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Sospensione atipica del processo esecutivo pendente e sovraindebitamento del consumatore
Di Carmela Perago e Stefano Bardaro -
L’ammissibilità di una tutela inibitoria atipica sulle procedure esecutive individuali, spendibile anche prima della presentazione del piano da parte dell’OCC., trae fondamento nel principio di effettività della tutela giurisdizionale (artt. 24, 111 Cost. e 6, 13 Cedu e 47 CDFUE).
L’esercizio di tale potere va orientato ai lumi dei principi di ragionevolezza e proporzionalità che, già insiti nel nostro sistema giuridico, specie, a livello costituzionale, hanno conosciuto straordinaria vitalità negli ordinamenti sovranazionali di cui alla CEDU, nonché unionale, assurgendo al rango di principi generali.
In applicazione dei suddetti principi di ragionevolezza e proporzionalità, si deve ritenere che al Giudice delegato debbano essere forniti elementi chiarificatori in relazione alla depositanda proposta di piano, idonei a consentire una valutazione prognostica di conformità della stessa alle prescrizioni di ammissibilità.
Sommario: 1. Il caso; 2. Il perimetro applicativo dell’art. 70 del d.lgs. 12 gennaio 2019 n. 14; 3. Considerazioni a margine sul momento a partire dal quale il giudice del sovraindebitamento può sospendere il processo esecutivo; 4. La configurazione di un potere di sospensione “atipico” nella fase antecedente la prospettazione del piano della procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore da parte dell’O.C.C.; 5. La proceduralizzazione del potere di inibitoria atipico; 6. Considerazioni conclusive.
1.Il decreto in commento offre l’occasione per ripercorre le interferenze tra i procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e le procedure esecutive individuali[1], muovendo dal quesito se il giudice delegato possa esercitare i «poteri sospensivi»[2] di cui all’art. 70 del nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza (d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14)[3] anche prima della presentazione del piano del consumatore da parte dell’O.C.C.
Dalla lettura del provvedimento non traspaiono, invero, le ragioni per le quali l’organo giudicante ha appuntato l’attenzione su tale aspetto, emergendo semplicemente che la parte, dopo la nomina dell’O.C.C.[4], depositava istanza cautelare indirizzata alla sospensione di una procedura espropriativa pendente.
La decisione suscita nondimeno interesse poiché scandaglia a fondo un tema complesso e inesplorato in giurisprudenza, superando l’interpretazione meramente letterale delle previsioni interessate; l’estensore, infatti, si spinge in un’analisi sistematico – assiologica della disciplina, al fine di emanciparsi dagli steccati tradizionali sedimentatesi nell’elaborazione giuridica.
Emerge l’attenzione per i principi e i valori presenti nel tessuto euro unionale delle fonti[5], in virtù del costante rimando ai principi di effettività della tutela giurisdizionale, della solidarietà, della ragionevolezza e della proporzionalità, nei termini di cui daremo conto nel commento.
2.L’indagine giudiziale muove da quella che può considerarsi la previsione centrale per lo studio della materia, ossia l’art. 70 del d.lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 che, ad avviso dell’organo giudicante, non offre ragguagli sul momento a partire dal quale il giudice designato può esercitare i menzionati poteri sospensivi[6], non offrendo il dato testuale della norma la ricostruzione di un precetto univoco.
Difatti, né il primo («Il giudice, se la proposta e il piano sono ammissibili, dispone con decreto che siano pubblicati in apposita area del sito web del tribunale o del Ministero della giustizia e che ne sia data comunicazione entro 30 giorni, a cura dell’OCC, a tutti i creditori»), né il quarto comma («Con il decreto di cui al comma 1, il giudice, su istanza del debitore, può disporre la sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata che potrebbero pregiudicare la fattibilità del piano. Il giudice, su istanza del debitore può altresì disporre il divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del consumatore nonché le altre misure idonee a conservare l’integrità del patrimonio fino alla conclusione del procedimento, compreso il divieto di compiere atti di straordinaria amministrazione se non preventivamente autorizzati»), contribuiscono a neutralizzare l’incognita che anima la decisione.
Nel silenzio legislativo, si potrebbe essere tentati di valorizzare l’unico riferimento testuale al decreto di fissazione di udienza (art. 70, comma 1, CCII), quale momento di verificazione delle eventuali contestazioni al piano e per l’esercizio del potere sospensivo[7].
Lo suffragherebbe, tra l’altro, la circostanza che l’adozione del decreto è per espressa previsione legislativa «subordinata ad una valutazione di conformità della proposta e del piano rispetto ai requisiti di ammissibilità imposti dal legislatore»[8].
La giurisprudenza formatasi sotto il vigore della previgente disciplina sembra peraltro compatta nell’affermare che il provvedimento di sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata pendenti presuppone l’avvenuta esecuzione dell’accordo o del piano del consumatore[9].
Corre peraltro l’obbligo di precisare che, nonostante manchi un esplicito riferimento nel provvedimento, deve immaginarsi che la procedura è stata introdotta con ricorso, per la nomina dell’OCC[10], depositato dopo l’entrata in vigore (15 luglio 2022) del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza[11]. Altrimenti, la disciplina transitoria stabilisce (art. 390) che le domande di accesso alle procedure della crisi da sovraindebitamento, quando depositate prima della sua entrata in vigore, sono regolate dalle norme previgenti.
3.Gli eventi provocati dall’emergenza epidemiologica da Covid-19 hanno, in un certo qual modo, accresciuto la sensibilità e la riflessione sulle difficoltà dei consumatori colpiti da un disagio economico, a volte talmente drammatico da tradursi in un vero e proprio sovraindebitamento[12].
Riuscire a definire con esattezza cosa s’intenda per “consumatore” è, di conseguenza, presupposto essenziale per delimitarne l’ambito applicativo.
Il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d’ora in avanti c.c.i.) riprende la nozione di consumatore[13] dall’art. 6, comma 2, lett. b della l. 27 gennaio 2012, n. 3 che lo riconduce al «debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta» ma, omettendo di richiamare l’avverbio “esclusivamente”[14], finisce per ricalcare la definizione accolta nel codice del consumo[15], vale a dire la «persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta».
La nuova disciplina consente l’accesso alla procedura anche ai soci illimitatamente responsabili di società di persone commerciali e in accomandita per azioni[16], per debiti estranei a quelli sociali (art. 2, comma 1, lett. e c.c.i.) che, pertanto, divengono “consumatori”[17].
L’attenzione si sposta, dunque, dalla qualifica del soggetto che richiede l’accesso ad una procedura da sovraindebitamento alla fonte genetica del debito[18].
La legge consente, inoltre, al consumatore sovraindebitato di proporre ai creditori, con l’ausilio dell’O.C.C., un piano di ristrutturazione dei debiti che dettagli i tempi e le modalità per il superamento della crisi da sovraindebitamento (art. 67 C.C.I.I.).
Preme evidenziare che la mera pendenza del procedimento non produce alcun effetto inibitorio automatico[19], in guisa che spetta al debitore formulare un’esplicita istanza in tal senso, affinché il giudice competente si pronunci sulla sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata che potrebbero compromettere la fattibilità del piano (art. 70, comma 4, CCII).
All’iniziativa del debitore, preordinata ad ottenere la sospensione de qua, si correla l’esercizio di un potere del giudice tenuto a “dosare” l’inibitoria[20] «in ragione del contenuto della richiesta del debitore e del contenuto del piano, apprezzando la funzionalità dello stallo di una o più esecuzioni al buon esito dell’iniziativa di affronto della crisi del consumatore»[21].
Non si tratta, tuttavia, né di un atto dovuto[22] né di una valutazione meramente “discrezionale”[23].
Il provvedimento di sospensione è, infatti, condizionato dal riscontro di un pericolo di pregiudizio per il patrimonio del debitore che accede alla procedura, tenuto pur conto dell’assenza di un automatismo preordinato dalla legge o di un criterio generale di obbligatorietà, che graverebbe il giudice di un dovere di attuazione[24].
L’autorità giudiziaria è tenuta ad una valutazione prognostica da effettuarsi ex ante, al fine di stabilire il rischio che la singola procedura esecutiva possa compromettere la fruttuosità del piano[25], in correlazione anche al periculum[26], ossia al pregiudizio per la fattibilità del medesimo. E solo all’esito di tale valutazione il giudice potrà stabilire se risulti indispensabile «sospendere tutte quelle procedure che, se non interrotte, potrebbero impedire la concreta eseguibilità del piano proposto dal consumatore»[27].
La misura sospensiva è finalizzata a preservare gli interessi dell’istante sulle procedure in corso, essendo invece fisiologicamente incapace di riflettersi sui procedimenti esecutivi non ancora avviati oltre ché, ad esempio, su un sequestro conservativo[28].
Proprio il riferimento agli specifichi procedimenti esecutivi, lascia presagire che il giudice deve compiere una «valutazione in concreto e atomistica, basata sul raffronto fra l’oggetto dell’esecuzione e la complessiva sfera patrimoniale del debitore esecutato»[29].
D’altro canto il giurista non può dismettere la propria funzione ermeneutica dinanzi ad un’omissione legislativa[30] e «fermarsi sic et simpliciter al mero dato letterale della singola disposizione»[31]. Egli deve invece partire dai fatti[32], tenendo conto delle loro problematicità, ricercandone il significato alla luce di una lettura della legge armonizzata ai valori costituzionali e, primariamente, al valore della persona umana.
Fatto e norma sono, dopotutto, aspetti inscindibili nella valutazione giudiziale, essendo la scienza giuridica inseparabile dal fine pratico dell’applicazione.
In questa prospettiva, una soluzione che si basasse su un mero automatismo che prescindesse dal caso concreto risulterebbe fuorviante, in quanto esonererebbe il giudice dall’effettuare una valutazione prognostica e, quindi, ex ante, in relazione al rischio che la singola procedura esecutiva possa compromettere la fruttuosità del piano.
E di omologia in omologia si cristallizzerebbe un modus operandi del tutto discutibile da parte dell’Autorità giudiziaria.
4.In principio si è osservato che il decreto dell’organo giudicante offre l’occasione per ripercorre le interferenze tra i procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e le procedure esecutive individuali.
Paradigmatica è la norma eccezionale che facoltizza il giudice designato ad ordinare la sospensione dei processi esecutivi pendenti, sebbene sia incapace di produrre «effetti immediati sul processo di esecuzione»[33].
Il giudice del sovraindebitamento non è, infatti, investito di un potere immanente e sovraordinato al giudice dell’esecuzione individuale che verrebbe altrimenti relegato in una posizione “ancillare” e, in un certo qual modo, subalterna[34] al primo.
Lo ha confermato recentemente la Cassazione nel sottolineare la mancanza di una norma che autorizza, sul piano generale, il giudice del sovraindebitamento a decidere direttamente le sorti di una determinata procedura esecutiva individuale, ordinando al giudice di questa l’arresto di ogni attività[35].
La parte interessata deve essere resa edotta, pertanto, di tale circostanza nel momento in cui si accinge a formulare la richiesta di sospensione delle procedure esecutive pendenti.
L’esito consequenziale di tali riflessioni sollecita, pertanto, il convincimento che se il giudice del sovraindebitamento dovesse interferire «nelle incoercibili prerogative e nella competenza funzionale di un altro organo giudiziario» sarebbe inevitabilmente esposto alle conseguenze disciplinari enucleate dall’«art. 2, comma 1, lett. e) ed ff), d.lgs. n. 109/2006»[36].
L’anomalia insita nello scollamento del rimedio della sospensione dall’effetto inibitorio cui è preposta conferma, infine, la necessità di abbandonare l’approccio statico della materia della sospensione quale fenomeno unitario con riguardo al processo esecutivo e di cognizione, semplicemente perché essa è proteiforme sì che un’analisi unitaria dell’istituto risulterebbe infeconda persino se catalizzata esclusivamente sul processo esecutivo[37].
Ebbene, per comprende la portata innovativa della decisione oggetto di disanima, è sufficiente muovere dalla considerazione che, in occasione della presentazione del piano del consumatore, la letteratura sostiene che la produzione degli effetti sospensivi potesse scaturire, nel vigore della previgente disciplina, dal decreto del giudice emanato ai sensi dell’art. 12-bis, comma 2, l. n. 3 del 2012 o dall’omologazione dell’accordo[38].
L’organo giudicante tenta di sfatare questo “mito” per prospettare la configurazione di un potere di sospensione “atipico” da parte del giudice del sovraindebitamento, capace di preservare i diritti e gli interessi del debitore ai lumi dei valori costituzionali e sovranazionali.
“Atipico”[39] perché non risulta espressamente codificato da alcuna norma fondandosi, piuttosto, su una lettura sistematica e assiologica della disciplina di riferimento.
Tale soluzione appare coerente, anzitutto, all’art. 24 Cost. che sancisce il diritto di ciascuno di agire in giudizio per la tutela delle proprie situazioni giuridiche soggettive.
È ovvio che un diritto che non può ottenere tutela in sede giurisdizionale sarebbe una vana proclamazione: il diritto esiste, infatti, nella misura in cui può essere fatto valere in giudizio ove venga leso o ne sia incerta l’esatta portata[40].
Occorre stabilire se la configurazione di un potere di sospensione “atipico” sia in linea col c.d. principio di effettività della tutela giurisdizionale.
Secondo l’autorità giudiziaria il principio di effettività è ormai utilizzato come grimaldello che, lungi dal potersi imbrigliare in uno schema predefinito, si presta ad essere «flessibile e mutevole»[41] e, dunque, capace di adattarsi alle caratteristiche della fattispecie concreta.
Spetta allora al giudice designato compiere uno sforzo interpretativo della normativa preposta alla luce del principio di effettività della tutela giurisdizionale che ha fondamento normativo costituzionale negli artt. 24, 111 Cost., nonché comunitario e convenzionale negli artt. 6, 13 CEDU e 47 CDFUE.
Osserva l’organo giudicante che il potere inibitorio può concretarsi ogniqualvolta ricorra un’istanza finalizzata alla composizione della crisi da sovraindebitamento, mediante la proposta di piano o di accordo, con conseguente nomina dell’O.C.C. ancorché, per le consuete lungaggini preparatorie, il piano o l’accordo non siano stati ancora presentati.
L’autorità giudiziaria rimanda, a tal fine, anche al principio solidaristico ex art. 2 Cost., quale criterio che permea l’esegesi della norma processuale speciale e consente di preservare gli interessi della parte istante.
Non va trascurato, tuttavia, che la salvaguardia degli interessi del consumatore sovraindebitato non potrà mai tradursi nel sacrificio degli interessi degli altri soggetti coinvolti nel rapporto relazionale di debito-credito, sempre ai lumi del principio solidaristico (art. 2 cost.) e la prassi conferma quanto sia radicato il rischio di strumentalizzazioni e di utilizzo “abusivo” del piano del consumatore.
Basti pensare che gli istituti della crisi da sovraindebitamento rappresentano, verosimilmente, un’opportunità e un’arma. Un’opportunità per il debitore facoltizzato a sottoporre ai creditori un piano o una proposta che realizzi un loro soddisfacimento concorsuale; ma anche un’arma, come si accennava, «per quel debitore che intenda avvalersene per finalità distorsive, e segnatamente per rallentare il creditore nel suo cammino verso la tutela esecutiva del credito»[42].
Il fatto stesso che l’apprezzamento giudiziale è circoscritto[43] alla verifica dell’ammissibilità giuridica e fattibilità del piano (art. 70, comma 7, d.gs. 12 gennaio 2019, n. 14) e alla completezza della documentazione allegata a corredo del ricorso, ci induce a pensare che includa il compimento di eventuali atti in frode (si pensi alla vendita di un’immobile in favore di un affine di primo grado, oggetto di revocatoria da parte di alcune banche), che potrebbero riscontrarsi dalle osservazioni dei creditori o, in mancanza di esse, attraverso i poteri ufficiosi[44].
Il giudice è chiamato, pertanto, a un ruolo delicato nell’esercizio del potere sospensivo, che necessita di essere orientato assiologicamente, immaginando che solo laddove, sulla scorta degli elementi acquisiti, egli non riscontri atti in frode potrebbe concedere l’inibitoria anche prima della presentazione del piano del consumatore da parte dell’O.C.C.
5.L’organo giudicante, una volta ammessa la possibilità di un potere di inibitoria atipico, si pone il problema di come proceduralizzarlo.
Il giudice afferma che tale esercizio deve concretarsi alla luce dei principi di ragionevolezza e proporzionalità che «hanno conosciuto straordinaria vitalità negli ordinamenti sovranazionali di cui alla CEDU, nonché unionale, assurgendo al rango di principi generali»[45].
Egli prova così a prefigurare, quale condizione procedurale, la prospettazione, entro un lasso di tempo ragionevole, di adeguati elementi conoscitivi, relativi al piano da presentarsi che possano guidare l’autorità giudiziaria a una valutazione prognostica di carattere sommario.
Il giudice ripercorre anche l’elaborazione giuridica sul principio di ragionevolezza, troppo spesso confuso e sovrapposto ai diversi concetti di uguaglianza sostanziale, equità, proporzionalità abuso del diritto[46] e così via.
Si legge nel provvedimento che la ragionevolezza implica una «valutazione comparativa degli interessi in gioco ai fini della ricerca di un equo bilanciamento degli stessi, mutevole a seconda del contesto sociale e valoriale. Valutazione che si estrinsecherà, dando prevalenza al bene di rilievo costituzionale (espresso o implicito) rispetto a quello che ne sia privo, contemperando quelli di pari rango, nel presupposto che nessun valore di rango costituzionale può essere sacrificato in toto»[47].
Va da sé, ovviamente, che il rimando alla ragionevolezza, in considerazione della sua connaturale indeterminatezza, non deve tradursi in una licenza di arbitrio per il giudicante avendo egli, per contro, il compito di supportarne l’applicazione con un’adeguata motivazione.
Nell’ottica di realizzare uno strumento adeguato al fine cui è preposta la tutela, il giudice afferma che il potere di sospensione atipico si connoti per una «particolare fluidità nell’individuazione dei suoi contenuti, così come dei suoi stessi presupposti applicativi».
E, pertanto, in applicazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, Egli ritiene che al Giudice delegato debbano essere forniti elementi chiarificatori in relazione alla depositanda proposta di piano, idonei a consentire una valutazione prognostica di conformità della stessa alle prescrizioni di ammissibilità.
La soluzione sembra, così, contemperare le esigenze dell’istante sovraindebitato con tutte le parti coinvolte nella procedura di sovraindebitamento nell’ossequioso rispetto dell’art. 2 Cost., placando il dubbio sollevato in chiusura del § precedente.
In applicazione degli esiti ermeneutici raggiunti, il giudice reputa indispensabile accordare all’istante un lasso di tempo – che pur dimensionalmente contenuto – risulti ragionevole in considerazione degli interessi in gioco.
Egli individua, in relazione alle caratteristiche del caso concreto, ragionevole il termine di 90 giorni, al fine di consentire l’eventuale prospettazione di tali elementi di valutazione, eventualmente corroborati da una prima valutazione ad opera dell’o.c.c. in relazione al contenuto della redigenda proposta.
L’autorità giudiziaria ordina, parallelamente, la sospensione di ogni azione esecutiva al fine di consentire la prospettazione di adeguati elementi conoscitivi, relativi «al piano da presentarsi oppure la formale presentazione del piano, ai fini di una nuova e effettiva valutazione dei criteri di ammissibilità».
L’organo giudicante sostiene che gli effetti della sospensione operano «solo medio tempore», circostanza implicita ma che, al contempo, riluce l’attaccamento all’insegnamento tradizionale, tutt’ora valevole, per cui «lo stato di quiescenza o di temporanea paralisi» del processo esecutivo «lascia tuttavia in vita il procedimento: il quale potrà riprendere il suo corso (o dovrà, secondo i casi, estinguersi), una volta cessata la sospensione»[48].
6.A supportare la decisione, come si è potuto constatare, non è la lettera della singola previsione atomisticamente considerata bensì la legalità costituzionale e sovranazionale e, in particolare, la stessa dignità e autodeterminazione del consumatore sovraindebitato alla cui realizzazione dovrebbe tendere l’attività giudiziaria, sull’onda di un ragionevole bilanciamento con le pretese del ceto creditorio.
Essa, dopo l’avvento della Costituzione e la valorizzazione dei princípi fondamentali e, in particolare, del personalismo e del solidarismo non può considerarsi funzionalizzata solo alla tutela di un interesse generale determinato autoritativamente e unilateralmente, ma deve improntarsi alla tutela dei singoli interessi individuali, di volta in volta, da essa intercettati[49].
Il provvedimento in commento merita, pertanto, apprezzamento anche per gli innovativi risvolti applicativi che sicuramente condizioneranno l’elaborazione giuridica in materia.
Un’ultima osservazione si impone a chiusura del lavoro, a proposito dell’incidenza del provvedimento di sospensione del giudice del sovraindebitamento sulle procedure in corso indicate dal debitore.
Dalla previsione dell’art. 623 c.p.c.[50] si ricava che, fatta eccezione per i casi di sospensione legale[51] e giudiziale[52], l’esecuzione forzata “può” essere sospesa con provvedimento del giudice dell’esecuzione[53].
In tale prospettiva, la sospensione atipica preannunciata dal Tribunale di Brindisi è riconducibile ad uno dei casi nei quali il giudice dell’esecuzione gode del potere discrezionale di sospendere le procedure esecutive individuali, senza doversi necessariamente omologare al provvedimento del giudice del sovraindebitamento che ha ritenuto di sospenderle.
Quest’ultimo, allora, non concreta un comando per il giudice dell’esecuzione che, per quanto paradossale possa apparire, può discostarsi, stando anche ai principi espressi recentemente dalla Corte di cassazione sui quali si è già riflettuto (cfr. retro § 4) e, pertanto, non è più necessario soffermarsi.
Si consideri, tuttavia, che uno degli elementi caratterizzanti l’inibitoria è rappresentato dallo scopo, in quanto ciò che la stessa «mira a prevenire è costituito proprio dall’attuazione del comando giudiziale»[54].
Ci si chiede, a questo punto, come potranno ragionevolmente bilanciarsi gli interessi dei soggetti coinvolti nel piano del consumatore se l’ordine del giudice del sovraindebitamento di sospendere gli effetti delle procedure esecutive in corso del debitore necessita di un ulteriore apprezzamento da parte del giudice dell’esecuzione.
In quest’ordine di idee, il fatto stesso che il giudice dell’esecuzione gode di un certo margine di discrezionalità[55], lascia pensare come un evento pregiudizievole, che la sospensione si propone di impedire, evidenzi i limiti insiti nel provvedimento di inibitoria del giudice del sovraindebitamento e dell’impatto pregiudizievole del provvedimento del giudice dell’esecuzione che, discostandosi dal primo, ritenga di non disporre la sospensione.
L’attenzione al piano teleologico[56], consente di ritenere come l’interesse che fa capo al debitore che formula la richiesta di inibitoria non è circoscritto tanto all’esigenza di evitare l’esecuzione, prevenendo il danno che potrebbe ripercuotersi, quanto a quello di evitare il danno da prosecuzione delle procedure esecutive individuali.
Il discorso meriterebbe, di certo, ben altri approfondimenti rispetto all’economia di questo lavoro, fermo restando che solo laddove l’inibitoria del giudice del sovraindebitamento sia, come quando è prevista per legge, capace di riflettersi automaticamente sulle procedure esecutive individuali in corso per l’eventualità che, un domani, si rivelino ad esempio illegittime, essa sembrerebbe capace di realizzare concretamente il fine cui è preposta.
Diversamente, laddove fosse indispensabile l’ulteriore scrutinio di un altro giudice (come quello dell’esecuzione), allora l’esigenza risposta dal debitore potrebbe risultare compromessa.
*Carmela Perago è autrice dei paragrafi 1-3; Stefano Bardaro è autore dei paragrafi 4-6.
[1] Il rapporto tra esecuzioni forzate individuali e composizione della crisi da sovraindebitamento si atteggia in modo diverso a seconda del tipo di procedura attivata dal debitore (per una sintetica ricostruzione v., di recente, R. D’Alonzo, Le interferenze tra l’esecuzione forzata ed i procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento nel Codice della crisi d’impresa, in www.executivis.it). L’esito potrebbe variare anche in considerazione dello stadio della procedura esecutiva, come ad esempio nel caso della vendita e dell’assegnazione, in proposito M. Giorgetti, Sui controversi rapporti tra sovraindebitamento ed esecuzione individuale una volta terminata la fase della vendita/assegnazione, in www.ilfallimentarista, 28 luglio 2021; Id., Questioni di diritto processuale civile tra crisi, insolvenza e concorsualità, Milano, 2023, p. 159 ss.
[2] Così definiti dal giudice delegato nel decreto in commento (v. p. 1). Sulla sospensione del processo esecutivo in generale, v. B. Capponi, Inibitorie e sospensioni nell’esecuzione forzata, in Riv. es. forz., 2009, p. 389 ss.; Id., Manuale di diritto dell’esecuzione civile, Torino 2017, p. 481 s.; C. Furno, La sospensione del processo esecutivo, Milano, 1956; L. Iannicelli, Novità in materia di sospensione dell’esecuzione, in La riforma del processo civile, delle procedure esecutive dei procedimenti speciali, (atti del convegno organizzato da Synergia Formazione, Milano 10-11 novembre 2005), Milano, 2005, pp. 1-20; D. Longo, Contributo allo studio della sospensione nel processo esecutivo, I, Pisa, 2018, 1 ss. secondo la quale l’«immobilizzazione del processo rappresenta un momento di crisi ovvero una pausa nello svolgimento dello stesso in quanto allontana il conseguimento del fine tipico cui tende»; F. P. Luiso, voce Sospensione del processo civile di esecuzione forzata, in Enc. dir., XLIII, 1990, spec. pp. 59-64; U. Rocco, Trattato di diritto processuale civile, IV, Processo esecutivo, Torino, 1959, pp. 407-420; B. Sassani, G. Miccolis, C. Perago, L’esecuzione forzata, Torino, 2013, pp. 139-144; A. Tedoldi, Esecuzione forzata, Pisa, 2021, p. 737 ss.
[3] Cfr. l’art. 70 CCII con la diposizione precedente dell’art. 12-bis della l. 27 gennaio 2012, n. 3.
[4] L’art. 15 della L. 3/2012 stabiliva che gli organismi per la composizione delle crisi da sovraindebitamento sono iscritti in apposito registro tenuto presso il Ministero della Giustizia (il registro ufficiale è raggiungibile alla seguente pagina web http://crisisovraindebitamento.giustizia.it/registro.aspx). La medesima disposizione, al comma 9, disponeva che i compiti e le funzioni attribuiti agli OCC possono essere svolti anche da un professionista o da una società tra professionisti in possesso dei requisiti di cui all’articolo 28 legge fall., ovvero da un notaio, nominati dal presidente del tribunale o dal giudice da lui delegato. Ora, se nel circondario del Tribunale competente non vi sono OCC iscritti nell’apposito registro, non si pone nessun dubbio interpretativo. Il debitore, infatti, può ricorrere al Tribunale competente, ufficio volontaria giurisdizione, affinché venga nominato un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 28 della legge fall. che svolga le funzioni dell’OCC. Si pone il problema se nel circondario del Tribunale è stato già costituito un OCC e se quindi il debitore deve obbligatoriamente rivolgersi ad uno degli organismi costituiti o può continuare a chiedere al Tribunale la nomina di un professionista facente funzioni. Alcuni hanno ritenuto di poter dare riposta affermativa a tale quesito sostenendo che il debitore sovraindebitato potrebbe esercitare le due opzioni: A) rivolgersi all’OCC territorialmente competente; B) presentare istanza al Tribunale per la nomina di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 28 l. fall. Il percorso ermeneutico seguito muove dall’esegesi dell’art. 15 della L. 3/2012, dove, l’utilizzo dell’avverbio “anche” porterebbe a ritenere che il debitore possa continuare a presentare al Tribunale istanza di nomina del professionista facente funzioni (sul punto cfr. Consiglio Nazionale dei Commercialisti ed esperti Contabili con il “Pronto Ordini n. 161” del 12.07.2016 con il quale viene data risposta positiva al quesito posto). La giurisprudenza di legittimità, però, non è dello stesso avviso, giungendo ad una conclusione diametralmente opposta. Secondo la Suprema Corte la disposizione di cui al comma 9 dell’art. 15 L. 3/2012 «Nel quadro della disciplina dei procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio di cui alla L. 27 gennaio 2012, n. 3, art. 6 e ss. l’organismo di composizione della crisi disciplinato dall’art. 15 assume un ruolo centrale, che si connota non solo per i profili di indipendenza e professionalità necessari agli adempimenti contemplati, ma anche per l’evidente carattere di specializzazione giudicata necessaria dal legislatore, desumibile dal rilievo che la norma ha previsto l’istituzione di organismi stabili destinati ad essere iscritti in un apposito registro. Tale previsione rimarrebbe gravemente menomata se si ammettesse l’affidamento sine die dei compiti e delle funzioni attribuiti agli organismi di composizione della crisi, ed in alternativa ad essi, anche ad un soggetto idoneo a svolgere le funzioni di curatore fallimentare ovvero ad un notaio, cui si riferisce il citato art. 15, comma 9. Va da sé che tale disposizione ha da essere riferita ai casi in cui sia mancata la costituzione degli organismi di composizione della crisi con iscrizione di essi nell’apposito registro tenuto presso il Ministero della giustizia, il che è reso manifesto non soltanto dall’inciso “Fino all’entrata in vigore del regolamento di cui al comma 3”, contenuto dello stesso citato comma 9, ma più in generale, dall’art. 7 della stessa legge, il quale esordisce stabilendo che il debitore in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori l’accordo di ristrutturazione ivi previsto “con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi di cui all’art. 15”, che abbiano “sede nel circondario del tribunale competente”, ossia degli organismi stabilmente costituiti secondo il richiamato art. 15, il che colloca gli altri soggetti individuati dal comma 9 in posizione di risulta, nel senso appena indicato» (Cass. civ., sez. VI, ord. 8 agosto 2017, n. 19740, Pres. Genovese, Rel. Di Marzio, in De Jure banche dati editoriali GFL).
[5] P. Perlingieri, Valori normativi e loro gerarchia. Una precisazione dovuta a Natalino Irti, in Rass. dir. civ., 1999, p. 787 ss.; Id., Dignità della persona e questioni di fine vita, in Riv. giur. Mol. Sannio, Napoli, 2017, p. 81.
[6] Anche il precedente art. 12-bis della l. 27 gennaio 2012, n. 3 non chiariva l’ambito temporale di esercizio del potere sospensivo. In sostanza, come l’attuale norma, non precisava se il giudice potesse concedere la sospensione anche prima della presentazione del piano da parte dell’OCC. Difatti, né il primo comma («Il giudice, se la proposta soddisfa i requisiti previsti dagli articoli 7, 8 e 9 e verificata l’assenza di atti in frode ai creditori, fissa immediatamente con decreto l’udienza, disponendo, a cura dell’organismo di composizione della crisi, la comunicazione, almeno trenta giorni prima, a tutti i creditori della proposta e del decreto……..»), né il secondo comma («Quando, nelle more della convocazione dei creditori, la prosecuzione di specifici procedimenti di esecuzione forzata potrebbe pregiudicare la fattibilità del piano, il giudice, con lo stesso decreto, può disporre la sospensione degli stessi sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo»), contribuivano a neutralizzare l’incognita. L’unico riferimento testuale era al decreto di fissazione di udienza («il giudice, con lo stesso decreto, può disporre la sospensione[omissis]», ex art. 12 bis, comma 2, l. n. 3 del 2012), quale momento di verificazione per l’esercizio del potere sospensivo.
[7] S. Leuzzi, La tematica del concorso fra procedure da sovraindebitamento ed esecuzioni forzate individuali, in www.executivis, sebbene l’A. ne parli sotto la vigenza della l. n. 3/2012 si ritiene che le stesse considerazioni siano valevoli anche nell’innovato contesto normativo.
[9] Cfr. Trib. Torre Annunciata, 30 settembre 2020, in www.ilcaso.it; Trib. Cuneo, 25 marzo 2017, in IUS Crisi d’impresa, 17 ottobre 2017, con nota di E. Cerisoli, Gli effetti della nomina del professionista nell’ambito del procedimento di esdebitazione; Tr Marsala, 3 gennaio 2018, in Il Processocivile.it, ritiene che la competenza a disporre la sospensione è radicato in capo al giudice del sovraindebitamento e non a quello dell’esecuzione e il provvedimento emesso da quest’ultimo è illegittimo se disposto prima dell’apertura della procedura di cui alla l. n. 3/2012 e sulla base della sola istanza di nomina del professionista. Nel precedente assetto normativo la nomina dell’OCC non era ritenuta sufficiente al fine di ottenere una dichiarazione di improcedibilità o sospensione della procedura in corso; tali istanze sono state considerate inammissibili prima dell’apertura del procedimento (Trib Milano, 13 ottobre 2015, in ilFallimentarista.it)
[11] Regolato, come detto, dal D.lg. 12 gennaio 2019, n. 14 e succ. mod. e integr.
[12] In relazione al sovraindebitamento familiare, ad esempio, L. C. Cancelliere, Sovraindebitamento familiare ed esecuzioni forzate, in www.inexecutivis.it, rievoca quelle che potrebbero essere le ragioni che animano la situazione di crisi che, tendenzialmente, assume una peculiare conformazione in ragione del grado di compenetrazione fra le posizioni dei membri del consesso familiare: «Quasi sempre nelle famiglie i debiti mostrano, tra l’altro, una matrice comune, che si collega ora al mutuo per l’acquisto della casa di abitazione, ora ai finanziamenti per l’auto, ora alle rette per gli studi universitari, ora all’escussione della garanzia rilasciata da un familiare a sostegno dell’attività intrapresa dall’altro e che abbia prodotto risultati ben peggiori di quelli sperati». Sia consentito il rinvio anche al nostro S. Bardaro, Considerazioni a margine della sospensione del processo esecutivo immobiliare italiano al tempo della pandemia, in Revista Direitos Sociais e Politicas Publicas (UNIFAFIBE), 3, 2021, p. 933 s. laddove si è avuto modo di riflettere che, con l’avvento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, si è «assistito ad una sorta di paralisi dell’esecuzione immobiliare, specie quando ad esserne coinvolta era l’abitazione principale del debitore esecutato. Il blocco dei rilasci dei beni immobili acquisiti in sede esecutiva ha, dunque, rappresentato un forte deterrente per i soggetti interessati a partecipare all’asta pubblica».
[13] La nozione di consumatore, delineata nell’art. 6 della l. n. 3 del 2012, specificava che dovesse trattarsi di «debitori persone fisiche che hanno assunto obbligazioni per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta». Per una panoramica sulla nozione di consumatore, nella previgente disciplina, v. F. Pasquariello, La Cassazione delinea il profilo del debitore sovraindebitato, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, 2016, p. 665.
[14] Ciò valeva a significare, osserva C. Trentini, Le procedure da sovraindebitamento, Milano, 2023, p. 399-400, che «l’imprenditore o il professionista che avessero contratto debiti non rientranti in tale definizione, non potevano accedere alla procedura del piano del consumatore, ma solamente all’accordo o alla liquidazione».
[15] I presupposti soggettivi ed oggettivi indispensabili per accedere alla definizione di “consumatore”, nella disciplina di settore, sono contemplati nell’art. 3, comma 1, lett. a) del d.lg. 6 settembre 2005, n. 206. Offrono ragguagli in tal senso, fra gli altri, G. Gabrielli, Sulla nozione di consumatore, in Riv. trim. dir. proc. civ., p. 1149 e ss.; G. Chiné, sub. art. 3, in Codice del consumo e norme collegate a cura di Vincenzo Cuffaro, Angelo Barba – Andrea Barenghi, Milano, 2023, p. 15 ss.
[16] Evidenzia F. Grieco, Le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, in S. Della Rocca – F. Grieco, Il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Milano, 2022, p. 224, che anche il professionista o l’imprenditore possono accedere alla nuova disciplina, purché «la loro situazione da sovraindebitamento non derivi da obbligazioni connesse allo svolgimento della propria attività».
[17] Nella relazione illustrativa si legge che la definizione di consumatore di cui alla lettera e), ripresa dal codice del consumo, è stata estesa anche alla persona fisica che sia contemporaneamente socia di società di persone, a condizione che il suo sovraindebitamento riguardi esclusivamente i debiti strettamente personali; in esecuzione del principio di cui all’art. 2, comma l, lett. f), legge delega n. 155/2017, è stata recepita alla lettera m) la nozione, di matrice eurounitaria, del centro degli interessi principali del debitore (noto come COMI, centre of main interests), che ai fini della competenza territoriale valorizza il criterio dell’apparenza e della riconoscibilità dai terzi. In attuazione di uno specifico principio di delega, espresso dall’art. 9, comma 1, lettera a), della legge delega, che si è dato carico delle numerose difficoltà applicative originate dalla legge n.3 del 2012, la disposizione introduce una disciplina innovativa con riferimento alle procedure collegate sia nei casi in cui i soggetti sovraindebitati siano familiari conviventi, nel qual caso è quasi inevitabile che la difficoltà di uno dei componenti della famiglia si rifletta negativamente sull’intero nucleo familiare sia quando la situazione di crisi del “gruppo familiare” abbia un’origine comune, ad esempio perché derivi da una successione ereditaria. In tali casi, in cui è auspicabile -se non necessaria- una gestione ed una soluzione unitaria del problema- è possibile presentare un unico progetto di risoluzione della crisi e si è previsto che il giudice, qualora le richieste non siano contestuali, adotti i provvedimenti più idonei per assicurare il coordinamento delle procedure collegate. Non è stato tuttavia scalfito il principio di responsabilità patrimoniale personale, sicché le masse attive e passive rimangano distinte, pur se coinvolte nel medesimo piano.
[18] La soluzione legislativa sembrerebbe recepire i recenti approdi giurisprudenziali sul caso del fideiussore persona fisica che presti la garanzia per un debito contratto da un professionista/imprenditore. Per lungo tempo la Cassazione ha ritenuto che la qualifica del fideiussore escludesse alla radice la possibilità di beneficiare della disciplina protezionistica, ogniqualvolta l’obbligazione garantita fosse formalizzata da un soggetto professionista poiché, sulla scia della tesi del professionista di “rimbalzo”, il fideiussore andava inquadrato alla stregua del debitore principale (Cass., sez. I, 11 gennaio 2001, n. 314, in Foro it., 2001, I, c. 1539 con nota di A. Palmieri, Fideiussione e clausole vessatorie: quali garanzie per il consumatore?, in Giust. civ., 2001, I, 2149).
Il cambio di rotta si è avuto quando l’autorità giudiziaria ha spostato l’attenzione dalla qualifica del soggetto alla fonte genetica del debito. Precursori di tale impostazione sono state due ordinanze della Corte di giustizia (C. giust., 19 novembre 2015, C 74/15 sul caso Tarcău c. Banca Comercială Intesa San Paolo Romania e altri, con nota di M. Renna, La tutela consumeristica del fideiussore: riflessioni a partire da una recente pronuncia della Corte di Giustizia, in Nuova giur. civ. comm., 2016, II, 1119; C. giust., 14 settembre 2016, c 534/15 con commento di M. De Nadai, Ultimi sviluppi della giurisprudenza comunitaria in tema di tutele per il fideiussore consumatore, in www.ildirittobancario.it) che giustamente evidenziarono l’irrilevanza del fatto che il debitore principale agisse nell’ambito di un’attività professionale.
Seguendo questa nuova impostazione ermeneutica si è giunti ad affermare che, sebbene sotto il profilo oggettivo la garanzia personale prestata sia subordinata al debito principale cui la garanzia stessa accede, il rapporto principale non può costituire il punto di riferimento per l’indagine sulle qualifiche soggettive
[19] A differenza di quanto previsto per il concordato minore e la liquidazione controllata, per il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore il giudice, fissata con decreto l’udienza di comparizione, non adotta i provvedimenti relativi alla sospensione delle azioni esecutive e cautelari. Questa differenza di disciplina rispetto al concordato minore per il debitore non consumatore è spiegata dalla Relazione governativa con la maggiore semplicità del procedimento e con il fatto che in questo caso non vi sono esigenze di conservazione dell’unità produttiva.
[20] Sui profili teorici e sistematici dell’inibitoria v., in generale, G. Impagnatiello, La provvisoria esecuzione e l’inibitoria nel processo civile, Milano, p. 2010, 373 ss. e, in particolare, p. 391 ss. che giustamente osserva che occorre tener ben distinti i piani della sospensione da quello dell’esecutività dalla sospensione dell’esecuzione, poiché mentre la prima «colpisce in radice la forza esecutiva del provvedimento giudiziale», la seconda opera «unicamente sull’esecuzione in corso – id est trattandosi di una sentenza di condanna, sul processo esecutivo -, ma, a rigore, non incide sulla vis esecutiva del titolo, la quale permane intatta [omissis]».
[21] S. Leuzzi, La tematica del concorso fra procedure da sovraindebitamento ed esecuzioni forzate individuali, in www.executivis, cit.; R. D’Alonzo, Le interferenze tra l’esecuzione forzata ed i procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento nel Codice della crisi d’impresa, cit. Dello stesso avviso è quella letteratura quando sostiene che, in forza dell’art. 12-bis, comma 2, della l. n. 3/2012, il giudice gode di un certo margine di discrezionalità nel sospendere le procedure esecutive idonee a pregiudicare la fattibilità del piano.
[22] Evidenzia, infatti, il Trib. Brindisi, cit., che il giudice non è vincolato da un obbligo di sospensione stante l’assenza di un automatismo preordinato dalla legge o di un criterio generale di obbligatorietà, che graverebbe il giudice di un dovere di attuazione. Nello stesso senso, fra le altre, Trib. Marsala, 3 gennaio 2018, in IUS Processo Civile, 11 giugno 2018, con nota di V. Baroncini, Illegittima la sospensione dell’esecuzione sulla base della presentazione dell’istanza di nomina del professionista.
[23] Come invece sembra predicare S. Leuzzi, La tematica del concorso fra procedure da sovraindebitamento ed esecuzioni forzate individuali, in www.executivis, cit.
[24] Cfr. Trib. Brindisi, cit., p. Nello stesso senso, fra le altre, Tribunale Marsala, 3 gennaio 2018, in IUS Processo Civile, 11 giugno 2018, con nota di V. Baroncini, Illegittima la sospensione dell’esecuzione sulla base della presentazione dell’istanza di nomina del professionista.
[26] Precisa, ad esempio, il Trib. Torre Annunziata, sez. III, 30 settembre 2020, p. 8, cit., che l’effetto sospensivo è «correlato ad una valutazione di periculum effettuata caso per caso con riferimento alle esecuzioni individuali pendenti, risolvendosi, del resto, il provvedimento nell’interposizione di un divieto generalizzato con funzione latamente conservativa del patrimonio del debitore divenuto oggetto di un piano di risanamento».
[27] D’Alonzo, Le interferenze tra l’esecuzione forzata ed i procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento nel Codice della crisi d’impresa, cit.
[28] S. Leuzzi, La tematica del concorso fra procedure da sovraindebitamento ed esecuzioni forzate individuali, cit.
[30] Cfr., per tutti, G. Alpa, Il linguaggio omissivo del legislatore, in Riv. dir. proc. civ., 2017, p. 415 s.
[31] L. Bardaro, Annotazione delle d.a.t. nel registro comunale: quali rimedi in caso di inerzia dell’ufficiale di stato civile?, in Foro nap., 2, 2021, p. 450.
[32] Sul punto P. Perlingieri, L’interpretazione della legge come sistematica ed assiologica. Il brocardo in claris non fit interpretatio, il ruolo dell’art. 12 disp. prel. c.c. e la nuova scuola dell’esegesi, in Rass. dir. civ., 1985, p. 990 ss.
[33] A. M. Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, Milano, 2022, p. 2702.
[34] In questi termini si esprime Cass. civ, sez. III, ord. 26 luglio 2023, n. 22715, Pres. De Stefano, Rel. SaiJa, in De Jure banche dati editoriali GFL, a proposito della prospettiva fondante un’indiscriminata prevalenza della prospettiva concorsuale sull’esecuzione individuale.
[35] Cass. civ, sez. III, ord. 26 luglio 2023, n. 22715, cit.
[36] Cass. civ., sez. III, ord. 26 luglio 2023, cit.
[37] Afferma D. Longo, Contributo allo studio della sospensione nel processo esecutivo, cit., p. 4, che un’analisi di tal fatta risulterebbe infeconda e piena di insidie, a cagione della frammentarietà della disciplina e della «problematica estrapolazione di un modello di “sospensione dell’esecuzione” o “sospensione del processo esecutivo”, così da porre al di fuori di quel modello quelle fattispecie che, pur avendo taluni elementi in comune con esso, non possono rientrarvi».
[38] Cfr., fra gli altri, A.M. Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, cit., p. 2702.
[40] A. Panzarola, Alla ricerca dei substantialia processus, in Riv. dir. proc., 2015, p. 679 ss.; R. Giordano e F. Di Marzio, L’art. 24 della Costituzione, commi 1,2 e 3, in www.lamagistratura.it.
[42] R. D’Alonzo, Le interferenze tra l’esecuzione forzata ed i procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento nel Codice della crisi d’impresa, cit., p. 1.
[43] Il controllo giudiziale non si estende più, infatti, sottolinea G. Ficarella, Le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento e la procedura di liquidazione controllata del sovraindebitamento, in A.a.Vv., Diritto della crisi d’impresa a cura di G. Trisorio Liuzzi, Bari, 2023, p. 166, ai «profili riconducibili alla c.d. “meritevolezza del consumatore».
[44] Cfr. M. Ranieli, sub art. 70 CCII, in Comm. breve alle leggi sulla crisi d’impresa e d’insolvenza a cura di A. Maffei Alberti, Padova, 2023, p. 515.
[47] Così Trib. Brindisi, cit., p. 4. Nella letteratura dà conto di tali circostanze anche G. Perlingieri, Profili applicativi della ragionevolezza nel diritto civile, Napoli, 2015, p. 1 s., sottolineando, tuttavia, che l’utilizzo dell’espressione è invalso «nelle decisioni giurisprudenziali, negli articoli di dottrina e nel linguaggio del legislatore».
[48] C. Furno, La sospensione del processo esecutivo, cit., p. 113.
[49] Promuove la fondazione del diritto civile costituzionale, riconoscendo la rilevanza diretta delle norme costituzionali nei rapporti intersoggettivi P. Perlingieri, Scuole, tendenze metodi. Problemi del diritto civile, cit., p. 24; Id., La personalità umana nell’ordinamento giuridico, Camerino-Napoli, 1972, p. 11 ss.
[50] Dispone l’art. 623 c.p.c. che «salvo che la sospensione sia disposta dalla legge o dal giudice davanti al quale è impugnato il tutolo esecutivo, l’esecuzione forzata non può essere sospesa, che con provvedimento del giudice dell’esecuzione».
[51] Nella terminologia adoperata dalla letteratura si suole far riferimento indistintamente alla “fonte” o alla “causa” da cui promana il potere sospensivo. Ebbene quando è la legge, i suoi effetti, ricordano, fra gli altri, A. Fortieri, sub art. 623 c.p.c., in G. Arieta – F. De Santis – A. Didone, Codice commentato delle esecuzioni civili, Torino, 2016, p. 1650 e F. P. Luiso, voce Sospensione del processo civile di esecuzione forzata, cit., p. 60 e, conseguono automaticamente e necessariamente. Il Luiso specifica che con il termine sospensione necessaria e automatica si indica quel poter che «deriva non da un provvedimento del giudice, sia pure vincolato quanto ai presupposti, ma direttamente dal verificarsi di un certo evento diverso da un provvedimento del giudice che dispone appunto la sospensione».
[52] In tal caso, precisa A. Fortieri, sub art. 623 c.p.c., cit., p. 1650, gli effetti si spiegano a seguito «dell’emanazione di un provvedimento del giudice, titolare del potere inibitorio».
[53] Fra le ipotesi particolari di sospensione di diritto F. Cabrini – C. Rasia, sub art. 623 c.p.c., in F. Carpi – M. Taruffo, Commentario breve al codice di procedura civile, Milano, 2023, p. 2595, annoverano le previsioni degli articoli previgenti 10 e 12-bis l. 27 gennaio 2012 n. 3, affermando che «il giudice dell’esecuzione dovrà limitarsi a dichiarare, ai sensi dell’art. 623 c.p.c., la “temporanea” improseguibilità del processo già pendente a meno che non ritenga che lo stesso possa continuare a svolgersi ad istanza di uno dei creditori che vantano un credito di natura impignorabile. Parimenti, il giudice dell’esecuzione dovrà dichiarare la sospensione necessaria del processo esecutivo di cui è titolare ogni qualvolta venga data prova dell’intervenuta omologazione dell’accordo; tale sospensione non presuppone valutazioni discrezionali, ma si traduce nella presa d’atto di un fatto esterno all’esecuzione forzata».
[54] Così G. Impagnatiello, La provvisoria esecuzione e l’inibitoria nel processo civile, cit., p. 403.
[55] La prospettazione di un potere discrezionale del giudice di sospendere l’esecuzione è risalente nel tempo, tant’è che, già prima degli anni ’60 del secolo scorso, uno dei Maestri della processualistica italiana si esprimeva in senso favorevole, v. U. Rocco, Trattato di diritto processuale civile, IV, Processo esecutivo, cit., p. 409.
[56] Così G. Impagnatiello, La provvisoria esecuzione e l’inibitoria nel processo civile, cit., p. 404.