Recensione a “Legittimità, interpretazione, merito. Saggi sulla Cassazione civile” di B. Capponi

Di Girolamo Monteleone -

CAPPONI, Legittimità, interpretazione, merito. Saggi sulla Cassazione civile, Napoli 2023, pg. 307.

Il Volume di B. Capponi è una raccolta di saggi, già pubblicati dall’A., dedicati all’attuale evoluzione della Corte di cassazione. Consta di una premessa, di una introduzione e di diciotto contributi, che giungono fino al dettagliato commento alla recente Cass. Sez. Un. 6 aprile 2023 n. 9479 sulla (tristemente) nota questione dell’opposizione super tardiva a decreto ingiuntivo emesso contro un “consumatore” in base a clausole c.d. “vessatorie”. A proposito di tale sentenza e dell’accurato esame ad essa dedicato dall’A., constatiamo con gioia di avere trovato un’altra “parte debole” (oltre a quelle già note) da proteggere in barba al principio di eguaglianza, vale a dire il consumatore, entità astratta la cui tutela è così imperiosa da autorizzare la distruzione di mezzo codice di procedura civile.

Il libro offre spunti di estremo interesse e stimola riflessioni di ampio respiro non soltanto in tema del vigente sistema del processo civile, da decenni preda di inutili e dannose convulsioni riformistiche, ma anche sulle sorti dell’assetto costituzionale del nostro Stato oggetto di viva e fondata preoccupazione. Mi soffermo su alcuni punti.

Il saggio dal titolo “Prime note sul maxi-emendamento al d.d.l.1662/S/XVIII” (pg. 29 e ss.) fa capire quali siano state le origini e l’ispirazione della c.d. riforma Cartabia, cioè del D. Leg.vo 149/2022, che come per miracolo dovrebbe dimezzare di colpo i tempi della giustizia civile. Si tratta di osservazioni provenienti da ambienti economistici (precisamente “dall’osservatorio dei conti pubblici italiani”), nei quali imperversa un chiacchiericcio a base di PIL, di ripresa, competitività, Europa, ma nei quali regna la più assoluta ignoranza in materia di giurisdizione e di processo civile. La pretesa di trattare una delle funzioni fondamentali per l’esistenza stessa di uno Stato di diritto (quale il nostro dovrebbe essere), vale a dire la giurisdizione civile, alla stregua di una intrapresa economico-commerciale la dice lunga sull’ottusità di certe teorie che si limitano a copiare insulse e pericolose ricette di stampo anglo-americano. In queste pseudo teorie, in realtà un armamentario di evidenti sciocchezze, troviamo le radici delle geniali trovate di impedire ai cittadini, che hanno bisogno di tutelare i propri diritti, di rivolgersi ai giudici vessandoli con costose ed inutili mediazioni obbligatorie e con tassazioni di livello vertiginoso condite da condanne alle spese a sfondo punitivo. Ovviamente tali idee trovano immediato e favorevole riscontro nel mondo delle A.D.R., il cui reale scopo è solo quello di appropriarsi a fini speculativi di una essenziale funzione dello Stato, e non quello di abbreviare i tempi della giustizia civile. Non capiscono costoro (o fanno finta di non capire) che se si sopprime, o si ostacola, la giustizia civile e si abbandonano i cittadini in pasto a mediatori di ogni sorta o a giudici onorari improvvisati il danno anche economico (PIL, ripresa, competitività ec. ec.), che ne deriva, è incommensurabilmente superiore a quello prodotto dalla sua attuale inefficienza. Non sembra che sia prova di grande acume mentale combattere la lentezza della giustizia cercando di impedirne in mille modi l’esercizio.

L’altro importantissimo aspetto, che si coglie dai vari saggi, è la preoccupante deriva intrapresa dalla Cassazione civile che, distorcendo in modo più o meno consapevole il vetusto concetto di nomofilachia, elaborato un secolo addietro da P. Calamandrei a fini diametralmente opposti a quelli oggi in voga, tende ad atteggiarsi sempre più ad organo legislativo (o paralegislativo),

senza averne la funzione, né i mezzi, né la investitura democratica e popolare. Bisogna, però, ad onor del vero ammettere che lo spunto per tale involuzione è stato dato, more solito, da alcune improvvide riforme legislative, che bisognerebbe urgentemente abrogare: valgano per tutte l’introduzione, per fortuna soppressa, del c.d. quesito di diritto a pena di inammissibilità dei motivi di ricorso, e gli attuali artt. 360 bis, 363 bis, 380 bis e 380 bis 1 c.p.c. E’ un fenomeno assai grave e preoccupante, tale da infliggere una ferita mortale alla certezza del diritto che trova nella norma generale ed astratta, in quanto tale intrinsecamente eguale per tutti, il più sicuro presidio ed una delle più pregnanti manifestazioni dell’ordinamento giuridico. I giudici per espresso dettato costituzionale e normativo hanno la funzione di applicare le leggi, espressione della sovranità statale, non di violarle e/o di emanarne di nuove con la scusa dell’interpretazione. Quando la Corte di Cassazione, Organo supremo di giustizia cui è affidato proprio il compito di custodire e preservare la legge (la vera nomofilachia, non quella falsa oggi imperversante), smarrisce la retta via e pretende di legiferare sotto mentite spoglie a forza di “principi di diritto” intrinsecamente mutevoli e non vincolanti, segno si è che l’intero ordinamento giuridico, quale noi conosciamo, è in disfacimento.