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Sull’irrifiutabilità del pignoramento da parte dell’ufficiale giudiziario. Considerazioni sparse (e perplesse) a proposito di Cass., 23 maggio 2024, n. 14478.
Di Guidomaria De Cesare -
I fatti di causa
Un ufficiale giudiziario (nel prosieguo: u.g.) rifiutava di eseguire un pignoramento mobiliare, ai sensi dell’art. 108 del d.p.r. n. 1229/1959, dal momento che il creditore istante esibiva un’ordinanza di distribuzione del ricavato di un’esecuzione mobiliare, ex art. 510, comma 1, c.p.c., erroneamente munita della formula esecutiva[1]. A fronte del diniego motivato, il creditore conveniva in giudizio l’u.g., chiedendo il risarcimento dei danni patiti a seguito della scadenza del precetto. Accolta la domanda risarcitoria, l’u.g. veniva condannato a rifondere le spese del precetto perento.
Confermata la sentenza in appello, l’u.g. proponeva ricorso per Cassazione, deducendo la violazione e/o falsa applicazione degli arti. 60, 474, 475 e 510 c.p.c. e dell’art. 108 d.p.r. n. 1229/1959, per avere la Corte d’appello affermato la sussistenza della responsabilità in capo all’u.g. a causa della mancata esecuzione di un’ordinanza ex art. 510 c.p.c., sull’erroneo assunto per cui l’apposizione della formula esecutiva obbligasse l’u.g. ad eseguire il pignoramento.
La Corte rigettava il ricorso, ritenendolo peraltro «manifestamente infondato». La motivazione spesa dall’ordinanza in commento si regge su tre assiomi, la cui validità è però tutta da dimostrarsi. Si legge infatti che: a) l’u.g. non è un organo giurisdizionale ed è, pertanto, privo di poteri giurisdizionali spettanti in via esclusiva al g.e. (§§ 9-11); b) l’u.g. compie attività meramente esecutiva, onde allo stesso competono «verifiche strettamente formali» (§§ 20, 21 e 24), ossia la «semplice lettura delle risultanze estrinseche del titolo esecutivo»; c) l’u.g. non può sindacare «l’accertamento del cancelliere» che, ai sensi dell’art. 153 disp. att. c.p.c., nel rilasciare copia esecutiva del titolo, effettua un implicito riconoscimento di un titolo esecutivo in quanto verifica se questo è formalmente perfetto (§§15 e 19).
Senonché, il ragionamento condotto dalla S.C. presta il fianco ad una pluralità di obiezioni che possono compendiarsi come segue[2].
L’ufficiale giudiziario come mero missus iudicis, sprovvisto di poteri giurisdizionali
La Corte ha ricostruito la figura dell’ufficiale giudiziario come organo ausiliario e subordinato, sprovvisto di poteri giurisdizionali che competono in via esclusiva, ai sensi dell’art. 102 Cost., ai magistrati istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario, con l’implicazione per cui quest’ultimo sarebbe un mero missus iudicis.
Benché la dottrina possa ritenersi unanime circa il riconoscimento di poteri lato sensu giurisdizionali in capo all’ufficiale giudiziario[3], desta perplessità l’idea per cui un ausiliario del giudice non abbia alcun margine di autonomia in ordine alla verifica dei presupposti per esercitare il potere conferitogli dalla legge. Infatti, se l’ufficiale giudiziario è ausiliario del giudice, dovrebbe derivare da quest’ultimo i propri poteri ed essere soggetto agli stessi limiti, come la giurisprudenza non esita ad affermare a proposito del c.t.u.[4] o del commissario ad acta[5], ovvero dovrebbe potersi rifiutare di dare corso al pignoramento in difetto di titolo esecutivo, dal momento che il giudice dell’esecuzione (nel prosieguo: g.e.) avrebbe comunque il potere di rilevarne la nullità, per carenza di valido titolo esecutivo[6].
Fermi questi rilievi, è davvero arduo capire perché il medesimo percorso interpretativo non possa essere battuto per l’ufficiale giudiziario, il cui nesso di subordinazione rispetto al giudice vale, invece, ad esautorarne ogni margine di autonomia, riducendolo a mero esecutore delle richieste di parte.
L’apposizione della formula esecutivo e l’esautoramento del potere dell’u.g.
Volendo ancora indugiare sulle attribuzioni dell’u.g., la sentenza in commento esaspera la rilevanza dell’argomento letterale, fino a travisare l’esatto significato dell’art. 1 del d.p.r. n. 1229/1959, nella parte in cui attribuisce all’u.g. la qualifica di «ausiliario dell’ordine giudiziario». Tale lettura è funzionale all’affermazione di una sorta di gerarchia interna all’ufficio esecutivo[7], la cui implicazione consiste nel rendere il rifiuto dell’ufficiale giudiziario di eseguire il pignoramento, in ragione dell’erronea apposizione della formula esecutiva, sempre illegittimo perché proveniente da un organo sottordinato che non può contestare la valutazione di quello sovraordinato (i.e.: il cancelliere).
Senonché l’u.g., al pari del g.e. e del cancelliere, è parte dell’ufficio esecutivo[8], ove svolge funzioni tutt’altro che ausiliarie[9], all’interno del quale i nessi di subordinazione sono chiariti dalla disposizioni che regolano i rapporti tra i suddetti soggetti. Più precisamente, se la subordinazione dell’u.g. al g.e. si evince dall’art. 484 c.p.c. che affida a quest’ultimo la direzione dell’espropriazione forzata[10], oltre che dagli artt. 610 e 613 c.p.c., nella parte in cui riconoscono al g.e. il potere di risolvere le difficoltà pratiche che sorgono nel corso dell’esecuzione, non può sostenersi altrettanto a proposito del rapporto dell’u.g. con il cancelliere, dal momento che gli artt. 475 c.p.c. e 153 disp. att. al c.p.c., richiamati dalla S.c., non consentono di inferire la subordinazione del primo rispetto al secondo. Al contrario, l’art. 475, comma 4, c.p.c., nella formulazione anteriore all’entrata in vigore del d.lgs. 149 del 2022, applicabile ratione temporis al caso in esame, subordina il “comandiamo” contenuto nella formula esecutiva alla legale richiesta dell’atto; talché, se l’atto richiesto all’u.g. è difforme rispetto al suo paradigma legale o, più generalmente, è contrario alla legge, il rifiuto motivato di cui all’art. 108 del d.p.r. n. 1229/1959 è legittimo. Così se il documento presentato all’u.g., quantunque munito di formula esecutiva, non è sussumibile nella categoria dei titoli esecutivi, questi potrà – rectius: dovrà – rifiutarsi di eseguire il pignoramento, a pena di compiere un atto invalido, fonte di responsabilità ai sensi dell’art. 60 n. 2) c.p.c.
Il riferimento alla legalità dell’atto richiesto si spiega considerando l’efficacia scriminante del rifiuto legittimo ai sensi dell’art. 108 del d.p.r. n. 1229/1959 rispetto al reato di cui all’art. 328 c.p. e alla conseguente responsabilità civile: la fattispecie incriminatrice presenta una clausola di antigiuridicità speciale[11], dal momento che il rifiuto deve avvenire «indebitamente» quando il ritardo o l’omissione si siano verificati senza alcuna valida ragione[12]. Se così non fosse e, dunque, a valor seguire il dictum della S.c., l’ufficiale giudiziario si troverebbe dinanzi ad un assai penoso trade-off: eseguire il pignoramento sine titulo e rischiare di incorrere in responsabilità civile ai sensi dell’art 60 n. 2) c.p.c. ovvero rifiutarlo, andando incontro alle conseguenze di cui all’art. 328 c.p. Tale situazione può evitarsi se si tiene a mente che ogni pubblico ufficiale, investito di poteri lato sensu autoritativi, è sempre competente a giudicare della propria competenza ovvero dei presupposti per compiere l’atto richiesto[13], secondo un principio poi non così dissimile da quello predicato ad altri fini della Kompetenz-Kompetenz[14].
Questo genere di ragionamenti confuta l’idea per cui l’apposizione della formula esecutiva sul documento esibito dal creditore imponga all’ufficiale giudiziario l’esecuzione del pignoramento, omettendo ogni controllo. Più precisamente, atteso che il solo ufficiale giudiziario è responsabile, ai sensi dell’art. 60 c.p.c., dell’uso del potere di intraprendere l’esecuzione forzata, è a lui solo che compete, una volta investito di quel potere dall’istanza di parte, la previa ricognizione delle relative condizioni legittimanti[15].
La ratio della spedizione in forma esecutiva
Desta, inoltre, meraviglia l’affermazione della S.c. secondo cui: «[P]roprio perché la legge non prevede espressamente alcun controllo dell’ufficiale giudiziario sulla «perfezione formale» dell’atto giudiziario, […] l’avvenuto rilascio della formula esecutiva non può essere rimesso in discussione dal predetto ausiliario, al quale non compete alcun riesame dell’attività della cancelleria, né tantomeno spettano i poteri dell’autorità giudiziaria[16]». Verrebbe da dire ubi voluit dixit, ubi noluit tacuit, regola interpretativa di indubbio rilievo, la quale può essere adoperata solo rispetto a settori ordinamentali compiutamente regolati dal legislatore, cui però non pare possa ricondursi l’esecuzione forzata, dal momento che la stessa giurisprudenza, nel silenzio normativo, è solita estrapolare dal sistema taluni principi di cui difficilmente può dubitarsi[17], tra cui campeggiano il dogma dell’irretrattabilità della distribuzione dopo la chiusura dell’esecuzione[18] e l’idoneità a formare titolo esecutivo nei confronti del terzo pignorato dell’ordinanza di assegnazione del credito ex art. 553 c.p.c.[19].
Proprio il silenzio normativo dovrebbe indurre ad escludere l’esautoramento del potere di verifica dell’ufficiale giudiziario della sussistenza del titolo esecutivo in ragione della mera apposizione della formula esecutiva, la quale implica «un controllo tutto formale del cancelliere[20]».
L’affermazione dell’esautoramento dell’u.g. finisce per travisare la funzione che l’art. 475 c.p.c., nella precedente formulazione, attribuiva alla formula esecutiva: contraddistinguere la prima ed unica copia autentica del provvedimento giurisdizionale rispetto ad ogni altra, ovvero evitare la duplicazione dei titoli esecutivi secondo il principio di (tendenziale) unicità del documento-titolo esecutivo[21], che si trae dal divieto di spedizione di più di una copia in forma esecutiva, senza giusto motivo, previsto dall’art. 476 c.p.c.
I poteri lato sensu giurisdizionali dell’u.g.: un’interpretazione sistematica
Se poi si considera il dato sistematico, è innegabile che il legislatore abbia assegnato all’u.g. un ruolo niente affatto trascurabile e di certo non subalterno a quello del cancelliere, siccome talora l’esecuzione forzata è condotta esclusivamente da quest’ultimo, salvo l’intervento successivo ed eventuale del g.e.[22]
Si allude alle ipotesi contemplate dagli artt. 606, 608 e 492-bis c.p.c.[23], in cui l’u.g., oltre a compiere un preventivo controllo sulla sussistenza del titolo esecutivo e del precetto, gestisce l’intera esecuzione. Nel ragionamento condotto dalla Cassazione, la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare, di cui all’art. 492-bis c.p.c. è norma eccezionale[24], come tale inidonea a veicolare un principio di carattere generale.
Tale impostazione non merita di essere accolta per le seguenti ragioni: prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 149 del 2022, si riteneva pacificamente che il Presidente del tribunale destinatario dell’istanza potesse rigettarla qualora avesse riscontrato l’assenza di un valido titolo esecutivo e anche quando fosse stata apposta la formula esecutiva[25]; siccome tale potere è stato ad oggi attribuito all’u.g., se ne trae l’implicazione per cui quest’ultimo deve svolgere un controllo sulla sussistenza del titolo ovvero un giudizio di sussunzione dello stesso nelle fattispecie previste dall’art. 474 c.p.c. Inoltre, dall’art. 155-ter, comma 2, disp. att. c.p.c. si evince che l’istanza ex art. 492-bis introduce una forma di pignoramento accelerata e semplificata. L’aporia nel ragionamento condotto dalla S.c. è, dunque, evidente: se l’esecuzione forzata viene introdotta attraverso l’istanza ex art. 492-bis c.p.c., l’u.g. può svolgere un controllo sulla sussistenza del titolo, quandanche sia stata in precedenza apposta la formula esecutiva, altrimenti deve eseguire il pignoramento anche se il titolo presentato dal creditore non è sussumibile in quelli contemplati dall’art. 474 c.p.c., con conseguente grave irragionevolezza del sistema.
Parimenti, è dubbia la stessa eccezionalità della procedura esecutiva introdotta con l’istanza ex art. 492-bis c.p.c., dal momento che oggetto del pignoramento possono essere mobili, immobili e crediti. Sicché di «ipotesi eccezionale[26]» non pare proprio che possa parlarsi. Peraltro, non appena si considera che il combinato disposto degli artt. 606, 608, 492-bis c.p.c. e 155-ter disp. att. c.p.c. copre la quasi totalità delle procedure esecutive, con la sola eccezione degli obblighi di fare e di non fare, l’eccezionalità dei poteri di controllo della sussistenza del titolo non trova più alcun fondamento normativo, confutando in radice il ragionamento dell’ordinanza in commento.
L’efficacia incondizionata della formula esecutiva?
Al netto di quanto sopra, emerge una certa sovrapposizione di concetti nell’interpretazione dell’art. 475 c.p.c. praticata dalla S.c.: una cosa è il titolo esecutivo, altro è l’idoneità del titolo a sorreggere l’esecuzione forzata, la quale non può che iniziare in forza di copia conforme all’originale di uno dei titoli di cui all’art. 474 c.p.c., previa apposizione della formula esecutiva; talché, se la copia conforme, rilasciata dalla cancelleria secondo il previgente regime, non rientra nel novero dei titoli indicati dall’art. 474 c.p.c., esso è inidonea a fondare l’esecuzione forzata, con l’implicazione che, almeno per chi prenda sul serio le condizioni dell’azione esecutiva[27], manca il presupposto affinché l’ufficiale giudiziario possa effettuare il pignoramento.
La sussistenza del titolo esecutivo è condizione necessaria e sufficiente per procedere ad esecuzione forzata[28]. Necessaria perché, alla luce dell’inequivoco disposto dell’art. 474 c.p.c., vale il principio nulla executio sine titulo[29]; sufficiente perché gli organi dell’esecuzione forzata non compiano attività di accertamento del diritto quando è presentato un titolo esecutivo. Si suole parlare a tal proposito di efficacia incondizionata del titolo esecutivo[30], nel senso che l’esecuzione validamente avviata non può essere arrestata se non contestando il titolo attraverso l’opposizione all’esecuzione. Sul piano logico è evidente che il principio nulla executio sine titulo non esclude, ma anzi implica, il controllo dell’organo esecutivo e, segnatamente, dell’ufficiale giudiziario circa l’effettiva esistenza di un titolo per eseguire quel diritto a favore di quello specifico soggetto che chiede l’esecuzione e contro colui che risulta debitore dal titolo stesso. Se tale controllo dà esito negativo, per carenza di titolo esecutivo, non può seriamente escludersi la legittimità del rifiuto di procedere all’esecuzione. A ragionare diversamente si rischia di spazzare via con un solo colpo di ramazza sia il principio nulla executio sine titulo, dal momento che l’esecuzione potrebbe essere iniziata sulla base di qualsiasi documento munito di formula esecutiva, sia quello dell’efficacia incondizionata del titolo esecutivo, in favore di un non poco discutibile principio dell’efficacia incondizionata della formula esecutiva[31], la quale, una volta apposta, consente di avviare validamente l’esecuzione, onerando così l’esecutato di proporre l’opposizione di cui all’art. 615 c.p.c.[32].
Un’occasione perduta: il rifiuto dell’u.g. come atto dell’esecuzione passibile di opposizione
Infine, considerata l’abrogazione della formula esecutiva da parte del d.lgs. n. 149/22 e che, dunque, ad oggi l’ufficiale giudiziario è l’unico diaframma tra il creditore procedente e l’esecuzione forzata, l’ordinanza in commento rappresenta un’occasione perduta per rimeditare le basi sistematiche dell’orientamento secondo cui il rifiuto ex art. 108 d.p.r. n. 1229/1959, non è impugnabile con l’opposizione ex art. 617 c.p.c. [33]. Tuttavia, gli artt. 534-ter, comma 2, e 591-ter, comma 2, c.p.c. ammettono che contro gli atti del professionista delegato, ausiliare del giudice al pari dell’ufficiale giudiziario, possa essere proposto reclamo nel termine di venti giorni dal compimento dell’atto o dalla sua conoscenza al giudice dell’esecuzione che decide con provvedimento opponibile ai sensi dell’art. 617 c.p.c.
È però difficile a giustificarsi tale differenza di trattamento, così come comprendere perché taluni atti siano reclamabili o passibili di opposizioni, ed altri invece sottratti a qualsivoglia forma di sindacato. Se, per un verso, può anche convenirsi che la scelta sia opportuna perché capace di coniugare il controllo preventivo sulle condizioni legittimanti il potere esecutivo dell’ufficiale giudiziario con l’esigenza del creditore di accelerare il compimento dell’esecuzione senza dover attendere la definizione dell’opposizione ex art. 617 c.p.c.[34], per un altro, tale costruzione poggia su non condivisibile presupposto di sistema, vale a dire la qualificazione del rifiuto non come atto esecutivo bensì come mero fatto, fonte di responsabilità, ai sensi dell’art. 60 c.p.c., in capo all’ufficiale giudiziario. L’implausibilità di tale ricostruzione è evidente: il potere esercitato dall’ufficiale giudiziario è sempre lo stesso, sia che esegua sia che rifiuti il pignoramento a fronte della presentazione di un titolo diverso da quelli di cui all’art. 474 c.p.c., quantunque munito della formula esecutiva. Se dunque il pignoramento è un atto esecutivo che può essere contestato quanto alla sua regolarità (con l’opposizione ex art. 617 c.p.c.) o all’assenza dei suoi presupposti (con l’opposizione all’esecuzione ex art. 615, c. 2 c.p.c.), è parimenti atto esecutivo il suo rifiuto, non diversamente da quanto accade per i provvedimenti di accoglimento della domanda rispetto a quelli di rigetto.
Resta dunque difficile spiegare un controllo affidato al solo art. 60 c.p.c., considerato che l’opposizione agli atti esecutivi contempla pur sempre la pronuncia di provvedimenti indilazionabili, ai sensi del successivo art. 618 c.p.c., che potrebbero servire, qualora il rifiuto appaia manifestamente illegittimo, a compulsare l’ufficiale giudiziario attraverso l’anticipazione degli effetti della sentenza.
[1] È opinione comune che l’ordinanza di distribuzione della somma ricavata non sia titolo esecutivo, talché, decorso il termine per proporre opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c., deve essere inviata all’ufficio del registro per la registrazione. Sul tema, v. A. Bonsignori, Assegnazione forzata e distribuzione del ricavato, Milano, 1962, p. 271; in giurisprudenza, Cass., 5 ottobre 2018, n. 24571; Cass., 20 febbraio 2019, n. 4964; Cass., 22 giugno 2020, n. 12127, tutte in Onelegale.
[2] V. già le osservazioni critiche di C. Delle Donne, Sul rifiuto del pignoramento per difetto di titolo esecutivo (ragionando intorno a Cass. n. 14478/2024), in Judicium, 6 agosto 2024; M. Pilloni, L’eccessiva leggerezza della logica dell’ufficiale giudiziario quale mero «organo ausiliario-subordinato», capace di legittimare un’esecuzione condotta sine titulo, in Judicium, 30 ottobre 2024; p. Cagliari, L’ufficiale giudiziario non può sindacare il titolo esecutivo e risponde dei danni in caso di rifiuto a dare corso all’esecuzione, consultabile all’indirizzo: www.eclegal.it, 24 luglio 2024.
[3] In tal senso, v. G. Chiovenda, Istituzioni di diritto processuale civile, Napoli, 1935, II, p. 68; Id, Principii di diritto processuale civile, ristampa con prefazione a cura di V. Andrioli, Napoli, 1965, p. 301; S. Satta, Commentario al Codice di procedura civile, I, Milano, 1965, p. 216-217; U. Rocco, Trattato di diritto processuale civile, IV, Torino, 1966, p. 172; P. Calamandrei, Opere giuridiche, IV, Istituzioni di diritto processuale civile, Roma, 2019, pp. 260-261, ora disponibile all’indirizzo: https://romatrepress.uniroma3.it/; N. Jaeger, Il rifiuto del pignoramento. Contributo allo studio della posizione e dei poteri dell’usciere come esecutore giudiziario, in Studi Urbinati, 1983, p. 30 ss.; T. Segrè, L’ufficiale giudiziario organo giurisdizionale e amministrativo, in Riv. Dir. Proc., 1972, p. 301 ss., spec. 311; L. Montesano-G. Arieta, Trattato di diritto processuale civile, I, Padova, 2001, p. 442; C. Mandrioli-A. Carratta, Diritto processuale civile, I, Torino, 2024, p. 260, sub nota 41, ove si ribadisce che l’ufficiale giudiziario «assomma funzioni tipicamente giurisdizionali (specialmente nel processo di esecuzione forzata) a funzioni amministrative»; G. Balena, Istituzioni di diritto processuale civile6, I, Bari, 2023, p. 108. Per un’analisi del potere dell’u.g. giudiziario di rifiutare l’esecuzione del pignoramento in assenza di valido titolo esecutivo, v. A. M. Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, Milano, 2022, p. 35; A. Sperti, Il potere officioso dell’ufficiale giudiziario di controllo preventivo dell’esistenza del titolo esecutivo e la conseguente legittimità del suo rifiuto di pignoramento per inesistenza del titolo esecutivo, in Rass. esec. forz., 2023, p. 219 ss.; Id, I poteri officiosi dell’ufficiale giudiziario nell’esecuzione forzata ordinaria, in Riv. es. forz., 1, 2017, p. 136 ss.
[4] Si allude, in particolare, a Cass., sez. un. 1° febbraio 2022, n. 3086 e Cass., sez. un., 28 febbraio 2022, n. 6500, entrambe in Onelegale. In dottrina, sul rapporto tra poteri del giudice ed attribuzioni del consulente tecnico: B. Cavallone, Discutibili esercizi di nomofilachia. La consulenza tecnica d’ufficio in Cassazione, in Riv. Dir. Proc., 2022, p. 981 ss., spec. 1020; L.P. Comoglio, Attribuzioni del consulente tecnico d’ufficio e nullità correlate nell’attuale approccio ai principi generali, in Riv. Dir. Proc., 2023, p. 1 ss.; P. Farina, Le Sezioni unite e i vizi della consulenza tecnica d’ufficio, in Giur. it., 11, 2023, p. 2386 ss.; S. Pini, Verso un nuovo “statuto” del consulente tecnico d’ufficio?, in Riv. trim. dir. proc., 2023, 327 ss.
[5] Il riferimento è ad Cons. St., ad. plen., 25 maggio 2021, n. 8, in Onelegale, secondo cui il commissario ad acta, in quanto ausiliario del giudice, ai sensi dell’art. 21 c.p.a., trae i propri poteri dal provvedimento giurisdizionale di nomina e da esso trae i propri limiti e poteri. Pertanto, i provvedimenti del commissario, in quanto espressione del potere giurisdizionale, non vanno impugnati dinanzi al g.a., bensì sono assoggettati ad una speciale forma di reclamo dinanzi allo stesso giudice dell’ottemperanza, ex art. 114, comma 6, c.p.a. Sul tema v. F. Caringella, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2023, p. 1659.
[6] Così A. M. Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, p. 37, che riconduce tale ipotesi alla c.d. estinzione atipica del processo esecutivo; nello stesso senso, A. Sperti, I poteri officiosi dell’ufficiale giudiziario nell’esecuzione forzata ordinaria, cit., p. 177.
[10] Sulle attribuzioni del g.e., v. B. Capponi, Il giudice dell’esecuzione e la tutela del debitore, in Riv. dir. proc., 4, 2015, p. 1447 ss.
[11] Nel linguaggio penalistico per antigiuridicità speciale si intendono quei casi nei quali la condotta tipica è contraddistinta da una nota di illiceità desumibile da una norma diversa da quella incriminatrice che costituisce un elemento diverso ed ulteriore rispetto alla normale antigiuridicità intesa come assenza di cause di giustificazione. Sul tema, v. G. Fiandaca-E. Musco, Diritto penale. Parte generale7, Bologna, 2018, 202; T. Padovani, Diritto penale, Milano, 2023, p. 185.
[12] Sull’analisi dei casi in cui è integrata la clausola di antigiuridicità speciale, v. A. L. Minerva, Rifiuto e omissioni di atti d’ufficio, in Manuale di diritto penale. Parte speciale. Delitti contro la pubblica amministrazione, a cura di S. Canestrari, Luigi Cornacchia e Giulio De Simone, p. 301 ss.
[13] Rispetto all’u.g., v. A. Tedoldi, Esecuzione forzata, Pisa, 2020, p. 98, secondo cui l’u.g. ha il compito di verificare la sussistenza dei presupposti dell’azione esecutiva, cioè la giurisdizione e la competenza, l’esistenza, la validità e l’idoneità estrinseca del titolo esecutivo come atto-documento, la legittimazione attiva e passiva in base al titolo, la previa notificazione del titolo e del precetto, prima di procedere al pignoramento; nello stesso senso, v. A. M. Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, cit., p. 958 ss., che riconosce il potere dell’u.g. di rifiutare il pignoramento qualora «riscontri che il documento in forza del quale il creditore richieda il pignoramento non ha natura di titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 c.p.c.»; S. Rusciano, Addio alla spedizione in forma esecutiva, in Riv. dir. proc., 4, 2022, p. 1038 ss., spec. 1053; A. Sperti, I poteri officiosi dell’ufficiale giudiziario nell’esecuzione forzata ordinaria, cit., p. 177.
[14] Secondo cui ciascun giudice è giudice innanzitutto della propria competenza. Sul tema si rinvia a C. Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile12, I, Torino, 2019, p. 510; v. anche A. Giussani-G. De Cesare, sub art. 44 c.p.c., in Commentario breve al Codice di procedura civile, a cura di F. Carpi e M. Taruffo, p. 213-214; nonché E. Zucconi Galli Fonseca, Diritto dell’arbitrato, Bologna, 2021, 185 ss.
[15] Nello stesso senso, v. C. Delle Donne, op. cit, p. 4; P. Castoro-N. Castoro, Il processo esecutivo nel suo aspetto pratico, Milano, 2017, p. 410.
[18] Per l’affermazione del principio, v. Cass., sez. un., 28 novembre 2012, n. 21110, in Corr. giur., 2013, p. 387 ss., con nota di B. Capponi, Espropriazione forzata senza titolo (e relativi conflitti); in Foro it. 2013, I, c. 1234; di D. Longo, Carenza del titolo esecutivo, vendita forzata e salvezza dell’acquisto del terzo; in Riv. dir. proc., 4, 2013, p. 1558 ss., e di S. Vincrè, La stabilità della vendita forzata: un «dogma» riaffermato. Per un’analisi del fondamento sistematico del dogma, v. S. Rusciano, Sul dogma della stabilità della distribuzione nel processo esecutivo, in Riv. dir. proc., 3, 875 ss., spec. 882.
[19] Su cui v. R. Tiscini, Considerazioni intorno a natura, effetti e regime dell’ordinanza di assegnazione del credito ex art. 553 c.p.c., in Judicium, p. 1 ss., spec. 30; S. Rusciano, L’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. è equiparabile ai titoli esecutivi anche quanto agli adempimenti necessariamente prodromici all’esecuzione? in Riv. es. forz., 4, 2016, 667 ss.,
[20] Così, testualmente, A. Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 2021, p. 697.
[21] Sulla ratio della spedizione in forma esecutiva, v. S. Rusciano, Addio alla spedizione in forma esecutiva, cit., 1050; G. Giaquinto, Note sull’abrogazione della spedizione in forma esecutiva delegata al Governo per la riforma del processo civile, in DPCIeC, 2, 2022, p. 149 ss., spec. 153; L. Termite, Il processo esecutivo, in Il processo civile dopo la riforma, a cura di Claudio Cecchella, Bologna, 2023, p. 432; C. L. Perago, Le modifiche in tema di titolo esecutivo, in La riforma del processo civile, a cura di Domenico Dalfino, Città di Castello, 2023, p. 445; B. Sassani, Lineamenti del processo civile italiano6, Milano, 2017, p. 798; C. Mandrioli-A. Carratta, Diritto processuale civile27, IV, Torino, 2017, p. 46.
[22] M. Pilloni, op. cit., p. 2-3; A. Sperti, Il potere officioso dell’Ufficiale Giudiziario di controllo preventivo dell’esistenza o meno del titolo esecutivo e la conseguente legittimità del suo rifiuto di pignoramento per inesistenza del titolo esecutivo, in Rass. es. forz., 1, 2023, 211 ss.
[23] Per una panoramica del nuovo art. 492-bis c.p.c., v. L. Termite, Il processo esecutivo, cit., p. 436 ss.; P. Farina, L’ultima sistemazione dell’esecuzione forzata: una prima lettura della nuova normativa, in Rass. esec. forz., 4, 2022, 1119 ss., spec. 1122, secondo la quale la scomparsa del vaglio preventivo da parte del Presidente del Tribunale vale a devolvere un’ampia discrezionalità all’u.g. nella valutazione dei presupposti per procedere alla ricerca telematica dei beni da pignorare; M. P. Fuiano, L’espropriazione forzata in generale, in La riforma del processo civile, a cura di Domenico Dalfino, cit., p. 471 ss.
[24] Il quale ad oggi, dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 149 del 2022, prevede il potere di controllo ufficioso sulla sussistenza del titolo, del precetto, della loro notificazione e del decorso del termine ex art. 482 c.p.c. non più in capo al Presidente del Tribunale, bensì all’ufficiale giudiziario. Le ragioni di tale scelta del legislatore sono chiarite dalla Relazione illustrativa al d. lgs. n. 149/2022 ove si legge, che «[…] è stata soppressa la necessità di autorizzazione da parte del presidente del tribunale, in quanto tale attività implica lo svolgimento di meri controlli formali, non diversi da quelli che l’ufficiale giudiziario già svolge prima di procedere al pignoramento».
[25] Per un’ampia rassegna dei problemi sollevati dalla previgente formulazione dell’art. 492-bis c.p.c. v. M. G. Canella, sub art. 492-bisc.p.c., in Commentario breve al Codice di procedura civile, cit., p. 2140 ss.; v. anche C. Delle Donne, op. cit., p. 5.
[27] Secondo la prospettiva largamente esplorata da C. Mandrioli, Legittimazione ad agire «in executivis» e successione nel credito, in Riv. trim. dir. proc. civ., 4, 1957, p. 1351 ss.
[28] In tal senso, v. C. Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, cit., p. 265; C. Mandrioli, L’azione esecutiva, Milano, 1955, p. 327.
[29] R. Vaccarella, Titolo esecutivo, precetto, opposizioni, Torino, 1983, p. 43 ss.; v. anche G. Verde, Attualità del principio «nulla executio sine titulo», in Riv. dir. proc., 3, 1999, p. 963 ss. Tale requisito “tipologico”, attinente all’esistenza di un documento sussumibile nell’elencazione di cui all’art. 474 c.p.c., è confermato dalla giurisprudenza che onera l’esecutato di far valere l’erronea o la mancata apposizione della formula esecutiva con l’opposizione agli atti esecutivi e non con l’opposizione all’esecuzione, trattandosi di irregolarità formale, passibile di sanatoria per raggiungimento dello scopo a fronte dell’opposizione proposta senza indicare quale pregiudizio abbia subito in ragione dell’irregolare svolgimento del processo esecutivo (cfr. Cass., 5 giugno 2007, n. 13069; Cass., 30 novembre 2010, n. 24279; Cass., 14 novembre 2013, n. 25638; Cass., 12 febbraio 2019, n. 3967; Cass., 9 novembre 2021, n. 32838). Pertanto, non può recarsi in dubbio che l’apposizione della formula esecutiva sia inidonea a conferire efficacia esecutiva al titolo, la quale deriva direttamente dalla legge, come già avvertito da L. Mortara, Commentario del codice e delle leggi di procedura civile, vol. V, 3° ed., Milano, 1905, p. 84; Id, Manuale della procedura civile, II, Torino, 1887, p. 408; e poi anche da G. Chiovenda, Principii, cit., p. 260; più di recente, nello stesso senso, A. M. Soldi, op. cit., p. 210; F. De Stefano-R. Bellè, Titolo esecutivo e precetto, in Processo di esecuzione. Profili sostanziali e processuali, a cura di A. Cardino e S. Romeo, Milano, 2018, p. 84; P. Castoro-N. Castoro, op. cit., p. 51.
[30] R. Vaccarella, ult. op. cit., p. 116; C. Mandrioli, voce Opposizione all’esecuzione, in Enc. dir., XXX, Milano, 1980, p. 432; A. Bonsignori, L’esecuzione forzata, Torino, 1996, 281 ss.
[31] Nel ragionamento della Corte si avverte l’eco dell’antica dottrina di M. De Palo, Teoria del titolo esecutivo, Napoli, 1901, p. 30, che qualificava la formula esecutiva come «esplicita speciale autorizzazione da parte della sovranità» con la quale al privato è «dai rappresentanti la pubblica potestà e in nome della sovranità […] concesso di poter rivolgere al debitore non più una semplice domanda, ma un comando di adempimento, e di aggiungere al comando la minaccia della espropriazione forzata»; nello stesso senso, I. Andolina, Profili dogmatici dell’esecuzione forzata, Milano, 1962, p. 120, secondo cui la spedizione in forma esecutiva concorre a formare la fattispecie del titolo esecutivo; E. Grasso, voce Titolo esecutivo, in Enc. dir., XLIV, Milano, 1992, p. 66.
[32] Escludere il previo controllo dell’u.g. sulla sussistenza del titolo potrebbe avere conseguenze dannose anche sul creditore procedente, dal momento che l’esecuzione intrapresa temerariamente sine titulo è fonte di responsabilità ai sensi dell’art. 96, comma 2, c.p.c. in caso di vittoriosa opposizione all’esecuzione da parte dell’esecutato, come evidenziato da C. Delle Donne, op. cit., p. 6.
[33] Su cui v., per esempio, Cass. 30 settembre 2015, n. 19573; Cass. 12 dicembre 2016, n. 25317; Cass. 16 novembre 2023, n. 31913, in Onelegale.
[34] Cfr. Cass., 2° dicembre 2012, n. 23625; Cass., 12 marzo 1992, n. 3030, entrambe in Onelegale.