato ai sensi dell’art. 106 cod. proc. civ., posto che la sua colegittimazione rispetto al rapporto pregiudiziale fa sì che si configuri una comunanza di causa[166].
Un’altra opinione nega, invece, che sul rapporto pregiudiziale facente capo anche ad un terzo possa decidersi, anche incidenter tantum, senza che lo stesso sia evocato in giudizio[167].
Il giudice non può, infatti, trarre dalla res controversa elementi di convincimento circa il modo di essere del rapporto dedotto se non nel contraddittorio di tutti i legittimati. Quindi, se il convenuto eccepisce la sussistenza di un rapporto pregiudiziale con il terzo, questa eccezione si traduce necessariamente in una richiesta di accertamento dello stesso nel contraddittorio con il terzo e quindi nella sua chiamata[168].
Una dottrina ha, invece, ritenuto di risolvere la questione in esame attraverso l’elaborazione di una nuova figura di litisconsorzio necessario, il litisconsorzio «ipotetico» del terzo nel giudizio in cui è insorta la questione pregiudiziale[169].
In questo caso, il carattere necessario è in funzione non della domanda, ma della eccezione del convenuto deducente il rapporto pregiudiziale, la quale diviene improponibile se il convenuto non ottempera all’ordine di integrazione del contraddittorio.
Altra opinione sostiene che le parti possono ottenere un accertamento incidentale del rapporto pregiudicante con una efficacia funzionale al solo rapporto pregiudicato fra esse corrente, mentre per l’efficacia di giudicato devono chiamare in causa il terzo ai sensi dell’art. 106 cod. proc. civ. [170]
Si osserva che la riflessione dottrinale sull’accertamento incidentale del rapporto pregiudiziale facente capo anche ad un terzo incorre nell’equivoco secondo il quale l’art. 34 cod. proc. civ. si riferisca soltanto all’ipotesi in cui vi è coincidenza soggettiva tra il rapporto pregiudicante e quello dipendente.
Ciò vale sia per il caso in cui sul rapporto pregiudicante debba decidersi incidenter tantum, in funzione del rapporto pregiudicato, sia nell’ipotesi in cui sullo stesso rapporto pregiudiziale debba decidersi, per legge o su domanda, con efficacia di giudicato.
La dottrina in esame evidenzia che l’accertamento del rapporto pregiudicante può essere deciso con efficacia funzionale alla sola decisione del rapporto pregiudicato. In questo caso l’eccezione non involge il modo di essere del rapporto giuridico pregiudicante e la cognizione non allarga l’oggetto della decisione, ma esplica i suoi effetti solo con riguardo alla quaestio facti rilevante per essa, nel senso che l’eccezione ricade nella valutazione di rilevanza dei fatti giuridici integratori della quaestio facti ai fini del decidere.
A tale tipo di valutazione è estraneo qualsiasi riscontro sulla legittimazione.
Diverso è il caso in cui venga richiesto l’accertamento del modo di essere del rapporto pregiudicante, rispetto al quale il terzo deve essere necessariamente coinvolto in giudizio, pur non essendovi concordia di vedute sullo strumento processuale più adeguato alla sua evocazione.
La chiamata di terzo è, infatti, una domanda di pronuncia sul rapporto oggetto della causa principale nel contraddittorio con il terzo, per effetto della quale il soggetto evocato in giudizio assume la qualità di parte ed è, pertanto, sottoposto all’efficacia della sentenza, anche se le parti originarie non propongono alcuna specifica domanda nei suoi confronti.
In particolare, osserva la dottrina da ultimo ricordata[171], la chiamata di terzo non reca in sé la richiesta di accertamento del modo di essere del rapporto pregiudicante e, affinché la parte del giudizio possa ottenere una pronuncia siffatta, il terzo deve aver svolto contestazioni in sede stragiudiziale o nel costituirsi in giudizio. La richiesta di accertamento con efficacia di giudicato deve, in definitiva, essere supportata da un interesse ex art. 100 cod. proc. civ.
Se ricorre l’interesse, il contraddittorio con il terzo diviene funzionale non solo al suo assoggettamento agli effetti della decisione sul rapporto pregiudicato, ma anche alla statuizione in ordine alla sussistenza e al modo di essere del rapporto pregiudicante.
In definitiva, alla stregua delle indicazioni ricostruttive fornite dalla tesi appena richiamata, nel momento in cui la questione pregiudiziale viene trasformata in causa pregiudiziale, il coinvolgimento del terzo parte del rapporto pregiudicante diviene necessario al giudicato di accertamento, ma lo strumento per promuoverne l’ingresso in giudizio è da individuarsi non nella chiamata del litisconsorte necessario ex art. 102 cod. proc. civ., ma in quella per comunanza di causa di cui all’art. 106 cod. proc. civ.
8.La composizione soggettiva del processo in cui sorga una questione pregiudiziale in senso logico. I destinatari dell’accertamento della validità, dell’efficacia o del modo di essere del titolo del rapporto solidale.
Gli spunti offerti dalla riflessione dottrinale avvalorano l’assunto di partenza[172], secondo il quale, stante la tendenziale correlazione tra l’oggetto e i soggetti del processo, anche nel giudizio sull’obbligazione solidale l’ampliamento del thema decidendum indotto dall’insorgenza di questioni pregiudiziali in senso tecnico e in senso logico può influire sulla composizione soggettiva del processo generando assetti diversi e più articolati rispetto a quello delineato dall’art. 1306 cod. civ.
Sviluppando ulteriormente tali affermazioni, è possibile, tuttavia, constatare che l’an e il quomodo dell’ampliamento soggettivo dipendono altresì dalla natura della questione pregiudiziale e della stessa fattispecie che ne forma oggetto, giungendosi a conseguenze diversificate a seconda che venga in considerazione una pregiudiziale tecnica o logica e che quest’ultima investa, o meno, un titolo negoziale.
Partendo dall’esame della questione pregiudiziale in senso logico, viene, anzitutto, in considerazione l’ipotesi in cui nel processo inter pauciores avente ad oggetto la singola obbligazione in solido sorga questione sull’efficacia del contratto fonte del rapporto solidale, assumendosene, in particolare, l’inefficacia conseguente alla nullità, alla simulazione o all’intervenuta risoluzione di diritto[173].
Se di tali questioni si sollecita una cognizione meramente incidentale, l’esigenza di integrare il contraddittorio nei confronti del debitore o dei debitori estranei al giudizio non sussiste.
Ciò in quanto un accertamento siffatto, essendo introdotto su eccezione di parte[174] al solo fine di contrastare la domanda avversaria, non è idoneo a dispiegare efficacia di giudicato neppure tra le parti del giudizio, pur introducendo, tra di stesse, una preclusione a porre nuovamente in discussione il tema accertato in futuri processi in cui si faccia ancora questione di diritti nascenti dal contratto. Tale preclusione non opera, invece, nei rapporti con i terzi, tra i quali si inscrive lo stesso condebitore non evocato in giudizio, al quale, però, l’art. 1306 cod. civ. consente sempre di giovarsi degli effetti favorevoli della pronuncia inter alios.
Tale linea interpretativa trova conferma nell’affermazione della giurisprudenza di legittimità secondo cui la pronuncia di nullità o di simulazione del contratto non impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 102 cod. proc. civ. quando la stessa sia resa in via meramente incidentale, nell’ambito di un altro e diverso procedimento volto ad una pronuncia che non incida direttamente sul patrimonio del contraente pretermesso, ma sia destinata a produrre i suoi effetti unicamente tra le parti del processo[175].
Se, invece, nel medesimo giudizio inter pauciores, il condebitore richieda che venga accertata incidentalmente – e con efficacia di giudicato – la nullità del contratto fonte del rapporto obbligatorio solidale, il contraddittorio dovrebbe essere integrato nei confronti di tutti i contraenti, non potendo, in linea di principio, la validità di un contratto con pluralità di parti – tale essendo anche il contratto a parte complessa fonte dell’obbligazione solidale – essere accertata che in relazione all’intero rapporto.
È, infatti, appena il caso di ricordare che, secondo la giurisprudenza di legittimità, la pronuncia dichiarativa diretta a rimuovere un contratto apparente impone il litisconsorzio necessario rispetto a tutti i contraenti[176].
Di regola, infatti, la declaratoria di nullità o di simulazione del contratto, comportando il mutamento della situazione giuridica unica e necessariamente comune dei contraenti, la quale, in caso di accertamento parziale, perderebbe tale unitarietà e continuerebbe a sussistere solo per alcune delle parti del rapporto fondamentale, non possono non esigere il litisconsorzio necessario[177].
In questo caso lo strumento per l’evocazione dei coobbligati rimasti estranei al giudizio sarebbe quello di cui all’art. 102 cod. proc. civ. e la pronuncia della nullità farebbe stato ad ogni effetto tra tutte le parti del rapporto contrattuale e sarebbe, in quanto tale, opponibile ai terzi ad esso estranei.
Dette affermazioni devono, tuttavia, essere coordinate con il principio secondo cui il litisconsorzio necessario deve trovare applicazione solo quando l’azione tenda alla costituzione o alla modifica di un rapporto plurisoggettivo unico, ovvero all’adempimento di una prestazione inscindibile comune a più soggetti, così che non ricorre tale esigenza allorché il giudice proceda, in via meramente incidentale, ad accertare una situazione giuridica che riguardi anche un terzo, dal momento che gli effetti di tale accertamento non si estendono a costituire giudicato nei suoi confronti[178].
Il ricorso al litisconsorzio necessario deve, pertanto essere giustificato dall’interesse a rendere il coobbligato pretermesso partecipe dell’accertamento, interesse che è speculare a quello del medesimo terzo a prendere parte al giudizio.
Secondo l’insegnamento delle Sezioni unite della Corte di cassazione, il giudice ha, infatti, il dovere di verificare preliminarmente ed officiosamente la sussistenza o la conservazione dell’interesse a contraddire prima di ordinare l’esecuzione di un’attività produttiva di un allungamento dei tempi del processo che l’assenza d’interesse renderebbe ingiustificabile. In sostanza, «l’interesse si coniuga con l’utilità dell’accertamento nei confronti della parte non ancora inclusa nel processo e la natura pubblicistica del litisconsorzio necessario risulta depurata, alla luce dell’esigenza costituzionale di rendere effettiva la tutela giudiziale dei diritti, da principi aprioristicamente ritenuti inderogabili senza essere calati nella realtà processuale ove sono deputati a trovare applicazione. Pertanto, posto che l’accertamento giudiziale e il giudicato hanno la funzione di produrre effetti nella sfera giuridico-patrimoniale delle parti, modificando (o confermando definitivamente) il precedente assetto, ove lo stesso non abbia questa finalità, perché lascia invariati gli interessi di una parte (in senso formale), non vi è la necessità inderogabile di far partecipare questa parte al processo perché così operando si finirebbe per attribuire al giudicato un’efficacia erga omnes, di natura meramente dichiarativa, diversa da quella derivante dall’intangibilità così come definita nell’art. 2909 c.c.» [179].
In consonanza con le richiamate enunciazioni, la stessa Corte di cassazione ha enucleato una situazione ancora diversa da quelle sopra ricordate, nella quale la domanda di accertamento, con efficacia di giudicato, della nullità del contratto con pluralità di parti venga proposta da un contraente nei confronti di uno solo degli altri[180]. In tale evenienza il litisconsorzio necessario non ricorre. Questo è, invece, ravvisabile nel diverso caso in cui la medesima azione sia proposta da un terzo che assuma l’invalidità o l’inefficacia del contratto stipulato inter alios.
Nel giudizio inter pauciores in cui si richieda incidentalmente l’accertamento della nullità del contratto fonte dell’obbligazione solidale un reale interesse a contraddire del coobbligato non evocato in giudizio potrebbe, invero, non sussistere nel caso in cui questi abbia già beneficiato – ad esempio, per effetto di remissione – della estinzione della propria quota interna di debito.
In tale evenienza ragioni di economia processuale giustificherebbero un accertamento della nullità ad efficacia soggettivamente relativa, limitata, cioè, alle parti del giudizio e non opponibile al coobbligato pretermesso.
Una siffatta declaratoria si distingue dall’accertamento della nullità contrattuale in via meramente incidentale, per il solo fatto di essere vincolante ad ogni effetto per le parti del giudizio, laddove la declaratoria incidenter tantum produce, come già visto, il più tenue effetto preclusivo del vincolo al motivo portante[181].
Dalle pronunce sin qui richiamate sembra, dunque, potersi desumere che, nel giudizio avente ad oggetto la singola obbligazione solidale in cui si domandi l’accertamento non meramente incidentale della invalidità del rapporto fondamentale il terzo coobbligato pretermesso debba essere evocato in giudizio quale litisconsorte necessario solamente se ricorre un interesse ex art. 100 cod. proc. civ. a che la declaratoria investa tutti i contraenti[182]. In caso contrario, la pronuncia di invalidità del contratto con pluralità di parti ben potrebbe essere resa con efficacia di giudicato limitata alle parti del giudizio.
Tale conclusione sembra, del resto, avvalorata dalla già ricordata concezione che, al fine di stabilire la necessarietà, o meno, del litisconsorzio, annette rilevanza non soltanto sulla natura unica e inscindibile del rapporto oggetto di accertamento giudiziale, ma soprattutto al risultato concretamente perseguito dall’attore[183]. Occorre, in altre parole, verificare la idoneità della sentenza a produrre tutti gli effetti in funzione dei quali l’attore ha proposto la domanda[184].
Per quanto concerne, invece, l’ipotesi in cui, nel giudizio inter pauciores venga richiesto – di norma ai fini del regresso – l’accertamento, con efficacia di giudicato, del modo di essere del rapporto fondamentale, la individuazione dei legittimi contraddittori chiama in causa il diverso istituto del litisconsorzio necessario processuale o unitario[185].
Secondo la giurisprudenza di legittimità, l’affermazione di principio secondo cui la solidarietà passiva non determina una situazione di litisconsorzio necessario, nemmeno in sede di impugnazione, in quanto i rapporti giuridici restano distinti, anche se fra loro connessi, soffre un’eccezione quando le cause siano tra loro dipendenti, ovvero quando le distinte posizioni dei coobbligati presentino un’obiettiva interrelazione[186], dal momento che, in tal caso, viene a configurarsi una situazione di inscindibilità di cause e, quindi, di litisconsorzio processuale necessario o unitario[187].
Si ritiene che nel raggio di applicazione di quest’ultimo strumento di coordinamento decisorio non ricada l’ipotesi in cui l’obbligazione in solido venga azionata nei confronti di tutti i coobbligati – o comunque questi ultimi intervengano in giudizio, volontariamente o su chiamata – e venga eccepita la nullità, la simulazione, l’annullabilità, la rescissione o l’intervenuta risoluzione del contratto fonte della obbligazione solidale. In questo caso, l’ambito della cognizione non eccede la coppia elementare diritto-obbligo oggetto delle singole cause cumulate per interessare il modo di essere del rapporto fondamentale, poiché, essendo l’invalidità del contratto dedotta esclusivamente al fine di paralizzare la domanda attrice, la relativa cognizione ricade nella valutazione di rilevanza dei fatti giuridici integratori della quaestio facti[188].
9. La pregiudizialità tecnica nei giudizi sulle obbligazioni solidali. La solidarietà diseguale e la responsabilità alternativa degli obbligati.
Ad orientare utilmente l’indagine sull’estensione oggettiva e sulla composizione soggettiva del giudizio in cui venga dedotta un’obbligazione in solido può, infine, giovare un accenno alle ipotesi in cui il nesso funzionale di pregiudizialità-dipendenza che, alla stregua della disciplina sostanziale, intercorre tra i più coobbligati sia oggetto di accertamento incidentale.
Vengono, anzitutto, in considerazione le obbligazioni solidali a interesse unisoggettivo[189], le quali si distinguono da quelle a interesse comune in quanto non scaturiscono da una eadem causa obligandi, derivando l’idem debitum da più fatti costitutivi collegati da nessi di tale intensità che i singoli rapporti possono essere considerati come un complesso unitario[190].
Paradigmatica, al riguardo, è la fattispecie della fideiussione, nella quale è la legge a prevedere il regime della solidarietà (art. 1944 cod. civ.), ma analoga configurazione si rinviene anche nell’espromissione non liberatoria (art. 1272, primo comma, cod. civ.), nell’accollo cumulativo (art. 1273, terzo comma, cod. civ.), nelle obbligazioni del socio di società di persone (art. 2267, primo comma, cod. civ.), nella responsabilità dei sindaci per le condotte illecite degli amministratori (art. 2407, secondo comma, cod. civ.).
Partendo dalla figura paradigmatica di solidarietà diseguale di fonte negoziale, ossia dall’obbligazione solidale nascente dalla fideiussione, deve, anzitutto, rilevarsi che la relazione di pregiudizialità che intercorre tra la posizione del fideiussore e quella del debitore principale trova riscontro in chiari indici normativi ricavabili dalla disciplina sostanziale e, in particolare, dall’art. 1936, primo comma, cod. civ., nel quale il fideiussore è indicato come garante dell’«obbligazione altrui», dall’art. 1939 cod. civ., a mente del quale la fideiussione «non è valida se non è valida l’obbligazione principale», e dall’art. 1945 cod. civ., secondo cui il fideiussore può opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale, salva quella derivante dall’incapacità[191].
Al «legame di unilaterale dipendenza»[192] che, sul piano sostanziale, avvince la responsabilità del debitore in posizione di garanzia a quella del debitore principale, sul versante processuale corrisponde la connessione per pregiudizialità tra le cause aventi ad oggetto dette responsabilità[193].
Se, tuttavia, tale collegamento funzionale non viene posto in discussione, l’obbligazione principale e l’obbligazione accessoria possono essere azionate separatamente[194]: il rapporto processuale tra creditore, debitore principale e fideiussore è, infatti, riconducibile al litisconsorzio facoltativo quanto all’introduzione del giudizio, potendo, appunto, il creditore agire separatamente, a norma dell’art. 1944, primo comma, cod. civ., nei confronti dei due debitori solidali[195].
Non di meno, se, una volta instaurato, vengono proposti temi comuni al debitore principale e al fideiussore, il litisconsorzio diventa necessario processuale, anche nei gradi di impugnazione[196].
Ciò avviene, in particolare, quando il fideiussore adito per l’adempimento, deducendo l’inesistenza o l’invalidità dell’obbligazione principale, da cui, alla stregua della disciplina sostanziale, dipende l’obbligazione di garanzia, solleciti l’accertamento di una questione pregiudiziale in senso tecnico.
Si è già ricordato che, nel momento in cui la questione pregiudiziale viene trasformata in causa pregiudiziale, il coinvolgimento del terzo parte del rapporto pregiudicante diviene necessario al giudicato di accertamento, ma lo strumento per promuoverne l’ingresso in giudizio è da individuarsi non nella chiamata del litisconsorte necessario ex art. 102 cod. proc. civ., ma in quella per comunanza di causa di cui all’art. 106 cod. proc. civ.[197] In questo caso, uno strumento utile a coordinare l’esito decisorio può essere anche la chiamata in causa iussu iudicis[198].
Una volta instaurato il cumulo soggettivo, poiché le cause proposte nei confronti dei condebitori in solido sono in rapporto di dipendenza, in quanto le distinte posizioni dei coobbligati presentano «obiettiva interrelazione, alla stregua della loro strutturale subordinazione anche sul piano del diritto sostanziale, sicché la responsabilità dell’uno presuppon[e] la responsabilità dell’altro»[199], è ravvisabile un’ipotesi di inscindibilità che impone il litisconsorzio necessario processuale o unitario[200].
L’accertamento incidentale su questione pregiudiziale ricorre anche nei giudizi in cui venga dedotta la responsabilità solidale da fatto illecito ex art. 2055 cod. civ.
Emblematico è il caso in cui uno dei pretesi corresponsabili convenuti dal danneggiato contesti la solidarietà indicando nel terzo l’unico responsabile del fatto produttivo di danno. In tale ipotesi il coobbligato non fa valere un diritto ad essere manlevato dal terzo, ma contesta in radice l’esistenza di un proprio obbligo nei confronti dell’attore e indirizza le pretese risarcitorie da quest’ultimo avanzate nei confronti di colui che ritiene essere l’unico responsabile.
In questo modo, il convenuto introduce una questione che si pone in relazione di interdipendenza con la domanda attrice, posto che la decisione dell’una comporta necessariamente quella dell’altra.
La Corte di cassazione ha evidenziato che, poiché la decisione della controversia fra l’attore e il convenuto è alternativa rispetto a quella fra l’attore e il terzo, la statuizione giudiziale si estende necessariamente a quest’ultima controversia, sicché i diversi rapporti processuali diventano inscindibili, in quanto legati da un nesso di litisconsorzio necessario processuale per dipendenza di cause[201] (o litisconsorzio alternativo[202]) che, permanendo la contestazione in ordine all’individuazione dell’obbligato, non può essere sciolto neppure in sede d’impugnazione[203].
Non a caso, la giurisprudenza di legittimità, con indirizzo costante, afferma che, nell’ipotesi in cui il convenuto chiami in causa un terzo, indicandolo come il soggetto tenuto a rispondere della pretesa dell’attore, la stessa domanda attrice si estende automaticamente al terzo, pur in mancanza di apposita istanza, dovendosi individuare il vero responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unitario[204].
10. Obbligazioni solidali e litisconsorzio.
Alla luce delle considerazioni svolte, è possibile concludere ribadendo che, riguardo all’obbligazione solidale, l’operatività del litisconsorzio, nella triplice declinazione di litisconsorzio facoltativo, necessario e unitario, dipende dalla configurazione sostanziale del rapporto nel quale opera il meccanismo solidale e dalla conformazione dell’oggetto del processo.
Si sono, infatti, illustrate le ragioni che inducono a ridimensionare la portata sistematica dell’art. 1306 cod. civ. – che enuncia il principio di autonomia della regolamentazione delle singole posizioni debitorie e creditorie – a favore di un metodo analitico che, muovendo dalla considerazione della solidarietà come peculiare regime solutorio operante in una congerie eterogenea di obbligazioni plurisoggettive e non come elemento strutturale dell’obbligazione, valorizzi di volta in volta le peculiarità della fattispecie dedotta in giudizio per ricercare nel sistema il modello processuale ad essa più confacente.
In tale prospettiva, il litisconsorzio semplice opera esclusivamente quando la domanda giudiziale abbia ad oggetto il solo generico accertamento della sussistenza della coppia elementare debito-credito, senza investire il modo di essere del rapporto obbligatorio che ne è all’origine. In tale evenienza, l’eventuale simultaneus processus è volto a coordinare la trattazione e l’istruzione e ad ottenere un accertamento tendenzialmente omogeneo e la formazione di un unico convincimento circa gli elementi di fatto e le questioni di diritto comuni alle singole posizioni dei cointeressati, nonché, di conseguenza, l’armonia dei giudicati. Il processo è formalmente unitario, ma, al suo interno, le singole controversie, corrispondenti ai rapporti di debito-credito in cui si articola l’obbligazione solidale, sono indipendenti e, in caso di attività processuali divergenti, possono giungere ad esiti decisori opposti.
Per contro, il litisconsorzio è, in linea di principio, necessario e, quindi, il contraddittorio deve essere integrato ai sensi dell’art. 102 cod. proc. civ., se nel giudizio inter pauciores il condebitore solidale, convenuto per l’adempimento, domandi la caducazione – ossia la risoluzione, la rescissione o l’annullamento – del contratto fonte dell’obbligazione in solido.
L’integrità del contraddittorio tra tutti i titolari del rapporto negoziale è, parimenti, richiesta nel caso in cui venga domandata in via incidentale, e quindi con efficacia di giudicato, la nullità o la simulazione del contratto all’origine dell’obbligazione solidale, salvo che la realizzazione dell’interesse della parte che richieda una pronuncia siffatta si appaghi della relatività soggettiva dei suoi effetti, ovvero della limitazione degli stessi alle parti del giudizio.
Si impone, invece, il litisconsorzio cosiddetto unitario in tutti i casi in cui, nel giudizio avente ad oggetto l’esistenza e l’atteggiarsi dell’obbligazione solidale, venga richiesto anche l’accertamento del modo di essere del rapporto fondamentale da cui tale obbligazione origina.
Un risultato decisorio uniforme si impone nelle ipotesi in cui, in un giudizio risarcitorio promosso ai sensi dell’art. 2055 cod. civ., venga richiesta la graduazione delle responsabilità ai fini del regresso, nonché quello in cui il convenuto indichi nel terzo l’unico responsabile dell’evento dannoso dedotto dall’attore.
Nel primo caso l’intima coerenza della decisione circa l’esistenza e il modo di essere dell’obbligazione solidale è funzionale ad un corretto riparto della responsabilità in sede di regresso. Viene, infatti, a configurarsi una situazione di «obiettiva interrelazione» tra le posizioni debitorie – derivante dalla loro strutturale subordinazione anche sul piano del diritto sostanziale, sicché la responsabilità dell’una presuppone quella dell’altra –, che impone, per un verso, l’unitarietà dell’accertamento e della decisione e, per un altro, la inscindibilità delle cause in sede di impugnazione[205].
La causa è da ritenersi unica e inscindibile anche nell’ipotesi in cui il convenuto in una causa di risarcimento del danno chiami in causa un terzo per ottenere la declaratoria della sua esclusiva responsabilità e la propria liberazione dalla pretesa dell’attore. Difatti, la responsabilità dell’uno può comportare l’esclusione di quella dell’altro ovvero, nel caso di coesistenza di diverse, autonome responsabilità, l’una può porsi come limite dell’altra, sicché viene a determinarsi una situazione di litisconsorzio processuale[206].
Infine, il litisconsorzio unitario costituisce un indefettibile strumento di coordinamento decisorio per le controversie aventi ad oggetto l’accertamento dell’obbligazione solidale a interesse unisoggettivo. L’esigenza di una trattazione e di una decisione unitaria, anche in sede di impugnazione, ricorre senz’altro quando il coobbligato in posizione di garanzia domandi l’accertamento della nullità del negozio fonte dell’obbligazione principale[207], venendo in rilievo un accertamento pregiudiziale in senso tecnico che impone la necessaria presenza in giudizio – originaria o sopravvenuta[208] – del titolare del rapporto pregiudicante.
In realtà, nell’ambito della solidarietà diseguale, la disarticolazione dell’accertamento giudiziale dovrebbe essere evitato anche in ragione delle distorsioni che possono verificarsi in conseguenza della scissione delle cause in sede di gravame.
Come notato in dottrina, almeno due sono le ipotesi in cui deve necessariamente trovare applicazione l’art. 331 cod. proc. civ.[209]. Il primo caso è quello della condanna del fideiussore e del debitore principale in primo grado cui segua l’impugnazione del solo debitore principale: in tale evenienza si perverrebbe al risultato inaccettabile della condanna del fideiussore inerte e della assoluzione del debitore principale sopravvenuta all’esito dell’impugnazione che investe il «capo principale-pregiudiziale e la situazione trascinata (l’obbligazione del fideiussore) è rispetto ad esso in relazione di sostanziale dipendenza»[210].
Il secondo caso indicato dalla dottrina in esame è quello in cui entrambi i condebitori siano assolti in primo grado e l’impugnazione sia stata proposta dal creditore nei soli confronti del fideiussore. In tale evenienza, l’eventuale accoglimento del gravame potrebbe portare alla coesistenza inaccettabile del giudicato di condanna del garante e del giudicato di assoluzione del debitore principale. Come condivisibilmente osservato dalla dottrina in parola, il fatto che l’integrazione del contraddittorio in appello produrrebbe lo «stravagante» trascinamento della causa pregiudicante ad opera della causa pregiudicata[211], secondo un verso che non collima con le costruzioni tradizionali che vogliono che ad essere trascinata sia sempre la causa condizionata, non osta all’operatività dell’art. 331 cod. proc. civ., se si accoglie l’assunto per il quale il cumulo inscindibile assolve la funzione di preservare nella dimensione processuale i nessi funzionali che, alla stregua della disciplina sostanziale, avvincono talune situazioni soggettive.
[1] Si tratta, precisamente, di una «definizione descrittiva», utile, cioè, a sintetizzare, sulla scorta delle sole indicazioni ricavabili dal dato normativo, il modo di operare della solidarietà, senza ancora dichiararne la natura, né qualificarla giuridicamente. Sulle diverse declinazioni dell’operazione definitoria, Cortese, Tomasi, La definizione nel diritto, Atti delle giornate di studio 30-31 ottobre 2015, in Quaderni della facoltà di giurisprudenza dell’Università di Trento, n. 26 del 2016.
[2] In tal senso, tra gli altri, Gangi, Le obbligazioni, Milano, 1951, 165 ss.; Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, III, Milano, 1959, 541-543; Rubino, Sub art. 1292, in Delle obbligazioni. Obbligazioni alternative. Obbligazioni in solido. Obbligazioni divisibili e indivisibili. Artt. 1285-1320, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1961, 165; Barassi, La teoria generale delle obbligazioni, I, La struttura, Milano, 1963, 223.
[4] In questi termini si esprime D’Adda, Le obbligazioni plurisoggettive, in Trattato di diritto civile e commerciale Cicu-Messineo, già diretto da Mengoni, continuato da Schlesinger, Roppo ed Anelli, Milano, 2019, V, 85, pur precisando che la libertà di scelta non costituisce «presupposto minimo della solidarietà», ma costituisce «il normale punto di partenza della disciplina dell’obbligo solidale».
[5] Nonostante la facoltà di scelta sia espressamente prevista soltanto per la solidarietà attiva – in relazione alla quale l’art. 1296 cod. civ. consente al debitore di adempiere in favore dell’uno o dell’altro dei creditori in solido –, l’applicazione di tale regola anche alla solidarietà passiva costituisce in dottrina un «postulato» incontroverso, come evidenzia Buonanno, Solidarietà obbligatoria e attuazione del debito. Contributo allo studio della fideiussione, Torino, 2024, 9, spec. nota 1.
[6] Così Amorth, L’obbligazione solidale, Torino, 1959, 316-317, il quale, però, pur affermando che «l’esclusione del litisconsorzio necessario è assoluta», ricorda come a tale affermazione faccia eccezione il giudizio in cui «il petitum del creditore sia la risoluzione del contratto», nel quale, invece, il litisconsorzio necessario torna ad imporsi.
[7] Sulla quale, per esigenze di semplificazione espositiva, si concentrerà in via prevalente la presente riflessione.
[8] In tal senso, ex aliis, Dellacasa, Sub art. 1306, in Commentario del codice civile diretto da Gabrielli, Delle obbligazioni, III, Torino, 2013; De Cristofaro, Il giudicato, in Trattato delle obbligazioni a cura di Garofalo e Talamanca, V, Padova, 2010, 878.
[9] V., in particolare, Buoncristiani, Uno spunto per una rilettura dell’art. 1306 c.c., in Giust. civ., 1989, 3, I, 654-660.
[10] Così Buonanno, Solidarietà obbligatoria e attuazione del debito. Contributo allo studio della fideiussione, cit., 20.
[11] Dà conto dei tentativi di una parte della dottrina di ridimensionare la portata dell’art. 1306 cod. civ. D’Adda, Le obbligazioni plurisoggettive, cit. 208 ss.
[12] Secondo il duplice modello del litisconsorzio necessario ex art. 102 cod. proc. civ. o del litisconsorzio necessario processuale (o «quasi necessario» o «unitario» o «collettivo» o «necessario quanto alla trattazione e decisione»).
[13] Il concetto è chiaramente esposto da Allorio, La cosa giudicata e i terzi, Milano, 1992, 43 ss. L’Autore fa rilevare che la regola dei limiti soggettivi del giudicato deriva dall’oggetto della stessa, costituito da un rapporto tra soggetti determinati. La nozione di legittimazione è, infatti, comune al diritto sostanziale e processuale, giacché alla legittimazione a disporre corrisponde la legittimazione ad agire, posto che di un determinato interesse può disporre solo chi ne è titolare. Di ciò si ha particolare evidenza nel contratto, sussistendo un parallelismo tra la regola dei limiti soggettivi dell’efficacia contrattuale espressi dall’art. 1130 del codice civile del 1865 (oggi art. 1372 cod. civ.) e la regola sui limiti soggettivi e oggettivi del giudicato espressa dall’art. 1351 del codice civile del 1865, a mente del quale «l’autorità della cosa giudicata non ha luogo, se non relativamente a ciò che ha formato il soggetto della sentenza. È necessario che la cosa domandata sia la stessa: che la domanda sia fondata sulla medesima causa; che la domanda sia tra le medesime parti, e proposta da esse contro di esse nelle medesime qualità».
[14] Disciplina introdotta proprio al fine di risolvere i nodi esegetici posti dalla assai più scarna regolamentazione contenuta nel codice del 1865.
[15] In tal senso Amorth, L’obbligazione solidale, cit., 76; Emiliozzi, Delle obbligazioni alternative, delle obbligazioni in solido, delle obbligazioni divisibili e indivisibili: art. 1285-1320, cit., 296, spec. nota n. 63.
[16] Tra i principali contributi sul tema si vedano Amorth, L’obbligazione solidale, cit.; De Ferra, Sulla contitolarità del rapporto obbligatorio, Milano, 1967; Rubino, Delle obbligazioni, cit., 147 ss.; Giorgianni, Obbligazione solidale e parziaria, in Novissimo dig. it., XI, Torino 1965, 677 ss.; Costanza, Obbligazioni solidali e transazione, Milano, 1978; Di Majo, Obbligazioni solidali (e indivisibili), in Enc. dir., XXIX, Milano 1979, 298 ss.; Busnelli, L’obbligazione soggettivamente complessa. Profili sistematici, Milano, 1974; Id., Obbligazioni soggettivamente complesse, in Enc. dir., XXIX, Milano, 1979, 329 e ss.; Bianca, Diritto civile, IV, L’obbligazione, Milano, 1993, 699 ss.; Orlandi, La responsabilità solidale. Profili delle obbligazioni solidali risarcitorie, Milano, 1993; Mazzoni, Le obbligazioni solidali e indivisibili, in Trattato di diritto privato diretto da Rescigno, IX, Torino, 1999; Gnani, La responsabilità solidale. Art. 2055, in Il codice civile. Commentario fondato da Schlesinger e diretto da Busnelli, Milano, 2005; Gambineri, Le obbligazioni solidali ad interesse comune. Profili sostanziali e processuali, Milano, 2012; Ticozzi, Studio sulle obbligazioni solidali, Padova, 2012; La Porta, Delle obbligazioni in solido. Artt. 1292-1313, in Il codice civile, in Commentario fondato da Schlesinger e diretto da Busnelli, Milano, 2014; Gambino, Le obbligazioni, I, Il rapporto obbligatorio, in Trattato di diritto civile diretto da Sacco, Torino, 2015; Zinno, Le obbligazioni solidali e le dinamiche della «quota», Napoli, 2018; Emiliozzi, Delle obbligazioni alternative, delle obbligazioni in solido, delle obbligazioni divisibili e indivisibili: art. 1285-1320, in Commentario del codice civile a cura di Scialoja, Branca, Bologna-Roma, 2019; D’Adda, Le obbligazioni plurisoggettive, cit.
[17] Per una ricostruzione ragionata della riflessione dottrinale sul tema, D’Adda, Le obbligazioni plurisoggettive, cit., 8 ss.
[18] Titolo che non è necessariamente unitario, ben potendo consistere in «fatti collegati con nessi tali che valgano a farli considerare come un complesso unitario», come sottolinea Rubino, Delle obbligazioni, cit., 139. L’approccio strutturale sembra emergere anche dalla ricostruzione di Amorth, L’obbligazione solidale, cit., spec. 79.
[19] Come nel caso in cui venga proposta domanda di regresso, implicando l’accertamento delle singole responsabilità la definizione del coordinamento funzionale tra le obbligazioni dei condebitori.
[20] Ad esempio, se non viene richiesta, ai fini del regresso, la graduazione delle responsabilità di ciascun coobbligato solidale, il singolo debitore non potrebbe opporre al creditore una più ridotta responsabilità.
[21] Su cui si vedano i fondamentali contributi di Chiovenda, Sul litisconsorzio necessario, in Saggi di diritto processuale civile, Roma, 1931; Carnelutti, Sistema di diritto processuale civile, I, Padova, 1936; Redenti, Il giudizio civile con pluralità di parti, Milano, rist. 1960; Fabbrini, L’estromissione di una parte dal giudizio, in Scritti giuridici, I, Milano, 1989, 95 ss.; Id., Litisconsorzio, in Enc. dir., XXIV, Milano, 1973, 813 ss., Tarzia, L’estensione degli effetti degli atti processuali nel litisconsorzio facoltativo, in Riv. dir. proc., 1968, 138; Id., Il litisconsorzio facoltativo nel giudizio di primo grado, Milano, 1972; Proto Pisani, Litisconsorzio facoltativo e separazione di cause, in Riv. dir. proc., 1968, 138; Comoglio, Il principio di economia processuale, I, Padova, 1982. Il litisconsorzio facoltativo risponde all’esigenza di evitare giudicati anche solo logicamente contraddittori, nonché di assicurare, attraverso la trattazione unitaria, una migliore formazione del convincimento del giudice. L’opportunità del simultaneus processus deriva, infatti, dall’essere le domande avvinte da connessione per l’oggetto o per il titolo (propria) o dall’esigenza di risolvere identiche questioni (impropria). Come chiarito da Menchini, Il processo litisconsortile, I, Milano, 1993, 111, la connessione per l’oggetto o per il titolo designa l’identità del fatto e dell’effetto giuridico in cui si risolve la ragione della pretesa. La giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente precisato che il litisconsorzio facoltativo si ispira al principio di autonomia delle cause attratte al simultaneus processus. Tale carattere deriva dalla condivisione del medesimo fatto storico pur nella diversità dei titoli delle singole cause. In tal senso, Cass., sez. III, n. 1103 del 2004, secondo cui, in caso di litisconsorzio facoltativo, pur nell’identità delle questioni, permane l’autonomia dei rispettivi titoli, dei rapporti giuridici e delle singole causae petendi, con la conseguenza che le cause, per loro natura scindibili, restano distinte, con una propria individualità in relazione ai rispettivi legittimi contraddittori; e con l’ulteriore conseguenza che la sentenza che le definisce – sebbene formalmente unica – consta, in realtà, di tante statuizioni quante sono le cause riunite (nello stesso senso, Cass., sez. II, n. 11386 del 2013; sez. III, n. 19373 del 2017; sez. IV, n. 24928 del 2020).
[22] Secondo un’affermazione ricorrente nella giurisprudenza di legittimità, in tema di obbligazioni solidali, di regola, ai sensi dell’art. 1306 cod. civ., la solidarietà passiva non determina una situazione di litisconsorzio necessario, nemmeno in sede di impugnazione, in quanto i rapporti giuridici restano distinti, anche se fra loro connessi, rimanendo perciò sempre possibile la scissione del rapporto processuale.
[23] In forza del quale più parti devono agire o essere convenute nello stesso processo ed essere destinatarie della stessa pronuncia, pena la nullità del procedimento (da ultimo Cass., sez. III, n. 3134 del 2024) e la qualità di litisconsorti necessari permane in ogni stato e grado del processo, indipendentemente dall’attività e dal comportamento processuale di ciascuna parte (Cass., sez. II, n. 23511 del 2023). Tra i principali contributi sul tema, v. Fazzalari, Litisconsorzio e filiazione legittima, in Giur. compl. Cass. civ., 1946, II, 338 ss.; Denti, Appunti sul litisconsorzio necessario, Riv. dir. proc., 1959, 14 ss.; Proto Pisani, Dell’esercizio dell’azione, in Commentario Allorio, I, 1, 1973, sub artt. 102-103; Balena, Effetti della domanda e litisconsorzio necessario, Riv. dir. proc., 1979, 604 ss.; Costantino, Contributo allo studio del litisconsorzio necessario, Napoli, 1979; Zanuttigh, Litisconsorzio, in Dig. disc. civ., XI, Torino, 1994.
[24] Il litisconsorzio unitario o «processuale» o «quasi necessario» o «collettivo» o «necessario quanto alla trattazione e decisione» è un modello processuale di trattazione e di decisione unitaria di più cause, cumulativamente proposte o successivamente riunite, aventi lo stesso petitum e la stessa causa petendi o causae petendi distinte, ma avvinte da un nesso funzionale qualificato. A differenza del litisconsorzio necessario, il litisconsorzio unitario non impone la compresenza delle parti necessarie sin dall’instaurazione del giudizio, ma, una volta che essa sia sussistente, ne garantisce la persistenza, anche nei gradi successivi – tanto che la mancata integrazione del contraddittorio nel grado d’appello determina la nullità, rilevabile anche d’ufficio in sede di legittimità, del procedimento di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso (Cass., sez. III, n. 4303 del 2023) –, affinché sia assicurata l’unitarietà della trattazione e la uniformità della decisione e sia evitato il conflitto di giudicati. Non trattandosi di un istituto codificato, non se ne rinviene una nozione univoca né in giurisprudenza (ex multis, Cass., sez. III, n. 25403 del 2019; n. 4938 del 2015; sez. I, n. 19584 del 2013), né in dottrina. Tra i principali contributi sul tema, Chiovenda, Principi di diritto processuale civile, Napoli, 1923, 1078; Costantino, Contributo allo studio del litisconsorzio necessario, cit., 37 ss.; Tomei, Alcuni rilievi in tema di litisconsorzio «unitario», in Riv. trim. dir. proc. civ., 1984, 698; Civinini, Note per uno studio del litisconsorzio «unitario», cit., 472 ss.; Menchini, Il processo litisconsortile, cit., 571 ss.; Frasca, Note sui presupposti del litisconsorzio necessario, I, in Riv. dir. proc., 1999, 422 ss.; Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 2014, 464 ss.; Biavati, Il litisconsorzio necessario e facoltativo, in Diritto processuale civile, a cura di Dittrich, I, Milano, 2019, 996-997; Bonafine, La legittimazione e l’interesse ad agire nelle vicende di impugnazione delle deliberazioni assembleari delle s.p.a., in Riv. trim. dir. proc. civ., 2017, 4, 1376 ss.; Barile, Il litisconsorzio unitario o quasi-necessario: il giudizio uno e unico a pluralità di parti, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2021, 871 ss.; Scarpa, Il «litisconsorzio unitario», Il «litisconsorzio unitario», in Judicium, 2023, 4, 407 ss. Una delle prime riflessioni sull’istituto, attraverso la formula «litisconsorzio quasi necessario», intese classificare in una categoria unitaria le situazioni in cui la legge dispone la riunione obbligatoria delle domande che abbiano ad oggetto lo stesso rapporto, ancorché i relativi titolari non siano parti necessarie (Redenti, Il giudizio civile con pluralità di parti, cit., 255 ss.). Un’altra dottrina distinse il litisconsorzio unitario da quello necessario evidenziando come il primo esiga la pluralità di parti sin dall’inizio del processo, mentre il secondo imponga la riunione di iniziative processuali separate (Chiovenda, Principi di diritto processuale civile, cit., 1078). Da altri il litisconsorzio unitario è stato considerato un tertium genus rispetto alle categorie di litisconsorzio codificate agli artt. 102 e 103 cod. proc. civ., ma tale classificazione è stata criticata da quanti, invece, hanno posto in luce il suo stretto rapporto, di species ad genus, con il litisconsorzio facoltativo. Si parla, infatti, di litisconsorzio facoltativo quanto all’instaurazione, necessario quanto alla trattazione (Biavati, Il litisconsorzio necessario e facoltativo, in Diritto processuale civile, a cura di Dittrich, I, Milano, 2019, 996-997). Sulla inutilità dell’istituto e sulla necessità di ricostruire le regole sul litisconsorzio in ragione del vincolo di connessione che intercorre tra le situazioni giuridiche di cui sono affermate titolari le parti, v. Gambineri, Litisconsorzio alternativo passivo: fattispecie, struttura e passaggio in appello, in Judicium, 22 novembre 2024.
[25] A differenza del codice civile del 1865, il quale, all’art. 1188, precisava che «l’obbligazione in solido non si presume ma debb’essere stipulata espressamente. Questa regola non cessa, fuorché ne’ casi nei quali l’obbligazione in solido ha luogo di diritto in forza della legge». Sul carattere eccezionale della solidarietà nel codice civile abrogato, Melucci, La teoria delle obbligazioni solidali nel diritto civile italiano, Torino, 1884, 35-36.
[26] Il problema è stato indagato anche nel vigore del codice del 1865. Secondo Melucci, La teoria delle obbligazioni solidali, cit., 31-32, «bisogna ai diversi vincoli giuridici, componenti la obbligazione solidale, assegnare il proprio oggetto, e rinvenire in un elemento nuovo la complessità caratteristica dell’istituto. Si dirà pertanto che nella solidalità ciascun soggetto deve, o ha diritto di pretendere, al tempo stesso l’oggetto della propria obbligazione parziaria e quelli delle rimanenti parziarie obbligazioni appartenenti a tutti gli altri, in forza di un reciproco mandato nascente dalle circostanze e mantenuto nei limiti più innanzi dichiarati». La «compartecipazione d’interesse» di ciascun debitore, sottolineava l’Autore, rende l’obbligazione solidale «multipla congiunta» e, in ragione di tale qualità, ciascun debitore deve l’oggetto della propria obbligazione parziaria, ma, essendo rappresentante degli altri debitori titolari di altrettante obbligazioni parziarie, deve anche l’oggetto di queste ultime. Per la configurazione dell’obbligazione solidale come rapporto di rappresentanza reciproca v. anche De Semo, Le obbligazioni solidali in materia di commercio, Roma, 1916; Carnelutti, Sistema del diritto processuale civile, cit., I, 381. In termini non dissimili si erano espressi Bonfante e Sraffa, Solidarietà o mutua fideiussione?, in Riv. dir. comm., 1914, 905 ss. Tale concezione ha avuto seguito anche dopo il codice del 1942, avendo una opinione affermato che la solidarietà è solo un particolare atteggiarsi della parziarietà, posto che l’obbligazione in solido, a differenza di quella indivisibile, resta parziaria, ma ciascun debitore deve il tutto, ossia la somma delle varie prestazioni (così Giorgianni, Obbligazione solidale e parziaria, in Novissimo dig, it., Torino, 1965, 676 ss.). La concezione della rappresentanza reciproca è stata espressamente rinnegata dalla relazione al codice vigente, come evidenziato nel paragrafo n. 597, secondo cui «[s]ostanzialmente è rimasta ripudiata la regola per cui ciascuno dei condebitori o dei concreditori deve considerarsi rappresentante degli altri».
[27] Un chiaro riferimento al modello pluralistico si rinviene nella stessa Relazione al codice civile, là dove, sempre al n. 597 si afferma che «[l]a pluralità dei vincoli non esclude una comunione di interessi tra coobbligati […] assai frequente, là dove più debitori sono obbligati per un solo debito, essi sono legati intimamente da una comunione di interessi».
[29] Tale configurazione si deve a Barassi, La teoria generale delle obbligazioni, cit., il quale, però, ha tenuto conto dell’elaborazione di Pothier, Traité des obligations, Bruxelles, 1835. Tra gli autori che vi hanno prestato adesione, Amorth, L’obbligazione solidale, cit., 38; Rubino, Delle obbligazioni, cit., 148; Bianca, Diritto civile, IV, cit., 699.
[30] Come evidenziato da D’Adda, Le obbligazioni plurisoggettive, cit., 11, nel richiamare Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, II, 2, Milano, 1950, 409.
[31] Così Matteucci, Solidarietà del fideiussore e suo debito non pecuniario, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1959, 1356.
[32] Tra i più autorevoli fautori di tale concezione v. Busnelli, L’obbligazione soggettivamente complessa, cit., 87 ss.; 161 ss. In senso analogo Costanza, Obbligazioni solidali e transazione, cit., 9 ss. Per una ricostruzione critica del dibattito sull’unitarietà o pluralità del rapporto obbligatorio, v. Pellegatta, Unità e pluralità nella obbligazione solidale passiva, Torino, 2016.
[33] La Porta, Delle obbligazioni in solido, cit., 11 ss.
[34] In questi termini Busnelli, Obbligazione soggettivamente complesse, cit., 330 ss.
[35] Deve, invece, ritenersi abbandonata la prospettiva, accolta sotto il codice previgente da Carnelutti, Lezioni di diritto processuale. Processo di esecuzione, I, Padova, 1932, 82-87, che, condividendo le indicazioni della nota concezione tedesca che scindeva il concetto di obbligazione nei due momenti della responsabilità (Haftung) e del debito (Schuld), sosteneva che ciascun coobbligato solidale sia effettivo debitore per la sua parte e responsabile per l’adempimento delle prestazioni altrui. Nella dottrina italiana, riflessioni su tale teorica si rinvengono in Betti, Il concetto dell’obbligazione costruito dal punto di vista dell’azione, Pavia, 1920, 137 ss.; Pacchioni, Trattato delle obbligazioni secondo il moderno diritto civile italiano. Introduzione, Torino, 1927, 9 ss.; Gangi, Il concetto dell’obbligazione e la distinzione tra debito e responsabilità, in Nuov. riv. dir. comm., 1954, I, 22 ss.
[36] Tale ricostruzione affonda le radici nella concezione secondo la quale l’essenza del diritto soggettivo viene ricondotta al binomio «interesse/facoltà di agire». Ed è al lume di tale distinzione che trova spiegazione il meccanismo effettuale proprio delle obbligazioni solidali in forza del quale l’unitarietà del diritto di credito, e del correlato debito, non ne esclude, rispettivamente, l’esercizio e l’adempimento disgiunto.
[37] Formula che si rinviene nella Relazione al codice civile, n. 597.
[38] Nozione che si ricava dall’art. 1298, primo comma, c.c., a mente del quale «nei rapporti interni l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuno di essi».
[39] Come si dirà meglio più avanti, sul piano processuale, il tratto connotante della solidarietà diseguale risiede nel dato strutturale per cui più obbligazioni distinte risultano connesse per pregiudizialità-dipendenza e il fatto costitutivo dell’obbligazione principale integra un elemento del fatto costitutivo dell’obbligazione di garanzia, con la conseguenza che la fattispecie – a differenza di quella solidale ad interesse comune, la quale si compone di rapporti obbligatori distinti, ma oggettivamente identici e scaturenti dalla medesima fonte – si articola in rapporti obbligatori diversi, ancorché connessi.
[40] E, più in generale, l’assunzione di un debito altrui, come sottolineato da D’Adda, Le obbligazioni plurisoggettive, cit., 19.
[41] In questi termini si esprime D’Adda, op. cit., 26.
[42] Così, ancora, D’Adda, op. cit., 28. In senso contrario, ossia per la necessità di una eadem causa obligandi quale requisito della solidarietà, Emiliozzi, Delle obbligazioni alternative, delle obbligazioni in solido, delle obbligazioni divisibili e indivisibili: art. 1285-1320, cit., 287. Tale requisito, precisa l’Autore, può, tuttavia, ritenersi soddisfatto anche quando ricorrano diverse fattispecie «idonee a fondersi in un’unica situazione rilevante».
[43] Come sottolineato da La Porta, Delle obbligazioni in solido. Artt. 1292-1313, in Il codice civile, cit., 14. In senso contrario, Busnelli, L’obbligazione soggettivamente complessa. Profili sistematici, 360 ss., il quale annette alla identità di causa rilievo strutturale, una funzione unificante del rapporto che si atteggia come unico e caratterizzato dalla comunione nel debito o nel credito, ossia come contitolarità della situazione soggettiva.
[44] Così D’Adda, Le obbligazioni plurisoggettive, cit., 27.
[45] Lo afferma Vecchi, L’azione diretta, Padova, 1990, 371, richiamato da D’Adda, op. cit., 29, nota 64.
[46] L’orientamento in esame ritiene che tale affermazione sia avvalorata da ulteriori appigli testuali, tra i quali i precetti enunciati dall’art. 1393 cod. civ., secondo cui la solidarietà non è esclusa dalla diversa modalità solutorie previste per i singoli debitori, dall’art. 1295 cod. civ., secondo cui, salvo patto contrario, l’obbligazione si divide tra gli eredi di uno dei condebitori in solido, in proporzione delle rispettive quote, e dagli artt. 1304, 1306, 1308 e 1309 cod. civ.
[47] Così Buoncristiani, Uno spunto per una rilettura dell’art. 1306 c.c., cit., 654-660.
[48] In tal senso Rubino, Delle obbligazioni, cit., 211 ss., secondo cui l’art. 1306 cod. civ. si applica limitatamente ai casi in cui il creditore agisca per la condanna all’adempimento, mentre per le azioni di accertamento e costitutive riguardanti il rapporto giuridico ad attuazione solidale opera il litisconsorzio necessario.
[49] In tal senso Pagni, Contratto e processo, in Trattato del contratto a cura di Roppo, Milano, 2006, 821 ss.; Costantino, Contributo allo studio sul litisconsorzio necessario, cit., 365.
[50] Menchini, op. ult. cit., indica l’esempio della vendita conclusa con più compratori per evidenziare che, in caso di risoluzione parziale rispetto ad uno solo dei compratori, il venditore rimarrebbe comunque in comunione con quest’ultimo.
[52] Liebman, Efficacia ed autorità della sentenza. (Ed altri scritti sulla cosa giudicata), Milano, 1962.
[53] Frasca, Note sui presupposti del litisconsorzio necessario, cit., 422 ss.
[54] Ciò accade quando viene richiesto un accertamento con efficacia di giudicato e per tale ragione si rende necessario integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i consorti.
[55] Civinini, Note per uno studio sul litisconsorzio unitario o processuale, cit., 434.
[56] Consolo, Spiegazioni di diritto processuale, Torino, 2023, I, 22.
[57] Proto Pisani, Appunti sul litisconsorzio necessario e sugli interventi, in Riv. dir. proc., 1994, 356; Id., Dalla dommatica astratta all’irrompere del valore del diritto di difesa della Corte Costituzionale, in Emilio Betti e il processo civile, a cura di Carratta, Loschiavo, Sperandio, Roma 3 Press, 2022, 53, 55. Sul punto v. anche Menchini, I limiti soggettivi di efficacia della sentenza civile nel pensiero di Andrea Proto Pisani, in Riv. dir. proc., 2017, 4-5, 1125 ss.
[58] Menchini, Il processo litisconsortile, cit., 558 ss.
[59] Come negli esempi, indicati dallo stesso Autore, della restituzione della somma mutuata a titolo gratuito; della restituzione dell’indebito; del risarcimento del danno ex art. 2055 cod. civ.
[60] Viene addotto, tra gli altri, l’esempio della obbligazione di pagamento del prezzo nella compravendita da parte di più compratori di bene indiviso.
[61] Secondo la teorizzazione chiovendiana (Chiovenda, Principi di diritto processuale civile, cit., 920; Id., Istituzioni di diritto processuale civile, I, Napoli, 1935, 377), si ha conflitto teorico tra giudicati quando decisioni logicamente incompatibili sono tuttavia praticamente conciliabili. Si ha, invece, contrasto pratico, quando liti identiche siano state decise in modo difforme. Per Punzi, Il processo civile. Sistema e problematiche, Torino, 2010, I, 76, il conflitto pratico sussiste quando il diritto oggetto della stessa domanda è dichiarato sussistente in una decisione e insussistente in un’altra. Il conflitto teorico ricorre, invece, nell’ipotesi in cui due domande presentate nei distinti processi aventi ad oggetto diritti diversi connessi per pregiudizialità-dipendenza hanno in comune una medesima questione di fatto o di diritto alla quale venga data una soluzione difforme. La nozione di conflitto teorico presenta una significativa ampiezza, in quanto copre sia i giudicati relativi a diritti in rapporto di pregiudizialità-dipendenza, sia gli effetti di un medesimo rapporto giuridico, sia le situazioni soggettive la cui esistenza dipenda dalla risoluzione di una medesima questione di fatto e di diritto che di per sé non può essere oggetto di un autonomo processo. In senso parzialmente diverso si è espresso, invece, Luiso, Diritto processuale civile, Milano, 2019, I, 197 ss., secondo cui il conflitto teorico sussiste quando il contrasto tra i giudicati attenga a situazioni sostanziali distinte ma connesse per pregiudizialità-dipendenza o dipendenti dal medesimo rapporto giuridico. Secondo Balena, Istituzioni di diritto processuale civile, Bari, 2019, II, 324 ss., non sussiste alcun conflitto tra le pronunce che abbiano deciso incidenter tantum una questione pregiudiziale in modo difforme. In senso contrario, Attardi, Diritto processuale civile, I, Padova, 1999, 527 ss. ritiene che il contrasto pratico tra giudicati include anche l’ipotesi di decisioni difformi sui diritti pregiudicante e pregiudicato. In questo senso v. anche Tarzia, Connessione di cause e processo simultaneo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1988 419 ss.; Recchioni, Pregiudizialità processuale e dipendenza sostanziale nella cognizione ordinaria, Padova 1999, 476 ss. In posizione mediana si è posto Consolo, Spiegazioni di diritto processuale, cit., 124 ss., evidenziando che al conflitto pratico e teorico si aggiunge il conflitto semi-pratico, ravvisabile quando «una questione che nel primo giudizio era stata conosciuta solo incidenter tantum […], sia decisa con efficacia di giudicato in senso opposto nel secondo giudizio». Per Gradi, Il contrasto teorico tra giudicati, Bari, 2020, 81, il conflitto teorico o logico tra giudicati ricorre quando risulti una «incoerenza fra la decisione sulla causa pregiudiziale e quella sulla causa dipendente, nell’ambito della quale la medesima quaestio sia conosciuta incidenter tantum, ma ivi risolta con esito opposto o comunque non convergente». Secondo l’Autore, si può avere contrasto teorico fra giudicati sia in caso di pregiudizialità in senso tecnico, sia nel caso di pregiudizialità in senso logico. Tuttavia, si osserva, laddove si acceda alla tesi secondo la quale la questione pregiudiziale in senso logico sia investita dall’accertamento con efficacia di giudicato, allora l’incoerenza tra due decisioni su detta questione potrebbe dare luogo al contrasto parziale tra giudicati. Per converso, la nozione di contrasto logico tra giudicati è utilizzabile anche con riferimento alla pregiudizialità per incompatibilità o negativa. L’Autore ricorda, a tale riguardo, che, secondo la definizione di Allorio, La cosa giudicata rispetto ai terzi, Milano, 1992, 70 ss., si ha pregiudizialità positiva quando l’esistenza di un diritto è elemento costitutivo di altro diritto, mentre si ha pregiudizialità negativa, quando l’inesistenza di un diritto è condizione per l’esistenza di una diversa situazione giuridica. Infine, si verifica un conflitto pratico parziale fra giudicati quando sulla questione pregiudiziale si sia formato il giudicato e in un diverso processo, avente ad oggetto sia la causa dipendente che la causa pregiudiziale, quest’ultima venga decisa in modo divergente (Gradi, Il contrasto teorico tra giudicati, cit., 85). Ad analoga conclusione si perviene con riferimento alla pregiudizialità logica, nel caso in cui il giudizio sulla esistenza, sulla validità o sul modo di essere del rapporto pregiudiziale sia definito in termini difformi rispetto a quello avente ad oggetto un effetto derivante da tale rapporto, al quale si aggiunga anche l’accertamento sulla questione pregiudiziale in senso logico (così, ancora, Gradi, op. cit., 86, che richiama Menchini, I limiti oggettivi del giudicato civile, cit., 107 ss.; nello stesso senso Recchioni, Rapporto giuridico fondamentale, pregiudizialità di merito c.d. logica e giudicato implicito, in Riv. dir. proc., 2018, 1602).
[64] Baccaglini, Il processo sulle obbligazioni solidali «paritarie» e l’azione di regresso, Padova, 2015, 128 ss.
[65] Baccaglini, Il processo sulle obbligazioni solidali «paritarie» e l’azione di regresso, cit., 138 ss. La formazione di pronunce disallineate, si osserva, può, invece, generare distorsioni in sede di regresso, nel caso in cui il condebitore sia destinatario di giudicati di segno diverso, il cui conflitto, che è di natura pratica, può essere evitato facendo applicazione dell’art. 39 cod. proc. civ. (Ibidem, 149 ss.).
[66] In questi termini Costanza, Obbligazioni solidali e transazione, cit., 12 ss.; De Ferra, Sulla contitolarità del rapporto obbligatorio, cit., 21 ss.
[67] Menchini, Il processo litisconsortile, cit., 478.
[68] L’affermazione è di Corea, Obbligazioni solidali e giusto processo, Napoli, 2012, 9.
[69] Come osservato da Rubino, Delle obbligazioni, cit., 291; Satta, Commentario al codice di procedura civile, Milano, 1962, II, 2, 65.
[70] Lo ricorda Corea, Obbligazioni solidali e giusto processo, cit., 12-13.
[71] V. in particolare, Bucolo, Obbligazioni solidali e giudicato, in Giur. it., 1963, I, 2, 41; Ondei, Sull’efficacia riflessa della sentenza pronunciata nei rapporti tra creditore e uno dei condebitori in solido, in Giur. it., 1964, I, 77 ss., secondo il quale l’art. 1306 cod. civ. introduce una ipotesi di efficacia riflessa del giudicato in utilibus che rinviene il suo fondamento nella identità del rapporto dal quale originano le diverse obbligazioni in solido, così che la sentenza inter alios acta può giovare anche ad un debitore estraneo. Tale regola opera non solo in primo grado, ma anche in fase di gravame, ove solo alcuni dei condebitori impugnino la sentenza e altri vi prestino acquiescenza, sia pure non attraverso atti novativi dell’obbligazione accertata dalla sentenza (Busnelli, La cosa giudicata nelle obbligazioni solidali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1974, 393 ss.). In senso contrario Amorth, Possibile formazione di molteplici giudicati sulla stessa obbligazione solidale, in Giur. it., 1966, I, 1319 ss., il quale osserva che sull’obbligazione solidale può formarsi una pluralità di giudicati contrastanti, in conseguenza della unità e molteplicità che caratterizza al contempo l’obbligazione solidale. Il giudicato che si forma all’esito del giudizio di impugnazione introdotto da alcuni soltanto dei condebitori che sono stati parti del giudizio di primo grado non è a questi ultimi estensibile, neppure in utilibus.
[72] Così Cass., sez. III, n. 14844 del 2007, la quale, in ossequio a tale principio, ha escluso l’applicabilità dell’art. 102 cod. proc. civ. alla causa promossa nei confronti di uno soltanto dei presunti responsabili di illeciti commessi mediante assegni bancari, fonte di dissesto contabile di una banca. In senso conforme, Cass., sez. III, n. 20860 del 2018; sez. II, n. 303 del 2019; sez. III, n. 10803 del 2020. Sulla stessa linea, una ricostruzione organica sulle conseguenze processuali della peculiare configurazione dell’obbligazione solidale si rinviene in Cass., sez. un., n. 8486 del 2024, in Riv. dir. proc., 2024, 4, 1335, con nota di Baccaglini, Impugnazione incidentale tardiva e coobbligazione solidale: la conferma di una soluzione inappagante.
[73] Paradigmatica, al riguardo, è Cass., sez. III, n. 3338 del 2009, secondo la quale «[l]a circostanza per cui una domanda di condanna all’adempimento di un’obbligazione venga accolta nei confronti di più soggetti in via solidale non giustifica di per sé che il processo, che ha avuto in primo grado natura di litisconsorzio facoltativo, si configuri in sede di impugnazione come processo su causa inscindibile, sia che impugni il soggetto che ha ottenuto la condanna solidale sia che impugni alcuno dei condannati in solido; ne consegue che, di regola, in appello si applica in tali casi il disposto dell’art. 332 cod. proc. civ. e non quello dell’art. 331 cod. proc. civ.».
[74] Ma v., in senso contrario, Sassani, Coobbligati solidali e giudizio di appello, in Riv. dir. proc., 1978, 768 ss., spec. 770, secondo il quale «concrete esigenze di giustizia» imporrebbero di rivedere l’impostazione maggioritaria secondo la quale nel giudizio promosso dal creditore nei confronti dei coobbligati solidali a interesse comune le cause, in difetto di domande di regresso, sono scindibili, così che in sede di impugnazione trova applicazione l’art. 332 cod. proc. civ. Ciò sul presupposto che la distinzione tra cause scindibili e dipendenti, che è alla base del differente regime giuridico dettato dalla disposizione citata e dall’art. 331 cod. proc. civ., non può basarsi soltanto sulla presenza, o meno, di un nesso di pregiudizialità-dipendenza, ma deve tenere conto anche della “incompatibilità” tra l’effetto dell’accoglimento dell’impugnazione proposta da un solo coobbligato e la sopravvivenza di primo grado per il consorte non impugnante». Per una recente valorizzazione della tesi in esame, v. Merlin, Note su obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo e litisconsorzio nelle impugnazioni, in Riv. dir. proc., 2021, 4, 1175 ss.
[75] Precetto al quale, secondo la Suprema Corte, è improntato anche il rapporto di solidarietà tra debitore principale e fideiussore, con la conseguenza che, anche in questo caso, tra le cause separatamente instaurate dal creditore nei confronti dei coobbligati non sussiste un rapporto di pregiudizialità-dipendenza, essendo escluso il rischio di conflitto di giudicati (Cass., sez. VI, n. 6982 del 2023.
[76] La sentenza pronunciata tra il creditore e uno dei debitori in solido non ha effetto contro gli altri debitori neanche quando questi abbiano partecipato al giudizio, ma senza essere destinatari di domande, essendo quest’ultima evenienza equiparabile a quella in cui il condebitore resti estraneo al giudizio (Cass., sez. I, n. 12496 del 2023).
[77] Paradigmatica, al riguardo, è Cass., sez. un., n. 8486 del 2024, cit., in cui, al punto 7 della motivazione, si afferma che «l’obbligazione solidale determina la costituzione di tanti rapporti obbligatori (plasticamente si discorre di “fascio di rapporti”)».
[79] In questi termini, ancora, Cass., sez. III, n. 379 del 2005.
[80] Cass., sez. VI, n. 10596 del 2020. Nello stesso senso, ex aliis, Cass., sez. II, n. 24425 del 2006; sez. III, n. 14844 del 2007; sez. III, n. 18069 del 2019; sez. III, n. 6596 del 2023; n. 4065 del 2024.
[82] Principio enunciato dalle stesse Sezioni unite con la sentenza n. 24627 del 2007.
[83] Il riferimento è alle riflessioni di Costanza, Obbligazioni solidali e transazione, cit., 14, la quale richiama il pensiero di Giorgianni, Obbligazione solidale e parziaria, cit., 675.
[84] Così, ancora, Costanza, Obbligazioni solidali e transazione, cit., 14, nota 46, ove è richiamato, tra gli altri, Flume, All. Teil des Bürgerlichen Rechts, Rechtgeschäft, Berlin-Haidelberg-New York, 1975, 316.
[85] La quale costituisce solamente il presupposto dell’operatività della presunzione di solidarietà.
[86] Si allude alla «teoria dell’equivalenza» elaborata da Orlandi, La responsabilità solidale, cit., 45.
[87] In questi termini Costanza, op. ult. cit., 16.
[89] Lo sottolinea D’Adda, Le obbligazioni plurisoggettive, cit., 195.
[90] Si vedano, al riguardo, La Porta, op. cit., 289; D’Adda, op. cit., 204. La distinzione operata dalla norma in esame affonda le radici nel codice del 1865 che negava espressamente l’idoneità di un siffatto giuramento a propagarsi, anche in utilibus, agli altri consorti.
[91] Come sembra ritenere Costanza, op. ult. cit., 16.
[93] Secondo Zucconi Galli Fonseca, Effetti riflessi del giudicato e garanzia, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1, 2021, 289 ss. (Id., La garanzia nel processo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1, 2024, 109 ss.), il rapporto processuale che intercorre tra le posizioni dei singoli debitori è sempre di interdipendenza – e dunque di pregiudizialità in senso tecnico –, posto che ciascuno dei rapporti contiene al suo interno «l’“obbligo solidale”, inteso come effetto “che si compie attraverso la descrizione di un contegno e la qualificazione di doverosità”» (così Zucconi Galli Fonseca, Effetti riflessi del giudicato e garanzia, cit., 294, richiamando, nella nota n. 17, Orlandi, La responsabilità solidale. Profili delle obbligazioni solidali risarcitorie, cit., 68). Questo effetto, argomenta la dottrina in parola, che fa sì che «una volta che un debitore abbia adempiuto, si estingua l’obbligazione dell’altro debitore, in virtù della caratteristica equivalenza delle prestazioni» (Zucconi Galli Fonseca, op. ult. cit., 294). Poiché, dunque, i diritti che vengono in considerazione sono interdipendenti, si sarebbe al cospetto di una ipotesi di pregiudizialità reciproca e non di una mera comunanza di titolo. In questa prospettiva, l’art. 1306 cod. civ. non costituirebbe un’eccezione alla regola dell’indifferenza dei rapporti e, quindi, una conferma della loro autonomia sostanziale, ma, piuttosto, uno strumento di reazione del terzo ad un giudicato che, pur non essendo a lui opponibile, investe un suo diritto in relazione di interdipendenza. L’opponibilità, si rimarca, è «lo strumento per fare emergere il rapporto di pregiudizialità, nei casi in cui quest’ultimo non è in grado di portare all’estremo dell’estensione del giudicato al terzo» (Zucconi Galli Fonseca, op. ult. cit., 294).
[94] Pagni, Contratto e processo, cit., 821 ss.; Costantino, Contributo allo studio sul litisconsorzio necessario, cit., 362.
[95] Carnevali, Della risoluzione per inadempimento, in Luminoso, Carnevali, Costanza, Risoluzione per inadempimento, I, 1, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, a cura di Galgano, Bologna, 1990, 53 ss.
[96] In questi termini, Auletta, La risoluzione per inadempimento, Napoli, 1980, 442 ss. Nello stesso senso Gnani, Il contratto divisibile. Frazionabilità del sinallagma e risoluzione del contratto, Napoli, 2012, 19 ss.
[97] In termini non dissimili si esprime Rubino, Delle obbligazioni. Obbligazioni alternative, obbligazioni in solido, obbligazioni divisibili e indivisibili, cit., 361-362.
[98] Così Carnevali, Della risoluzione per inadempimento, cit., 55.
[99] Iudica, Impugnative contrattuali e pluralità di interessati, Padova, 1973, 129 ss. Nega l’ammissibilità della risoluzione parziale del contratto anche Gentili, La risoluzione parziale, Napoli, 1990, 261. Per Sicchiero, La risoluzione per inadempimento, in Commentario del codice civile, a cura di Schlesinger, Milano, 2007, 775 ss., deve trovare applicazione l’art. 1464 cod. civ., così che è il creditore che può scegliere di ottenere la risoluzione soltanto parziale del contratto.
[101] Così De Ferra, Sulla contitolarità del rapporto obbligatorio, cit., 24-25, il quale richiama Minervini, Il mandato, la commissione, la spedizione, Torino, 1952, 198.
[102] In questi termini, ancora, De ferra, Sulla contitolarità del rapporto obbligatorio, cit., 25.
[103] De Ferra, Sulla contitolarità del rapporto obbligatorio, cit., 26.
[104] Cass., sez. II, n. 2969 del 2019; n. 9042 del 2016; Cass., sez. I, n. 265 del 1981, in Giust. civ., 1982, 1, I, 266 ss., con nota di Ciaccia Cavallari Bona, Giudizio di risoluzione del contratto di licenza e litisconsorzio necessario.
[105] Cass., sez. II, n. 25810 del 2013; n. 19807 del 2020.
[108] Per la distinzione tra contratti plurilaterali e a parte complessa, Ascarelli, Il contratto plurilaterale, in Saggi giuridici, Milano, 1949, 270.
[109] Lo ricorda Baccaglini, Il processo sulle obbligazioni solidali «paritarie» e l’azione di regresso, cit., 138.
[110] Lo segnala Menchini, Il processo litisconsortile, I, cit., 80.
[111] Viene indicato l’esempio del mutuo concesso a più mutuatari, il quale, ove venga caducato limitatamente ad uno di questi, potrebbe comunque essere adempiuto dagli altri.
[112] In generale, l’eccezione si distingue dalla mera difesa, che consiste nella contestazione o negazione dell’esistenza dei fatti costitutivi del diritto azionato in giudizio, in quanto con essa si fanno valere fatti impeditivi, modificativi o estintivi suscettivi di estendere la cognizione del giudice su questo nuovo materiale di indagine e non anche di incidere in senso ampliativo sull’oggetto dell’accertamento giudiziale su cui si cristallizza il giudicato, registrandosi quindi un mero ampliamento della quaestio facti. La domanda riconvenzionale è, invece, una domanda incidentale e collaterale promossa dal convenuto nei confronti dell’attore al fine di ottenere una decisione in ordine alla esistenza pure di un proprio diritto azionato, indipendentemente dal rigetto dalla domanda attrice. La domanda riconvenzionale è diretta ad ottenere una pronuncia suscettibile di giudicato del tutto autonoma (Tarzia, Balbi, Riconvenzionale, in Enc. dir., Milano, 1989, 665 ss.). Per effetto della domanda riconvenzionale il giudice è investito del dovere di pronunciare anche su di essa in un autonomo capo della sentenza, anche in caso di rigetto della domanda dell’attore. Per un’attenta analisi del tema, Pilloni, Profili processuali della domanda di accertamento incidentale, Torino, 2020, 17 ss.
[113] Consolo, Imprescrittibilità della cd. eccezione di annullabilità, in Corriere giur., 2000, 93 ss.; Id., Passeggiate e passacaglie sul confine tra diritto civile e processuale, Milano, 2015, 343 ss.
[114] In questi termini anche Massetani, Considerazioni sistematiche sulle impugnative contrattuali, in Riv. dir. proc., 1992, 320, 338, il quale evidenzia che spetta all’interessato far valere i motivi di impugnativa come eccezione e in questo caso gli effetti della annullabilità valgono nei limiti della domanda attrice, nel senso che l’accoglimento della eccezione determina solo la reiezione della domanda attrice.
[115] Carpino, La rescissione del contratto, Milano, 2000, 90-91; Redenti, Sull’«assorbimento» di eccezioni riconvenzionali, in Scritti e discorsi giuridici di mezzo secolo, I, Milano, 1962, 619 ss.
[116] Pagni, Le azioni di impugnativa negoziale, Milano, 1998, 280, 347; Proto Pisani, Appunti sulla tutela costitutiva, in Riv. dir. proc., 1991, 93.
[118] Merlin, Compensazione e processo, Milano, 1991, 236 ss.
[119] Merlin, Compensazione e processo, cit., 233; Auletta, La risoluzione per inadempimento, cit., 412, per il quale «la natura costitutiva dell’azione importa anche un superamento della questione […] sulla possibilità di far valere il potere di risoluzione in via d’eccezione. […] non si può ammettere da noi […] poiché la sentenza costitutiva non può essere provocata che per via di azione».
[120] Cass., sez. III, n. 20744 del 2004. Negli stessi termini, Cass., sez. II, n. 1090 del 1995.
[121] Cass., sez. III, n. 6733 del 2005. Nello stesso senso, Cass., sez. III, n. 7418 del 2007.
[122] Dellacasa, Le risoluzioni di diritto: la diffida ad adempiere, in Roppo (a cura di), Rimedi – 2, in Trattato del contratto, diretto da Roppo, V, Milano, 2006, 293; Oriani, Eccezione, cit., 275; Tamponi, La risoluzione per inadempimento, in Trattato dei contratti diretto da Rescigno e Gabrielli, Torino, 2006, 1799. In giurisprudenza, ex multis, Cass., sez. III, n. 18370 del 2017; n. 167 del 2005; Cass., sez. II, n. 16356 del 2003; n. 3149 del 1984; n. 459 del 1976.
[124] La natura dichiarativa della pronuncia di nullità è pacifica. V., sul punto, Chiovenda, Azioni e sentenze di mero accertamento, in Riv. dir. proc., 1933, I, 29 ss.; Andrioli, Lezioni di diritto processuale civile, I, Napoli, 2019, ristampa a cura di P. Perlingieri e G. Perlingieri, 245 ss.; Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 2019, 583.
[125] Cass., sez. III, n. 13145 del 2017; sez. II, n. 3474 del 2008; n. 4901 del 2007; sez. III, n. 10490 del 2006; n. 10841 del 2000; sez. II, n. 5592 del 1980.
[126] Lo stesso può dirsi per la simulazione e per l’accertamento della risoluzione di diritto del contratto.
[127] Cass., sez. III, n. 6170 del 2005, in Resp. civ. prev., 2006, 10, 1667 ss., con nota di Pilloni, La Cassazione e il rilievo ex officio della nullità contrattuale oggetto del giudicato, principio dispositivo e corrispondenza tra il chiesto e pronunciato; nello stesso senso, ex aliis, Cass., sez. III, n. 1175 del 2018. In dottrina deve essere ricordata l’osservazione di Chiovenda, Istituzioni, cit., 355-356, secondo la quale, quando viene azionato un diritto nascente da un rapporto complesso, oggetto della domanda è anche il rapporto fondamentale e la questione su di esso non è da considerarsi propriamente una pregiudiziale.
[128] Come nel caso della nullità del contratto fonte dell’obbligazione garantita da fideiussione.
[129] Per la distinzione tra contratti plurilaterali e a parte complessa, Ascarelli, Il contratto plurilaterale, in Saggi giuridici, cit., 270.
[131] Secondo Menestrina, La pregiudiciale nel processo civile, Milano, 1963, 28; 139 ss., nel caso in cui sul punto pregiudiziale – che è il precedente logico pacifico tra le parti – si sviluppi una controversia, sorge una questione pregiudiziale, la quale può essere trattata e decisa con efficacia limitata al giudizio oppure con effetti che lo trascendono. In quest’ultimo caso si è al cospetto di una causa pregiudiziale.
[132] In questi termini Cass., sez. III, n. 19934 del 2024. Nello stesso senso, ex multis, Cass., n. 3248 del 2001; Cass., n. 8781 del 2004; Cass., n. 14578 del 2005; Cass., n. 16995 del 2007; Cass., n. 12999 del 2019.
[133] Cass., n. 11754 del 2018; Cass., n. 41895 del 2021.
[134] Chiovenda, Istituzioni, cit., 341, ove è precisato che solo rispetto alle questioni che possono costituire l’oggetto di un giudizio autonomo «può avere importanza dire che, quando queste questioni si presentano come pregiudiziali in un giudizio avente altro oggetto, esse sono decise senza effetto di cosa giudicata».
[135] Per Pilloni, Profili processuali della domanda di accertamento incidentale, cit., 64, nota 144, occorre distinguere tra accertamento incidentale e mera cognitio, consistente in una mera attività cognitiva del giudizio preparatoria della decisione finale, non in grado di acquisire gli effetti del giudicato e riverberarsi al di fuori del giudizio in cui è resa. L’accertamento, avvenga esso in via principale o in via incidentale, è, invece, idoneo al giudicato ad ogni effetto. Secondo Verde, Brevi considerazioni su cognizione incidentale e pregiudizialità, in Riv. dir. proc., 1989, 176, la differenza tra cognizione meramente incidentale e accertamento incidentale non è qualitativa, ma solo di efficacia, che, nel primo caso è limitata alle sole parti del giudizio.
[136] Pilloni, Profili processuali della domanda di accertamento incidentale, cit., 49, nota 106.
[137] Secondo un’opinione largamente diffusa, la teoria chiovendiana è stata recepita nella formula dell’art. 34 cod. proc. civ.
[138] Satta, Accertamento incidentale, in Enc. dir., I, Milano, 1958, 243 ss.; Id., Nuove riflessioni sugli accertamenti incidentali, in Foro it. 1948, I, 64 ss.
[139] Così Balena, Istituzioni di diritto processuale civile, I, Bari, 2017, 305, secondo cui la pregiudizialità in senso tecnico «presuppone rapporti giuridici diversi»; Bove, Lineamenti di diritto processuale civile, Torino, 2016, 231, discorre di «due situazioni giuridiche del tutto diverse, che attribuiscono ai singoli diversi beni della vita»; Menchini, I limiti oggettivi, cit., 87-88; Id., Il giudicato civile, cit., 77.
[140] In questo senso Menchini, Il giudicato civile, cit., 77; Picardi, Manuale del processo civile, Milano, 2019, 100 ss.; Proto Pisani, Appunti sul giudicato civile e i suoi limiti oggettivi, in Riv. dir. proc., 1990, 393.
[141] Lo evidenzia De Giorgis, Impugnative contrattuali e limiti oggettivi del giudicato, tesi di dottorato in diritto comparato, privato, processuale civile e dell’impresa, Università degli studi di Milano, anno accademico 2018-2019, 173-174, nel contesto di una approfondita ricostruzione delle problematiche in esame corredata da copiosi riferimenti bibliografici.
[142] Fabbrini, Eccezione, in Scritti giuridici, vol. I, Studi sull’oggetto del processo e sugli effetti del giudicato, Milano, 1989, 501, spec. 508.
[143] Carnelutti, In tema di accertamento incidentale, in Riv. dir. proc. civ., 1943, II, 18 ss.; Menchini, I limiti oggettivi, cit., 107 ss., il quale sottolinea che è vero «che l’istanza di accertamento dell’esistenza e qualificazione giuridica del rapporto, stante la sua idoneità a condizionare una pluralità di effetti, può costituire da sé sola oggetto di giudizio, disgiuntamente cioè dalla richiesta di tutela di un singolo effetto; tuttavia, non sembra possibile il contrario»; Pagni, Le azioni di impugnativa negoziale, cit., 345-346; Proto Pisani, Appunti sul giudicato civile, cit., 396-397.
[144] Così Attardi, In tema di limiti oggettivi della cosa giudicata, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1990, 490-491, secondo cui «si distingua pure tra una pregiudizialità logica e una pregiudizialità tecnica […]; ma, seguendo il criterio che l’art. 34 detta, l’una e l’altra rientrerebbero nella «pregiudizialità» alla quale lo stesso art. 34 fa riferimento»; Consolo, Spiegazioni, cit., I, 95, il quale sottolinea che «la figura stessa […] del rapporto giuridico (o contrattuale) c.d. fondamentale è stata enucleata – e forse più dai processualisti che dai civilisti – proprio al fine di dare conto del fatto che su tale entità può svolgersi un autonomo giudizio».
[145] In tali termini si esprimono, tra gli altri, Attardi, Diritto processuale, cit., 482 ss.; Comoglio, Ferri, Taruffo, Lezioni sul processo civile, I, Bologna, 2011, 762; Verde, Diritto processuale civile, II, Bologna, 2023, 297; Recchioni, Rapporto giuridico fondamentale, cit., 1599 ss., spec. 1606.
[146] Secondo Chiovenda, Istituzioni, cit., 299, 306-307, «anche quando la eccezione ha la sua radice in un diritto del convenuto […] essa non tende a far valere questo diritto, ma esclusivamente ad annullare l’azione, essa rimane cioè nei confini della difesa. Con la domanda riconvenzionale, invece, il convenuto tende ad ottenere l’attuazione a proprio favore di una volontà di legge, nella stessa lite promossa dall’attore, ma indipendentemente dal rigetto della domanda dell’attore».
[147] Secondo Chiovenda, Istituzioni, cit., 307; 363, «per quanto la eccezione sia desunta dal rapporto giuridico già dedotto in giudizio dall’attore, oppure da un altro rapporto giuridico, essa, fintanto che rimane eccezione, […] per quanto venga ad ampliare la materia logica della cognizione del giudice, […] non può avere altro soggetto ed altro effetto che il rigetto della domanda», né la cosa giudicata «si estende alle eccezioni giudicate dalla sentenza, e che siano state fatte valere, s’intende, come semplici eccezioni e non come riconvenzioni o domande d’accertamento incidentali».
[149] Il quale ha trovato conferma anche in alcune pronunce di legittimità, tra cui v. Cass., sez. III, n. 32650 del 2021; n. 5264 del 2015; n. 21266 del 2007; n. 11356 del 2006; sez. lav., n. 4751 del 1995; n. 381 del 1989; n. 4276 del 1985. Contra, ex aliis, Cass., sez. II, n. 20555 del 2020; n. 24677 del 2024.
[150] Chiovenda, Principi di diritto processuale civile, cit., 1153 ss.; Montesano, Accertamento giudiziale, in Enc. giur., I, Roma, 1988, 5 ss.
[151] Menchini, I limiti oggettivi del giudicato civile, cit., 87 ss.; Luiso, Diritto processuale civile, I, cit., 164 ss.
[152] Satta, Commentario al codice di procedura civile, I, Milano, 1966, 147 ss.
[153] L’art. 2652 cod. civ., nel disciplinare la trascrizione della domanda giudiziale, consente, infatti, l’operatività dell’effetto prenotativo della pubblicità nel solo caso della sentenza di accoglimento della domanda, mentre le pronunce di nullità, di annullamento, di risoluzione, di rescissione o revoca, sono soggette, ai sensi dell’art. 2655 cod. civ., a semplice annotazione in margine alla trascrizione o iscrizione dell’atto, con effetto a valere dal momento della formalità.
[154] Zeuner, Die objectiven Grenzen der Rechtskraft im Rahmen rechtlicher Sinnzusammenhänge, Tübingen, 1959.
[155] Consolo, Nullità del contratto, suo rilievo totale o parziale e poteri del giudice, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2011, 7 ss.
[156] Consolo, Nullità del contratto, suo rilievo totale o parziale e poteri del giudice, cit., 7 ss.
[160] Per una sintesi dell’evoluzione storica della riflessione sul tema, v. Pilloni, op. cit., 78 ss.
[161] Fornaciari, L’intervento coatto per ordine del giudice, in Giust. civ., 1985, II, 381-382.
[162] Fornaciari, L’intervento coatto per ordine del giudice, cit., 382.
[163] Chizzini, L’intervento adesivo, II, Padova, 1992, 943.
[164] Monteleone, I limiti soggettivi della cosa giudicata, Padova, 1978, 35 ss. In senso analogo Andrioli, Commento al c.p.c., I, Napoli, 1954-1964, 116; Micheli, Corso di diritto processuale, 1959, 39.
[165] Andrioli, Commento, cit., 116. Per Trocker, L’intervento per ordine del giudice, Milano, 1984, 257 ss., l’art. 34 cod. proc. civ. è costruito sull’ipotesi base in cui i soggetti dei due rapporti, pregiudiziale e condizionato, coincidano. Ove ciò non ricorra, il problema deve essere risolto alla luce degli artt. 106, 107 e 102 cod. proc. civ.
[166] Vaccarella, Profili processuali del divieto di interposizione, in Riv. dir. proc., 907 ss.
[167] Fabbrini, Intervento coatto ad istanza di parte, in Scritti giuridici, cit., 194 ss.
[168] In termini analoghi, Calamandrei, Sulla legittimazione passiva nelle azioni di accertamento, in Riv. dir. proc. civ., 1944, 36 ss.
[170] Frasca, Rapporto pregiudicante corrente tra una delle parti della causa principale e un terzo e preteso litisconsorzio necessario, in Foro it., 1991, 585 ss.
[171] Frasca, Rapporto pregiudicante corrente tra una delle parti della causa principale e un terzo e preteso litisconsorzio necessario, cit., 585 ss.
[173] Sulla riconducibilità di tali questioni nel paradigma della pregiudizialità logica vi è ampio consenso, come già ricordato, supra, nel paragrafo 6.1.
[175] Cass., sez. VI, n. 6656 del 2021; n. 24957 del 2020; sez. I, n. 8957 del 2014; sez. III, n. 10490 del 2006; sez. II, n. 22054 del 2004; n. 6762 del 2003.
[176] In tal senso Cass., sez. II, n. 10151 del 2004, secondo cui, nel giudizio di simulazione assoluta volto a far dichiarare l’inefficacia del negozio fra le parti, il litisconsorzio è necessario nei confronti di tutti i soggetti dell’atto impugnato (in senso conforme, sez. VI, n. n. 25321 del 2015); sez. II, n. 10142 del 2004, secondo cui, nel contratto a parte complessa, in relazione alla domanda di risoluzione del contratto proposta dal venditore per il verificarsi della clausola risolutiva, sussiste il litisconsorzio necessario; sez. III, n. 7079 del 2006, secondo cui la domanda con la quale sia richiesto l’accertamento dell’esistenza di un negozio giuridico coinvolgente una parte plurisoggettiva deve essere decisa nel contraddittorio di tutti i componenti della parte plurisoggettiva, che, pertanto, sono litisconsorti necessari nel relativo giudizio.
[181] Cass., sez. un., n. 26242 e 26243 del 2014, cit.
[182] In tal senso Costantino, Contributo allo studio del litisconsorzio necessario, cit., 404 ss. e, più di recente, Scarpa, Il «litisconsorzio unitario», cit., 410, il quale sottolinea che «la giurisprudenza e la dottrina hanno emancipato l’ambito di operatività dell’art. 102 c.p.c. dalla semplice considerazione della indivisibilità del rapporto sostanziale, rendendo decisivo, piuttosto, il petitum, ovvero il bene della vita di cui si chieda dall’attore il riconoscimento o la negazione e il provvedimento invocato, al punto di arrivare a modulare gli effetti del giudicato sulla situazione plurisoggettiva secundum eventum litis».
[186] Come, ad esempio, quando la responsabilità di un coobbligato presupponga la responsabilità dell’altro (Cass., sez. III, n. 1771 del 2012; n. 15358 del 2006).
[187] Cass., sez. III, n. 24899 del 2022; n. 10803 del 2020; n. 20860 del 2018.
[188] Come affermato da Frasca, Rapporto pregiudicante corrente tra una delle parti della causa principale e un terzo e preteso litisconsorzio necessario, cit., 585 ss.
[189] Busnelli, L’obbligazione soggettivamente complessa, cit., 13 ss.; Bianca, Diritto civile, IV, L’obbligazione, cit., 710; D’Adda, Le obbligazioni plurisoggettive, cit., 93 ss.; Emiliozzi, Sub artt. 1285-1320, Obbligazioni alternative, in solido, divisibili e indivisibili, cit., 300 ss.; La Porta, Delle obbligazioni in solido, cit., 12 ss.
[190] Così Rubino, op. cit., 139. L’autonomia morfologica e funzionale dell’obbligazione solidale a interesse unisoggettivo o diseguale, che si ricava dalle indicazioni ricostruttive ritraibili dall’art. 1298 cod. civ. – a mente del quale, nei rapporti interni l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuno di essi –, trova fondamento nell’assenza di un interesse unitario che accomuna le posizioni dei singoli condebitori solidali. Per una efficace sintesi delle differenze tra solidarietà ad interesse unisoggettivo e solidarietà ad interesse comune, v. Cass., sez. un., n. 24627 del 2007.
[191] Valorizza questi dati normativi Merlin, Obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo e litisconsorzio, cit., 1183. Da essi si ricava «il condizionamento giuridico dell’obbligazione del fideiussore al debito causale del garantito».
[192] Così, ancora, Merlin, Obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo e litisconsorzio, cit., 1181.
[202] Su cui v. Allorio, Litisconsorzio alternativo passivo e impugnazione incidentale, in Giur. it. 1947, IV, 73 ss.; Consolo, Le impugnazioni delle sentenze e dei lodi, Padova, 2012, 91; Grasso, Le impugnazioni incidentali, Milano 1973, 161 ss.; Fabbrini, Note in tema di integrazione del contraddittorio nei giudizi di impugnazione, in Giur. it. 1969, I, 1, 555; Vaccarella, Note in tema di litisconsorzio nelle fasi di gravame: il principio dell’unitarietà del termine di impugnazione, in Riv. dir. proc., 1972, 97 ss.
[203] Cass., sez. II, n. 11946 del 2003. Nello stesso senso Cass., sez. I, n. 4722 del 2018, secondo cui in materia di procedimento civile, con la chiamata in causa del terzo quale unico responsabile si realizza un’ipotesi di dipendenza di cause, in quanto la decisione della controversia fra l’attore ed il convenuto, essendo alternativa rispetto a quella fra l’attore ed il terzo, si estende necessariamente a quest’ultima, sicché i diversi rapporti processuali diventano inscindibili, legati da un nesso di litisconsorzio necessario processuale (per dipendenza di cause o litisconsorzio alternativo) che, permanendo la contestazione in ordine all’individuazione dell’obbligato, non può essere sciolto neppure in sede di impugnazione.
[204] Cass., sez. III, n. 516 del 2020; sez. VI, n. 15232 del 2021.
[205]Ex multis, Cass., sez. III, n. 34899 del 2022.
[206] Cass., sez. III, n. 35257 del 2023. L’inscindibilità in sede di gravame deve, tuttavia, escludersi se la responsabilità del terzo chiamato è stata oggetto di un’espressa statuizione di rigetto da parte del giudice di primo grado e tale statuizione non è stata impugnata o contestata, direttamente o indirettamente, nel giudizio di appello. In questo caso vengono a mancare le condizioni di inscindibilità della causa, essendo l’oggetto del giudizio ormai limitato all’accertamento della responsabilità dell’originario convenuto, con la conseguenza che deve escludersi la necessità di integrazione del contraddittorio in sede di impugnazione (Cass., sez. III, n. 33145 del 2024).
[207] Essendo a ciò legittimato, atteso il suo interesse a far risultare l’invalidità dell’obbligazione fideiussoria, in ragione del suo carattere accessorio (Cass., sez. I, n. 4605 del 1983).
[208] Provocata mediante la chiamata di terzo ex art. 106 cod. proc. civ. o eventualmente anche mediante l’intervento iussu iudicisex art. 107 cod. proc. civ. V., supra, il paragrafo 9.
[209] Merlin, Note su obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo e litisconsorzio nelle impugnazioni, cit., 1188-1190.
[210] In questi termini, ancora, Merlin, Note su obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo e litisconsorzio nelle impugnazioni, cit., 1189.
[211] Così Merlin, op. cit., 1190; Id., Inscindibilità dei giudizi e riproposizione di domande fra litisconsorti nelle fasi di gravame, in Riv. dir. proc., 2013, 1313, nota 65.