Una sentenza buona, ma insufficiente

Di Francesco P. Luiso -

1.Nel giro di poco più di un mese, la Corte costituzionale è intervenuta, in relazione all’art. 669-bis c.p.c., con due sentenze di accoglimento.

Con la prima[1], è stata dichiarata l’incostituzionalità dell’art. 669-bis c.p.c. “nella parte in cui non consent(e) di proporre il reclamo, previsto dall’art. 669-terdecies cod. proc. civ., avverso il provvedimento che rigetta il ricorso per la nomina del consulente tecnico preventivo ai fini della composizione della lite, di cui all’art. 696-bis del medesimo codice”.

Con la seconda, è stata dichiarata “l’illegittimità costituzionale dell’art. 696-bis, primo comma, primo periodo, del codice di procedura civile nella parte in cui dopo le parole «da fatto illecito» non prevede «o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrli in conformità dell’ordinamento giuridico»[2]”.

Com’è evidente, un giudizio di costituzionalità su uno strumento processuale non costituzionalmente necessario può avvenire prevalentemente, se non esclusivamente, a livello di (ir)ragionevolezza. E difatti questa è stata la strada di necessità percorsa dalla Corte.

2. Con la sentenza 202/2023, la Corte ha rilevato che la consulenza tecnica preventiva fa parte degli istituti volti a risolvere la controversia al di fuori del processo di cognizione: mediazione, negoziazione assistita, arbitrato; e che l’infondato rigetto dell’istanza “priva definitivamente la parte di una importante facoltà processuale diretta alla possibile composizione della lite”.

La Corte, per la verità, richiama anche come parametro di costituzionalità il diritto di agire e difendersi in giudizio ex art. 24 Cost. rilevando che la possibilità di riproporre la domanda senza preclusioni non equivale comunque al riesame da parte di un altro giudice.

L’argomento, tuttavia, non sembra del tutto convincente, posto che alla parte è data la possibilità – come nel procedimento di ingiunzione – di proporre una ordinaria domanda in sede dichiarativa, senza che vi siano esigenze di natura cautelare, che, se esistenti, sono soddisfatte dall’art. 696 c.p.c., in ordine al quale la reclamabilità del rigetto è del tutto giustificata. Ma non è questo il punto che qui interessa, in quanto basta rilevare che, in via generale, la consulenza tecnica preventiva costituisce comunque, ad avviso della Corte, uno strumento utile per la risoluzione della controversia.

3. Con la sentenza 223/2023 la Corte affronta il problema dell’ambito di applicazione della consulenza tecnica preventiva. Com’è noto, l’art. 696-bis c.p.c. individua, come possibile oggetto dell’istituto, “i crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito”.

Al Tribunale di Bari era stata proposta istanza per una consulenza tecnica preventiva in materia di arricchimento senza causa; a fronte dell’eccezione di inammissibilità proposta da controparte – la quale rilevava che la fonte del diritto fatto valere non era né un contratto né un fatto illecito – il Tribunale ha sollevato la questione di costituzionalità[3].

La Corte rileva che la previsione normativa riguarda diritti soggettivi non solo individuati come “crediti”, ma ulteriormente specificati come aventi fondamento in obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Ritiene quindi che “la limitazione dell’ambito oggettivo di operatività della consulenza preventiva operato dalla disposizione in scrutinio contrasta con l’art. 3 Cost., sia sotto il profilo dell’eguaglianza, sia sotto quello della ragionevolezza, e con l’art. 24 Cost., in quanto realizza una differenziazione nella tutela dei diritti non supportata da una ragionevole giustificazione”.

La Corte, quindi, estende l’esperibilità dell’istituto processuale anche ad ogni altro atto o fatto idoneo, in conformità dell’ordinamento giuridico, ad essere fondamento di crediti.

4. La Corte ritiene dunque che non sia ragionevole, né conforme all’art. 24 Cost., limitare l’utilizzabilità della consulenza tecnica preventiva ai crediti nascenti da contratto o da fatto illecito. E ovviamente in ordine a questo profilo la sentenza deve essere approvata. Il problema, però, rimane con riferimento ai diritti diversi dai crediti.

Al punto 3.2 della sua sentenza, la Corte richiama le proposte antecedenti all’introduzione dell’art. 696-bis c.p.c. ad opera del D. L. 35/2005. Ebbene, in nessuna di tali proposte si limita l’ambito di applicazione dell’istituto ai “crediti”, richiamandosi piuttosto in generale tutte le fattispecie, in cui il contrasto fra le parti si circoscrive ad una questione, suscettibile di essere accertata con una consulenza tecnica.

L’art. 11 della proposta di legge di iniziativa parlamentare n. 6052, presentata alla Camera dei deputati il 20 maggio 1999, oltre ai diritti contrattuali o nascenti da fatto illecito, richiamava anche “una pluralità di vicende all’origine di svariate tipologie di controversie (infiltrazioni di acqua tra fondi contigui, danni ad abitazioni, eccetera)”.

A sua volta, nel progetto Vaccarella, si parla di un contrasto fra le parti riguardante la quaestio facti, senza in alcun modo tipizzare i diritti cui tale quaestio facti si riferisce.

Rimane, dunque, ignota la ragione, per la quale il legislatore del 2005 abbia inteso introdurre una limitazione, sconosciuta a tutte le precedenti proposte.

5. Ma la di là di quelle che sono state le ragioni della restrittiva scelta del legislatore, ciò che non convince – ed ecco perché abbiamo ritenuto di qualificare buona, ma insufficiente, la sentenza che si commenta – è la mancata estensione della consulenza tecnica preventiva anche ai diritti diversi dai crediti.

Ipotizziamo che sorga una controversia relativa al rispetto delle distanze fra edifici, oppure relativa alle caratteristiche di luce o veduta di un’apertura. Per misurare la effettiva distanza fra gli edifici, o le caratteristiche tecniche dell’apertura, non si potrà utilizzare lo strumento veloce dell’art. 696-bis c.p.c., ma occorrerà istaurare un ordinario processo di cognizione.

Se, dunque, sono condivisibili – e lo sono – le ragioni che hanno indotto la Corte ad estendere l’utilizzabilità della consulenza tecnica preventiva a tutti i crediti, le medesime ragioni avrebbero dovuto indurre la Corte a estendere l’utilizzabilità della consulenza tecnica preventiva a tutti i diritti, quantomeno a quelli disponibili, gli unici che possono essere oggetto di conciliazione.

[1] Corte cost. 10 novembre 2023, n. 202.

[2] Corte cost. 21 dicembre 2023, n. 223.

[3] In arg. vedi, a commento dell’ordinanza del Tribunale di Bari, AMENDOLAGINE, Esclusione della CTP per crediti fondati su obbligazioni atipiche: dubbi di legittimità costituzionale, in IUS Processo Civile, 25 maggio 2021, ove ulteriori citazioni di dottrina e giurisprudenza.