Riforme e controriforme del processo familiare e minorile: i correttivi legislativi e giurisprudenziali

Di Guidomaria De Cesare -

Sommario: 1. Introduzione al nuovo procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie – 2. I provvedimenti indifferibili. Il problema della reclamabilità e il correttivo “cassatorio” dell’orientamento giurisprudenziale. – 3. Provvedimenti temporanei e urgenti e ricorso straordinario per Cassazione: il salvataggio in corner dell’ultima versione del decreto correttivo. – 4. La dimidiazione dei termini per il deposito delle memorie assertive. – 5. Il correttivo giurisprudenziale: ammissibilità del cumulo tra domanda di separazione e divorzio contenzioso.

1.Introduzione al nuovo procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie

A distanza di poco più di un anno dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 149 del 2022, la disciplina del procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie è destinata nuovamente ad essere modificata. Viene proprio da dire insieme al Poeta: «ch’a mezzo novembre non giugne quel che tu d’ottobre fili[1]».

Prima di analizzare le novità che l’ultima versione decreto correttivo – licenziata dal Consiglio dei ministri solo il 27 settembre 2024, a due settimane dalla scadenza della delega[2] – apporterà al nuovo rito unitario in materia di persone, minorenni e famiglie, è bene ricostruire brevemente la vorticosa evoluzione che ha interessato la materia negli ultimi anni.

Il d.lgs. n. 149 del 2022 ha tradotto i cahiers des doléance del ceto forense nella completa revisione del diritto processuale di famiglia[3]. In precedenza, i procedimenti relativi alla famiglia erano sottoposti a riti tra loro diversificati, costruiti sul modello del processo camerale. La necessità di riordinare il processo di famiglia è stata avvertita da quella dottrina che, a proposito della situazione preesistente, ha evidenziato l’irragionevole «diaspora dei riti[4]», senz’altro foriera di discriminazioni e di dubbi di legittimità costituzionale, quantomeno sul piano della certezza del diritto[5]. Nell’ottica della semplificazione della giustizia civile, la riforma ha introdotto, a partire dal 28 febbraio 2023, un rito unitario[6]. Il d.lgs. n. 149 del 2022 dedica un intero corpus normativo al rito unitario di famiglia[7]; più di settanta articoli che ridisegnano, talora in discontinuità rispetto al passato, le posizioni giuridiche globali delle personae dramatis del diritto di famiglia.

La riforma ha inciso tanto sui poteri del giudice che del pubblico ministero, manifestando un non celato favor per torsioni lato sensu inquisitorie, in deroga al modello semi-dispositivo di tutela giurisdizionale dei diritti[8]; inoltre, particolare attenzione è stata data agli oneri di allegazione delle parti, alla differenziazione delle preclusioni processuali in ragione della posizione giuridica azionata e al sistema delle impugnazioni; infine, alla posizione del minore sono dedicate una pluralità di disposizioni, a sottolinearne la centralità nel nuovo rito.

Merita un cenno la collocazione topografica del nuovo corpus normativo.

La scelta di collocarlo in chiusura del libro II – dedicato al processo di cognizione – piuttosto che nel libro IV – dedicato ai procedimenti speciali[9] – esprime l’intenzione del legislatore di assicurare una tutela piena e non sommaria alle delicate situazioni giuridiche soggettive che vengono in rilievo in materia di famiglia, stato e capacità delle persone. Non si tratta, dunque, di un processo a cognizione sommaria poiché superficiale[10] né di un processo sommario di cognizione ma di un processo a cognizione piena le cui deviazioni rispetto al processo ordinario di cognizione sono giustificate dalla specialità delle posizioni giuridiche coinvolte[11], non diversamente dal rito del lavoro. La scelta di introdurre regole speciali sulla cognizione, sull’attuazione e sulla tutela cautelare nel contenzioso di famiglia è pienamente condivisibile. Per dirla con le parole di autorevole dottrina, «la struttura del processo deve essere in funzione della qualità della lite[12]» siccome le liti «sono diverse l’una dall’altra come le malattie: […] alcun medico penserebbe a prescrivere per tutti i malati lo stesso metodo di cura[13]», donde l’opportunità di differenziare i poteri del giudice e gli oneri in capo alle parti a seconda delle posizioni giuridiche sostanziali sottese alla lite. La scelta di introdurre un rito a cognizione piena diversificato in materia di famiglia e di persone non è in linea con gli slogan della «ragionevole durata» e «dello smaltimento dell’arretrato» che hanno accompagnato la riforma. Che la giustizia civile debba essere “fluidificata” e, dunque, resa più celere per accrescere la competitività complessiva del Paese[14], non è certo un mistero. Resta da verificare se la logica della fluidificazione si attagli ad ogni situazione giuridica soggettiva coinvolta nel processo. La riforma del diritto processuale di famiglia depone in senso contrario: il nuovo rito, attraverso il rafforzamento delle garanzie procedimentali e il riconoscimento al giudice di forti poteri ispettivi è un buon esempio di tutela giurisdizionale differenziata in ragione della particolarità delle posizioni giuridiche soggettive ad esso sottese: nel processo di famiglia pare che l’amor veritatis prevalga sulla logica della fluidificazione della giustizia che ha accompagnato la riforma.

Nel prosieguo daremo conto dei correttivi che il legislatore e la giurisprudenza hanno apportato al rito unitario. In particolare, diremo: a) dei provvedimenti indifferibili; b) dei provvedimenti temporanei e urgenti; c) della possibilità di abbreviare i termini, finanche a dimezzarli, per il deposito delle memorie assertive ante udienza; d) della cumulabilità della domanda di separazione e di divorzio consensuale.

2.I provvedimenti indifferibili. Il problema della reclamabilità e il correttivo “cassatorio” dell’orientamento giurisprudenziale

Prima dell’approvazione del correttivo di cui si discute, la giurisprudenza si è impegnata in un’opera di chiarificazione delle assai opache disposizioni dettate dal legislatore della riforma in tema di provvedimenti temporanei, urgenti ed indifferibili, ai sensi degli artt. 473bis. 22 e 473bis. 15 c.p.c.

La regola di comportamento da tenere nei rapporti familiari non può attendere l’esaurimento del giudizio di merito, bensì deve essere definita in limine litis: i rapporti giuridici oggetto del processo familiare e minorile hanno speso un elevato grado di vulnerabilità, con l’implicazione che la tutela d’urgenza assume un ruolo centrale in attesa della sentenza di merito per evitare una compromissione irreversibile degli interessi presidiati.

Il nuovo art. 473bis.22 c.p.c. coglie tale profilo e accorda al giudice, qualora non riesca la conciliazione, il potere di rendere con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti in via incidentale nelle controversie sulla crisi della famiglia, nell’interesse delle parti e dei figli. L’ordinanza ha efficacia ultrattiva – in linea di continuità con il previgente art. 189 disp. att. c.p.c. – ed è titolo esecutivo, nonché titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

L’art. 473bis.15 c.p.c., invece, introduce l’ammissibilità di una misura provvisoria inaudita altera parte, qualora la convocazione delle parti possa pregiudicarne l’attuazione. La norma colma la lacuna del recente passato che induceva il ricorrente a tentare la via del provvedimento d’urgenza nell’intervallo tra il deposito del ricorso e l’udienza presidenziale.

La giurisprudenza ha chiarito che i provvedimenti indifferibili, disciplinati dall’art. 473bis.15 c.p.c. non possono essere emessi ante causam e, dunque, vanno considerati alla stregua di cautelari in corso di causa, per un duplice ordine di motivi: a) in primo luogo, l’argomento topografico depone nel senso che un provvedimento indifferibile ante causam non possa essere richiesto dal momento che l’art. 473bis.15 c.p.c. è inserito immediatamente dopo la disposizione sul ricorso introduttivo, presupponendo così la pendenza della lite; b) manca inoltre una disposizione che regoli la fase ante causam analoga all’art. 669ter c.p.c. per il rito cautelare, che disciplina la competenza a valutare tali domande proposte prima dell’inizio del giudizio di merito[15]. Tuttavia, qualora sia irreversibilmente a rischio l’interesse del minore il rigore delle forme ben potrebbe essere sacrificato, rendendosi analogicamente applicabili gli artt. 669ter e 669sexies, comma 2, c.p.c.

Sembra percorribile anche una diversa strada: senza bisogno di praticare un’interpretazione analogica, potrebbe darsi il caso in cui vi sia l’esigenza di intervenire senza attendere la prima udienza, ma dopo aver ascoltato entrambe le parti: il giudice potrà pronunciare i provvedimenti indifferibili direttamente con ordinanza a seguito della convocazione anticipata delle parti, ai sensi dell’art. 175 c.p.c.[16].

Questa soluzione è anche coerente con il disposto degli artt. 473bis.6 e 473bis.42 c.p.c., i quali, rispetto a ipotesi che sottendono l’esigenza di provvedere con urgenza, consentono l’abbreviazione dei termini senza per questo derogare al principio del contraddittorio.

Inoltre, merita attenzione quanto affermato da Cass., 30 aprile 2024, n. 11688, adìta su rinvio pregiudiziale ex art. 363bis c.p.c., a proposito della reclamabilità dinanzi alla Corte d’appello, e dunque implicitamente della natura cautelare e non già giurisdizionalvolontaria[17], del provvedimento che conferma, modifica o revoca i provvedimenti indifferibili di cui all’art. 473bis.15 c.p.c., qualora rientrino nella tipologia di misure contemplate dall’art. 473bis.24, comma 2, c.p.c.[18]. L’assai opportuno chiarimento giurisprudenziale porta però con sé un ineludibile interrogativo: qual è la differenza di contenuto fra le misure indifferibili, ex art. 473bis.15 c.p.c., e quelle temporanee ed urgenti adottate alla prima udienza o in corso di causa? Perché sarebbero reclamabili solo le ordinanze che confermano, modificano o revocano i provvedimenti indifferibili relativi alle limitazioni della responsabilità genitoriale o all’affidamento e al collocamento del minore e non anche, per esempio, quelli in punto di spese di mantenimento del figlio? Tra le due specie di provvedimenti non c’è alcuna differenza contenutistica: le misure ex art. 473bis.15 c.p.c. vengono adottate in limine litis a fronte di un contraddittorio non ancora pieno, mentre quelle ex art. 473bis. 22 c.p.c. sono pronunciate quando il contraddittorio si è ormai realizzato, ma ciò non incide sul loro contenuto che può essere il medesimo.

Pertanto, l’intervento nomofilattico in commento può giustificarsi solo in riferimento alle esigenze deflative generali del contenzioso civile, attraverso una compressione dei margini di ammissibilità del reclamo cautelare, benché in materia di diritti indisponibili sia tutt’altro che facile a dimostrarsi la prevalenza delle esigenze di deflazione del contenzioso rispetto a quella di riesame dei provvedimenti e, dunque, di giustizia.

Peraltro, se il correttivo dovesse entrare in vigore senza ulteriori modificazioni, la decisione adottata in sede di rinvio pregiudiziale diventerà carta straccia, dal momento che all’art. 473bis.15 c.p.c. sarà aggiunto un nuovo comma 2, dal seguente tenore: «l’ordinanza con cui il giudice conferma, modifica o revoca i provvedimenti adottati ai sensi del primo comma è reclamabile solo unitamente a quella prevista dall’art. 473bis.22».

Il comma proposto dal venturo correttivo tradisce uno spirito controriformista, finendo per “cassare” il dictum reso dalla Suprema Corte in sede di nomofilachia preventiva: lo scopo della norma (della cui legittimità costituzionale è lecito dubitare, dal momento che, per un verso, impone al destinatario della misura di attendere il provvedimento temporaneo e lo espone al rischio di consolidamento del pregiudizio di fatto, potendo addirittura vanificare l’opportunità del reclamo, per un altro, nega l’impugnabilità immediata di provvedimenti anch’essi di natura cautelare) consiste nell’evitare che sia possibile reclamare prima i provvedimenti indifferibili e poi anche quelli temporanei . Tuttavia, il modo con cui tale risultato è perseguito è quantomeno opinabile: sarebbe bastato disporre che i provvedimenti indifferibili fossero nuovamente confermati, revocati o modificati in prima udienza.

La formulazione adottata dal correttivo pare suggerire che il contenuto delle due ordinanze sia diverso. Tuttavia, il più delle volte l’oggetto delle due decisioni sarà, come detto, il medesimo; talché, l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 473bis.22 c.p.c. in concreto potrebbe essere una decisione di conferma, revoca o modifica di quanto già stabilito dai provvedimenti indifferibili resi in limine litis. In tale ipotesi, non può dubitarsi dell’effetto sostitutivo della seconda ordinanza, con l’implicazione che dovrebbe essere sufficiente proporre reclamo avverso quest’ultima.

Se però il giudice si dovesse pronunciare solo su alcuni aspetti previamente regolati o se dovessero sorgere dubbi sui rapporti che intercorrono tra il contenuto delle distinte decisioni, allora, quantomeno in via cautelativa, sarà opportuno proporre reclamo avverso entrambe le ordinanze come prescritto dal venturo art. 473bis.15, comma 2, c.p.c., il cui ambito di applicazione andrebbe allora perimetrato alla sola ipotesi in cui i provvedimenti resi in udienza non abbiano carattere sostitutivo di quelli resi in limine litis.

Va da sé che se il nuovo comma 2 dell’art. 473bis.15 c.p.c. dovesse restare immodificato, sarebbe opportuno che la prassi si orientasse nel senso di indicare espressamente nell’ordinanza resa ai sensi dell’art. 473bis.22 c.p.c. i rapporti fra questa e i provvedimenti indifferibili già resi.

3. Provvedimenti temporanei e urgenti e ricorso straordinario per Cassazione: il salvataggio in corner dell’ultima versione del decreto correttivo

Passiamo ora a trattare più compiutamente dei provvedimenti temporanei e urgenti emessi in corso di causa, ai sensi dell’art. 473bis.22 c.p.c.

Il riferimento contenuto nell’art. 473bis.22 c.p.c. all’interesse dei figli ha indotto parte della giurisprudenza ad ammettere la pronunzia di provvedimenti temporanei e urgenti anche in caso di declinatoria di competenza. Così, ad esempio, Trib. Pordenone, 11 agosto 2023, ha affermato che il riferimento all’interesse dei figli «impone di non lasciare vuoti di tutela nel tempo necessario a riassumere il processo. Tale potere del Giudice ben si evince dalla lettura dell’art. 473bis.2 che permette al Giudice di adottare i provvedimenti opportuni anche in deroga all’art. 112. I provvedimenti così adottati sopravviveranno fino al sopravvenire delle decisioni del Tribunale competente che potrà revocarli, modificarli o confermarli». Per converso, Corte App. Firenze, 9 aprile 2024, in accoglimento del reclamo, ha escluso che il giudice dichiaratosi incompetente nel procedimento di separazione possa pronunciare i provvedimenti temporanei e urgenti. La possibilità di pronunciare i provvedimenti temporanei e urgenti era sostenibile sotto il previgente regime, dal momento che nella fase presidenziale era comunque ammessa la possibilità di pronunciare provvedimenti interinali e ciò in ragione dell’assenza di potestà decisoria al Presidente, che era tenuto a rimettere la causa al collegio[19].

Il decreto correttivo ha inciso sui primi due commi dell’art. 473bis.24 c.p.c., i quali saranno sostituti da un unico comma che presenta due partizioni contrassegnate dai nn. 1 e 2. Tali partizioni corrispondono esattamente ai commi sostituiti, cioè al comma 1 e al comma 2, sicché nulla è cambiato rispetto alla precedente formulazione per quel che riguarda i presupposti di reclamabilità dei diversi provvedimenti temporanei ed urgenti. Ciò chiarito, l’art. 473bis.24 c.p.c. sancisce: «Si può proporre reclamo con ricorso alla corte d’appello: 1) contro i provvedimenti temporanei e urgenti di cui al primo comma dell’articolo 473bis.22; 2) contro i provvedimenti temporanei emessi in corso di causa che sospendono o introducono sostanziali limitazioni alla responsabilità genitoriale, nonché quelli che prevedono sostanziali modifiche dell’affidamento e della collocazione dei minori o ne dispongono l’affidamento a soggetti diversi dai genitori».

Un’interpretazione letterale dell’art. 473bis.24 n. 2) c.p.c. è foriera di porsi in contrasto con gli artt. 3 e 24, commi 1 e 2, Cost., dal momento che non può non ammettersi il reclamo anche contro le decisioni di rigetto delle istanze volte ad ottenere una modificazione delle condizioni di affidamento o di collocazione dei minori, secondo costante orientamento della Corte costituzionale[20]. Ancora una volta la cifra dell’involuta formulazione della norma è l’interesse del minore: sono reclamabili tutti i provvedimenti, anche quelli di revoca o modifica di cui all’art. 473bis.23 c.p.c., che comportano una sostanziale limitazione dei diritti del minore e dei genitori di cui agli artt. 315bis e 337ter c.c., a prescindere dalla circostanza che i provvedimenti reclamati accolgano o rigettino la domanda di tutela, come invece sembrerebbe suggerire l’art. 473bis.24 n. 2 c.p.c.).

Resta un’ultima questione da affrontare rispetto ai provvedimenti temporanei ed urgenti. La prima versione del correttivo non aveva inciso sull’ultimo comma dell’art. 473bis. 24 c.p.c., secondo cui: «avverso i provvedimenti di reclamo pronunciati nei casi di cui al secondo comma è ammesso ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 della Costituzione».

È bene notare che la ricorribilità in cassazione di decisioni certamente provvisorie (e, perché no, lato sensu cautelari) rappresenta una sorta di ἅπαξ λεγόμενον nel nostro ordinamento, le cui origini vanno brevemente chiarite[21]. Nel 2016 la giurisprudenza di legittimità ha ammesso per la prima volta il ricorso straordinario per Cassazione contro i decreti camerali provvisori pronunciati dal tribunale per i minorenni nei procedimenti de potestate, con i quali venivano apportate limitazioni significative alla responsabilità genitoriale[22].

Secondo l’impostazione tradizionale, la quale rimonta alla nota teorica della sentenza in senso sostanziale[23], il ricorso straordinario è ammesso solo contro le decisioni definitive – nel senso di non essere altrimenti rivedibili – e decisorie, cioè idonee a produrre gli effetti della cosa giudicata[24]. Tuttavia, il nuovo orientamento ha proposto una diversa declinazione del concetto di decisorietà, intesa come l’idoneità della decisione a produrre effetti pratici irreversibili[25].

Fa da sfondo a questo orientamento la prassi, invalsa dinanzi ai tribunali per i minorenni, di tenere aperto il procedimento per lungo tempo, regolando di volta in volta la responsabilità genitoriale mediante decreti provvisori. Di qui nasce l’esigenza di ammettere un controllo della decisione interinale, il quale, di contro, sarebbe stato rinviato sine die, cioè ad un momento in cui oramai l’eventuale riforma della sentenza non avrebbe prodotto nessun risultato pratico utile.

Tuttavia, il concetto di decisorietà di fatto è stato rifiutato dalle sezioni unite[26], benché la riforma Cartabia lo avesse ormai fatto proprio, interiorizzandolo nel disposto dell’art. 473bis.24, ult. com., c.p.c.

Chiarite le ragioni che hanno indotto il legislatore ad introdurre una previsione in deroga alle regole generalmente accettate, si capisce anche perché il ricorso per cassazione fosse stato ammesso, prima del correttivo, solo contro le decisioni che incidono sulla responsabilità genitoriale, ovvero quelle “decisorie” in via di fatto.

Resta il dubbio se il ricorso per cassazione sia ammissibile solo contro i provvedimenti temporanei, emessi in corso di causa, de potestate e contro quelli che incidono sulle condizioni di affidamento e sulla collocazione del minore, oppure anche contro gli altri provvedimenti di reclamo, dal momento che l’art. 473bis. 24, ult. com., nella formulazione antecedente al correttivo del 27 settembre, rinviava generalmente al comma 2 della medesima disposizione, senza specificare. Secondo un’impostazione dottrinale, dovrebbe ammettersi il ricorso per cassazione anche contro le decisioni che la corte d’appello rende nei procedimenti di reclamo proposti contro i provvedimenti temporanei e urgenti, resi in prima udienza, ex art. 473bis.22 c.p.c., ma solo quando tali decisioni hanno il contenuto di quelli (solo temporanei) emessi in corso di causa indicati nell’art. 473bis.24, comma 2, c.p.c.[27]. A ragionare diversamente si rischia di avallare una soverchia violazione degli artt. 3 e 24 Cost., dal momento che non sembra possibile escludere il ricorso per Cassazione nei confronti di provvedimenti di diversa natura, ma di identico contenuto, rispetto a quelli nei cui confronti la legge riconosce espressamente la suddetta garanzia.

La prima versione del correttivo sembrava che avesse (involontariamente) risolto tale problematica, dal momento che avrebbe determinato uno slittamento in su del terzo, del quarto e del quinto comma, che sarebbero diventati rispettivamente secondo, terzo e quarto. Pertanto, l’ultimo comma, dettato a proposito dell’ammissibilità del ricorso per Cassazione, non avrebbe più rinviato al precedente secondo comma, bensì a quello che avrebbe preso la sua posizione, ovvero la norma che detta le regole procedimentali per il reclamo, la quale non contiene, a differenza del precedente comma 2, alcuna perimetrazione del contenuto dei provvedimenti reclamabili.

Pertanto, la prima versione del correttivo avrebbe reso reclamabili tanto i provvedimenti di reclamo aventi ad oggetto quelli temporanei ed urgenti resi in prima udienza, ai sensi dell’art. 473bis.22 c.p.c., quanto quelli emessi in corso di causa che incidono sui diritti del minore o dei genitori.

Un siffatto ampliamento dei margini di proponibilità del ricorso per Cassazione non è sostenibile dal sistema di amministrazione della giustizia. E infatti la più recente versione del correttiva, approvato il 27 settembre 2024 dal Consiglio dei ministri, ha evitato il “pasticciaccio” riformulando l’art. 473bis.24, ult. com., c.p.c. nei termini che seguono: «avverso i provvedimenti di reclamo pronunciati nei casi di cui primo comma, n. 2 al è ammesso ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 della Costituzione».

Pertanto, saranno ricorribili per cassazione i provvedimenti resi in sede di reclamo aventi ad oggetto quelli emessi in corso di causa che sospendono o introducono sostanziali limitazioni alla responsabilità genitoriale, nonché quelli che prevedono sostanziali modifiche dell’affidamento e della collocazione dei minori o ne dispongono l’affidamento a soggetti diversi dai genitori, mentre può dubitarsi, quantunque un’interpretazione sistematica deponga in senso positivo, della ricorribilità per cassazione delle decisioni che la corte d’appello pronuncia nei procedimenti di reclamo proposti contro i provvedimenti temporanei e urgenti, resi in prima udienza, ex art. 473bis.22 c.p.c., quando dette decisioni hanno il contenuto di quelli (solo temporanei) emessi in corso di causa indicati nell’art. 473bis.24, comma 2, c.p.c.

È possibile, dunque, tirare un sospiro di sollievo: se il ricorso per cassazione fosse stato generalizzato, rendendosi ammissibile contro tutti i provvedimenti resi in sede di reclamo, la Suprema Corte verosimilmente non sarebbe stata in grado di gestire il carico del contenzioso e l’affollamento dei ruoli. Fortunatamente, a pochi giorni dalla scadenza della delega, il legislatore del correttivo si è avveduto di ciò.

4. La dimidiazione dei termini per il deposito delle memorie assertive

Assai rilevante dalla prospettiva dei pratici è la modifica dell’art. 473bis.14 c.p.c.: «[S]e sussistono ragioni di urgenza, il giudice può abbreviare fino alla metà i termini previsti dal presente articolo e dall’articolo 473bis.17». Il legislatore ha ammesso che i termini per il deposito delle memorie assertive antecedenti la prima udienza possano essere abbreviati fino alla metà. Tuttavia, tale soluzione rischia di risolversi in una violazione del principio di ragionevolezza e del diritto alla difesa.

Per comprendere ciò è bene analizzare brevemente la fase di trattazione scritta preliminare all’udienza. Come nel rito ordinario, il rito uniforme prevede il deposito di tre memorie; tuttavia, il deposito delle stesse non spetta contestualmente ad entrambe le parti, bensì: la prima, da depositarsi venti giorni prima della data di udienza, è riservata all’attore; la seconda, dieci giorni prima, al convenuto; la terza, cinque giorni prima dell’udienza ancora all’attore. Tale meccanismo è destinato a fallire nel caso in cui il processo assuma una configurazione litisconsortile (basti pensare alla nomina del curatore speciale del minore ovvero al caso dell’intervento degli ascendenti)[28].

Inoltre, la circostanza che il legislatore abbia optato per dei termini a ritroso tra loro assai brevi non aiuta i difensori: se, per esempio, il termine per il deposito della terza memoria scade la domenica, il termine, ai sensi dell’art. 155, comma 3, c.p.c., verrà prorogato al venerdì e l’attore avrà solo due giorni per replicare alla seconda memoria.

Se a ciò si aggiunge che il nuovo art. 473bis.14 c.p.c. accorda al giudice il potere di dimidiare i termini per il deposito delle memorie assertive, tenuto conto anche dei tempi di lavorazione degli atti giudiziari telematici da parte delle cancellerie, non è improbabile che la terza memoria possa non esser stata scaricata per il giorno dell’udienza e che, dunque, il giudice non arrivi preparato all’udienza per poter decidere sulle richieste di provvedimenti temporanei e urgenti.

Quanto detto induce a dubitare della ragionevolezza della scelta del legislatore[29].

5. Il correttivo giurisprudenziale: ammissibilità del cumulo tra domanda di separazione e divorzio contenzioso

Resta infine da analizzare l’ultimo correttivo apportato al procedimento unitario familiare e minorile, questa volta di origine giurisprudenziale.

Senz’altro degna di nota è la novità introdotta dall’art. 473bis.49 c.p.c. che consente il cumulo della domanda di separazione e di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio in un unico procedimento contenzioso. È noto che l’ordinamento italiano subordinava la domanda di divorzio al decorso di un certo periodo di tempo dalla comparazione dei coniugi avanti al Presidente del Tribunale e al passaggio in giudicato della sentenza di separazione. Le parti dovevano, dunque, sostenere i costi di due diversi procedimenti, quantunque entrambi finalizzati alla definitiva risoluzione della crisi coniugale. A questa inefficienza il legislatore delegato ha posto rimedio consentendo la contemporanea proposizione delle due domande in via di cumulo subordinato. Talché, la domanda di divorzio è subordinata al previo decorso del termine semestrale dall’udienza di comparizione previsto dalla legge e al passaggio in giudicato della sentenza parziale di separazione.

L’utilità pratica della nuova previsione si saggia anche sul terreno del contenzioso matrimoniale cross border[30]. La giurisprudenza ha sostenuto con orientamento costante che non vi sia litispendenza tra un procedimento italiano di separazione ed uno straniero di divorzio, con la conseguenza che la parte interessata ad una regolamentazione della crisi coniugale da parte del giudice italiano deve soggiacere agli effetti della sentenza di divorzio pronunciata dal giudice straniero[31]. Il nuovo art. 473bis.49 c.p.c., nella misura in cui anticipa la litispendenza della domanda di divorzio al momento del deposito in cancelleria di quella di separazione, consente di evitare la sospensione del giudizio di separazione italiano, disposta ai sensi dell’art. 7, comma 3, L. n. 218 del 1995, ove il giudice ritenga che la sentenza straniera possa produrre effetti nell’ordinamento interno, nonché la soggezione al giudicato straniero di divorzio qualora le domande cumulate siano state proposte prima di quella di divorzio dinanzi al giudice straniero.

Tale prevenzione da litispendenza internazionale, determinata da domanda automaticamente improcedibile, appare tollerabile nel sistema comunitario; infatti, l’art. 20, par. 1, del Reg. UE 2019/1111, sancisce l’obbligo della sospensione qualora dinanzi ad autorità giurisdizionali di Stati Membri differenti e tra le stesse parti siano state proposte domande di divorzio, separazione personale dei coniugi o annullamento del matrimonio finché non sia stata accertata la competenza dall’autorità giurisdizionale preventivamente adita. Altro è a dirsi rispetto al giudice estraneo allo spazio giudiziario europeo, al quale una forma di prevenzione da litispendenza internazionale determinata da una domanda automaticamente improcedibile potrebbe suonare in contrasto con le più elementari garanzie di accesso alla giustizia e potrebbe anche condurre al mancato riconoscimento del giudicato italiano nello Stato richiesto.

Per evitare tale situazione non sembra possa rinunciarsi così facilmente alla sospensione: solo la procedibilità della domanda di divorzio dinanzi al giudice italiano dovrebbe produrre l’effetto di prevenzione della domanda di divorzio straniera, con l’implicazione che se quest’ultima è stata proposta prima del passaggio in giudicato della sentenza parziale di separazione, possa trovare applicazione la sospensione di cui all’art. 7, comma 1, della L. n. 218 del 1995.

Il cumulo deve avvenire sin dagli «atti introduttivi». Tuttavia, è ragionevole ritenere l’espressione «atti introduttivi» possa essere intesa come «primi atti difensivi», compresa la comparsa di costituzione. Talché, il coniuge convenuto nel giudizio di separazione ben potrebbe articolare domanda riconvenzionale di divorzio[32]. Il cumulo implica la necessità per le parti di formulare sin da subito tutte le domande relative alla pronuncia di divorzio e in particolare l’eventuale richiesta dell’assegno divorzile, con conseguenti produzioni documentali e allegazioni probatorie, posto che rispetto ai diritti disponibili il nuovo rito unificato conosce preclusioni assertive ed istruttorie non dissimili dal rito ordinario.

Ciò detto, arriviamo al correttivo giurisprudenziale. All’indomani della riforma, ci si è domandati se il cumulo delle domanda di separazione e di divorzio fosse ammissibile anche nel procedimento su domanda congiunta e non solo in quello contenzioso, ai sensi dell’art. 473bis.49 c.p.c. La Corte di cassazione, adìta con rinvio pregiudiziale ex art. 363bis c.p.c.[33], ha avallato la cumulabilità nel medesimo procedimento della domanda di separazione con quella di divorzio consensuale, benché l’art. 473bis.49 ammetta il cumulo con riferimento al solo giudizio contenzioso. La tesi contraria osservava, dal punto di vista sistematico, che il cumulo è incompatibile con la natura di procedimento di volontaria giurisdizione che si attribuisce alla separazione con domanda congiunta, dal momento che la volontaria giurisdizione non ammette pronuncia di sentenza non definitiva sullo status coniugalis. Per converso, la tesi favorevole all’estensione del processo cumulativo anche ai procedimenti introdotti con domanda di separazione consensuale ha obiettato che la compatibilità strutturale del cumulo con un determinato procedimento deve essere vista in concreto e non certo sulla base della qualificazione astratta della natura di tale procedimento; inoltre, anche il procedimento a domanda congiunta è ormai interamente definito con sentenza (art. 473bis. 5, comma 4, c.p.c.), con la conseguente possibilità di applicare l’art. 279 c.p.c., pronunciando sentenza non definitiva o anche definitiva su una delle domande congiunte di separazione e divorzio[34]. Peraltro, il nuovo art. 473bis.49 c.p.c., nella parte in cui favorisce il simultaneus processus, esprime un principio generale favorevole al risparmio di risorse processuali e all’armonia degli accertamenti, anche in assenza di connessione oggettiva, come nelle ipotesi previste dagli artt. 10, comma 2, e 104 c.p.c. In termini più generali, la soluzione adottata dalla Cassazione in sede di nomofilachia preventiva si lascia apprezzare dal momento che il cumulo consente di anticipare gli effetti della domanda di divorzio al momento del deposito di quella di separazione, evitando dunque la sospensione del giudizio italiano di separazione in ragione della pendenza di un giudizio di divorzio all’estero e previene comportamenti opportunistici tesi ad ottenere condizioni più favorevoli rispetto a quelle accordate dall’ordinamento italiano.

Peraltro, l’idea che il cumulo favorisca il simultaneus processus e, conseguentemente, un risparmio di risorse processuali implica anche che possa riconoscersi alle parti che nel corso del procedimento contenzioso si determinino alla conciliazione, spontaneamente o su impulso del giudice, anche ampliando l’ambito dell’accordo oltre i limiti delle originarie domande e quindi anche alle questioni inerenti allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio[35].

In ogni caso, nonostante l’apprezzabile intervento nomofilattico, sarebbe forse stato meglio abrogare il giudizio di separazione e concentrare in un’unica domanda la richiesta di risoluzione della crisi familiare, come in Francia o nei paesi dell’est Europa[36].

*Il presente contributo sviluppa la relazione tenuta al convegno «La riforma della riforma della giustizia civile: le proposte dello schema di d.l. correttivo», organizzato dall’Università degli studi di Urbino Carlo Bo in data 26.09.2024.

[1] Dante, Purgatorio, VI, Vv. 143-144.

[2] Infatti, l’articolo 1, comma 3, della legge di delega del 26 novembre 2021, n. 206, attuata con il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, sancisce che «il Governo, con la procedura indicata al comma 2, entro due anni dalla data di entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega di cui al comma 1 e nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati dalla medesima legge, può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi». Pertanto, la scadenza della delega è da individuarsi nel 10 ottobre 2024.

[3] F. Cecchella, Il processo civile dopo la riforma, a cura di Claudio Cecchella, Bologna 2023, 251 ss.; G. Costantino, Questioni di coordinamento tra il nuovo «procedimento unificato» e altre forme di tutela giurisdizionale delle persone, dei minorenni e delle famiglie, in Riv. dir. proc., 169 ss., spec. 171; R. Donzelli, Manuale del processo familiare e minorile, Torino, 2024, 3 ss.

[4] F. Cecchella, Il processo civile dopo la riforma, cit., 253; F. Cecchella, Il nuovo processo familiare e minorile nella legge delega sulla riforma del processo civile, in www.Questionegiustizia.it.

[5] F. Cecchella, Il processo civile dopo la riforma, cit., 254.

[6] Come auspicato anzitempo da L. Querzola, Il processo minorile in dimensione europea, Bologna 2010, 237 che già discorreva di «rito processuale familiare».

[7] L’art. 473bis c.p.c. sancisce che il nuovo rito unificato si applica «ai procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie attribuiti alla competenza del tribunale ordinario, del giudice tutelare e del tribunale per i minorenni». Pertanto, le regole dettate dagli artt. 473bis e ss. si applicano alle controversie relative allo status di coniuge e, quindi, all’impugnazione del matrimonio per violazione degli artt. 84, 86, 87 e 88 c.c., all’impugnazione del matrimonio o dell’unione civile per la sussistenza di un precedente vincolo, ai sensi dell’art. 124 c.c., all’azione di annullamento del matrimonio per violenza o per errore, ai sensi dell’art. 122 c.c., all’azione di simulazione del matrimonio, ai sensi dell’art. 123 c.c.; alle azioni di nullità dell’unione civile, ai sensi dell’art. 1, commi 4, 5 e 6, l. n. 76/ 2016, all’azione di annullamento di cui al comma 7 ̊ dello stesso articolo. Il nuovo procedimento «unificato» regola anche i «procedimenti di separazione, di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento dell’unione civile e di regolamentazione dell’esercizio della responsabilità genitoriale, nonché di modifica delle relative condizioni», per i quali, tuttavia, sono dettate regole particolari dagli artt. 473-bis.47 ss. c.p.c.; a tutte le controversie relative allo stato di filiazione; in particolare, al reclamo dello stato di figlio, di cui agli artt. 239 e 249 c.c., all’azione di disconoscimento di paternità di cui all’art. 244 c.c., all’azione di contestazione dello stato di figlio di cui all’art. 248 c.c., alla opposizione al rifiuto al riconoscimento, ai sensi dell’art. 250 cod. civ., all’inserimento del figlio nato fuori del matrimonio nella famiglia legittima di uno dei genitori di cui all’art. 252 c.c., all’impugnazione del riconoscimento di cui agli artt. 263 ss. c.c., alla dichiarazione giudiziale di paternità di cui agli artt. 269 ss. c.c. In queste ipotesi, l’applicazione delle nuove regole processuali è determinata dalla circostanza che si tratta di controversie sullo status. Il nuovo procedimento unificato sullo «stato delle persone» dovrebbe applicarsi anche ai procedimenti contenziosi in materia di adozione dei maggiorenni di cui agli artt. 291 ss. c.c., mentre espressamente esclusi dall’ambito di applicazione i procedimenti in materia di adozione dei minorenni. L’art. 473bis c.p.c. sottrae espressamente all’applicazione del nuovo procedimento i «procedimenti volti alla dichiarazione di adottabilità, dei procedimenti di adozione di minori di età» ed i «procedimenti attribuiti alla competenza delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea», i quali rimangono disciplinati da regole ad hoc. Inoltre, è ragionevole supporre che il nuovo procedimento unificato si applichi anche alla liquidazione dell’indennità in favore del coniuge di buona fede, ai sensi dell’art. 129bis c.c., in ragione del nesso di pregiudizialità-dipendenza rispetto alla controversia sullo status. Peraltro, l’art. 473bis c.p.c. è stato interessato dal correttivo alla riforma Cartabia; in particolare, è previsto un allargamento dell’ambito di applicazione del nuovo rito «alle domande di risarcimento del danno conseguente a violazione dei doveri familiari».

[8] F. Cecchella, Il processo civile dopo la riforma, cit., 255; per un’analisi delle disposizioni che riflettono la natura indisponibile delle posizioni giuridiche coinvolte nel processo unitario e le conseguenti deroghe al principio dispositivo, v. R. Donzelli, op. cit., 24.

[9] Benché secondo C.  Mandrioli & A. Carratta, Diritto processuale civile26, III, Torino, 2017, 2, la collocazione della maggior parte dei riti speciali nell’ultimo libro del codice non avrebbe alcuna importanza sistematica. Non può tuttavia negarsi che i procedimenti affastellati nel libro IV presentino le caratteristiche della sommarietà della cognizione ovvero deroghe più o meno vistose al principio del contraddittorio. Proprio per questo la collocazione del nuovo processo di famiglia nel libro II ci pare significativa.

[10] G. Chiovenda, Principii di diritto processuale civile, Napoli, 1965 (ristampa), con prefazione a cura di Vigilio Andrioli, 202.

[11] Sull’opportunità della tutela giurisdizionale differenziata in ragione della particolarità delle situazioni giuridiche tutelate cfr. il classico studio di A. Proto Pisani, Tutela giurisdizionale differenziata e nuovo processo del lavoro, in Foro it., 9, 1973, 205 ss.; nonché Id, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli 2021, 543 ss.; nel contenzioso in materia di minori, persone e famiglie cfr. F. Cecchella, Il processo civile dopo la riforma, cit., 253.

[12] F. Carnelutti, Lineamenti della riforma del processo civile di cognizione, in Studi di diritto processuale, Padova, 1939, 398.

[13] F. Carnelutti, Diritto e processo, Napoli, 1958, 156.

[14] Sul rapporto tra competitività del sistema economico e tempi medi di definizione dei giudizi civili cfr. A. Giussani, Efficienza della giustizia e culture della riforma, 2017, 242 ss. ove si legge che «la soluzione tecnica che meglio coniuga accelerazione ed efficienza consiste, secondo le ricerche comparatistiche, nel principio di proporzionalità, secondo il quale le forme e le tempistiche del processo debbono assai largamente dipendere dalla valutazione discrezionale e revocabile de l giudice intorno al grado di complessità di ogni specifica causa».

[15] Cfr. Trib. Gorizia, 22 febbraio 2024; Trib. Verona, 13 luglio 2023; Trib. Roma, 22 luglio 2023. Nello stesso senso, C. Costabile, È possibile richiedere l’emissione ante causam di provvedimenti indifferibili ex art. 473-bis.15 c.p.c.?, in IUS, 3, 13 luglio 2023.

[16] R. Donzelli, op. cit., 216; M. A. Lupoi, Le misure provvisorie e la loro impugnativa, in La riforma del processo e del giudice delle persone, per i minorenni e per le famiglie. Il d.leg. 10 ottobre 2022 n. 149, a cura di Cecchella, Torino, 2023, 95.

[17] In dottrina, il passaggio della posizione del minore da interessi a diritti soggettivi viene percepito come fondamentale ai fini dell’esclusione della natura giurisdizionalvolontaria dei provvedimenti che lo riguardano: già prima della riforma v. A. Proto Pisani, Battute d’arresto nel dibattito sulla riforma del processo minorile, in Foro it. 2002, I, c. 3305, in cui si afferma «(…) si è alla presenza di una giurisdizione forte per i diritti fondamentali su cui essa incide: da un lato il diritto-dovere dei genitori a mantenere, istruire ed educare i figli (…) dall’altro il diritto dei minori ad essere educati in modo adeguato allo sviluppo della propria personalità»; sul tema, v. anche l’ampio lavoro di R. Donzelli, I provvedimenti nell’interesse dei figli minori ex art. 709 ter c.p.c., Torino 2015, 54.

[18] Cass., 30 aprile 2024, n. 11688, in Foro. it., 5, 2024, 1488, con nota di Cea, Il reclamo dimezzato ed il “gattopardismo” legislativo: l’incerto epilogo della saga dell’art. 473bis. 15 c.p.c.; v. anche l’ordinanza di rimessione resa da Trib. minori Lecce, 12 settembre 2023, con nota di A. Nascosi, Procedimento civile – Sulla reclamabilità dei provvedimenti indifferibili: la parola alla Cassazione, in NGCC, n. 1, 2024, 50 ss., che ha rimesso, ai sensi dell’art. 363-bis c.p.c., la questione alla Suprema Corte; in Foro it., 2023, I, 3275, con nota di Cea, Il problema del reclamo contro i provvedimenti ex art. 473bis. 14 c.p.c. e la sindrome di Nimby. Nel senso dell’ammissibilità del reclamo prima dell’intervento nomofilattico, v. G. Costantino, Questioni di coordinamento tra il nuovo «procedimento unificato» e le altre forme di tutela giurisdizionale delle persone, dei minorenni e delle famiglie, in Riv. dir. proc., 2023, 1, 169. Nella giurisprudenza di merito, C. App. Catanzaro, 11 settembre 2023, in www.osservatoriofamiglia.it.

[19] V., per. es., Trib. Messina, 29 marzo 2013.

[20] Si allude alla nota Corte cost., 23 giugno 1994, n. 253, in Giur. It., 1994, I, 409 ss., con nota adesiva di Consolo, Il reclamo cautelare e la ‘‘parità delle armi’’, poi recepita dal legislatore nel nuovo testo dell’art. 669terdecies c.p.c., la quale ha accolto la tesi già sostenuta dall’A. in Reclamo cautelare, la sua struttura e l’art. 3 Costituzione, in Corriere Giur., 1994, 3, 376 ss.

[21] Per l’inopportunità di tale previsione normativa, v. R. Donzelli, Il rompicapo dei provvedimenti provvisori e urgenti resi nel procedimento per le persone, i minorenni e le famiglie, in Judicium, 2023, 13, secondo cui «il controllo di legittimità di decisioni emesse in un settore governato da valutazioni ampiamente discrezionali, ossia di merito puro, se possiede un suo significato all’esito del giudizio, prima del passaggio in giudicato, anche nella prospettiva dell’enunciazione di princìpi interpretativi in funzione nomofilattica, lo ha molto meno rispetto a decisioni provvisorie, ovvero quando la cognizione è nel suo farsi, cioè non è ancora definitiva».

[22] Cass. 29 gennaio 2016, n. 1743 e Cass. 29 gennaio 2016, n. 1746, cit., in Fam. e dir. 2016, 1135, con nota di E. Ravot, Responsabilità genitoriale e provvedimenti de potestate; Cass. 21 novembre 2016, n. 23633, in Fam. e dir. 2017, 225, con nota di R. Donzelli, Sulla natura decisoria dei provvedimenti in materia di abusi della responsabilità genitoriale: una svolta nella giurisprudenza della Cassazione; in Giur. it. 2017, 1343, con nota di D. Turroni, «And she opened the door and went in»: la Cassazione apre alle misure de potestate; nonché successivamente, Cass., 10 aprile 2019, n. 10777, in Giusto proc. civ. 2020, 917 ss., con nota di C. Cecchella, Il giudice di legittimità apre all’impugnazione dei provvedimenti provvisori nelle controversie di famiglie e minorili; Cass., 24 gennaio 2020, n. 1668; Cass., 19 maggio 2020, n. 9143; Cass., 20 settembre 2021, n. 25340; Cass. civ. 4 gennaio 2022, n. 82; Cass., 9 agosto 2022, n. 24563, in Onelegale. In senso contrario, Cass., sez. un., 13 febbraio 2017, n. 3701, in Fam. e dir. con nota di R. Donzelli, Provvedimenti de potestate e ricorso straordinario: le Sezioni Unite non risolvono tutti i dubbi. In tema v. anche R. Tiscini, I provvedimenti de potestate e la giurisprudenza della Corte di cassazione. Dalla protezione di interessi alla tutela dei diritti, in Judicium, 2019, 461 ss.

[23] Su cui si veda per tutti R. Oriani, “Essere” e “dover essere” nell’impugnazione dei provvedimenti del giudice civile, Napoli, 2023, 62 ss.

[24] Sul tema si rinvia, anche per gli opportuni riferimenti bibliografici, a R. Tiscini, Il ricorso straordinario per cassazione, Torino 2005, 42 ss. e 101 ss., spec. 105, ove molto opportunamente si osserva che definitività e decisorietà sono «scatole vuote, riempibili a seconda delle esigenze contingenti e perciò di fatto incapaci di rendere prevedibile il giudizio di ammissibilità»; a tal proposito, ha parlato di «pericolosissimo empirismo discrezionale nell’ammissibilità o inammissibilità del ricorso», L. Lanfranchi, Il ricorso straordinario inesistente e il processo dovuto ai diritti, in Giur. it., 1993, IV, 521 ss., spec. 541.

[25] Più precisamente, la decisorietà di fatto non descrive una caratteristica intrinseca del provvedimento, ma ne evidenzia l’attitudine a regolare il rapporto tra il minore e i genitori in modo tendenzialmente stabile e duraturo, per ragioni estrinseche (la difficoltà di ottenere una nuova valutazione della situazione concreta; la lunga durata del procedimento necessario a pervenire alla statuizione definitiva di merito; la temporaneità delle situazioni giuridiche correlate alla minore età, fisiologicamente destinate a cessare al compimento dei diciott’anni). Sul tema v. R. Coletta, Sulla definitività “liquida” nel ricorso straordinario avverso i provvedimenti de potestate, in Riv. dir. proc., 1, 2023, 239 ss.

[26] Si allude a Cass., sez. un., 24 luglio 2023, n. 22048, in Riv. dir. proc., 1, 2024, 270 ss., con nota di Limongi, Le Sezioni Unite sulla «decisorietà di fatto» e il ricorso straordinario in Cassazione e Postilla di R. Tiscini.

[27] Così, condivisibilmente, R. Donzelli, Manuale del processo familiare e minorile, cit., 238.

[28] Cfr. R. Donzelli, op. cit., 102.

[29] Nel senso che la disciplina dei termini processuali deve essere informata al principio di ragionevolezza per assicurare il corretto esercizio del diritto alla difesa, v. I. Andolina – G. Vignera, Il modello costituzionale del processo civile italiano, Torino, 1990, 72. Secondo Corte giust., 28 luglio 2011, C-69/10, Samba Diouf, § 66, la previsione di un termine breve non è di per sé contrario al principio di effettività della tutela giurisdizionale effettiva, di cui all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, purché «il termine disponibile sia materialmente sufficiente per la preparazione e la presentazione di un ricorso giurisdizionale efficace»; v. anche Corte giust., 29 ottobre 2015, C-8/14, BBVA SA, c. Pedro Penalva Lopez, § 29.

[30] Cfr. C. Peraro, La litispendenza internazionale in materia matrimoniale, anche alla luce della “riforma Cartabia”, in Fam. dir., 4, 2024, 410 ss., spec. 418.

[31] Cass., 4 febbraio 2021, n. 2654, in DeJure; Cass., 20 luglio 2001, n. 9884, in Fam. dir., 2001, 649; per la giurisprudenza di merito, cfr. Trib. Como, 24 gennaio 2017, ord., in Ilfamiliarista.it con nota di R. Rossi.

[32] Così R. Donzelli, op. cit., 160.

[33] Cass., 16 ottobre 2023, n. 28727, in Fam. dir., 1, 2024, con nota adesiva di Danovi, La Cassazione conferma l’ammissibilità del cumulo di separazione e divorzio su domanda congiunta, 13 ss.; in NGCC, 1, 2024, con nota perplessa di Quadri, Riflessioni sul dibattito relativo alla soluzione offerta dalla Cassazione circa il cumulo di domande congiunte di separazione personale e divorzio, 217 ss., il quale paventa il rischio che l’ammissibilità del cumulo incentivi condotte opportunistiche a danno del coniuge economicamente debole, dal momento che il consenso prestato, salvo sopravvenienze, sarebbe irrevocabile e il coniuge economicamente forte avrebbe tutto l’interesse, in ragione del carattere «irreversibilmente “definitivo” – e, per così dire, quasi tombale – degli assetti economici post-coniugali, nel caso di concordato assolvimento della contribuzione “in un’unica soluzione” in applicazione del principio emergente dall’ottavo comma dell’art. 5 l. div.», a far accettare inique forme di datio in solutum, pur di risolvere la crisi coniugale; con nota critica di Cecchella, Sul cumulo della domanda condivisa di separazione e scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, in Giur. it., 3, 2024, 577 ss., il quale evidenzia il rischio di una sostanziale disapplicazione dell’art. 160 cod. civ., nella parte in cui sanziona con la nullità i patti riguardanti gli effetti personali e patrimoniali del divorzio presi anticipatamente in sede di separazione. Tuttavia, la norma, benché in passato interpretata nel senso per cui sarebbero nulli per illiceità della causa «[G]li accordi dei coniugi diretti a fissare, in sede di separazione, i reciproci rapporti economici in relazione al futuro ed eventuale divorzio» (cfr. Cass., 10 marzo 2006, n. 5302; Cass., 28 giugno 2022, n. 20745, entrambe in Onelegale), si presta anche ad una diversa lettura: infatti, dall’art. 5, comma 8, della l. div., si trae il principio di ordine generale secondo cui l’autonomia privata, in materia familiare, è assoggettata ad un penetrante controllo da parte del giudice; talché, è proprio l’omologa del giudice ad escludere l’applicabilità dell’art. 160 cod. civ. agli accordi presi in sede di separazione consensuale in vista del divorzio, con l’implicazione che la norma troverebbe applicazione rispetto ai soli accordi non omologati oppure rispetto alle procedure non consensuali.

[34] Per una sintesi del dibattito, G. Alemanno, Rinvio pregiudiziale ex art 363-bis c.p.c. sul cumulo consensuale delle domande di separazione e divorzio, in www.judicium.it, 23 settembre 2023, 1 ss.

[35] Cfr. in tal senso Trib. Verona, 3 aprile 2024.

[36] A. Spadafora, La crisi familiare nel limbo della separazione: essere o non essere?, in Dir. Fam. pers., 2, 2021, p. 180, secondo cui «È di ogni evidenza come, nel torno degli ultimi anni, l’istituto della separazione sia andato incontro, anche nell’ambito della nostra realtà ordinamentale, ad un processo di rivisitazione ex lege che ha finito per eroderne, in modo significativo, la rilevanza, anche sotto l’aspetto della funzione ad esso tradizionalmente demandata»; sul tema v. anche F. Cipriani, Abrogazione della separazione coniugale?, in Dir. Fam. Pers., 1997, p. 1103 ss.