Rinvio pregiudiziale ex art 363-bis c.p.c. sul cumulo consensuale delle domande di separazione e divorzio

Di Giorgia Alemanno -

1.Introduzione. – 2. Ammissibilità del cumulo delle domande di separazione personale e divorzio in procedimenti non contenziosi. – 3. Inammissibilità del cumulo delle domande di separazione personale e divorzio in procedimenti non contenziosi. – 4. Conclusioni.

 

 

1.Introduzione

Con l’ordinanza del 31 maggio 2023 la Prima Sezione Civile del Tribunale di Treviso, in composizione collegiale e in applicazione dell’art. 363-bis c.p.c., ha disposto il rinvio pregiudiziale degli atti alla Suprema Corte di Cassazione per la risoluzione della questione di diritto attinente all’ammissibilità della domanda congiunta e cumulata di separazione e divorzio[1], attesa la difficoltà di rinvenire un’interpretazione univoca nella giurisprudenza di merito ma anche in dottrina, relativamente all’ammissibilità della proposizione, in via consensuale, del cumulo delle domande di separazione e divorzio[2].

Il caso in esame prende le mosse dalla domanda congiunta di due coniugi che avevano chiesto al Tribunale di pronunciare la propria separazione personale nonché, una volta decorso il periodo di tempo previsto dall’art. 3 l. n. 898/1970 e previo il passaggio in giudicato della sentenza di separazione, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del suddetto matrimonio alle medesime condizioni richieste per la separazione personale[3].

I Giudici Trevisani, rappresentando alle parti che si trattava di una questione di diritto caratterizzata da gravi difficoltà interpretative e dalla suscettibilità di porsi in numerosi giudizi, peraltro non ancora risolta dalla Corte di Cassazione ma tuttavia indispensabile ai fini della definizione del procedimento, avevano invitato le parti a prendere posizione sull’eventualità di utilizzare il novello strumento introdotto attraverso l’art. 363-bis c.p.c., su cui i coniugi avevano insistito.

Approdata presso la Suprema Corte, la questione è stata esaminata dalla Prima Presidente, la quale, con ordinanza in data 14 giugno 2023, ne ha riconosciuto la piena rilevanza, la grave difficoltà interpretativa e la suscettibilità della questione di porsi in numerosi giudizi[4], assegnandola alla Prima Sezione Civile per un intervento nomofilattico, vincolante per il giudice a quo.

Fulcro della questione che porterà all’enunciazione di tale principio è, in definitiva, l’ammissibilità o meno, all’interno del nostro ordinamento, di un cumulo di domande congiunte di separazione e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio[5].

Ad una prima lettura, il nuovo cumulo ex art. 473-bis.49 c.p.c.[6] sembrerebbe un istituto sintomatico del passare del tempo e del pressoché totale fallimento del progetto del Legislatore del 1942, che, in mano alla separazione, aveva riposto le speranze di un ricongiungimento coniugale che evitasse il proseguimento dell’iter giudiziale verso una sentenza di divorzio.

L’istituto della separazione, infatti, esisteva già prima che la nota legge n. 898/1970 introducesse il divorzio ed era inteso come uno strumento atto ad intervenire in caso di crisi temporanea e presumibilmente passeggera della coppia, volto ad assicurare un’agevole ripresa della vita coniugale al momento della riconciliazione. Il limbo in cui le parti venivano a trovarsi tra la separazione e il divorzio – giustificato proprio dalla tacita fiducia che l’ordinamento riponeva nella capacità delle parti di ponderare adeguatamente la rottura definitiva del rapporto familiare – ha reso, de facto, la strada per la separazione e per il divorzio molto lunga, a tratti farraginosa e ripetitiva, e, soprattutto, molto onerosa.

L’istituto, oggi meramente prodromico al divorzio, ha perduto nella maggior parte dei casi la funzione per cui era stato immaginato ed ha condotto il Legislatore del 2022 ad introdurre la possibilità di cumulare le domande di separazione e divorzio nel medesimo atto[7].

Contemporaneamente all’introduzione del predetto cumulo, non è stato tuttavia eliminato il meccanismo del previo passaggio in giudicato della sentenza (definitiva o parziale) di separazione[8], che dunque rimane una condizione di procedibilità per la domanda di divorzio[9], oltre all’attesa di un dato periodo di tempo, allo stato di un anno[10].

Il Legislatore, tuttavia, ha provveduto a disciplinare l’eventualità in cui il ricorrente, in sede contenziosa, presenti il ricorso per separazione giudiziale, formulando altresì domanda sul divorzio, nulla statuendo, specialmente all’interno dell’art. 473-bis.51 c.p.c, circa il cumulo delle medesime domande in via consensuale. Tale silenzio del Legislatore da taluni è stato interpretato nel senso che “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit” e ciò sia in ragione del mancato richiamo all’art.473-bis.49 c.p.c., sia del tenore della delega legislativa risalente al 2021, che contiene differenti indicazioni per i ricorsi congiunti all’art. 1 comma 17 lett. o)[11] e co. 23 lett. hh)[12] e, per il cumulo delle domande contenziose, al co. 23 lettera bb)[13]; altri, invece, hanno ritenuto la norma sul cumulo di domande contenziose applicabile in via analogica anche ai ricorsi congiunti, in ragione del carattere involontario della lacuna lasciata dal Legislatore.

Le tesi giurisprudenziali e dottrinali, emerse dopo l’entrata in vigore del D.lgs. n. 149/2022 con l’obiettivo di risolvere in via ermeneutica la questione prospettata, possono quindi essere raggruppate in due generali filoni interpretativi: un orientamento che perora l’ammissibilità del cumulo delle domande di separazione personale e divorzio in procedimenti congiunti ed un orientamento che ne sostiene l’inammissibilità. 

 

 

2.Ammissibilità del cumulo delle domande di separazione personale e divorzio in procedimenti non contenziosi.

 

L’orientamento interpretativo favorevole al cumulo, di cui è stato esponenziale portavoce il Tribunale di Milano con la nota sentenza del 5 maggio 2023[14], ha basato la tesi dell’ammissibilità del predetto cumulo su argomenti teleologici, letterali, sistematici e tecnici.

Quanto al primo, nel ricercare lo scopo del Legislatore e i fini della stessa legge, l’orientamento favorevole al cumulo ha rilevato che l’unificazione del rito avvenuta con la Riforma Cartabia non giustificherebbe una disparità di trattamento tra il cumulo di domande contenzione e non contenziose, ma anzi incoraggerebbe soluzioni di economia processuale. Invero, secondo questa tesi, soprattutto in caso di cumulo di domande congiunte, si giungerebbe più agevolmente alla definizione della controversia, soluzione che, al contrario, dovrebbe essere incentivata dall’ordinamento che, proprio per ragioni di celerità e speditezza, ha recentemente unificato il rito della famiglia.

A sostegno di tale orientamento e della centralità del concetto di economia processuale, è risultata utile all’uopo la Relazione illustrativa[15], la quale prevede che “la possibilità, sia per il ricorrente sia per il convenuto, di proporre contemporaneamente domanda di separazione e di divorzio nel medesimo giudizio, garantirà economie processuali, considerata la perfetta sovrapponibilità di molte delle domande consequenziali che vengono proposte nei due giudizi (affidamento dei figli, assegnazione della casa familiare, determinazione del contributo al mantenimento della prole) e, pur nella diversità della domanda, la analogia degli accertamenti istruttori da compiere ad altri fini (si pensi alle domande di contributo economico in favore del coniuge e di assegno divorzile per l’ex coniuge), con considerevole risparmio di tempo e di energie processuali” [16]A nulla rileverebbe il mancato richiamo nel nuovo titolo IV-bis del codice di rito al concetto di cumulo di domande congiunte poiché l’art. 473-bis.49 avrebbe valenza generica e sarebbe pertanto applicabile sia al cumulo contenzioso che al cumulo consensuale[17].

L’argomento letterale, invece, è fondato sull’art. 473-bis.51 cod. proc. civ. il quale stabilisce che la domanda congiunta relativa ai procedimenti di cui all’art. 473-bis.47 si debba proporre con ricorso, lasciando trasparire l’intenzione del Legislatore di ammettere, anche nei procedimenti a istanza congiunta delle parti, il cumulo delle domande di separazione e di divorzio[18], ciò perché, qualora il Legislatore avesse voluto impedire l’ampliamento dell’art. 473-bis.49 c.p.c. al cumulo di domande congiunte, non avrebbe dovuto esprimersi al plurale riferendosi “ai procedimenti”, ma avrebbe “dovuto utilizzare la locuzione «relativo ad uno dei procedimenti di cui all’art. 473 bis.47[19].

Ancora, quanto all’argomento sistematico, il presente orientamento ha ravvisato un favor del Legislatore verso il cumulo delle domande di separazione e di divorzio in procedimenti non contenziosi nei commi due e tre dell’art. 473-bis.49 c.p.c. secondo cui, qualora i due giudizi siano instaurati tra le medesime parti innanzi a giudici differenti o innanzi al medesimo giudice, ne debba essere disposta la riunione, ai sensi, rispettivamente, dell’art. 40 c.p.c. e dell’art. 274 c.p.c.[20].

Infine, stando all’argomento tecnico, il fatto che alcuni Tribunali indichino nei comunicati operativi i medesimi codici SICID[21] anche per le iscrizioni a ruolo delle domande congiunte e cumulate di separazione e divorzio deporrebbe implicitamente in favore della tesi in esame[22].

3. Inammissibilità del cumulo delle domande di separazione personale e divorzio in procedimenti non contenziosi.

 

L’orientamento interpretativo volto a sostenere l’inammissibilità del cumulo – di cui principale espressione sono stati i provvedimenti del Tribunale di Firenze[23], del Tribunale di Padova[24], del Tribunale di Bari[25], nonché del Tribunale di Ferrara[26] – si fonda su argomenti metodologici-letterali, teleologici, sistematici, sostanziali e tecnici.

Quanto al primo, è stato rilevato come il Legislatore abbia tenuto ben distinta, nonostante l’unificazione del rito, la disciplina relativa al cumulo di domande di separazione e scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio dalla disciplina sui procedimenti a domanda congiunta, senza richiamare l’art. 473-bis.49 c.p.c. all’interno dell’articolo 473-bis.51 c.p.c., giustificando tale omissione come la chiara volontà del Legislatore di escludere la possibilità di ampliare il cumulo ai procedimenti congiunti. Ciò, a maggior ragione, se si analizza la Legge delega, la quale non suggerisce un approccio favorevole al predetto cumulo, ma al contrario, contiene indicazioni nettamente distinte per i ricorsi congiunti, quasi rimarcando la differenza di disciplina tra i procedimenti contenziosi e non contenziosi.

Da un punto di vista teleologico, poi, si è notato che il risparmio di energie processuali che si ottiene nel giudizio contenzioso attraverso il cumulo non sarebbe di fatto comparabile con quello che si potrebbe astrattamente conseguire nel procedimento ex art. 473-bis.51 cod. proc. civ. poiché sensibilmente diversa sarebbe non solo la natura dei due giudizi, ma anche l’attività processuale che negli stessi, di norma, viene compiuta[27].  L’art. 473-bis.49 c.p.c. permette di contenere significativamente il tempo necessario per giungere ad una statuizione sulle domande di separazione e divorzio e, laddove si consentisse il cumulo delle domande nel procedimento congiunto, si otterrebbe in realtà l’effetto contrario, provocando un aumento della durata del procedimento, ora invece definibile nel giro di pochi giorni dal deposito, che resterebbe pendente per tutto il tempo necessario al maturare dei presupposti per il divorzio[28].

In un’ottica sistematica, invece, alcuni hanno rilevato che l’idea del cumulo sarebbe di per sé incompatibile con la natura giurisdizional-volontaria del procedimento a base negoziale, poiché “il processo volontario non può contenere una sentenza non definitiva, seguita da un rinvio per verificare la sussistenza delle condizioni di procedibilità e quindi da una sentenza definitiva sullo scioglimento[29].

Ancora, l’art. 473-bis.19 c.p.c. disciplina la modificabilità delle domande a fronte del verificarsi di mutamenti nelle circostanze o di acquisizioni istruttorie nuove e la sua applicabilità alle domande congiunte apparrebbe dubbia, non essendo, peraltro, richiamato dall’art. 473-bis.51[30].

Oltre al dibattito creatosi sull’interpretazione delle scelte letterali e sistematiche del Legislatore, il punto che più ha acceso la discussione in dottrina e in giurisprudenza, in realtà, ha carattere sostanziale ed è rappresentato dal vigente divieto di patti prematrimoniali ex art. 160 c.c., i quali, secondo granitica giurisprudenza, devono essere considerati nulli per illiceità della causa, poiché producono come effetto la coartazione della volontà delle parti in ordine alle decisioni che riguardano lo status familiare e rischiano di trasformare l’accordo tra le parti in una forma di sua commercializzazione[31].

Tale divieto, enunciato in maniera costante dalla Suprema Corte[32], si contrapporrebbe all’opposto orientamento che, invece, auspica per le parti la possibilità di disciplinare congiuntamente e cumulativamente i diritti legati agli status della separazione e del divorzio così come già avviene – senza particolari ostacoli – nei procedimenti contenziosi. La tesi restrittiva, infatti, ha rilevato come il cumulo delle domande congiunte sarebbe assimilabile ad un patto prematrimoniale, e pertanto nullo per illiceità della causa, poiché, al momento del deposito del ricorso, le parti sarebbero ancora sposate e la condizione di procedibilità prevista dall’art 3 l. divorzio, non si sarebbe ancora avverata. Tale contraddizione, secondo il presente orientamento, sarebbe ancor più evidente se si confrontasse l’istituto in esame con la separazione consensuale e il divorzio congiunto.

In caso di divorzio congiunto, al momento del deposito del ricorso, il tempo richiesto dall’art 3 l. 898/1970 dovrebbe essere trascorso, così da legittimare le parti a divorziare e a disciplinare i consequenziali aspetti patrimoniali e personali. Differentemente, qualora si presentasse ricorso congiunto per cumulare separazione e divorzio, al momento del deposito dell’istanza il predetto periodo di tempo non sarebbe ancora trascorso e, pertanto, le parti si ritroverebbero a disporre di diritti derivanti dal matrimonio pur essendo ancora sposate.

Se alcuni hanno fatto notare che tale problema esiste anche nel caso del cumulo contenzioso, è stato osservato che in quest’ultimo caso vi sarebbe una totale rimessione al Tribunale quanto alla trattazione dei due procedimenti, di cui le parti chiederebbero soltanto la trattazione congiunta, null’altro pretendendo da un punto di vista sostanziale. Qui, secondo la presente tesi, si scorgerebbe la differenza con il cumulo consensuale: le parti, in tale ipotesi, aggiungerebbero alla mera richiesta procedurale/formale di trattazione congiunta delle cause anche pretese sostanziali su cui sono d’accordo, pretendendo un’omologa da parte del giudice, di natura meramente ricognitiva.

Nonostante, allora, la natura degli accordi e le diverse funzioni svolte dal giudice nell’uno e nell’altro caso, l’orientamento permissivo ha continuato a sostenere l’ammissibilità di un ricorso congiunto contenente la domanda sulla separazione e sul divorzio,  poiché le parti, secondo tale ricostruzione, non disporrebbero contemporaneamente degli status ma chiederebbero al giudice, come nel caso di procedimento contenzioso, di pronunciarsi su entrambe le domande pur avendo già trovato un accordo, lasciando, comunque a quest’ultimo la verifica del rispetto dei tempi, dei presupposti e dei modi previsti dalla legge[33].

Infine, quanto all’argomento tecnico, si è osservato come la previsione dei codici SICID sia legata a questioni di carattere meramente organizzativo, volte ad indicare al personale amministrativo come classificare il fascicolo e non può essere considerata sintomatica della volontà del legislatore di ammettere o meno il cumulo delle domande di separazione e di divorzio anche nei procedimenti congiunti[34].

 

4. Conclusioni

 

Se, quindi, da un lato è innegabile che il dato letterale non ammetta espressamente il cumulo consensuale, dall’altro taluni riescono facilmente a superare gli ostacoli esaminati e ad immaginare l’applicabilità in via analogica dell’art. 473-bis.49 al procedimento instaurato congiuntamente dalle parti. La partita, secondo il più permissivo orientamento, si giocherebbe sulla natura volontaria o involontaria della lacuna lasciata dal Legislatore. La risposta a tale quesito, è stato detto da alcuni, può essere fornita soltanto osservando la ratio dietro al nuovo istituto, aiutandosi con la lettera della Relazione illustrativa alla Riforma: tali strumenti però, come visto in precedenza, forniscono di fatto due soluzioni contrastanti.

La Relazione Illustrativa sembrerebbe ammettere esclusivamente (e scientemente) il cumulo contenzioso e ciò in apparente contrapposizione agli ideali che hanno, invece, ispirato la Riforma, incentrata sulla deflazione e sull’accelerazione dei tempi della giustizia, sulla tutela dei diritti delle parti in chiave di efficienza e di effettività e sul principio di economia processuale.

Proprio alla luce di tali obiettivi, la tesi permissiva ha sostenuto l’applicabilità dell’art. 473-bis.49 c.p.c. al procedimento su domanda congiunta, anche perché vi ha intravisto la possibilità di unificare le istruttorie dei due procedimenti, in un’ottica deflattiva. Deve rilevarsi, tuttavia, la netta diversità tra l’istruttoria relativa al procedimento di separazione e quella relativa al divorzio, quantomeno in relazione agli aspetti patrimoniali, essendo la prima incentrata sull’assegno di mantenimento e sulla valutazione del pregresso tenore di vita, e la seconda fondata sulla valutazione della componente assistenziale, perequativa e compensativa dell’assegno divorzile.

L’unione delle istruttorie dei due procedimenti rappresenterebbe una scelta logica se l’oggetto delle stesse fosse il medesimo, poiché il Giudice avrebbe la possibilità di percorrere tale fase del procedimento una sola volta e di utilizzare le risultanze ivi ottenute sia nella separazione che nel divorzio. Tuttavia, alla luce della sostanziale mancanza di punti in comune tra le predette istruttorie, l’accorpamento finirebbe per ostruire entrambi i procedimenti, poiché da un lato sovraccaricherebbe il Giudice, a cui sarebbe affidato un passaggio in più, e, dall’altro, costringerebbe le parti ad una maggiore attesa per il provvedimento definitivo, non portando quindi alcun giovamento né in termini di disposition time[35], né di durata effettiva dei procedimenti[36].

Anche in questa prospettiva, allora, la questione sembrerebbe rimanere aperta. In attesa della indispensabile pronuncia della Suprema Corte, si rileva come il principio di diritto che sarà enunciato segnerà la definitiva svolta davanti al bivio ermeneutico su cui dottrina e giurisprudenza si sono interrogate in questi mesi. Su un punto, però, non sembra esserci dibattito. Il nuovo ruolo della separazione, ormai raramente utilizzata per le funzioni immaginate in origine, e l’esperienza straniera, che negli ultimi anni si è allontanata sempre di più dal concetto di separazione per affidare la soluzione della crisi coniugale principalmente al divorzio, inducono a ritenere che la figura del cumulo in esame sia stata introdotta dal Legislatore del 2022 proprio per fronteggiare tale crisi dell’istituto e per riattribuire allo stesso un significato ormai perduto nel corso degli anni.

Tale tentativo, tuttavia, non è stato in grado di rivoluzionare l’istituto della separazione, né di trasformarne l’utilizzo o il ruolo all’interno dell’ordinamento italiano, deludendo quanti avevano contato sulla Riforma per affrontare, una volta per tutte, il tema della definitiva abrogazione della separazione personale[37], che avrebbe esentato la Corte di Cassazione dall’atteso intervento nomofilattico.

[1] Ordinanza di rinvio pregiudiziale del 31/05/2023 con R.G. 2915/2023 – Ufficio di Merito: Tribunale di Treviso, pag. 22;

[2] Ordinanza di rinvio pregiudiziale del 31/05/2023 con R.G. 2915/2023 – Ufficio di Merito: Tribunale di Treviso, pag. 5;

[3] Ordinanza di rinvio pregiudiziale del 31/05/2023 con R.G. 2915/2023 – Ufficio di Merito: Tribunale di Treviso, pag. 3;

[4] Provvedimento del Primo Presidente del 14 giugno 2023 su ordinanza di rinvio pregiudiziale del 31 maggio 2023 con R.G. 2915/2023;

[5] Con l’art. 1, comma 23, lett. bb), l. n. 206/2021, il Legislatore delegato veniva sollecitato a “prevedere che nel processo di separazione tanto il ricorrente quanto il convenuto abbiano facoltà di proporre domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, disponendo che quest’ultima sia procedibile solo all’esito del passaggio in giudicato della sentenza parziale che abbia pronunciato la separazione e fermo il rispetto del termine previsto dall’articolo 3 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e che sia ammissibile la riunione dei procedimenti aventi ad oggetto queste domande qualora pendenti tra le stesse parti dinanzi al medesimo tribunale, assicurando in entrambi i casi l’autonomia dei diversi capi della sentenza, con specificazione della decorrenza dei relativi effetti”;

[6] La Riforma Cartabia ha introdotto l’art. 473-bis.49 cod. proc. civ., il quale, negli atti introduttivi del procedimento di separazione personale, prevede che le parti possano proporre anche domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e le domande a questa connesse;

[7] A. Spadafora, La crisi familiare nel limbo della separazione: essere o non essere?, in Diritto di Famiglia e delle Persone (Il), fasc.1, 1 marzo 2021, pag. 180: “È di ogni evidenza come, nel torno degli ultimi anni, l’istituto della separazione sia andato incontro, anche nell’ambito della nostra realtà ordinamentale, ad un processo di rivisitazione ex lege che ha finito per eroderne, in modo significativo, la rilevanza, anche sotto l’aspetto della funzione ad esso tradizionalmente demandata”;

[8]  Cassazione civile, sez. VI, 23.11.2021, (ud. 21/09/2021, dep. 23/11/2021), n. 36176: “devono essere respinti i ricorsi proposti prima del passaggio in giudicato della sentenza che ha pronunziato la separazione giudiziale, e prima che sia integralmente decorso il periodo di separazione previsto per legge (cass. 1260/1999)”;

[9] Salvi i casi di divorzio diretto, così M. A. Lupoi in La riforma Cartabia del processo civile, commento al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, R. Tiscini (a cura di) con il coordinamento di M. Farina, Pisa, Gennaio 2023, pag. 884;

[10] In caso contrario, la domanda di divorzio sarebbe improcedibile.

[11] L. 2016/2021 art. 1 co. 17 lett. o): “prevedere che nei procedimenti di separazione consensuale, di istanza congiunta di scioglimento o cessazione degli  effetti  civili  del  matrimonio le  parti  possono formulare rinuncia alla partecipazione all’udienza, confermando nelle conclusioni del ricorso la volontà di non volersi riconciliare  con  l’altra  parte  purché offrano una descrizione riassuntiva delle disponibilità reddituali e patrimoniali  relative  al triennio  antecedente  e  depositino   la relativa documentazione”;

[12] L. 2016/2021 art. 1 co. 23 lett. hh): “introdurre un  unico  rito  per  i  procedimenti  su  domanda congiunta di separazione personale dei coniugi, di divorzio e di affidamento dei figli nati fuori del matrimonio, modellato sul procedimento previsto  dall’articolo  711 del codice di procedura civile,  disponendo  che  nel  ricorso   debba  essere  contenuta l’indicazione delle condizioni reddituali, patrimoniali e degli oneri a carico delle parti, prevedendo la possibilità che l’udienza per il tentativo di conciliazione delle parti si  svolga  con modalità di scambio di note scritte e che le parti possano a tal fine rilasciare dichiarazione contenente la volontà di non volersi riconciliare; introdurre un unico rito per i procedimenti  relativi  alla  modifica delle condizioni di separazione ai sensi dell’articolo 711 del codice di procedura civile, alla revisione delle condizioni di  divorzio ai sensi dell’articolo 9 della legge 1° dicembre 1970, n.  898, e alla modifica delle condizioni relative ai figli di genitori non coniugati, strutturato mediante presentazione di istanza congiunta e successiva decisione da parte del tribunale, prevedendo la fissazione dell’udienza di comparizione personale delle parti nei soli  casi  di richiesta congiunta delle  parti  ovvero  nelle  ipotesi  in  cui  il tribunale ravvisi la necessità di approfondimenti  in  merito  alle condizioni proposte dalle parti”;

[13] L. 2016/2021 art. 1 co. 23 lett. bb): “prevedere che nel processo di separazione tanto il ricorrente quanto il convenuto  abbiano  facoltà di  proporre  domanda  di scioglimento  o  cessazione  degli  effetti  civili  del  matrimonio, disponendo che  quest’ultima  sia  procedibile  solo  all’esito  del passaggio in giudicato della sentenza parziale che abbia  pronunciato la separazione e fermo il rispetto del termine previsto dall’articolo 3 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e che sia ammissibile la riunione dei procedimenti aventi ad oggetto  queste  domande  qualora pendenti  tra  le  stesse  parti  dinanzi  al  medesimo  tribunale, assicurando in entrambi i casi l’autonomia  dei  diversi  capi  della sentenza, con specificazione della decorrenza dei relativi effetti”;

[14] Tribunale di Milano, sentenza del 5 maggio 2023 n. 3542: “Giacché, con il ricorso introduttivo, secondo quanto prevede l’art. 473-bis.49 c.p.c., le parti hanno chiesto anche la cessazione degli effetti civili del matrimonio e l1anno formulato le condizioni connesse a tale pronuncia, non essendo tale domanda ancora procedibile prima che sia decorso il termine indicato all’art. 3, n. 2, lett. b), della legge n. 898/70 e successive modificazioni, la causa deve essere rimessa sul molo del Giudice Relatore affinché questi-trascorsi sei mesi dalla data della comparizione dei coniugi e, quindi, ai sensi dell’art. 127 ter, 5° comma, c.p.c., dalla data di scadenza del termine assegnato per il deposito dì note scritte – provveda ad acquisire, sempre con la modalità dello scambio di note scritte, la dichiarazione delle parti di non volersi riconciliare secondo quanto prevede l’art. 2 della legge n. 898/70. Con le medesime note scritte, le parti dovranno anche confermare le condizioni già formulate con riferimento alla cessazione degli effetti civili del matrimonio. A tale proposito il Collegio sin da ora ritiene opportuno precisare che la modifica unilaterale di tali condizioni sarà ritenuta ammissibile solo in presenza della allegazione di fatti nuovi ai sensi dell’art. 473-bis.19, 2°comma, c.p.c. In tale ipotesi, se le parti non raggiungessero un nuovo accordo che consenta loro di depositare nuove condizioni congiunte, il Tribunale rigetterà la domanda congiunta di cessazione degli effetti civili del matrimonio difettando il requisito della indicazione congiunta delle condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici di cui all’art. 473-bis.51, 2° comma, c.p.c.”; così anche Tribunale di Lamezia Terme, ord. 13 maggio 2023; Tribunale di Genova, verbale della riunione ex art. 47-quater ord. giud. dell’8 marzo 2023; Tribunale di Vercelli, protocollo n. 73/2023 del 15 marzo 2023;

[15]  La relazione illustrativa fornisce l’esplicitazione delle motivazioni del provvedimento, delle sue finalità, dei suoi raccordi con la normativa previgente e, dei contenuti normativi delle disposizioni proposte, definizione in Le relazioni a corredo degli atti normativi e la bollinatura RGS, www.rgs.mef.gov.it;

[16] Schema di decreto legislativo recante attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206 recante delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata, Relazione illustrativa, pagg. 85 ss.;

[17] Redazione Scientifica Ius Giuffrè, sezione famiglia, La Cassazione sul cumulo della domanda di separazione divorzio in sede consensuale, 16 giugno 2023: “Qual è la ratio della nuova norma? La ratio consiste nella tutela dei diritti delle parti in chiave di efficienza e di effettività, “come, espressamente precisato nella relazione introduttiva mediante il richiamo alle esigenze di economia processuale che sono sottese all’introduzione della facoltà di proposizione cumulativa delle domande di separazione e divorzio”. V. M. Paladini, il Simultaneus processus di separazione divorzio, in C. Cecchella (a cura di) , La riforma del processo e del giudice per le persone, per i minorenni e per le famiglie. Il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, 2023, Torino, pagg. 41 ss; M. A. Lupoi, I procedimenti speciali, in il processo civile dopo la riforma Cartabia, a cura di F. De Santis e A. Didone, padova, 2023, capitolo 7; F. Danovi, Per l’ammissibilità della domanda congiunta (cumulata) di separazione divorzio (prime riflessioni nell’era della Riforma Cartabia), in www.altalex.com, famiglia e diritto, n. 5/2023, pp. 487 ss; F. Tommaseo, Separazione divorzio: domande cumulate anche nel ricorso congiunto?, In www.altalex.com; G. Piersanti, ammissibilità del cumulo delle domande di separazione consensuale divorzio congiunto, in giustiziacivile.com, 3 agosto 2023; R. Donzelli, il problema del cumulo delle domande di separazione e divorzio nel procedimento su ricorso congiunto, in Judicium, 29 maggio 2023;

[18] F. Danovi, op. cit., pagg. 489 ss;

[19] S. Occhipinti, Si può presentare domanda di separazione divorzio consensuali in un unico atto? Le prime interpretazioni giurisprudenziali sulla possibilità di cumulo delle domande in caso di ricorso congiunto, in www.altalex.com: “il richiamo plurale ai “procedimenti”, lascerebbe intendere l’intenzione del legislatore di ammettere anche nel procedimento consensuale e non solo in quello contenzioso, il cumulo delle domande di separazione e divorzio, qualora infatti il legislatore avesse inteso escludere questa possibilità avrebbe dovuto utilizzare la locuzione “relativo ad uno dei procedimenti di cui all’art. 473bis.47”; sul punto anche R. Donzelli op. cit.  ;

[20]  Relazione Illustrativa,  pag. 86: “Se il giudizio di separazione e quello di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio sono proposti tra le stesse parti davanti a giudici diversi, si applica l’articolo 40. In presenza di figli minori, la rimessione avviene in favore del giudice individuato ai sensi dell’articolo 12, primo comma (competenza per territorio)”, così anche F. Danovi, op. cit., p. 492;  R. Lombardi, La riforma dei procedimenti di separazione e di divorzio nella legge delega n. 206/2021, in ildirittoprocessualecivile.it, pag. 288 ss.: “L’obiettivo è quello di consentire che venga “trasfusa” l’intera istruttoria già realizzata nel procedimento separativo all’interno del procedimento divorzile, con evidente rispetto del principio di economia processuale”;

[21] Sistema Informatico Contenzioso Civile Distrettuale;

[22]  Ordinanza di rinvio pregiudiziale del 31/05/2023 con R.G. 2915/2023 – Ufficio di Merito: Tribunale di Treviso, pag. 12;

[23] Tribunale di Firenze n. 4458 del 15 maggio 2023: “Ritiene il Tribunale che non vi siano argomenti che autorizzino l’interprete a ritenere che il legislatore abbia voluto superare il principio di indisponibilità succitato e di conseguenza estendere la regola (o comunque la possibilità) del cumulo anche ai congiunti.” … “Invero nella legge delega – che risulta attenta, come sopra rilevato, alle interpretazioni ed evoluzioni giurisprudenziali, come emerge chiaramente anche dalla relazione illustrativa – non c’è alcun appiglio per ritenere che il legislatore abbia inteso attuare una riforma radicale, non già di diritto processuale, ma di diritto sostanziale con riferimento all’art. 160 c.c. superando il consolidato orientamento giurisprudenziale di tale norma.” .. “ben diverso è il caso dei procedimenti contenziosi, in cui il cumulo della domanda di separazione e divorzio e delle domande connesse non si pone in alcun modo in contrasto con il predetto principio, ed è invece funzionale unicamente ad evitare gli inconvenienti derivanti dalla divaricazione e duplicazione dei giudizi, che ha fino ad ora creato, tra l’altro, prassi assai difformi sul territorio nazionale”;

[24] Nota del Presidente ai Magistrati del settore civile, ai Direttori Amministrativi, alle Cancellerie del settore civile e al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Padova, in data 7 aprile 2023: “non si reputa ammissibile, in caso di domanda congiunta, il cumulo di domande di separazione e divorzio e quindi l’estensione della disciplina dettata dall’art 473-bis.49 c.p.c. ai procedimenti disciplinati dall’art. 473-bis.51 c.p.c.. Tale conclusione si ritiene sia desumibile sia dalla formulazione letterale dell’art. 473-bis.49 c.p., sia dal principio consolidato in giurisprudenza inerente la pacifica nullità degli accordi divorzili stipulati dai coniugi in sede di separazione personale, invalidità quindi del negozio da tener ben distinta dall’improcedibilità della domanda di divorzio fino al passaggio in giudicato della sentenza di separazione”;

[25] Nota del Presidente della I Sezione Civile in data 6 aprile 2023 “ad avviso del sottoscritto, confortato dal parere unanime di tutti i colleghi della sezione, espresso nel corso dell’ultima riunione ex art. 47 Ord. Giud., il cumulo è inammissibile perché l’art. 473-bis.51 c.p.c. non prevede una siffatta possibilità, dato che la norma richiama l’art. 473-bis.47 c.p.c. e non l’art. 473-bis.49 c.p.c., che disciplina il cumulo di domande contenziose”;

[26] Tribunale di Ferrara, sentenza del 31 maggio 2023, n. 406: “Il fatto che il legislatore delegante abbia utilizzato i termini “ricorrente” e “convenuto” ed abbia posto il criterio di prevedere l’autonomia dei diversi capi della sentenza e di specificare la decorrenza dei relativi effetti (fra cui, maxime, quelli relativi all’assegno di separazione e a quello di divorzio), chiaro indice della volontà di circoscrivere l’istituto del cumolo fra i due giudizi solo a quelli di natura contenziosa. Il legislatore delegato, nel momento in cui ha previsto che la domanda di divorzio possa essere proposta “negli atti introduttivi del procedimento di separazione personale”, intendendosi per tali il ricorso introduttivo e la comparsa di risposta di cui agli artt. 473- bis.12 e 473-bis.16, ha “ribadito” la scelta per il solo rito contenzioso. Ciò trova ulteriore conferma nel fatto l’art. 473-bis.51, pur mutuando dalla disciplina contenziosa quanto al contenuto del ricorso congiunto e alla documentazione che deve esservi allegata, non contiene alcun richiamo all’art. 473.bis 49. Nessun elemento in favore del cumulo delle domande congiunte di separazione e divorzio può essere, del resto, ricavato dalla relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo ove, nella parte dedicata al commento dell’art. 473-bis. 49, si è precisato che la domanda di divorzio potrà essere decisa dopo il passaggio in giudicato della sentenza di separazione e il decorso di un anno (e non anche di sei mesi che è la tempistica del procedimento consensuale) dalla comparizione delle parti di fronte al giudice della separazione.” … “il diritto al mantenimento del coniuge debole viene quindi ritenuto “relativamente” indisponibile nel senso che di esso può disporsi solo nel momento in cui può essere fatto valere, ma non in via preventiva; con la conseguenza che ciascun coniuge può legittimamente rinunciare all’assegno di divorzio al momento della introduzione del relativo giudizio mentre una rinuncia preventiva è ritenuta in contrasto con il divieto di patti prematrimoniali. Orbene, nei procedimenti contenziosi con cumulo della domanda di separazione e di quella di divorzio le parti si limitano a chiedere al giudice di decidere su entrambe previo passaggio in giudicato della prima ed il decorso del termine minimo di legge. Per contro nei procedimenti congiunti le parti dispongono (rectius: disporrebbero) già all’atto del deposito del ricorso, di entrambi gli status e dei connessi diritti con la conseguente loro rinuncia preventiva. Per superare tale obiezione si è sostenuto da alcuni che, dopo la pronuncia di separazione, ciascuna parte potrebbe “cambiare idea” e ritrattare il consenso”;

[27] Ordinanza di rinvio pregiudiziale del 31/05/2023 con R.G. 2915/2023 – Ufficio di Merito: Tribunale di Treviso, pag. 15;

[28] Ordinanza di rinvio pregiudiziale del 31/05/2023 con R.G. 2915/2023 – Ufficio di Merito: Tribunale di Treviso, pag. 16;

[29] C. Cecchella, La babele delle lingue sulla domanda condivisa di separazione e scioglimento del matrimonio formulate in un unico procedimento, in www.altalex.com; sul punto v. R. Donzelli, Il problema del cumulo delle domande di separazione e divorzio nel procedimento su ricorso congiunto, in Judicium, maggio 2023; v. anche A. Neri, Sub art. 473-bis.51, in Provvedimenti relativi alle persone, ai minorenni e alle famiglie, a cura di R. Donzelli e coordinato da G. Savi, Milano, 2023, cap. 4, pp. 387 ss.;

[30] Ordinanza di rinvio pregiudiziale del 31/05/2023 con R.G. 2915/2023 – Ufficio di Merito: Tribunale di Treviso, pag. 18: ““Ammettere l’applicabilità dell’art. 473-bis.19 cod. proc. civ. nei procedimenti consensuali significherebbe consentire una revoca unilaterale del consenso ad nutum, possibilità esclusa dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. Civ., Sez. VI, Ordinanza del 7 luglio 2021, n. 19348, che ha ritenuto inammissibile la revoca del consenso da parte di uno soltanto dei coniugi, posto che la domanda di separazione – o divorzio – proviene in modo comune e simmetrico da entrambi)”;

[31] G. Gabrielli, Indisponibilità preventiva degli effetti patrimoniali del divorzio: in difesa dell’orientamento adottato dalla giurisprudenza, Riv. dir. civ., I, 1996; R. Sacco, Il contratto, Torino, 1975. Il rischio si sostanzierebbe nella mercificazione dello status di coniuge, che è, invece, indisponibile. La scelta di sciogliere o meno il matrimonio diventerebbe una valutazione rispetto al contratto prematrimoniale. V. anche Cass., 11 giugno 1981, n. 3777; Cass., 5 dicembre 1981, n. 6461; Cass., 11 dicembre 1990, n. 11788; Cass., 2 luglio 1990, n. 6773; Cass., 1 marzo 1991, n. 2180; Cass., 6 dicembre 1991, n. 13128; Cass., 4 giugno 1992, n. 6857; Cass., 11 agosto 1992, n. 9494; Cass., 28 ottobre 1994, n. 8912; Cass., 7 settembre 1995, n. 9416; Cass., 20 dicembre 1995, n. 13017; Cass., 20 febbraio 1996, n. 1315; Cass., 11 giugno 1997, n. 5244; Cass., 20 marzo 1998, n. 2955; Cass., 18 febbraio 2000, n. 1810; Cass., 9 maggio 2000, n. 5866; Cass., 12 febbraio 2003, n. 2076; Cass., 9 ottobre 2003, n. 15064; Cass., 25 gennaio 2012, n. 1084; In favore dei contratti prematrimoniali  v. Tribunale di Torino ord. 20 aprile 2012 sez. VII, Pres. Est. Tamagnone: “Ed invero detta norma, secondo cui “gli sposi non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio” da un lato appare più afferente alla fase per così dire “fisiologica” del rapporto coniugale, dall’altro prova troppo, giacché come è noto a seguito della separazione, nella fase c.d. “patologica” del rapporto coniugale, cessano la maggior parte dei diritti-doveri discendenti dal matrimonio (come il dovere di fedeltà, di coabitazione..) onde non si ravvisano ragioni per ritenere che, al contrario, il diritto-dovere di contribuzione al mantenimento debba invece, necessariamente , permanere intatto e nulla, in relazione ad esso, possa essere convenuto tra le parti”;

[32] Cass. civ., ord. 28 giugno 2022, n. 20745:  “Gli accordi con i quali i coniugi fissano, in sede di separazione, il regime giuridico-patrimoniale in vista di un futuro ed eventuale divorzio sono invalidi per illiceità della causa, perché stipulati in violazione del principio fondamentale di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale di cui all’art. 160 c.c. Ne consegue che di tali accordi non può tenersi conto ai fini della determinazione dell’assegno divorzile, non solo quando limitino o addirittura escludano il diritto del coniuge economicamente più debole al conseguimento di quanto necessario a soddisfare le esigenze della vita, ma anche quando soddisfino pienamente tali esigenze, in quanto una preventiva pattuizione potrebbe influenzare il consenso al successivo divorzio”; così anche Cass. civ. 26 aprile 2021 n. 11012 e Cass. civ. 30 gennaio 2017 n. 2224;

[33] Nel cumulo contenzioso non c’è nessuno nessun accordo tra le parti, le quali si rimettono totalmente al giudice per la risoluzione della controversia. Nel cumulo congiunto, come nella separazione consensuale e nel divorzio congiunto, il giudice svolgerebbe una funzione meramente ricognitiva dell’accordo raggiunto dalle parti, che lo renderebbe, secondo la tesi in esame, assimilabile per forma e sostanza ad un patto prematrimoniale, nullo per illiceità della causa. La differenza tra i due cumuli, quindi, sarebbe netta; F. Danovi, op. cit.;

[34] Ordinanza di rinvio pregiudiziale del 31/05/2023 con R.G. 2915/2023 – Ufficio di Merito: Tribunale di Treviso, pag. 20;

[35]Misura il tempo medio prevedibile di definizione dei procedimenti confrontando lo stock di pendenze alla fine dell’anno con il flusso dei procedimenti definiti nell’anno”, definizione fornita dalla Direzione generale di statistica e analisi organizzativa del Ministero della Giustizia;

[36]Misura il tempo medio che è stato necessario per la definizione dei procedimenti conclusi nell’anno di riferimento. La durata è calcolata come differenza tra la data di iscrizione e la data in cui viene pubblicata la sentenza o il provvedimento di definizione”, definizione fornita dalla Direzione generale di statistica e analisi organizzativa del Ministero della Giustizia;

[37] F. Cipriani, Abrogazione della separazione coniugale?,  in Dir. Fam. Pers., 1997, p. 1103; più recentemente, A. Morace Pinelli, É tempo di abrogare la separazione giudiziale, in La nuova giurisprudenza civile commentata, 2020, vol. 36, fasc. 4, pagg. 891 ss.;